Introduzione
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Inoltre si individueranno le aziende produttrici di VIPs operanti sul territorio
nazionale al fine di ottenere, mettendosi in contatto con le stesse, eventuali preventivi e
consigli tecnici.
Dopo tale fase si passerà a quella applicativa. Ciò che immediatamente ci si chiede è:
”come dovrà essere questo congelatore con VIP?”; ed inoltre: ”come saranno
istallati i pannelli? Sarà tecnicamente possibile?”; ”Il congelatore, sarà
economicamente conveniente?”. Per rispondere a queste domande si cercherà di
definire in primo luogo, le caratteristiche di prestazione dei congelatori verticali,
analizzando sia i bisogni del consumatore che i prodotti della concorrenza. In seguito,
sfruttando i risultati ottenuti, si delineeranno le caratteristiche del congelatore con
VIP, analizzando sia la fattibilità tecnica che quella economica, nonché la
competitività.
Nei prossimi capitoli si affronteranno tutte le problematiche prima esposte cercando
di trovare tutte le soluzioni più appropriate ed esaustive.
Fondamenti Teorici Capitolo 1
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CAPITOLO 1
Fondamenti Teorici per la Valutazione di un
Cambiamento Tecnologico e di Analisi della
Fattibilità
In questo capitolo si cercherà di raccogliere tutti gli strumenti teorici che se applicati
correttamente, permetteranno di analizzare un cambiamento tecnologico, valutandone
la fattibilità tecnica ed economica. Si daranno, inoltre, accenni sulla valutazione della
competitività, ovvero, su quanto un prodotto sia superiore a quello della concorrenza.
Importante in tale fase sarà determinare le caratteristiche di prestazione del prodotto,
cioè quelle specifiche del prodotto che maggiormente influenzano la soddisfazione del
consumatore, ovvero determinano la qualità del prodotto.
Fondamenti Teorici Capitolo 1
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1.1 Differenza tra Cambiamento Tecnologico e Innovazione
Tecnologica
Tale paragrafo è tratto dal testo [2] in cui l’autore riesce a sintetizzare in modo chiaro
e preciso la distinzione tra cambiamento e innovazione tecnologica.
Si intende per cambiamento tecnologico una qualunque variazione del livello di
conoscenze tecniche o organizzative, cioè di tecnologie, possedute da una
organizzazione. In questo caso la variazione, se positiva, si ottiene mediante
l’acquisizione di una nuova conoscenza dall’esterno o mediante un migliore uso di
tecnologie già possedute, ma non completamente sfruttate.
Se la variazione risultasse negativa significherebbe che l’uso di quella tecnologia, già
posseduta dall’impresa, diminuirebbe, se non addirittura si annullerebbe ( per esempio
un tecnico specialista lascia l’impresa e quest’ultima ha difficoltà a sostituirlo ).
Se la variazione delle quantità o dell’uso di una data tecnologia è in qualche modo
finalizzata al raggiungimento di un obiettivo concreto, il cambiamento tecnologico
diventa innovazione tecnologica.
Il concetto di innovazione tecnologica è quindi un concetto generalmente complesso
perché unisce variazioni del saper fare tecnico, organizzativo e gestionale con il perché
l’impresa ha deciso di effettuare quei cambiamenti. In altre parole le innovazioni
tecnologiche costituiscono un sottoinsieme dell’insieme dei cambiamenti tecnologici
possibili, cioè sono cambiamenti tecnologici non solo possibili ma anche convenienti.
In Fig. 1.1 è rappresentato un modello sistemistico per l’innovazione tecnologica,
infatti il cerchio più ampio raccoglie in tutti i suoi punti ogni tecnologia del patrimonio
tecnologico. Ma solo una parte di queste tecnologie è modificabile (cerchio più
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interno), e una parte ancora più piccola di queste tecnologie modificabili ha la proprietà
che una volta modificate possono far raggiungere qualche obiettivo positivo.
Fig. 1.1 Modello Sistemico dei Cambiamenti Tecnologici e delle Innovazioni Tecnologiche [2].
T
1
T
2
T
3
T
1
= rappresenta una qualunque tecnologia appartenente al
patrimonio tecnologico
T
2
= rappresenta una qualunque tecnologia, appartenente al
patrimonio tecnologico, le cui modifiche sono possibili e
fattibili nell’impresa (cambiamento tecnologico)
T
3
= rappresenta una tecnologia, appartenente al patrimonio
tecnologico, le cui modifiche non solo sono possibili, ma
anche convenienti (innovazione tecnologica)
Fondamenti Teorici Capitolo 1
Vittorio Panariello 6
Dal momento che ogni cambiamento tecnologico richiede un impegno di risorse
finanziarie più o meno grande, per coprire i costi delle risorse necessarie per effettuare
tale cambiamento, può essere utile adottare una seconda definizione di innovazione
tecnologica.
