INTRODUZIONE
Da sempre, l’uomo ha posto come obiettivo principale, nell’ambito dell’allevamento animale, di
pari passo, del resto, con tante altre circostanze diverse dall’allevamento e dalla zootecnia,
l’ottimizzazione dei risultati; riassumibili in due concetti fondamentali, che in diverse situazioni
confluiscono nell’unicità; ma che in altri ambiti vengono, invece, nettamente scissi l’uno dall’altro.
Il primo concetto è inteso come massimizzazione del prodotto, da riallacciarsi al discorso degli
animali da reddito, e viene applicato nel momento in cui si segue una linea di produzione volta a
richiedere la massima produttività dai soggetti costituenti l’allevamento, tralasciando, però, quello
che è il discorso incentrato sulla qualità.
Da tale discorso, invece, nasce il secondo concetto che è ciò che si cerca di fare e che si richiede, a
tecnici, veterinari, operatori, ricercatori ed allevatori, nel campo dell’allevamento equino,
prevalentemente, nelle razze pregiate, rustiche, autoctone, dove il discorso economico non si basa
sulla quantità di produzione; ma sulla qualità del prodotto, sulla purezza delle linee genetiche dei
soggetti o sulla bellezza ed armoniosità delle forme degli animali. In certe circostanze, comunque,
anche in alcune realtà zootecniche di animali da reddito, il discorso sta notevolmente cambiando,
guardando un pò meno alla quantità di soggetti portati sul mercato, cercando di aumentare, però,
l’attenzione alla qualità dei capi commerciati.
È per questa ragione che l’allevamento del cavallo ha richiesto e richiede tutt’ora un miglioramento
continuo delle pratiche riproduttive; trovando un trampolino di lancio, per la svolta, proprio nella
Fecondazione Artificiale (F.A.), ed è per questa ragione che si può giustificare la mia scelta di tale
argomento come tesi di laurea. L’ottimizzazione della riproduzione animale passa attraverso varie
tappe, che tranquillamente possiamo riassumere in:
a) scelta attenta ed accurata degli animali da avviare alla carriera riproduttiva attraverso una
competente e profonda conoscenza delle problematiche legate sia al maschio che alla femmina;
b) buona progettazione volta all’attuazione di un mirato ed efficiente programma riproduttivo;
c) effettuazione continua delle profilassi sui soggetti riproduttori per eliminare le possibilità di
contagio e di diffusione di malattie;
d) creazione di uno spazio nel mondo del mercato dove confluire con i propri prodotti per la
vendita.
Per lo stallone, l’accertamento della fertilità si consegue in massima parte con la valutazione del
materiale seminale preceduta dall’identificazione del soggetto, dal suo esame obiettivo generale e
dall’esame obiettivo particolare dell’apparato genitale interno ed esterno. La fertilità è influenzata
da numerosissimi fattori, di diversa natura, tra i quali l’età, la stagione, il managment e
l’alimentazione.
La Fecondazione Artificiale (F.A.) nella specie equina, ma del resto anche in tutte le altre specie
dove tale tecnica viene applicata, ha abbattuto tutte quelle barriere che, fino a trenta, quaranta o
cinquanta anni fa, ponevano il freno ad un miglioramento non solo a livello produttivo, ma anche in
quello genetico e, soprattutto, nell’ambito sanitario; infatti, l’idea che spinse molti ricercatori a
studiare un meccanismo di copula senza che i due soggetti venissero a contatto, fu proprio quello di
abbassare drasticamente le possibilità di contagio di infezioni a cui i soggetti erano esposti durante
le fasi dell’accoppiamento.
Certamente, ci volle molto tempo affinché venisse perfezionata tale tecnica e potesse ampliarsi nella
sua applicazione, anche se, nel mondo equino, ancor oggi e nettamente sottosviluppata, se si
paragona con le percentuali di applicazione nell’allevamento suinicolo e bovino.
Le cause di tale differenza di utilizzo tra le diverse specie sopraelencate è da ascriversi
prevalentemente ai maggiori costi da parte dell’allevatore, alla maggior manodopera da parte del
veterinario o del tecnico che deve attuare l’inseminazione e alle maggiori difficoltà fecondative
rispetto alla scrofa o alla vacca. Tutto ciò è sicuramente da riallacciarsi al diverso discorso
fisiologico fra le varie specie, nella diversa durata dell’estro.
