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INTRODUZIONE
Negli ultimi decenni è emersa l’importanza dell’attuazione di strategie di
prevenzione e diagnosi precoce per i disturbi neuropsichiatrici infantili.
Ampia è la letteratura in merito alle indagini volte all’identificazione dei
fattori di rischio, tali progressi hanno permesso interventi di prevenzione
primaria e secondaria. La presente tesi ha come obiettivo l’
approfondimento del ruolo dei determinanti genetici e dei fattori di rischio
prenatali e perinatali nell’eziologia del Disturbo dello Spettro Autistico e dei
Disturbi Specifici di Linguaggio. L’esperienza clinica e i dati epidemiologici
giustificano la selezione di questi due disturbi. La ricerca epidemiologica
suggerisce l’altra prevalenza, intorno al 7/1000 (Centers for Deseas
Control and Prevention ) e un netto aumento dell’incidenza dei Disturbi
dello Spettro Autistico. Parallelamente i Disturbi di Linguaggio
presentano un’alta prevalenza nella popolazione infantile ( 6-8% in
Ritterfeld et al. , 2002) e in Italia, nella popolazione prescolare, l’incidenza
è stimata tra il 3% e il 6% (Chilosi et al. , 2012).
L’autismo è un disturbo neuroevolutivo che si caratterizza per un quadro
clinico ad esordio precoce; sono presenti alterazioni nello sviluppo
socio-comunicativo e interessi ristretti con comportamenti ripetitivi ( DSM-
5, 2013). La classificazione nosografica della sindrome ha subito
differenti modifiche e sin dalle prime descrizioni l’autismo è stato
considerato una sindrome di natura eterogenea, negli anni sono andati
definendosi profili patologici differenziabili e al contempo caratterizzati
da importanti similitudini sul piano clinico, ad oggi viene riconosciuto
uno spettro di quadri sfumati e condizioni di differente gravità (Johnsoh
e Myer, 2007). Parallelamente sono andate definendosi differenti ipotesi
sull’eziopatogenesi che hanno condizionato il panorama scientifico e il
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delinearsi di discordanti teorie. Sono due le ipotesi che nello scenario
storico-scientifico si pongono agli antipodi: la tesi psicogenetica e
quella genetica-biologica. La prima, divenuta oggi piuttosto
impopolare, si fonda su tesi Kanneriane; a sostegno di questa vi era
l’idea che i comportamenti dei genitori, caratterizzati da freddezza
emotiva, potessero essere il cardine dell’insorgenza dell'autismo in
soggetti biologicamente “sani”. La teoria genetico-biologica, in antitesi,
identifica alla base un meccanismo organico a doppio binario.
Recentemente sono stati condotti studi che hanno evidenziato una
correlazione statisticamente significativa tra anomalie geniche e
l’insorgenza della patologia. Freitag, ad esempio, descrisse nel 2007
un’ereditabilità del disturbo di oltre il 90% analizzando una casistica di
gemelli monozigoti. Sul piano biologico i ricercatori hanno definito
differenti concause che potrebbero avere un ruolo determinante nella
patogenesi (Langridge A.T. et al., 2013; Lopaczynski W. et al,. 2012; Kong
et al., 2012; Gardener H, et al., 2009; Amaral & Ramalho-Santos, 2009;
Smith et al., 2009; Patterson PH. et al., 2008; Croen et al., 2007 ;
Reichenberg et al., 2006; Malaspina et al., 2006; Salihu et al., 2005; Dalton
P. et al. , 2003) indagando fattori genetici (Bailey A. et al., 1995; Folstein S.
et al., 1977;Le Couteur A. et al., 1998; Bailey A. 1996; Piven J. 2001; Ritvo
ER. et al., 1985) e l'esposizione a determinati fattori durante il periodo
prenatale e neonatale (Glasson EJ. et al., 2011 , 2004 ; Shelton et al.
2010; Gardener et al. 2009; Durkin et al. 2008; Coehn et al., 2004 ).
Complicanze ad insorgenza nel contesto perinatale sono state inoltre
identificate come probabili eventi determinanti, nel 2007 è stato infatti
definito un collegamento significativo con specifiche condizioni
ostetriche (basso peso alla nascita, durata della gravidanza e l'ipossia) e
il Disturbo dello Spettro Autistico (Kolevzon et al., 2007). Dati i risultati
di tali indagini il primo obiettivo del presente lavoro è stato quello di
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valutare le possibili correlazioni tra alterazioni genetiche, familiarità, fattori
di rischio prenatali e peri-natali e il Disturbo dello Spettro Autistico.