Si intende cioè per innovazione tecnologica quel cambiamento tecnologico che
consente di raggiungere il massimo rapporto possibile tra benefici attesi/ottenuti e il
necessario investimento di risorse necessarie per raggiungere tali benefici.
Un insieme di attività rivolte all’innovazione tecnologica può riferirsi alla
progettazione e allo sviluppo di nuovi prodotti, oppure al miglioramento e al
l’assicurazione della qualità di prodotti attuali per renderli più appetibili e quindi più
competitivi: in questi casi si può parlare di innovazione tecnologica di prodotto.
Un insieme di attività rivolte all’innovazione tecnologica può essere anche orientato
alla razionalizzazione del processo di produzione, attraverso l’introduzione di elementi
o anche sistemi di automazione, oppure attraverso un aumento della flessibilità di
produzione, oppure attraverso la riduzione dei costi di produzione, o anche attraverso la
riduzione degli scarti di produzione, come pure alla razionalizzazione degli uffici
amministrativi, o anche al miglioramento delle prestazioni degli impiegati nell’ufficio
di vendita. In questi casi si può parlare di innovazione tecnologica di processo.
Un’ impresa decide di attivare un cambiamento tecnologico con l’intenzione ovvia di
generare un’ innovazione tecnologica, o di prodotto o di processo, e questo avviene
solo quando l’imprenditore o il gruppo dirigente avverte che “qualche cosa” non va più
bene nel futuro più o meno lontano.
Quando tutto invece procede per il meglio e quando il futuro prossimo, e anche
quello remoto, vengono percepiti come sufficientemente positivi, nessuna impresa si
sogna di tentare un insieme di iniziative finalizzate a realizzare un’ innovazione.
Fondamenti Teorici Capitolo 1
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Quindi le motivazioni per decidere un cambiamento si riassumono nei seguenti due
punti:
La speranza e la volontà di migliorare il proprio business, in modo da avere
successo e quindi aumentare i profitti,
La necessità di innovazione come conseguenza di pressioni esterne da parte
dell’ambiente ( per esempio modifiche della domanda di mercato, crescita
della concorrenza, modifiche del mercato del lavoro, variazione del costo del
denaro, crisi economiche internazionali, ecc. )
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1.2 L’ Innovazione Tecnologica come Fattore Strategico
L’innovazione è un meccanismo eccezionale, una forza in grado di esercitare un
richiamo sia estetico sia pragmatico che scatena lo spirito creativo e apre la mente a
possibilità fino a quel momento sconosciute, incrementando la crescita economica e
rendendosi protagonista del progresso in ambiti essenziali per lo sviluppo umano quali
la medicina, l’agricoltura o la formazione. Alle imprese, che rappresentano il motore
primario del progresso economico, l’innovazione offre opportunità straordinarie e pone
sfide molto impegnative. Oltre a essere un potente mezzo di differenziazione
competitiva, che consente alle imprese di penetrare nuovi mercati e raggiungere
maggiori margini di profitto, l’innovazione è anche una corsa competitiva che richiede
rapidità, abilità e precisione. Essere innovativi non basta; per avere successo bisogna
essere in grado di innovare meglio dei concorrenti.
Manager e ricercatori si sono impegnati a fondo per comprendere i meccanismi che
regolano l’innovazione e i loro sforzi hanno contribuito all’evoluzione di discipline
quali il management strategico, le teorie organizzative, l’economia, il marketing, la
progettazione e la sociologia.
Negli ultimi anni, il tema dell’innovazione è diventato dominante nello scenario
europeo e italiano in particolare. Una questione dirompente, pervasiva, che ha
travalicato i confini ristretti dell’impresa ad alta tecnologia per penetrare con decisione
nell’arena politica, agitata come arma di pressione nelle negoziazioni fra il Governo e il
sistema industriale. Un tema complesso, talvolta condensato in slogan a effetto senza
significato, talora esaltato per le sue virtù taumaturgiche come unica terapia efficace
per i mali del sistema economico italiano. Un tema difficile, a dispetto dell’apparente
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competenza con cui ciascuno ritiene di poter intervenire, immortalato sulle copertine
delle riviste economiche e protagonista di talk-show televisivi, fino a cadere nella
trappola delle mode. Come è noto, in Italia, la questione si presenta con toni a volte
allarmati – e non senza ragioni: il grave ritardo del Paese nella corsa all’innovazione,
come mostrano gli indicatori-chiave (gli investimenti per la R&S come quota del PIL,
il numero di brevetti, il numero di ricercatori, la quota di investimenti in innovazione
delle imprese) – e a volte rassicuranti: l’Italia è il Paese della creatività,
dell’innovazione senza ricerca, del genio imprenditoriale.