Proprio per la sua più lunga durata, nella cavalla, stabilire il momento esatto della fecondazione, che
dovrebbe essere fatta proprio nel momento esatto dello scoppio del follicolo con conseguente
ovulazione, richiede molta più attenzione e per un tempo prolungato di diversi giorni (5-6). Questo,
chiaramente, comporta grosse spese da parte dell’allevatore che inevitabilmente dovrà pagare le
ripetute prestazioni del veterinario sulla cavalla. Ciò ha fatto si che nel mondo equino tale tecnica
rimanesse vincolata solo in razze di un certo valore economico, dove i costi d’inseminazione
vengono ben ammortizzati dal valore finale del prodotto (puledro) che andrà a nascere; o se lo
stallone, donatore di seme, geograficamente si trova in zone estremamente lontane dalla fattrice, ma
sempre in un discorso di alto valore genetico e, quindi, economico degli animali.
Come per le altre specie, però, l’uso dell’inseminazione artificiale ha fatto si che nel cavallo si è
avuto un miglioramento genetico pazzesco in un lasso di tempo breve grazie ad accoppiamenti
mirati che risaltassero le caratteristiche peculiare di una determinata razza o dei due soggetti da
accoppiare potendo scegliere, da parte dell’allevatore, su un panorama di riproduttori mondiali,
distanti fisicamente anche migliaia di chilometri.
Altro fattore determinante, come prima accennato, è stato il fatto che i soggetti destinati a tale tipo
di discorso, sia se si tratta di stalloni che di fattrici, vengono continuamente controllati per escludere
totalmente le possibili contaminazioni; arrivando, così, attraverso l’applicazione delle misure di
profilassi, alla debellazione di molte malattie in quelle razze dove viene praticata tale tecnica.
Grazie all’inseminazione artificiale e all’uso, oltre che del seme fresco e refrigerato, di quello
congelato, gli allevatori hanno sempre a disposizione materiale seminale dello stesso stallone che si
desidera, in tempi diversi possono fecondare le fattrici senza avere il problema di aspettare il seme,
ottenendo puledri di altissimo valore genealogico, sempre in rapporto, chiaramente, alla genealogia
della cavalla che si possiede e al corredo genetico dello stallone che si è scelto come donatore del
seme, potendo scegliere su un panorama di riproduttori su scala mondiale, ed essere sicuri e
tranquilli di non incorrere in problematiche di infezione, con patogeni venerei, della propria cavalla.
Nello stesso tempo, da parte degli allevatori di stalloni, si riesce a massimizzare ogni singolo salto
del soggetto, producendo più di una dose fecondante per eiaculato (4-5), quindi abbassando
drasticamente lo stress da riproduzione per il cavallo, attraverso pochi salti settimanali ma costanti e
non solo incentrati nella sola stagione ufficiale di monta, immettendo, così, sul mercato buoni
eiaculati, sempre fertili ed esenti da infezioni, in seguito ad un’attenta e rigida analisi, da parte della
ditta produttrice di seme equino, sulle caratteristiche degli spermatozoi e loro anomali e sulle
possibili contaminazioni di ogni singolo eiaculato prelevato.
CAPITOLO 1
APPARATO RIPRODUTTORE DELLO STALLONE
ELEMENTI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA
L’apparato genitale maschile dello stallone è costituito dall’insieme degli organi preposti alla
produzione dello sperma e alla sua deposizione all’interno delle vie genitali femminili.
Lo sperma o seme, è formato da un liquido a composizione complessa, il plasma seminale, nel
quale si trova in sospensione oltre a pochi altri elementi microscopici, un numero elevatissimo di
spermatozoi dei quali assicura la sopravvivenza.
Questi gameti, molto piccoli, sono provvisti di flagello ed estremamente mobili. La loro
concentrazione varia molto a seconda della specie e, perfino, da singolo soggetto, dipendenti dalle
condizioni fisiologiche ecc. Nel cavallo la loro concentrazione si aggira attorno ai 150.000 (30.000-
800.000) per ml di sperma.
La formazione degli spermatozoi, conosciuta con il termine di spermatogenesi, è continuamente
assicurata dalle gonadi maschili, o testicoli.
Successivamente, questi vengono immagazzinati nelle vie spermatiche le cui ghiandole producono
una parte del plasma seminale (Barone, 1994).
Al momento dell’eiaculazione, la completa produzione di plasma seminale viene data dalla
secrezione delle ghiandole annesse al seno uro-genitale.
