I
INTRODUZIONE
Il nostro ordinamento, in conformità ad un processo di modernizzazione che ha
interessato numerosi Paesi europei ha dato inizio, nell‟ultimo decennio, alla
riforma verso il federalismo, nell‟intento di corrispondere a quella tendenza in atto
anche a livello mondiale definibile come la spinta global-local1.
Da qualche anno dunque il termine federalismo gode, in Italia, di grande
popolarità e altrettanto si può dire dell‟espressione federalismo fiscale.
Il lavoro si propone di approfondire questo “fenomeno”, e di analizzare un‟altra
importante riforma che interessa oggi il nostro Paese, la riforma del sistema
contabile pubblico.
Le due tematiche infatti, sono strettamente connesse ed entrambe destinate a
modificare l‟assetto della pubblica amministrazione italiana. La stessa “’Alta
Commissione per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo
fiscale” (ACOFF)2, nata per volontà del legislatore dopo la riforma costituzionale
del 20013, definisce il federalismo, “una pagina della storia della repubblica
italiana che attende ancora di essere scritta, in modo da attuarne compiutamente
presupposti e potenzialità”.
1
ANZON A. “ Il regionalismo 'asimmetrico”: la via italiana e il modello tedesco” in
www.forumcostituzionali.it; References Pubblications in www.findarticles.com;
“Cronache costituzionali dall’estero”, in Quaderni costituzionali n.2 giugno 2009, pp. 495-518
AIME C., “Lo Stato federale e lo stato regionale”, articolo pubblicato sulla rivista Diritto
www.dirittoeconomia.it, edito da Tramontana n. gennaio 2009.
Da un‟articolo OECD “Fiscal decentralization in EU applicant states and selected EU member
States”, Paris 2002:” non solo la stragrande maggioranza dei paesi, sviluppati o meno, ha
decentrato risorse e competenze ai livelli inferiori di governo, ma in molti casi questo processo di
decentramento ha condotto ad una riorganizzazione degli esistenti assetti statali, fino a giungere
alla formazione di nuove organizzazioni internazionali; a queste ultime sono state delegate
funzioni prima riservate agli stati nazionali; si è arrivati poi alla creazione di nuove entità sub-
statali”.
2
Alta Commissione per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale,
presieduta da Giuseppe Vitaletti, è stata istituita dall‟articolo 3, lettera b) della legge n. 289 del 27
dicembre 2002 (Legge finanziaria 2003), ha sviluppato l‟elaborazione di ipotesi attuative a vasto
raggio dei principi generali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ai
sensi delle disposizioni costituzionali richiamate, articolando la propria attività in 13 gruppi di
lavoro ai quali hanno partecipato, oltre ai membri della Commissione, i componenti dei due
Comitati di supporto previsti dal decreto istitutivo, il comitato tecnico-scientifico e il Comitato
istituzionale, nonché esperti interni ed esterni della pubblica Amministrazione, per un totale di
oltre un centinaio do tecnici. Si veda www.bilanci.net.
3
Legge costituzionale n.3 de 18 ottobre 2001, entrata in vigore l‟8 novembre 2001.
II
Nella teoria economica l‟espressione federalismo fa riferimento “all‟esigenza di
organizzare l‟intervento pubblico su più livelli di governo”4.
In questo lavoro, l‟attenzione si incentra sul federalismo fiscale, quale tendenza
volta a spostare sulle comunità locali alcune fondamentali responsabilità in
materia di prelievo e di spesa pubblica.
Il federalismo, considerato, quindi, nella sua accezione fiscale è stato meglio
definito come “una fattispecie estrema del modello di finanza decentrata in cui è
presente un‟ampia autonomia5 degli Enti locali nel prelievo tributario e nella
gestione delle risorse finanziarie6, collegata ad un‟ampia autonomia di tipo
istituzionale e politica”7.
In realtà, ciò che si vuole sottolineare è che il federalismo risponde soprattutto ad
un‟esigenza di riequilibrio di bilancio: il rigore imposto dal risanamento della
finanza pubblica ha reso necessario un adeguamento delle dimensioni della spesa
pubblica8 al prelievo fiscale.