In realtà, è innegabile la debolezza dell’industria italiana sul fronte dell’innovazione.
In Italia, sono ormai scomparse le grandi imprese science-based, che svolgono un ruolo
decisivo nella diffusione dell’innovazione. E ancora, sono instabili e tuttora a uno stato
embrionale le relazioni fra il mondo della ricerca, che pure vanta aree di eccellenza
mondiale, e il tessuto industriale, dove le piccole dimensioni non poche volte
significano irrisolvibili difficoltà di assorbimento di conoscenza e di conversione della
ricerca di base in nuovi prodotti. Infine, appare evidente la frammentazione e il ritardo
delle politiche industriali per la ricerca e l’innovazione. Certo è che l’innovazione
permane come elemento fondamentale per le strategie dell’impresa, decisiva ai fini del
successo e della sostenibilità del vantaggio competitivo. Come è certa la fragilità di una
cultura dell’innovazione, testimoniata per esempio dalla lentezza con cui le politiche
industriali cominciano a prestare ascolto alla domanda delle imprese, così come
dall’atteggiamento distratto del mondo universitario che solo da poco sembra aver
riconosciuto nell’innovazione un campo di studi multidisciplinare, da affrontare con
una varietà ampia di strumenti metodologici e da differenti prospettive di analisi, e non
con l’approccio miope dell’iperspecialismo.
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Per lunghi anni, la presenza e il successo nei mercati internazionali di settori collegati
ad antiche tradizioni artigiane (la moda, il design, l’arredamento, come pure la piccola
meccanica strumentale) hanno suggerito l’esistenza di un modello di innovazione
diffusa, non formale, non racchiusa nei laboratori di ricerca, ma alimentata dalla
conoscenza tacita e contestuale radicata in determinate aree geografiche,
un’innovazione incrementale, di processo, organizzativa, difficile da misurare.
L’intensificarsi della competizione, tuttavia, pone a rischio la sopravvivenza di questo
modello se non reinterpretato in modo innovativo, così come mette a nudo il divario del
sistema economico italiano dalla frontiera dell’innovazione e dal processo di creazione
della conoscenza, che attecchisce e germoglia solo in settori con solide basi
tecnologiche, come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione,
l’elettronica, la farmaceutica [7].
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1.3 Caratteristiche di Prestazione di un Prodotto come Viste dal Mercato
La caratteristica di prestazione di un prodotto come vista dal mercato è un attributo
del prodotto stesso che lo rende distinguibile da un altro prodotto agli occhi del
consumatore o dell’utente. Così, l’insieme delle specifiche caratteristiche di prestazione
di un prodotto (quello proprio e quello della concorrenza) e le loro misure lo
individuano univocamente, mentre un altro prodotto è definito da una diversa lista di
caratteristiche di prestazione[2].
Spesso una delle caratteristiche di prestazione scelta è il prezzo. Qualche volta può
tornare utile separare il prezzo di un prodotto da tutte le altre caratteristiche di
prestazione che si ipotizza di poter misurare singolarmente e che opportunamente
pesate, vanno a sommarsi in una variabile sintetica chiamata “prestazione” del
prodotto. Le due variabili prezzo e prestazione consentono di costruire un diagramma,
come rappresentato in Fig. 1.2, in cui sono indicati con i punti 1,2,3,4 e 5 cinque
differenti output di un’ impresa o quelli delle imprese concorrenti. Gli output come “1”
sono di alto profilo (alte prestazioni alti prezzi ), mentre gli output come “5” sono di
basso profilo (basse prestazioni, basso prezzo ). La curva individuata dai cinque punti
prende il nome di “curva di domanda” o anche “curva prezzo/prestazioni” ed essa
rappresenta il luogo dei possibili output appetibili da quella utenza in un fissato
intervello di tempo per la corrispondente fascia di prezzo. In altre parole questa curva
indica a quale prezzo un tipico consumatore è disposto ad acquistare un bene per un
fissato insieme di prestazioni
1
.