L’apparato genitale maschile, volendolo schematizzare a grandi linee, è costituito da tre grandi
parti, ciascuna delle quali ha il suo equivalente nell’apparato medesimo femminile fig. 1.1:
1. la SEZIONE GHIANDOLARE, rappresentata dai due testicoli, che si sviluppano all’inizio, come le
ovaie, nella regione lombare dell’addome, i quali migreranno, nella maggior parte dei
mammiferi, nella regione sottoinguinale dove verranno accolti all’interno di invogli particolari;
2. la SEZIONE TUBULARE, formata dalle vie di raccolta e di trasporto dello sperma fino al seno
uro-genitale, la quale forma le vie spermatiche derivate dal condotto mesofrenico dell’embrione
e si compone, dall’epididimo, dal condotto deferente e della ghiandola vescicolare;
3. la SEZIONE URO-GENITALE che è costituita da un lungo condotto impari, l’uretra, cui sono
annesse delle ghiandole (prostata e ghiandole bulbo-uretrali) e delle formazioni erettili, di cui
la principale è data dal corpo cavernoso, a cui con la porzione extrapelvica dell’uretra
costituiscono il pene, l’organo copulatore maschile.
Il cavallo è una specie esorchide, in quanto le due gonadi, sviluppatesi in cavità addominale, nella
regione sottolombare, migrano attraverso l’anello inguinale fino allo scroto. La discesa dei testicoli,
non completa al momento della nascita, si verifica tra i 6 e i 18 mesi; mentre la pubertà viene
raggiunta dopo 90-150 settimane di vita (Barone, 1994).
fig. 1.1: Apparato riproduttore del cavallo stallone (Pickett, 1989).
INVOGLI DEL TESTICOLO
Gli invogli del testicolo proteggono e sostengono la gonade come pure le sue prime vie d’escrezione
e i suoi vasi. L’invoglio più superficiale, lo scroto, di natura cutanea, è comune ai due testicoli che
mantiene da una parte e dall’altra della porzione fissa del pene, a una certa distanza dall’anello
inguinale profondo fig. 1.2.
fig. 1.2. Schema della disposizione degli invogli testicolari di un cavallo: 1.testicolo; 2. epididimo; 3. cono vascolare; 4.
sacco dartoico; 5. scroto; 6. dartos; 7. rafe scrotale; 8. setto dartoico; 9. muscolo cremastere; 10. dotto deferente; 11.
foglietto parietale della tunica vaginale; 12. foglietto viscerale della tunica vaginale; 13. cavità vaginale; 14. corpo
cavernoso del pene; 15. corpo spongioso del pene e muscolo bulbo-spongioso; 16. fascia femorale; 17. anello inguinale
superficiale; 18. anello inguinale profondo; 19. peritoneo parietale; 20. muscolo obliquo interno dell’addome; 21. tendine
prepubico; 22. muscoli della coscia (Barone, Anatomia comparata dei mammiferi domestici, 1980).
SCROTO
Lo scroto è costituito da due parti sovrapposte: il rivestimento cutaneo propriamente detto e il
dartos.
La pelle dello scroto è sottile, elastica, molto morbida e strettamente aderente al dartos con il quale
è facilmente spostabile. La pelle forma un sacco comune ai due testicoli, tranne che nel coniglio, in
cui esistono due scroti distinti.
Fra i due lobi arrotondati, che segnano il rilievo delle gonadi, esiste una depressione mediana nel
cui fondo si osserva un esile rilievo lineare che rappresenta il rafe dello scroto.
La pelle dello scroto si differenzia con quella delle regioni adiacenti sia per la pigmentazione, che
negli equidi è molto marcata, sia per la scarsa quantità di peli. È riccamente fornita di ghiandole
sebacee la cui secrezione rende la superficie più o meno untuosa soprattutto negli equidi.
Lo scroto dello stallone è situato nella regione inguinale alta ed è lievemente pendulo (Barone,
1994). Per garantire la loro funzionalità, i testicoli devono essere mantenuti ad una certa
temperatura, compresa tra i 30.5 e 32.5 C°, inferiore a quella corporea (Chenier, 1999).
Alla termoregolazione dei testicoli partecipano la cute dello scroto, il dartos e il muscolo
cremastere, grazie alla loro capacità contrattile.