Non ultima, la necessaria riconsiderazione delle politiche nazionali a sostegno
dello sviluppo del Mezzogiorno9, con il perdurare, da un lato di consistenti flussi
di trasferimenti, e dall‟altro dei divari fra nord e sul del Paese10.
Riguardo all‟esigenza di riequilibrio di bilancio, va detto, che se
l‟Amministrazione centrale, a fronte del conferimento di funzioni agli Enti
4
Cfr. DIRINDIN N. e PAGANO E., (2001) “ Governare il federalismo” , Roma: Il Pensiero
Scientifico Editore, p.4; HINDRIKS J. E MYLES G.D. (2006) “Intermediate public Economics”,
Massachusetts: The Mit Press , pp.543-562; BIN R. “Che ha di federale il federalismo fiscale”, in
Quaderni costituzionali, Bologna: Il Mulino n.1 febbraio 2009 pp. 127-130
5
CORSO G.,(2003) “Manuale di diritto amministrativo”,Torino: Giappichelli, “ autonomia che la
Repubblica riconosce e promuove (art.5 della Costituzione) perché dai Comuni, dalle Province,
dalle Città metropolitane, e dalle Regioni, oltre che dallo Stato, essa è costituita (art. 114 della
Costituzione)”. P. 38.
6
TESAURO F., “ Le basi costituzionali della fiscalità regionale e locale”, in Finanza locale 5-
2005 Rimini: Maggioli Editore.
7
FIORANI G. “Autonomie locali:tendenze in atto in materia di federalismo fiscale” Rivista
italiana di ragioneria e di economia aziendale, Roma: Rirea, fascicolo 1-2 -2008.
8
Per ulteriori informazioni in merito si veda: ENTE PER GLI STUDI MONETARI, BANCARI E
FINANZIARI LUIGI EINAUDI, (1992) “Il disavanzo pubblico in Italia: natura strutturale e
politiche di rientro”, Bologna: Il Mulino; BRUNETTA R., (1987), “Spesa pubblica e conflitto”,
Bologna: Il Mulino.
9
Si veda “Nord Est e Mezzogiorno : tra nuove relazioni e vecchi stereotipi” , ricerca a cura della
Fondazione Nord Est ; interventi a cura di DEIDDA D., Roma : Formez : Donzelli, 2002.
10
Per ulteriori informazioni in merito si veda GRECO L., VUILLERMOZ R., ZANARDI A.,
“Aiuti di stato e federalismo fiscale”, in: , “La finanza pubblica italiana” – Rapporto 2007,
BOLOGNA, Mulino, 2007, pp. 255 – 277; ZANARDI A.,, Federalismo fiscale tra autonomia e
solidarietà, in: Per lo sviluppo. Un federalismo fiscale responsabile e solidale, BOLOGNA, Il
Mulino, 2006, pp. 11 -42.
III
territoriali non riducesse in modo adeguato le proprie strutture e il proprio
personale, come appunto dovrebbe avvenire con il rafforzamento del
decentramento, i guadagni d‟efficienza raggiunti, finirebbero per essere più che
compensati, almeno a livello nazionale, da una spinata alla crescita della spesa
pubblica, sia per l‟aumento dei costi di transazione, sia per l‟aumento dei costi di
gestione. Per questo motivo, alla riforma federale, si accompagnano vari
provvedimenti che in quest‟ultimo periodo interessano il nostro ordinamento; si
consideri ad esempio la “legge Brunetta”, la legge delega n. 15 del 4 marzo 2009,
finalizzata all‟ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e all‟efficienza
e trasparenza della pubblica amministrazione.
Sarebbero dunque numerosi, i temi inerenti il federalismo da discutere, ma in
questo lavoro si prenderanno a riferimento solamente gli aspetti connessi al
sistema contabile pubblico, all‟indomani dell‟attuazione del federalismo.
