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CAPITOLO IV
IL FALSO SÉ
4.1 Problematicità nella costruzione del Sé
Il Sé si sviluppa da una serie complessa di dinamiche ed intrecci relazionali sin
dalla primissima infanzia, nella sua componente emotiva, relazionale e
cognitiva. Ognuno di noi ha, anzi, è un personalissimo Sé.
La definizione di sé col tempo è stata sempre più arricchita dalla psicologia
sociale, che per Sé intende oggi la conoscenza di sé che l'individuo elabora nel
corso della propria vita e che prende forma dall'esperienza di vita sociale, dalle
abilità che si sviluppano ed è il risultato dall'equilibrio tra cambiamento e
conservazione. Nella conoscenza di sé è possibile distinguere alcuni aspetti. La
coscienza di sé è la consapevolezza di esserci, si sviluppa in tre livelli, che
emergono in successione nello sviluppo e segnano tappe fondamentali nella
storia evolutiva della mente, i quali sono l'autoconsapevolezza soggettiva, cioè
la capacità di rendersi conto di essere al centro delle proprie azioni,
l'autoconsapevolezza oggettiva, ovvero la possibilità di vedersi come un
oggetto nel mondo e, infine, l'autoconsapevolezza individuale, cioè la
consapevolezza di essere un proprio io. Un altro aspetto della conoscenza del
Sé riguarda i sé concettuali e i sé contingenti. I sé concettuali fanno riferimento
a tutte le autodescrizioni organiche dell'individuo, cioè il modo in cui esso si
vede, fanno parte di questi il concetto di sé, l'autostima, l'identità e l'immagine
di sé. Il concetto di sé è come un autoritratto che viene utilizzato quando
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diciamo chi siamo a qualcuno e che in qualche modo guida anche il nostro
comportamento. È multidimensionale, perché ha in sé autoritratti specifici per i
singoli contesti di vita che affiancano un autoritratto più generale. Può essere
definito come “il quadro di riferimento del significato che la persona
attribuisce a sé stessa – percezioni di natura cognitiva e affettiva riguardo a sé
in quanto oggetto, derivanti dalle disposizioni innate e dalle interazioni sociali
lungo l'arco della vita, e caratterizzate da pensieri, emozioni e azioni relative ad
una struttura sociale di ruoli, regole, norme e valori
64
.” L'autostima, a
differenza del concetto di sé che è puramente descrittivo, è valutativa. Ci
valutiamo per sapere se siamo in grado di affrontare un conflitto o di portare a
termine una determinata prestazione. L'identità è la descrizione di sé centrale
per l'individuo, considerata stabile, caratterizzante, sempre tendente alla
coerenza. I sé contingenti fanno riferimento alle impressioni frammentarie che
restano nella memoria, cioè a particolari ricordi che ci dicono chi siamo. Si
possono classificare a seconda che si tratti di frammenti legati al privato, al
rapporto con gli altri e all'ambiente.
Accade spesso che facciamo esattamente ciò che gli altri si aspettano da
noi. Banalmente, durante una chiacchierata, capita di dire ciò che
l'interlocutore si aspetta che diciamo, infatti, spesso “l'idea di esporre opinioni
contrarie o soltanto in parte diverse da quelle presentate dall'interlocutore
provocheranno un modello imitativo che, negando la spontaneità e la creatività,
64
R. Harré, R. Lamb, L. Mecacci, Dizionario enciclopedico di psicologia, Laterza, Bari, 1998
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obbligheranno l'accordo con quanto dagli altri proposto
65
.”
Phillips (1988), riprendendo Winnicott, sottolinea che solo il vero sé può essere
creativo e solo il vero sé può sentire il reale. Il vero Sé è corpo creativo
66.
La
paura di esporsi, la naturale tendenza al conformismo e la paura di essere
emarginati, ci portano in certe situazioni a dire quello che gli altri vogliono
sentirsi dire, anche se questo è più o meno distante da ciò che pensiamo
realmente. Non è insolito che accada ed è anzi probabile soprattutto in
momenti delicati della nostra esistenza, come in adolescenza. La paura di
rimanere da soli guida spesso le nostre parole nella direzione più comune,
quella presa dagli altri, cioè quella del conformismo. Il conformismo è la
tendenza ad approvare le opinioni altrui ed agire in modo diverso da quanto si
sarebbe fatto da soli. È influenzato da alcuni interessanti fattori, primo fra tutti
l'unanimità: se il giudizio del gruppo è unanime, il gruppo come maggioranza
esercita un'enorme influenza verso il singolo; il secondo fattore è l'impegno,
perché se l'individuo ha preso un impegno iniziale, magari durante una
conversazione con un'altra persona, si sente vincolato rispetto ad esso, anche se
nel frattempo ha cambiato idea; il dover tenere conto a qualcuno, infine, allo
stesso modo, influenza i comportamenti dei soggetti. Il conformismo non si
sviluppa sempre nella stessa maniera in tutti i soggetti, alcuni sono più
vulnerabili di altri e più facilmente si adeguano alle opinioni altrui, ad esempio
per bassa autostima o per sfiducia nelle proprie capacità. Anche le differenze
65
M. Matera Bambini perfetti, una evoluzione del concetto di Falso sé, Edizioni Psiconline,
2007, p. 107
66
M. Matera, 2007, op. cit.
80
culturali incidono molto, paesi come quelli orientali, ad esempio, sembrano più
orientati verso il conformismo rispetto ai paesi occidentali.