Quando la temperatura si abbassa, il cremastere e la tonaca muscolare del dartos si contraggono; i
testicoli vengono sollevati verso l’addome e la parete scrotale si raggrinza e si ispessisce. Al
contrario, a temperatura ambientale elevata, i muscoli si rilasciano e i testicoli scendono all’interno
della sottile parete dello scroto pendulo. Queste strutture (cute scrotale, dartos, muscolo cremastere)
vengono coadiuvate, nella loro funzione di termoregolazione testicolare, dal particolare rapporto
esistente tra arteria testicolare e plesso venoso pampiniforme.
Al livello dell’estremità capitata del testicolo, il sangue arterioso viene raffreddato dal sangue
venoso refluo che è drenato dal plesso pampiniforme (Hafez, 1984).
TESTICOLO
Il testicolo è la gonade maschile. È un organo pari, allogato nella tonaca vaginale e nello scroto, nei
mammiferi esorchidi.
Oltre alla funzione gametogena, esplica una funzione endocrina: mediante la secrezione di
testosterone che influenza la maggior parte dei caratteri sessuali secondari e l’attività sessuale.
Parlando dei caratteri fisici possiamo dire che il testicolo presenta un colore bianco bluastro. La
consistenza varia col soggetto e con lo stato fisiologico; di solito è compatta ed elastica e dipende
anch’essa dalla presenza dell’albuginea. Il peso varia molto a seconda dell’età e dello stato
fisiologico fig. 1.3.
fig. 1.3: Veduta laterale del testicolo sinistro: 1. testicolo; 2. testa dell’epididimo; 2’. corpo dell’epididimo; 2’’. Coda
dell’epididimo; 3. borsa testicolare; 4. dotto deferente; 4’. mesodotto deferente; 5.plesso pampiniforme; 6. mesorchio; 7.
legamento proprio del testicolo; 8. legamento della coda dell’epididimo; 9. margine resecato della piega che unisce il
foglietto viscerale a quello parietale della tunica vaginale (Dyce et al., 1987).
Nel cavallo, l’evoluzione del testicolo fetale è molto caratteristica fig. 1.4. A partire dalla metà del
secondo mese di gravidanza, la gonade aumenta rapidamente di volume e questo accrescimento
prosegue fino verso il sesto mese di gravidanza, quando la gonade arriva a pesare 60 g, cioè 1/120
del peso totale del corpo.
La discesa delle gonadi è tardiva. Alla nascita si possono percepire assai bene sotto i loro invogli,
ma sono ancora molto mobili.
fig. 1.4: Tappa di discesa dei testicoli nello scroto del feto equino. (A) Feto a 75 giorni della gestazione. (B) Feto a 175
giorni della gestazione. (C) il Feto termine vicino (330 giorni della gestazione). Uretra (U), gubernacolo (il gub),
epididimo (l'epid), condotto deferente (il dd), e processo vaginale (il vp). (Da Varner DD, Schumacher J, Blanchard T, et
al. Malattie e Gestione di Incrociare Stalloni. Goleta, CA: Pubblicazioni Veterinarie americane, 1991).
L’anello vaginale è ancora assai troppo largo. Alcune settimane dopo i testicoli sembrano risalire
nello spazio inguinale per portare a termine la loro discesa molto più tardi fra 6 e 18 mesi, talvolta
anche dopo (Barone, 1994).
Ciascun testicolo è di forma ovoidale e di modesta mole nello stallone adulto con misure di 9-11 cm
di lunghezza; 6-7 cm di altezza e 5-6 cm da un lato all’altro.
Il testicolo sinistro ha dimensioni maggiori rispetto a quello destro, con un peso di ognuno che varia
a seconda della razza e del singolo soggetto, da 100 a 280 g.
La posizione di ciascun testicolo è quasi orizzontale. La faccia laterale e la faccia mediale sono lisce
e arrotondate e attraverso la sierosa e l’albuginea lasciano intravedere numerosi vasi tortuosi.
Il margine libero è convesso e liscio; il margine epididimale è in posizione opposta ed è costeggiato
lateralmente dall’epididimo.
L’estremità capitata è in continuità strutturale con la testa dell’epididimo e riceve l’inserzione del
cono vascolare; l’estremità caudata è contornata dalla coda dell’epididimo, alla quale è unita
mediante il breve legamento proprio del testicolo.
STRUTTURA
La struttura del testicolo comprende una impalcatura fibrosa, addensata sotto la sierosa in una
albuginea ispessita e un tessuto proprio diviso in lobuli, ciascuno dei quali racchiude numerosi
tubuli seminiferi e tessuto interstiziale.