Più nel dettaglio, il lavoro si apre con l‟obiettivo di ricostruire cronologicamente
la riforma federale, che è iniziata molti anni fa e che si protrae tuttora.
La riforma federale richiede:
ξ un collegamento diretto tra risorse e utilizzo delle stesse, al fine di
migliorare la politica dei servizi e delle funzioni, in risposta ai fabbisogni
finanziari dell‟ente, dunque efficacia ed efficienza11;
ξ una maggiore responsabilizzazione nelle scelte politico-amministrative,
evidenziando come la qualità dei risultati sia direttamente ed
immediatamente riconducibile alla qualità delle scelte adottate da ogni
Ente, quindi accountability12.
I temi federalismo e contabilità sono legati l‟uno l‟altro. Questo è ciò che,
fondamentalmente, si vuole dimostrare nel corso del secondo capitolo.
11
CORSO G.,(2003) “Manuale di diritto amministrativo”,Torino: Giappichelli, “per essere
efficace ed efficiente, l‟organizzazione deve essere in qualche misura flessibile: flessibile in
relazione a valutazioni che la stessa amministrazioni compie.”p. 37; si veda inoltre IANNOTTA
L., “Economia, diritto e politica nell‟amministrazione di risultato”(2003), Torino: Giappichelli.
12
BUGLIONE E., “Un federalismo fiscale per l’accountability: cosa si può riprendere dal ddl del
2007”, articolo tratto dal sito web www.issirfa.cnr.it, Istituto di Studi sui Sistemi Regionali
Federali e sulle Autonomie, “ accountability vuol dire rendere gli amministratori più responsabili
nei confronti dei cittadini per quanto riguarda sia la gestione della funzione allocativa, sia il
reperimento delle risorse da allocare”. Si veda inoltre RESCIGNO G.U., (1967)“La responsabilità
politica”, Milano: Giuffrè, p.74.
IV
Se infatti, il federalismo rappresenta, in pratica, il rilevante rafforzamento di
funzioni e poteri in ambito regionale e locale; allora in tale contesto, i sistemi
informativi delle amministrazioni, e in particolare le loro articolazioni contabili,
svolgono un ruolo cruciale in termini di accountability. Questo concetto, che
spesso ritorna nella tesi, non è altro che l‟esigenza delle amministrazioni di
“rendere conto” ai propri portatori di interesse, siano essi cittadini, per le
responsabilità assunte nei loro confronti, siano altre amministrazioni, con le quali
ci si coordina durante la fase di programmazione13.
In questo nuovo contesto, infatti, le regole che presiedono alla formazione e alla
gestione del bilancio dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche subiranno
un aggiornamento e un adeguamento. A questo riguardo il presente lavoro ha
seguito il percorso del disegno di legge C. 2555 che è divenuto legge n. 196 del 31
dicembre 2009 ( “Legge di contabilità e finanza pubblica”). In particolare, con
questa legge, si prevede un adeguamento dei sistemi contabili degli enti, delle
Amministrazioni e una loro completa armonizzazione14.
L‟armonizzazione dei bilanci pubblici ha per oggetto l’omogeneità dei bilanci e
dei sistemi di rilevazione contabile delle Regioni e degli enti locali, rispetto al
Bilancio dello Stato.
13
“Nell‟ultimo decennio del secolo scorso, la programmazione inizia finalmente a trovare
consistenza attuativa anche in relazione al suo profilo “partecipativo”, che costituisce ulteriore
evoluzione obiettiva della “amministrazione”: la definizione di indirizzi ed obiettivi, di programmi
e risultati non è più di natura imperativa, e cioè definita e imposta dall‟alto, ma è risultato della
concertazione, del lavoro comune e coordinato tra i diversi livelli istituzionali, centri di potere
pubblico, organismi rappresentativi di interessi di categorie, in una prospettiva di necessaria
partecipazione”. Cit. SAMBUCCI L., La programmazione finanziaria negli enti locali, Napoli:
Jovene, 2009, p. 9.