1
Questa “curva di domanda” non va confusa con la più nota curva, anch’essa chiamata “curva di
domanda”, definita dal prezzo unitario sulle ordinate e dalla quantità del bene che l’utenza sarebbe
disposta ad acquistare sulle ascisse. Tale curva, come ben noto, ha un andamento decrescente con le
quantità [2].
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Facilità di apertura e
chiusura delle porte
dall’esterno
ξ Facilità di chiusura
della porta dall’esterno
ξ La porta resta aperta
anche se l’auto è in
pendenza
ξ Facilità di apertura
della porta dall’esterno
ξ Facilità di chiusura
dall’interno
ξ Facilità di apertura
dall’interno
Isolamento
ξ L’acqua non penetra
quando piove
ξ Basso rumore
ξ L’acqua non entra
durante il lavaggio
ξ Nessun rumore per il
vento
ξ Non gocciola acqua
quando si apre la porta
ξ Non vibra con rumore
Funzionalità e uso
Bracciolo
ξ Morbido
ξ Confortevole
ξ Nella posizione giusta
Abitacolo
ξ Materiali che non
scolorano
ξ Piacevoli alla vista
ξ Poca plastica in vista
Pulizia
ξ Facilità alla pulizia
ξ Non esce grasso dalle
porte
Apparenza
Aderenza
ξ Spazi tra pannelli di
spessore uniforme
Tabella 1.1 Esempio di lista di caratteristiche di prestazione viste dal mercato relativa al progetto di uno
sportello di un auto [2].
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Fig. 1.2 Curva Prezzo/Prestazioni [2]
Un prodotto, come output di un’ azienda manifatturiera, può essere caratterizzato in
termini di mix di marketing, cioè:
ξ Caratteristiche tecniche del prodotto
ξ Prezzo di mercato del prodotto
ξ Organizzazione della distribuzione
ξ Comunicazione esterna
Il grado di appetibilità del prodotto espresso dal mercato dipende allora dal livello
che misura le caratteristiche di prestazione individuate per ogni variabile del mix di
marketing.
Quindi, per aumentare l’ appetibilità di un prodotto, si deve verificare la convenienza
ad intervenire su una o più delle caratteristiche di prestazione, relative ad una o più
Prezzo
Prestazioni
5
4
3
2
1
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delle variabili del mix di marketing, mediante modifiche più o meno radicali delle
tecnologie, che hanno consentito l’ottenimento degli attuali livelli delle caratteristiche
di prestazione selezionate.
L’analisi dell’insieme delle caratteristiche di prestazione può quindi diventare uno
strumento molto potente per il miglioramento della “qualità offerta” del prodotto per
renderla sempre più vicina alla “qualità percepita” [2].
Ebbene ricordare che nella moderna accezione industriale Qualità significa
«soddisfacimento continuo delle esigenze dell’utenza», intesa in senso lato (il cliente
finale, un reparto che dovrà utilizzare il lavoro del reparto immediatamente a monte,
ecc. ), facendo bene le cose giuste sin dalla prima volta [6].
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1.4 Caratteristiche di Efficienza di un’ Attività
L’output di un’impresa, cioè il suo prodotto se essa è un’impresa manifatturiera, è
identificato anche dalla struttura delle sue caratteristiche di efficienza. Le caratteristiche
di efficienza di un’ impresa rappresentano una possibile misura dell’efficienza delle
attività produttive svolte dalle varie funzioni aziendali dell’impresa.
Generalizzando il concetto, le caratteristiche di efficienza possono essere relative a
qualunque parte dell’impresa, che può essere sottoposta ad una opportuna analisi.
Se l’efficienza di una parte dell’impresa risulta bassa, significa che le attività in
quella parte sono svolte a costi che potrebbero essere ridotti, tanto da suggerire
all’imprenditore di prendere dei provvedimenti. Infatti non sempre l’impresa è
soddisfatta dal costo totale di produzione di un singolo prodotto: infatti se tale costo è
troppo alto, l’impresa è costretta a tenere alto il prezzo di vendita a parità di
prestazione, correndo il rischio di uscire dalla curva di domanda.
Si noti che per struttura dei costi di produzione qui s’intende l’insieme di tutti i costi,
diretti e indiretti, che è necessario sostenere per produrre quel dato prodotto nella
quantità predefinita. A titolo di esempio, nella Fig. 1.3 sono riportate alcune
opportunità di miglioramento dell’efficienza di un’impresa [2].