“L’accondiscendenza e la vulnerabilità ai giudizi e ai desideri altrui esprimono
tratti di personalità che si ritrovano in tutti, anche nelle personalità che
funzionano ad alto livello, ma rappresentano un problema patologico quando
sono l’unico e rigido criterio su cui si fonda il senso di identità67.”
È pertanto normale e poco insolito assecondare, qualche volta, le aspettative
altrui. Diventa più complicato se questa continua accettazione passiva diventa
la regola e se le aspettative degli altri, specialmente dei genitori e degli altri
significativi, diventano la nostra unica via di esprimerci, diventano pesanti ed
opprimenti. In tal caso, “attraverso l'assunzione continua di ruoli dagli altri
richiesti il soggetto tenderà unicamente a porsi in situazioni ove è imperativo
impressionare gli altri mostrando capacità acquisite o doti in generale sopra la
norma. Tale processo porta con sé un insieme di tensioni, ansia e frustrazione
che incoraggia la ricerca spesso ossessiva di obiettivi socialmente ambiti o del
successo, collocando così il soggetto in un inestricabile circolo vizioso che
condurrà a vari problemi psicologici
68
.”
Quando questa costruzione si struttura in una persona che ha esperito figure
genitoriali efficienti ed affettuose, si configura come una parte normale della
personalità dell'individuo, a cui spetta il compito di entrare in contatto con
l'ambiente ed interagire con esso, secondo le regole sociali stabilite dalla
67
https://www.crescita-personale.it/articoli/competenze/atteggiamento/il-falso-se-definizione-e-
caratteristiche.html visitato in data 15/02/2020
68
M. Matera Bambini perfetti, una evoluzione del concetto di Falso sé, Edizioni, Psiconline,
2007, p. 144
81
cultura. Winnicott (1965) definisce questo tipo di elaborazione di personalità,
cioè questo Sé, come Sé-custode.
Cos'avviene però, quando questo conformismo riempie tutte le sfere
della vita di un soggetto? Quando la volontà di rendere i genitori fieri di lui,
occupa tutte le energie di un bambino? Come gestire tutto questo e come fare
in modo che non accada?
Nei casi più patologici, il Sé si trasforma fino a configurarsi come falso Sé.
“La caratteristica fondamentale del falso Sé viene evidenziata dal bisogno
maniacale proprio dell'individuo grandioso di essere ammirato ovunque e in
assenza di cui non può vivere; inoltre si manifesta attraverso un certo grado di
narcisismo vissuto come bisogno di ammirarsi per bellezza, intelligenza,
genialità e successi ottenuti
69
.”
Il falso Sé si configura come difesa contro qualcosa di impensabile, cioè
l'annientamento del vero Sé. Secondo Winnicott (1965) ciò avviene quando la
madre non riesce ad adattarsi ai bisogni del neonato, pertanto crescendo il
bambino inizia ad adattarsi alle richieste ambientali, pur di sentirsi importante e
presente. Naturalmente questa visione va aggiornata, perché tanto la madre
quanto il padre sono responsabili alla stessa maniera della crescita del bambino
e della bambina, mentre l'autore sottostima spesso il ruolo della figura paterna.
Soggetti come quelli descritti da Winnicott, in ogni caso, rivivono ancora e
ancora la dinamica infantile che deriva dall'approvazione dei genitori, che
ricercano continuamente, nel tentativo di sentirsi amati e gratificati. Il falso Sé
69
M. Matera, 2007, op. cit.
82
infatti ha caratteristiche molto complesse, ma è innanzitutto un fattore
relazionale, che sottintende l'interiorizzazione delle norme sociali e culturali
acquisite.
