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Introduzione
Il presente lavoro si propone di valutare la possibilità di risoluzione del
dualismo territoriale che da molti anni caratterizza il nostro Paese, attraverso
l’attuazione del Federalismo fiscale. La cosiddetta Questione Meridionale che
vede da tempo il Mezzogiorno ―povero ed inefficiente‖ rispetto alle Regioni
centro-settentrionali – complice una realtà sociale difficile in cui gli insediamenti
malavitosi hanno radici profonde soprattutto a livello amministrativo – è stata
oggetto di molte critiche e pubblicazioni indirizzate soprattutto alla
determinazione delle cause e delle possibilità di sviluppo. Alla radice dei
problemi del Sud stanno la carenza di fiducia tra cittadini e tra cittadini e
istituzioni, la scarsa attenzione prestata al rispetto delle norme, l’insufficiente
controllo esercitato dagli elettori nei confronti degli amministratori eletti, il
debole spirito di cooperazione: è carente quello che viene definito “capitale
sociale”
1
. A tal proposito viene presentata un’analisi relativa all’attuazione del
Federalismo fiscale, inteso come riforma utile per lo scopo prima illustrato o,
come molti sostengono, come ulteriore aggravante per il Mezzogiorno che non
farà altro che inasprire il divario.
Il lavoro è strutturato in due capitoli; nel primo vengono riproposti i dati
forniti da Banca d’Italia nel ―Supplementi al Bollettino statistico n. 56‖(2010) e
nel Quaderno ―Economie regionali n. 85‖(2010) attraverso i quali è stata
realizzata un’analisi congiunturale confrontando i dati relativi alla ricchezza delle
Regioni italiane prima della crisi economica, con quelli attuali. Si passa in
rassegna il settore del lavoro e la ricchezza delle famiglie, paragonando i livelli
di spesa al Centro-Nord e al Mezzogiorno, per poi focalizzare l’attenzione sulla
spesa delle Amministrazioni locali che, come si vedrà, è stata notevolmente
ridotta nel 2009 rispetto alla spesa dell’Amministrazione centrale, soprattutto
grazie ai ―Piani di rientro‖. I divari territoriali verranno analizzati sotto diversi
1
Fonte: Draghi M. (2010). Intervento d’apertura del Governatore della Banca d’Italia, in ―Il
Mezzogiorno e la politica economica dell’Italia‖, n. 4, Banca d’Italia, pp. VII-X.
4
punti di vista al fine di valutare con precisione le conseguenze che la crisi
economica ha causato e valutare poi, le possibilità di recupero di ciascuna
Regione.
Nel secondo capitolo viene, quindi, analizzato il tema del Federalismo. Si
propone un’analisi in dettaglio della legge delega n. 42/2009 con cui il
Parlamento ha delegato al Governo la funzione legislativa in tema di Federalismo
fiscale, evidenziando come questa sia incompleta e poco chiara in alcuni punti.
Successivamente viene valutato il Federalismo municipale dal punto di
vista macroeconomico; recentemente deliberato, rappresenta la riforma più
importante finora approvata e per tale motivo vengono riproposti i risultati di
alcuni studi sulle conseguenze della sua applicazione sia dal punto di vista di
ricchezza dei Comuni, che dal punto di vista di imposte a carico dei contribuenti;
per poi estendere questi risultati a livello regionale attraverso lo studio di De
Matteis e Messina (2010).
Il lavoro si conclude con l’esame di diverse ipotesi di alcuni studiosi in
merito, proprio, all’attuazione del Federalismo e delle conseguenze sul
Mezzogiorno: nello specifico verranno indicati i pro e i contro di questa riforma
che attualmente sembra rappresentare più un tema politico che economico, ma
che comunque necessita di essere attuata sia per risanare i divari territoriali sia
per permettere all’intero Paese di ―uscire‖ dalla crisi nel miglior modo possibile.
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CAPITOLO I
IL DIVARIO TRA LE REGIONI ITALIANE
SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Il mercato del lavoro – 3. Le
Famiglie in Italia – 3.1. Il reddito delle famiglie – 4. Le
Amministrazioni locali – 4.1 Piani di rientro.