14
"Il passaggio verso la piena attuazione del federalismo fiscale renderà necessario l'adeguamento
dei sistemi contabili attraverso l'individuazione di una struttura unitaria di principi relativi non solo
alla contabilità' finanziaria ma anche alla contabilità' economico-patrimoniale, quale elemento
informativo essenziale alla fase di costruzione e gestione del nuovo sistema di relazioni
finanziarie". Lo ha detto il Ragioniere Generale dello Stato, Mario Canzio, nel suo intervento in
commissione Bilancio al Senato sulla proposta di legge quadro sul nuovo assetto della contabilità'
pubblica. Per Canzio "i dati contabili degli enti territoriali", in particolare Regioni e Province
autonome, "risentono fortemente dell'assenza di bilanci omogenei" e questo impedisce un
controllo efficace dei conti pubblici. In particolare, il Ragioniere dello Stato ritiene opportuna
l'introduzione di un bilancio consolidato degli enti locali nei quali entrino anche le spese delle
società' partecipate, "un fenomeno la cui entità' e' andata crescendo nel tempo ed ha assunto
attualmente dimensioni tali da non poter essere trascurata". La Ragioneria Generale dello Stato, ha
concluso Canzio, "considera imprescindibile che tutti i soggetti rientranti nell'aggregato delle
Pubbliche Amministrazioni condividano un programma di armonizzazione dei sistemi e degli
schemi contabili e di bilancio, nonché' della relativa tempistica di presentazione e approvazione".
Si veda Il Sole 24 Ore, 01/04/2009.
V
L‟aspetto che si vuole evidenziare, riguardo questo tema, è che gli interventi
necessari a garantire l‟armonizzazione dei sistemi e degli schemi contabili, sono
realizzabili, senza dar luogo a particolari difficoltà rispetto al quadro
costituzionale posto a tutela dell‟autonomia riconosciuta agli enti stessi.
Quindi l‟armonizzazione è realizzabile in un contesto di accresciuta autonomia
riconosciuta alle fonti dei Comuni, delle Province, e degli altri enti locali, in
materia di statuti, di regolamenti, di organizzazione, di ordinamento finanziario e
tributario ma anche di pianificazione e programmazione.
Federalismo non vuol dire “localismo contabile”, la frammentazione della
pubblica amministrazione in unità autonome non comporta necessariamente
anche la moltiplicazione dei linguaggi contabili, al contrario, richiede
l‟unificazione degli stessi.
Il lavoro si propone di analizzare la riforma per discutere se il federalismo
accompagnato da un sistema contabile pubblico armonico e coordinato, renda
possibile un miglior controllo della spesa, della pressione fiscale e
dell‟indebitamento rispetto al tradizionale sistema finanziario accentrato. La
conclusione di questa ricerca propende per una risposta affermativa, ad una
condizione però, e cioè appare fondamentale che si attivino fra i diversi livelli di
governo forme di collaborazione.
Il tema della leale collaborazione rappresenta una delle architravi su cui è venuto
edificandosi, soprattutto ad opera della giurisprudenza costituzionale il nuovo
assetto dei rapporti Stato-Regioni a seguito della riforma del Titolo V15; all‟art.
120 della Costituzione questo principio viene espressamente richiamato.
La concretizzazione della collaborazione prende forma in un procedimento in cui
gli interessi (nazionali e locali) vengono valutati in maniera paritaria dagli Enti
coinvolti, esempio sono gli accordi in sede di conferenza Stato- regioni.
La Regione diviene il centro propulsore e di coordinamento dell‟intero sistema
delle autonomie locali; in questo lavoro nel capitolo secondo si fa riferimento, nel
concreto, alle iniziative prese in questa direzione dalla Regione Lazio.
15
BENELLI F., MAINARDIS C., “ La cooperazione Stato-Regioni e il seguito giurisprudenziale”,
in Le Regioni edito da Il Mulino, Bologna, n.6 dicembre 2007; PIZZETTI F., “Le nuove esigenze
di governante in un sistema policentrico esploso”, in Le Regioni edito da Il Mulino, Bologna, n.