Il rivestimento sieroso non è altro che il peritoneo testicolare, parte della lamina viscerale della
tonaca vaginale. E’ fortemente aderente all’albuginea e si continua con quello dell’epididimo e dei
meso.
La tonaca albuginea è una membrana fibrinosa ispessita e biancastra, nella quale sono presenti
numerosi canalicoli, assai flessuosi e di diametro vario, in cui decorrono i vasi. È costituito
principalmente di fibre collagene.
I vasi occupano solamente una parte dello spessore dell’albuginea; lo strato che accoglie tali vasi è
stato denominato tonaca vascolare.
Dalla faccia profonda dell’albuginea si dipartono dei setti, i quali dividono il tessuto sottostante in
lobuli abbastanza regolari e intercomunicanti in corrispondenza della loro base, vicina
all’albuginea, ma nettamente separati tra loro in profondità fig. 1.5.
Nello stallone, l’epididimo è lungo 12-13 cm e il suo condotto raggiunge i 70-85 m la sua testa
contiene 12-13 coni efferenti. Il dotto deferente misura 60-70 cm di lunghezza; l’ampolla, lunga 12-
25 cm, ha un diametro di 20-25 mm mentre la vescichetta seminale è lunga una quindicina di
centimetri e larga 4-5 cm.
LOBULI TESTICOLARI
Tranne che nelle piccole specie, nel testicolo si trovano da 200 a 300 lobuli.
Ciascuno è sostenuto da un tessuto connettivo lasso in continuità con quello dei setti e percorso da
una ricca rete capillare. In questa trama sono immersi gli elementi caratteristici dell’organo: i tubuli
seminiferi e il tessuto ghiandolare interstiziale. A loro volta i tubuli seminiferi sono formati da due
parti molto ineguali: una contorta, molto più sviluppata, nella quale vengono prodotti gli
spermatozoi; l’altra retta, che si unisce alla rete testis e forma, con questa, la parte iniziale delle vie
d’escrezione dello sperma.
Ogni tubulo contorto è fortemente avvolto su se stesso, di modo che la sua lunghezza è
considerevole: 2-3 m nelle specie di grande mole.
fig. 1.5: Sezione trasversale della regione inguinale e degli organi genitali esterni di uno stallone (Robert Barone, 1994).
TUBULI SEMINIFERI CONTORTI
Presentano un diametro di 120-300 µm, e mostrano due estremità che si continuano nei tubuli retti
ed è circondato da una lamina limitante presentando nel suo centro un lume a contorni indistinti e
irregolari e più o meno occupato da spermatozoi e da residui cellulari.
La lamina limitante si compone di una comune membrana basale, sulla quale poggia l’epitelio
seminifero. L’epitelio spermatogenico comprende due tipi di costituenti: le cellule di sostegno e le
cellule della linea seminale, le quali rappresentano la parte spermatogenica.
Le cellule spermatogeniche hanno un aspetto polimorfo, passano attraverso diversi stadi della
spermatogenesi dove è possibile distinguere tre grandi periodi.
Il primo periodo è la spermatocitogenesi, nella quale gli spermatogoni, derivati
direttamente dai gametociti, producono gli spermatociti primari o di 1° ordine, che hanno
ancora il numero diploide di cromosomi.
Il secondo periodo è rappresentato dalla meiosi, in cui gli spermatociti di 1° ordine vanno
incontro alla divisione riduzionale trasformandosi in spermatociti di 2° ordine con numero
apolide di cromosomi; successivamente, gli spermatociti di 2° ordine daranno origine, con
una nuova divisione agli spermatociti.
Il terzo periodo è quello della spermatogenesi, in cui gli spermatociti subiscono una
notevole serie di modificazioni che si conclude con la liberazione degli spermatozoi maturi.
Gli spermatogoni sono situati in prossimità della membrana limitante e se ne riconoscono due tipi:
quelli di tipo A possiedono un nucleo sferoidale e ovalare; e questi vanno incontro ad alcune
divisioni mitotiche, in numero fisso per ciascuna specie. L’ultima divisione di questa serie da
origine ad un nuovo spermatogonio di tipo A ed uno di tipo B che è all’origine di una linea
spermatogenica.
Lo spermatogonio B si divide due o tre volte e in ciascuna divisione produce spermatogoni dello
stesso tipo.
Gli spermatociti primari o spermatociti di 1° ordine assomigliano inizialmente agli spermatogoni
da cui sono derivati; ma ben presto il loro citoplasma diventa più abbondante ed essi si allontanano