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1 - Premessa
Il 15 Settembre del 2008 è stato il giorno in cui la crisi finanziaria di
questi anni è stata riconosciuta come tale a tutti gli effetti. ―Lehman Brothers‖,
una tra le maggiori banche statunitensi, annuncia l’intenzione di avvalersi del
Chapter 11 – procedura di fallimento concordato prevista dalla legge –
dichiarando debiti per 613 Mld. di dollari, debiti obbligazionari per 155 e
attività per 639. La crisi, dovuta principalmente allo scoppio della ―bolla
immobiliare‖ che dal 2001 aveva caratterizzato gli Stati Uniti, ha avuto come
primo segnale di avviso la bancarotta dichiarata da ―Mortgage Lenders
Network USA Inc‖ il 5 Febbraio 2007, seguita poi da altri fallimenti delle
principali istituzioni finanziarie specializzate nella concessione di mutui
subprime: ―Accredited Home Lenders Holding‖, ―Home Mortgage‖, ―New
Century Financial Corporation‖(il secondo prestatore subprime degli Stati
Uniti), DR Horton, Countrywide Financial e Nova Star. Tali fallimenti sono
conseguenze di una moltitudine di fattori che hanno causato contrazioni del
PIL statunitense e di altri Paesi occidentali a causa dell’internazionalizzazione
del sistema finanziario. Il Pil italiano già nel 2008 aveva subito una
contrazione dell’1,0% per peggiorare successivamente nel 2009, registrando
un -5,0%. A livello regionale, l’effetto della crisi è fortemente differente: si
può notare come il PIL del Mezzogiorno all’anno 2009 sia addirittura inferiore
– in termini reali − a quello del 2000, registrando una contrazione netta
rispetto a quella delle Regioni centro-settentrionali. In particolare il PIL del
Mezzogiorno al 2000 era di 286,6 Mld. di euro contro i 285,7 Mld. del 2009,
mentre quello delle Regioni del Centro-Nord era di 903 Mld. di euro al 2000
contro i 931 Mld. al 2009
2
.
Contrariamente a quanto si possa credere, questo dato non esprime la
realtà in modo peculiare; considerando il 2007 come l’ultimo anno prima
2
Fonte: Lo Cicero M. (2010), Il rapporto SVIMEZ 2010 sull’economia del Mezzogiorno, in
―Economia italiana‖, n. 2.
7
dell’inizio della recessione e confrontando, rispettivamente, il PIL del
Mezzogiorno e del Centro-Nord con quello del 2008, si può evidenziare come
tendenzialmente il Sud sia cresciuto poco in questo decennio per poi essere
arretrato altrettanto di poco in seguito alla crisi, e come, invece, il Centro-
Nord sia stato investito da un processo di grande crescita e successivamente da
una grande discesa dal 2008 ad oggi.
I dati SVIMEZ indicano un PIL del Centro-Nord pari a 983 Mld. nel
2007 contro i 303 Mld. del Mezzogiorno; dai dati esposti precedentemente, è
chiaro che dal 2007 al 2009 la situazione economica delle Regioni
settentrionali è peggiorata maggiormente – in termini relativi – di quella
meridionale. Analizzando i dati in dettaglio e considerando il 2000=1,
attraverso i numeri indice, le differenze regionali nel corso del decennio 2000-
2009 si chiariscono maggiormente. Fino al 2005 il Nord-Est è stata l’area con
il più lento sviluppo, ma subito dopo, accelera e raggiunge una quota di 1,084
nel 2007 (Fig. 1). Il Centro è la Regione caratterizzata da un forte sviluppo
fino al 2007, in particolar modo dal 2003, a seguito di un iniziale declino;
raggiunge la quota di 1,112, registrando la crescita più alta di tutte le aree
considerate.
Il Mezzogiorno è caratterizzato, invece, da una crescita costante alternata
a momenti di stagnazione fino a quando raggiunge la quota più alta nel 2007
di 1,060, per poi retrocedere sotto il valore unitario nel 2009. Il Nord-Ovest
presenta una dinamica parallela a quella del Mezzogiorno ma domina, nel
picco, sulla quota toccata dal Mezzogiorno, perché si adegua a 1,077. Tali
differenze sono ascrivibili alla diversa composizione settoriale delle
Macroregioni. Il peso dell’industria al Nord ha subito un forte calo a seguito
della crisi, a differenza, della presenza rilevante di servizi nelle Regioni
centro-meridionali che hanno registrato cali significativamente inferiori al
settore industriale.
