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INTRODUZIONE
- Infermiere: “Buongiorno, signora! Come va oggi, come si sente?”
- Paziente: “Non va affatto bene, sono stanchissima! E sembra che dormire la notte non
serva a niente”.
È una delle tante risposte, simili tra loro, che ho sentito riferire ai pazienti del Day
Hospital di Oncologia Medica (Centro di Somministrazione della Chemioterapia Oncologica).
Il mio percorso di tirocinio clinico da studente di Infermieristica è stato caratterizzato
dalla prevalenza di due tipologie di pazienti:
- Neurologico: U.O. Malattie neuro-metaboliche, U.O. Neurochirurgia, Sala operatoria
di Neurochirurgia, U.O. Neurologia e Area Stroke;
- Oncologico: Ospedale di comunità in Campansi, U.O. Chirurgia generale e
oncologica, U.O. Oncologia Medica (sezione Day Hospital).
Ed è su quest’ultima tipologia di pazienti che ho deciso di soffermarmi. Il parere popolare
sul cancro lo definisce “malattia del secolo”, nonché un tabù, una patologia di cui non si
deve pronunciare il nome, forse per scaramanzia, forse per paura che risponda all'istante
quando si sente chiamato. Se un personaggio popolare decede a causa di un cancro, la
mattina seguente tutti i giornali riportano: “Si è spento dopo una lunga malattia”. Un
eufemismo per non far leggere alla gente la sua denominazione reale, pur stando il fatto che
la gente capisce di cosa si stia parlando.
Sempre secondo il parere popolare, la lunga malattia è una condizione che “ti porta via
lentamente”, con tanto dolore e tanta sofferenza.
Ma chiedendo a chi è affetto da cancro di descrivere la sua malattia, spesso si rileva un
dato un po’ meno contemplato dall’opinione pubblica: c’è chi non prova dolore, c’è chi
vuole combattere contro la malattia vivendo una vita normale. C’è anche chi ci riesce, ma
alcune persone devono far fronte, e a volte arrendersi, a quello che è definito come il
sintomo più invalidante del cancro, che secondo gli studi è anche il più frequente:
l’affaticamento cronico, altrimenti detto fatigue.
Il tema che ho voluto affrontare in questo lavoro riguarda questo “grande e opprimente
senso di esaurimento” che colpisce i pazienti affetti da un tumore maligno e da essi definito
come una spossatezza perenne che non permette di vivere serenamente.
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L’argomento è discusso secondo questo schema:
- Nel primo capitolo si parla della malattia cancerosa, se ne descrivono cause, decorso,
effetti e possibilità di trattamento.
- Il secondo capitolo parla della fatigue, in generale, una condizione altamente
debilitante che si può riscontrare come sintomo di diverse patologie.
- Il terzo capitolo spiega i motivi per cui i pazienti con cancro, o anche quelli in
trattamento per questa malattia, possono andare incontro a fatigue.
- Il quarto capitolo descrive alcune questioni che fungono da introduzione all’obiettivo
finale del lavoro: lo sviluppo del piano di assistenza infermieristica per i pazienti che
hanno questo problema.
- È nel quinto capitolo che si inizia a descrivere il piano di assistenza. Il capitolo traccia
le basi per formulare la diagnosi infermieristica di Fatigue, che può essere confusa
con un altro problema molto simile (l’Intolleranza all’attività), per cui ho ritenuto
opportuno confrontare i casi clinici di due pazienti, conosciute nelle mie esperienze di
tirocinio nei reparti, per poter evidenziare le caratteristiche della fatigue: quelle di una
sindrome. Si esplicano poi i criteri diagnostici della fatigue cancro-correlata (CRF).
- Nel sesto e ultimo capitolo si sviluppa l’intera continuazione del piano di assistenza,
prendendo in considerazione, tra le due, la paziente effettivamente affetta da CRF: si
parlerà di pianificazione degli obiettivi, di programmazione e attuazione degli
interventi infermieristici, nonché della collaborazione con altri professionisti,
necessaria alla riuscita di un piano che ha l’obiettivo di garantire una maggiore qualità
di vita a questa tipologia di pazienti.
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CAPITOLO 1
Il cancro: fisiopatologia, clinica e trattamento
1.1 Neoplasia e cancro: definizione
Una neoplasia (dal greco néos, nuovo e plásis, formazione), è definita come “una massa
abnorme di tessuto, la cui crescita supera in maniera scoordinata quella dei tessuti normali, e
progredisce anche dopo la cessazione degli stimoli che ne hanno causato l’insorgenza”.
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Si tratta di una popolazione cellulare di nuova formazione che, quasi sempre, prende
origine da una sola cellula somatica dell’organismo che sia stata colpita da alterazioni del
genoma, trasmissibili alla progenie cellulare.
Le neoplasie vengono anche chiamate “tumori” (da tumor, rigonfiamento), poiché
l’aspetto macroscopico delle nuove formazioni è quello di una massa rilevata sulla regione
anatomica in cui sono insorti e che eccede le dimensioni del tessuto fisiologicamente
presente in quella regione.
La parola “cancro” è infine sinonimo di neoplasia maligna (vedi Paragrafo 1.2).
1.2 Fisiopatologia delle neoplasie maligne
Le alterazioni del genoma si manifestano con una serie di effetti fenotipici, consistenti sia
nella comparsa di funzioni abnormi, cioè assenti nelle cellule normali o notevolmente
esacerbate rispetto a esse, sia nella perdita o riduzione di altre funzioni, normalmente
presenti nel tessuto sano.