1156 del 2001; Sentenza Corte Costituzionale n. 31/2006.
VI
Volendo schematizzare la struttura della tesi, nel capitolo 1 si illustrano le origini
storiche dell‟ordinamento regionale italiano e con una breve analisi delle concrete
attuazioni in senso federale.
Il capitolo 2 tratta dell‟ adeguamento della legge di contabilità delle
amministrazioni pubbliche al processo di federalismo fiscale facendo riferimento
anche ad esperienze straniere, come quella degli Stati Uniti d‟America.
Nel capitolo 3 vengono affrontate le delicate questioni relative al Patto di
Stabilità Interno e si discute sull‟evoluzione del debito e della sua gestione attiva,
operata attraverso gli strumenti di finanza “innovativa”.
La conclusione, mette in risalto il filone centrale della tesi che è la centralità del
coordinamento fra i vari livelli di governo.
1
1. ORIGINE ED EVOLUZIONE DEL GOVERNO LOCALE
ITALIANO
1.1. Il federalismo a Costituzione invariata
L‟attuale ordinamento regionale italiano, così come delineato dal nuovo Titolo V
della Costituzione, è il frutto di una sostanziale evoluzione16 in senso democratico
dell‟istituzione regionale.
Nella Costituzione repubblicana del 1948, prende forma l’idea regionalista, come
soluzione intermedia tra la forma di governo dello Stato federale17 e quella dello
Stato accentrato.
16
Il sistema locale italiano, in origine, è incentrato sul modello amministrativo francese, in
particolare, da un lato, c‟è l‟esaltazione del potere municipale, e dall‟altro, c‟è il robusto potere
centrale del prefetto. Questo modello è stato esteso al Piemonte e ad altri stati preunitari. Si veda
VANDELLI L. Il sistema delle autonomie locali, Bologna: Il Mulino, 2004, p.12. Al momento
dell‟unificazione (1861), l‟Italia è uno Stato unitario fortemente accentrato, per l‟esigenza di
creare una coscienza nazionale, fino a quel momento assente tra la popolazione; tale esigenza si
acuisce ulteriormente durante il periodo fascista come ovvia conseguenza del regime politico
autoritario. Sulle origini e sui tratti essenziali dell‟amministrazione locale italiana cfr.: ORLANDO
V.E. Trattato di diritto amministrativo, Milano: Giuffrè, 1915, vol.II; GROSSI P., Scienza
giuridica italiana. Un profilo storico 1860–1950, Milano: Giuffrè, 2000; GIANNINI M.S., Scritti,
vol. I, vol. II (1939–1948), vol. III (1949–1954), vol. IV (1955–1962), Milano: Giuffrè, 2000–
2004; DICEY A.V., Introduzione allo studio del diritto costituzionale. Le basi del
costituzionalismo inglese (1915 VIII ed.), trad. italiana, Bologna: Il Mulino, 2003; GIANNINI
M.S., Introduzione al diritto costituzionale, Roma: Bulzoni, 1984; VANDELLI, Poteri locali. Le
origini nella Francia rivoluzionaria. Le prospettive nell’Europa delle regioni, Bologna: Il Mulino,
1990; MELIDORO C., Lineamenti di diritto regionale, Cassino: Editrice Garigliano 2007 p.2;
BURDEAU F., Histoire de l'administration française. Du 18e au 20e siècle, II ed., Paris,
Montchrestien, 1994; BURDEAU F., Histoire du droit administratif (de la Révolution au début
des années 1970), Paris, Puf, 1995; CASSESE S., Cultura e politica del diritto amministrativo,
Bologna: Il Mulino, 1971; MANNORI L. – SORDI B., Storia del diritto amministrativo, Roma-
Bari: Laterza,2001; MELIS G., Storia dell'amministrazione italiana, Bologna: Il Mulino, 1996;
MARTINES, RUGGERI, SALAZAR, Lineamenti di Diritto regionale, VI ed., Milano, Giuffrè,
2002, p. 220; CASSESE S. Ritratto dell’Italia, Bari: Laterza, 2001, p. 34 e 35.