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Dalla seconda metà del 2009, tuttavia, si sono registrati segnali di ripresa
del PIL che, dopo cinque trimestri in calo, per la prima volta ha segnato un
saldo positivo, grazie soprattutto all’aumento delle esportazioni. Secondo i
dati forniti da Banca d’Italia, la ripresa è stata possibile principalmente per
quelle industrie che, negli anni precedenti alla crisi, avevano predisposto
miglioramenti all’assetto tecnico e produttivo. I cambiamenti sono stati più
diffusi tra le imprese con sede nel Nord-Ovest e al Centro del Paese, dove la
quota di imprese ristrutturate è stata rispettivamente del 59,3 e del 57,3 %; nel
Mezzogiorno l’incidenza è stata pari al 48,0 %.
Molte di esse hanno optato per linee produttive ampliate, evitando di
acquistare in subfornitura, riducendo quindi, la catena distributiva dei prodotti
finiti; altre hanno diversificato i prodotti cercando di insidiarsi in nuovi
mercati di sbocco – tra il 2007 e il 2009 il 46% delle imprese ha mutato, per
tipologia o qualità, i prodotti offerti −. Ulteriore anche se minimo apporto alla
ripresa italiana è stato dato dalle esportazioni, nell’Aprile del 2010 le
esportazioni sono state più basse del 18% di quelle registrate nello stesso mese
del 2008; nel 2009, invece, la contrazione era stata del 18,6%.
2 - Il mercato del lavoro
Inevitabile conseguenza della crisi si è avuta nel mercato del lavoro, in
cui si sono registrate contrazioni significative in particolar modo nel
Mezzogiorno. La riduzione netta di domanda ha causato una contrazione
nell’output delle imprese che hanno dovuto, obbligatoriamente, ridurre il
numero di assunzioni. Il ricorso alla CIG – Cassa Integrazione Guadagni − e la
riduzione dell’orario lavorativo ha in parte limitato questo fenomeno che
comunque ha registrato dati preoccupanti soprattutto nelle Regioni
meridionali. A tal proposito si possono evidenziare significative differenze tra
le diverse Macroregioni italiane attraverso i dati esposti da ―Banca d’Italia‖
(Tab. 2).
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Analizzando i dati della tabella, si può evidenziare come il Mezzogiorno
sia stata la Macroregione più colpita, registrando una contrazione del 3% degli
occupati di gran lunga superiore a quella delle altre. Da segnalare il Trentino-
Alto Adige, l’unica Regione con saldo positivo; al contrario l’Abruzzo è stata
la Regione che ha subito conseguenze maggiori, registrando una contrazione
del 4,6% sull’anno precedente. La Calabria invece, è la Regione più
―demotivata‖ di tutte con una riduzione di abitanti in cerca di occupazione
dell’8,5%, accompagnata dal Molise con una contrazione del 3,4%. In
Campania si è registrata la maggior riduzione di forza lavoro pari al 3,7%
assieme al Molise con il 3,1%. Di contro, l’Emilia-Romagna è la Regione più
―motivata‖ con un incremento di persone in cerca di lavoro pari al 50,4%,
accompagnata dalle Marche con il 45%.
“Il calo dell’occupazione continua a interessare la sola componente
italiana: l’occupazione straniera è ancora cresciuta (8,4 %; circa 147.000
persone), sebbene a ritmi inferiori rispetto al passato, anche in conseguenza
dell’incremento della popolazione immigrata registrata alle anagrafi. Gli
stranieri sono concentrati nelle Regioni settentrionali, dove rappresentano il
10 % degli occupati (3,5 nel Mezzogiorno). Al netto della componente
straniera, nel 2009 l’occupazione si è contratta del 3,4 % al Mezzogiorno e
del 2 % nel Centro-Nord”
3
.
I dati esprimono una tendenza più che positiva nella reazione alla crisi
delle Regioni centro-settentrionali dal punto di vista di forza lavoro, che, in
alcune di esse, ha risentito di evidenti difficoltà delle Regioni meridionali,
tanto da generare veri e propri processi di migrazione. Analizzando i diversi
grafici nelle figure è possibile notare come la diversa ―appartenenza‖ ad una
determinata area abbia inciso sulla distribuzione della forza lavoro (Figg. 2, 3
e 4).
3
Fonte: -----(2010), Economia delle Regioni italiane, Banca d’Italia, Roma.