Prendendo in considerazione l’aggressività e il decorso clinico previsto, le neoplasie si
possono classificare in benigne e maligne.
La caratteristica che accomuna i due tipi di neoplasia è lo sviluppo espansivo, ossia il
progressivo accrescimento del volume della massa tumorale.
Il cancro, oltre a questa, ha però una modalità di sviluppo che lo differenzia dunque dal
tumore benigno: la crescita infiltrativa. Le cellule maligne, infatti, sono quelle che si
diffondono in tutte le regioni dell’organismo, provocando il fenomeno della
metastatizzazione.
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Willis R: The Spread of Tumors in the Human Body, Butterworth, Londra, 1952
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La cellula maligna determina metastasi in tre modi:
- Per continuità: Il cancro invade e distrugge il tessuto su cui si è formato.
- Per contiguità: Le cellule maligne invadono e distruggono i tessuti che stanno in
diretto rapporto anatomico con la regione in cui si sono formati (invasività
neoplastica), superando la membrana basale e intromettendosi tra le varie tonache
dell’organo invaso.
- A distanza: La cellula neoplastica colonizza un tessuto distante dalla sede originaria,
convertendo il tumore da manifestazione patologica locale in una malattia che
interessa l’intero organismo, poiché ogni localizzazione metastatica può essere un
punto di partenza per un’ulteriore diffusione di queste cellule.
A sua volta, la metastatizzazione a distanza può avvenire attraverso varie vie:
1) Via linfatica. Le cellule, attraverso i vasi linfatici, raggiungono i linfonodi regionali
e, successivamente, quelli iuxtaregionali.
2) Via ematica. Le cellule, direttamente o indirettamente (attraverso la linfa)
raggiungono il circolo ematico. In circolo, avvolte da fibrina e da aggregati
piastrinici, le cellule formano dei veri e propri emboli sospesi nel sangue (non sono
rari i casi di malattia cardiovascolare derivata dall’occlusione di un piccolo capillare
da parte di un embolo neoplastico). In seguito possono fuoriuscire attraverso
l’endotelio capillare e penetrare nel connettivo di un organo dove sviluppano il
tumore secondario.
3) Via transcelomatica. Le cellule migrano da un organo alla cavità che lo contiene, ad
esempio un tumore polmonare con metastasi nella pleura omolaterale.
4) Via canalicolare. È il caso di un tumore insorto in una ghiandola a secrezione esterna
con un dotto escretore nel quale possono passare le cellule. Ad esempio, un tumore al
rene, attraverso l’uretere, può metastatizzare in vescica.
5) A caduta. Nel cosiddetto “tumore di Krukenberg”, ad esempio, alcune cellule si
staccano dalle pareti degli organi del tratto digerente o delle ghiandole a esso annesse
e possono terminare, per gravità, nelle ovaie, dove possono sviluppare metastasi.
Nella maggior parte dei casi, sono le metastasi a determinare le conseguenze più infauste
per l’organismo, piuttosto che il tumore primario, per via della loro propensione a
colonizzare e svilupparsi all’interno di alcuni organi vitali (fegato, polmoni ed encefalo
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sono sedi molto colpite) o comunque in tessuti di sostanziale importanza per l’organismo
(ossa, surreni, ecc…), alterandone la funzionalità in un tempo più o meno rapido e in
modalità che spesso divengono incompatibili con la vita. Le cellule tumorali, infatti,
riescono a prevalere sulle cellule sane nella conquista di uno spazio vitale e sul
prelevamento di sostanze nutritive dal circolo ematico.
1.3 Manifestazioni cliniche
Nei pazienti con cancro, i segni e i sintomi della malattia variano molto largamente a
seconda della tipologia e della localizzazione delle lesioni. Di seguito, verranno elencate le
manifestazioni cliniche più riscontrate.
Tra i più frequenti sintomi di un tumore generico vi sono il dolore e i disturbi da
compressione di organi. Questi ultimi comprendono, ad esempio, tosse e dispnea nel caso di
compressione della trachea, disfagia se viene compresso l’esofago, stenosi o occlusione del
tubo digerente con conseguente stipsi e vomito nei tumori nell’addome, oppure ostruzione
urinaria con disuria, stranguria e pollachiuria se è presente una neoplasia agli organi della
pelvi. Se il tumore è superficiale, è possibile il riscontro di una massa palpabile. È anche da
tenere in considerazione la possibilità di una sindrome paraneoplastica: con questo termine
si definisce una manifestazione sistemica, a distanza dall’organo colpito dal tumore, dovuta
all’alterazione della funzionalità di quest’ultimo.
Guardando più nel particolare, nei pazienti con una neoplasia nelle vie aeree (o
metastatizzata a livello polmonare) possono verificarsi tosse, emottisi, polmoniti recidivanti,
versamento pleurico e, più raramente, pericardico.
Oltre ai già citati segni e sintomi dovuti a compressione, in caso di neoplasia del tubo
digerente si possono presentare manifestazioni aspecifiche (senso di pienezza epigastrica,
dimagrimento) e segni di emorragia (proctorragia, melena, ematemesi, presenza di sangue
occulto nelle feci).
I pazienti con un cancro della regione epatobiliare o metastatizzato nel fegato possono
presentare ittero, ascite, edemi, dispepsia ed evoluzione verso l’insufficienza epatica; le
metastasi ossee possono determinare invece dolori alle ossa e maggiore predisposizione alle
fratture.