17Massimo Severo Giannini, all‟epoca autorevole capo di gabinetto del ministro per la Costituente,
e Pietro Nenni, Ministro degli esteri della nascente Repubblica Italiana, dedicarono molta
attenzione ad altri modelli di amministrazione locale, nel pensare a un modello italiano da inserire
nella Costituzione: il modello britannico del self-governement, basato essenzialmente sul principio
di differenziazione, dove i sistemi di local governement tendono a modularsi sulle concrete
esigenze delle varie situazioni. Gli Stati Uniti, dove non esiste un sistema locale bensì esistono
tanti sistemi tanti quanti sono gli Stati membri, ciascuno dei quali è legittimato a disciplinare
pienamente i propri assetti interni. Anche la Germania, fu presa in esame, dove gli enti locali sono
considerati in un rapporto di “immedesimazione” dell‟ordinamento di ogni Land. Per ulteriori
approfondimenti si veda VANDELLI L. Il sistema delle autonomie locali, Bologna, Il Mulino,
2004, p.19; D'ALBERTI M., Diritto amministrativo comparato. Trasformazioni dei sistemi
amministrativi in Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Italia, Bologna: Il Mulino, 1992;
2
Il principio autonomistico18, è stato collocato dalla Assemblea Costituente, tra i
“principi fondamentali”, dunque come parte integrante della caratterizzazione
costituzionale della Repubblica italiana.
Nell‟affermare che la Repubblica “riconosce e promuove” le autonomie locali, da
un lato si prende atto del carattere preesistente delle autonomie locali, e dall‟altro
si esprime un compito attivo nel rendere operante il principio.
Stabilito il principio di autonomia, il Costituente del ‟48 rimanda al Titolo V la
disciplina dei tratti fondamentali delle Regioni, mentre per Comuni e Province ci
sono ampi rinvii alla legge ordinaria; vengono regolati specifici aspetti, dalla
delega di funzioni ai controlli sugli atti.
In sostanza, proseguendo per ordine:
ξ L‟ art. 11419 identifica i tre livelli di enti territoriali costituzionalmente
autonomi e necessari;
ξ L‟art. 11720 identifica le competenze legislative regionali; la materia
relativa alle circoscrizioni comunali veniva attribuita alla competenza
legislativa concorrente delle Regioni; questa competenza era prevista in
una serie di settori in cui più tipicamente e tradizionalmente Comuni e
Province svolgono le proprie attività.
FLOGAITIS S., Administrative law et droit administratif, Paris: L.g.d.j., 1986; CRAIG P.P.,
Administrative Law, V ed., London: Sweet & Maxwell, 2003; HARLOW C. – RAWLINGS R.,
Law and Administration, II ed., London, Butterworth, 1997. DE LAUBADERE A. – VENEZIA
J.C. – GAUDEMET Y., Traité de droit administratif, Paris: L.g.d.j., 2000–2002, 5 tomi; LONG
M., WEIL P., BRAIBANT G., DELVOLVE P., GENEVOIS B., Les grands arrêts de la
jurisprudence administrative, XIV ed., Paris: Dalloz, 2003; MCILWAIN C.H., Costituzionalismo
antico e moderno (1947), Bologna, Il Mulino, 2001.
18
L‟art 5 della Costituzione recita” La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le
autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento
amministrativi, adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell‟autonomia e
del decentramento”.
19
Art. 114 nella Costituzione del 1948:” La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni”.
20
Art. 117 nella Costituzione del 1948:”La Regione emana per le seguenti materie norme
legislative nei limiti dei principi fondamentali abiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme
stesse non siano in contrasto con l‟interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento
degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia
locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficienza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera;
istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali;
urbanistica; turismo e industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche d‟interesse regionale;
viabilità e acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque
minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste;
artigianato; altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono
demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione”.