Indagini simili sono state condotte per evidenziare eventuali fattori di
rischio correlabili con l’insorgenza dei Disturbi Specifici di
Linguaggio. Anche in questo caso il panorama scientifico si è
interrogato riguardo la formulazione di un idonea tassonomia che fosse
in grado di descrivere in modo appropriato e preciso quadri clinici molto
eterogenei fra loro. Tra i criteri utilizzati per definirne una classificazione
sono state proposte variabili neuropsicologiche e psicometriche (Wilson e
Risucci, 1986, Cipriani e Chilosi, 1995), neurolinguistiche (Rapin e Allen,
1983, 1988, 1992; Cipriani e Chilosi, 1995) e psicolinguistiche (Miller,
1981) oltre che clinico-eziologiche. Nel presente studio è stato scelto di
approfondire l’eziopatogenesi dei Disturbi Specifici di Linguaggio perché
ad alta prevalenza e ad eziologia poco conosciuta . I DSL sono caratterizzati
da un disordine in uno o più ambiti dello sviluppo linguistico, in assenza di
deficit cognitivi, sensoriali, motori, affettivi e di importanti carenze socio-
ambientali. Diverse ricerche hanno fornito dati utili nell’identificazione
dei determinanti di rischio (Lassmann, et al., 1980; Neville et al. , 1993 ;
Andrews, et al. 1995; Tomblin, et al. 1997; Law et al. , 2000 ; Hammer, et
al., 2001; Camaioni, 2001; Fox AV. et al. , 2002; Stanton-Chapman et al.
, 2002; Campbell et al., 2003; Vargha-Khadem F., 2005 ) e due recenti
metanalisi hanno approfondito la correlazione tra i singoli fattori
evidenziando gli elementi maggiormente significativi (Delgado et al. ,
2004; Harrison e McLeod , 2010 ). L’importanza di attuare approfondite
ricerche sull’eziopatogenesi dei disturbi di linguaggio è stata dichiarata
dall’American Speech-Language-Hearing Association (1991) e da numerosi
studiosi (Cole & Marge, 1985; Longemann & Baum, 1998 ; Law, et al. ,
2000); tuttavia, gli studi empirici che valutano l’influenza di fattori di
rischio nella patogenesi dei DSL sono limitati. Data questa problematica la
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seconda indagine proposta mira all’identificazione del ruolo di specifici
determinanti nei DSL.
In età infantile i quadri clinici di entrambi disturbi possono presentarsi con
caratteristiche sfumate, agli esordi è spesso necessario porre in diagnosi
differenziale il Disturbo dello Spettro Autistico e i DSL. I disturbi del
linguaggio interessano un’area specifica mentre il disturbo autistico si
caratterizza per una compromissione globale. Le aree che si presentano
similmente alterate in entrambi i disturbi sono la comunicativa e la socio-
relazionale. Se sul piano clinico, con approfondimenti diagnostici è
possibile differenziare i due quadri sintomatologici, data l’evidenza che il
Disturbo dello Spettro Autistico presenta caratteristiche nettamente
distinguibili e patognomoniche ; non è altrettanto immediata la
comprensione dei percorsi eziologici che sottendono le alterazioni
linguistico-comunicative. Ci si è, dunque, interrogati se fosse possibile
ricondurre le suddette alterazioni a fattori di rischio e percorsi
eziopatogenetici similari. Il terzo obiettivo del presente studio sarà quindi il
confronto tra i determinanti identificati tramite le prime indagini statistiche.
Il presente lavoro mira dunque a contribuire all’ identificazione di eventuali
differenze tra i fattori di rischio genetici, familiari e le complicanze
prenatali e perinatali che concorrono all’eziologia dei due disturbi sopra
descritti, il riscontro di specifici fattori permetterebbe l’attuazione di
campagne di prevenzione, primaria per ridurne l’incidenza e secondaria,
mediante follow up di bambini identificati come a rischio, mirata alla
diagnosi precoce che precoce permetterebbe un trattamento tempestivo.
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1.1 Sviluppo Storico del disturbo Autistico
Il termine “Autismo” deriva dal tedesco Autismus ( dal greco αὐτός,
"stesso"), fu coniato nel 1908 da E. Bleuer per descrivere uno dei tre
processi patologici alla base delle sindromi schizofreniche
rappresentato da chiusura,evitamento dell'altro e isolamento. (autismo,
delirio paranoide e dissociazione) . Egli diede all’ ”autismo”
l’accezione di 'pensiero circolare' che 'si chiude su sé stesso'.
Bleuer intese definire la patologia caratterizzata dalla tendenza al ritiro
e dalla perdita di contatto con la realtà esterna, quindi pazienti
contraddistinti dal vivere in una condizione di isolamento e
incomunicabilità.
Freud (1911) riprese il concetto di Bleuler dichiarando: “la chiusura
autistica è come un uovo di uccello con le sue scorte alimentari
all'interno del guscio.” L’individuo autistico è descritto protetto dalla
realtà esterna da un guscio contenente fonti di nutrimento ma al tempo
stesso fragile e soggetto di bisogno. “Le scorte” ridotte dovrebbero
spingere alla rottura del guscio ma la persona affetta si limita
all’interno della propria realtà. Fu poi nel 1943 che Kanner L. applicò il
concetto di autismo alla psicopatologia infantile per descrivere in un
suoarticolo "Autistic Disturbance of Affective Contact" una sindrome
osservata in 11 bambini giunti alla sua osservazione. Egli scrisse:
"…fin dal 1938, é giunto alla nostra attenzione un numero di bambini le
cui condizioni differiscono così accentuatamente e unicamente da
qualsiasi altra riportata finora, che ogni caso merita […] una dettagliata
considerazione delle sue affascinanti particolarità" (Trad. da Kanner L.,
1943).