Le radici del falso Sé hanno origine nella primissima infanzia, ma gli autori
non hanno ancora un pensiero univoco su quando collocare l'effettiva comparsa
della patologia. Winnicott colloca l'eziopatogenesi del falso Sé nel periodo pre-
verbale, suggerendo che alcune madri falliscono nella funzione di specchio per
il loro bambino, mentre altri autori hanno una visione del falso Sé come
processo in itinere che “incontra l'apice in una fase dove il bambino è almeno
capace di pensare le relazioni in cui è inserito e di cui, nel caso del falso sé,
diviene inconsapevole vittima
70
.” Laing sostiene che questa condizione
preesiste a qualsiasi esito psicopatologico in adolescenza. L'ipotesi non è stata
ancora confermata da altri studiosi ed è supportata da una scarsa
documentazione, tuttavia Laing (1955) sottolinea che: “il collasso del falso io
può avvenire in forma acuta o strisciante, esprimersi attraverso una
depressione, un attacco di panico, un episodio psicotico, un delirio, ecc
71
.”
Secondo gli studi più recenti di Manuele Matera (2007) un caso particolare di
falso Sé si configura come una dinamica rigida tra grandiosità e depressione,
quando il soggetto portatore di falso Sé identifica un partner convivente sul
quale proiettare il tratto depressivo. Mentre il partner potrà vedere confermato
il suo bisogno di sentirsi indispensabile, il soggetto portatore di falso Sé può
70
M. Matera, 2007, op. cit.
71
http://www.nilalienum.it/Sezioni/Aggiornamenti/Psicopatologi%20dinamica/Psicopatologia
%20teorica/FalsoSe_Io.html visitato in data 27/02/2020
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sentirsi amato e gratificato nella sua grandiosa importanza. Nei bambini, per
Winnicott, talvolta la maniacalità viene assunta come reazione alla depressione
della madre, per riparare le tendenze autodistruttive di questa.
Ancora, evidenziando l'importanza dell'aspetto relazionale, Mead sottolinea
che il soggetto “è capace di assumere l'atteggiamento degli altri. […]
L'individuo, in quanto assume il ruolo degli altri, può assumere l'atteggiamento
abituale della comunità rispetto alle situazioni sociali
72
.”
Per Laing: “un soggetto è, in primo luogo, la persona che gli altri dicono che è.
Crescendo, poi, egli conferma, o cerca di invalidare, la definizione con cui gli
altri lo hanno individuato. Può decidere di essere quello che si dice che sia. Può
cercare di non essere quello che, nella sua intimità, è pervenuto a riconoscere
che è. O può tentare di strappare da sé quell'identità "aliena" che gli hanno
attribuito, o alla quale è stato condannato, e creare, per mezzo delle sue azioni,
un'identità per sé stesso, cercando di costringere gli altri ad accettarla. Quali
che siano le vicende successive, tuttavia, l'identità di un soggetto è, in primo
luogo, quella che gli viene attribuita. Si scopre quello che già siamo". In questo
caso, il falso Sé, definito falso io, definisce l'identificazione operata dal
soggetto con un'identità che gli è stata attribuita dagli altri, che non coincide
affatto o che coincide molto poco con quello che lui vuole essere ed è
realmente. Il falso io di cui Laing parla è un soggetto che sovrappone alla
propria volontà la volontà altrui che ha interiorizzato e che lo induce ad
assumerla come propria. Tuttavia, anche stavolta gli studiosi non supportano
72
G. H. Mead, La socialità del sé, Armando, Roma, 2011, p. 67
84
totalmente la teoria di Laing, che è stata criticata su vari aspetti. Il principale è
la separazione netta tra vero e falso sé, quando il bisogno di coesione che rende
l'identità definita è troppo importante e forte per sopportare una separazione
netta, in secondo luogo perché le aspettative sociali non possono mai essere del
tutto disattese.
Come già detto, le persone vivono sempre nell'arco della loro vita dei momenti
di accondiscendenza e conformismo. Il conformismo però non produce sintomi
che risultano preoccupanti dall'esterno. “Sia da bambini che da adulti, le
persone che fondano massicciamente il proprio senso di identità su un falso sé
possono facilmente apparire ben adattati alla realtà circostante quando non
addirittura eccellenti in qualcosa, come accade ai bambini prodigio descritti
dalla psicoanalista Alice Miller
73.
”
Sinatra e Lowen sottolineano che talvolta i bambini aderiscono completamente
a schemi e modelli proposti dalla diade genitoriale, diventando uno strumento
di gratifica per i genitori stessi, così che il bambino cresca pensando di poter
essere amato solo in proporzione alla sua capacità di assecondare i loro
desideri. “L'essere compiacenti frutta ricompense immediate e gli adulti lo
confondono anche troppo facilmente con lo sviluppo
74
.” L'intimità e l'affettività
diventano in questo modo sempre meno spontanee e crescendo l'atteggiamento
nei confronti degli altri è quello di ricerca continua dell'accettazione da parte
dell'altro, anche a rischio di sacrificare i propri bisogni e stati d'animo.
73
M. A. Massimello, Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé, Bollato
Boringhieri, 2008, p. 34
74
D. Winnicott, sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma, 2013, p. 115