5
Ultimamente si è assistito all’affermazione della pratica
di sfruttare la notorietà acquisita da personaggi del
mondo dello spettacolo, della musica, del cinema e dello
sport per spingere al massimo le vendite del prodotto
sponsorizzato. Occorre tenere presente che tali
personaggi prestano la propria immagine dietro
compensi, in alcuni casi astronomici: da un lato tali costi
potrebbero indurre agenti pubblicitari senza scrupoli
nella tentazione di approfittare della fama, acquistata da
queste persone, senza chiederne preventivamente il
permesso. Questa tentazione potrebbe essere molto forte,
dall’altro lato, il rischio di querele a cui si va incontro è
altissimo.
Ciò premesso, in questo elaborato cercherò di mostrare
come vi possano essere casi in cui individui che sono
noti al pubblico o aziende di una certa fama possano
sentirsi ingiuriati da messaggi pubblicitari e come i
giudici, per alcune situazioni, abbiano deciso di tutelare
il diritto del singolo a non vedere sfruttata la propria
immagine a scopi pubblicitari, mentre in altre circostanze
hanno ritenuto opportuno difendere il diritto alla libera
espressione di chi veniva considerato responsabile di
aver pubblicato messaggi diffamanti.
Il secondo motivo, cui ho accennato precedentemente, è
di carattere personale: consiste nell’interesse che coltivo
da molti anni per tutto ciò che proviene dal mondo
anglosassone.
6
Per questa ragione, tra i corsi della Facoltà di Scienze
Politiche propone, ho scelto di seguire il corso di lezioni
di Diritto Anglo-americano tenuto dal professor Fabio
Ziccardi, relatore di questo elaborato; dopo aver
sostenuto l’esame, è nato in me il desiderio di
approfondire maggiormente alcuni degli argomenti
trattati in tale corso. Dai successivi incontri con il
professore, abbiamo designato il soggetto del lavoro,
cioè la pubblicità vista come mezzo di diffamazione;
sono quindi emersi due casi particolari legati a due tipi
ben precisi di torts: il caso Tolley vs. Fry, del 1931,
diventato successivamente precedente vincolante
1
, che ho
analizzato relativamente al tort of innuendo, e Mc.
Donald’s vs. Burgerking, un caso del 1986, da me preso
in considerazione per trattare del tort of malicious
falsehood e, sotto certi aspetti, del tort of passing off.
Dopo aver individuato i due temi principali, il mio tempo
è stato dedicato alla ricerca del materiale relativo, cosa
non semplice; si è infatti rivelata un’impresa alquanto
ardua trovare il resoconto del caso Mc Donald’s vs.
Burgerking. Grazie ad una lunga ricerca su Internet ed
alla disponibilità del personale della biblioteca della
Flinder University di Adelaide, Australia sono riuscita ad
avere la documentazione di cui necessitavo.
1
Ciò significa che le regole stabilite in casi precedenti, decisi di a Corti di livello superiore,
vincolano i giudici inglesi delle Corti inferiori a ad attenersi alle regole poste dai loro
predecessori.
7
Il presente lavoro si divide in cinque capitoli. Il primo è
dedicato all’esposizione del Tort of Libel & Slander, alle
sue caratteristiche principali e alle responsabilità
imputabili a coloro che pubblicano e diffondono una
dichiarazione ingiuriosa.
Il secondo capitolo analizza il tort of innuendo in tutti i
suoi aspetti e le sue sfumature; dagli elementi essenziali
all’intervento di organismi creati allo scopo di fornire
una regolamentazione in grado di contribuire a snellire il
non facile lavoro delle Corti, ai problemi connessi con la
tutela della privacy, problema molto sentito non solo nei
paesi anglosassoni.
Il terzo capitolo è dedicato interamente all’analisi del
caso Tolley vs. Fry, dal dibattimento alla King’s Bench
Division fino alla decisione della House of Lords.
Il quarto capitolo tratta del tort of malicious falsehood;
come per l’innuendo, sono partita dal descrivere le
caratteristiche principali di questo torts, per poi passare
al quinto capitolo, ovvero all’analisi dell’ultimo caso,
Mc Donald’s vs. Burgerking.
Nell’approfondire il caso ho trovato interessante
riportare, così come nel testo originario, gli interrogatori
e i contro interrogatori a cui sono stati sottoposti i teste
chiamati a deporre: ritengo che tali testimonianze siano
indispensabili per poter comprendere il caso nella sua
interezza.
8
Occorre tuttavia notare che la materia in esame è in
continua evoluzione: il presente lavoro quindi fotografa
esclusivamente uno dei tanti momenti in cui si trova la
giurisprudenza in materia. Credo, e qui concludo, che in
futuro si dovrà tornare a discutere riguardo ai mutamenti
avvenuti nella disciplina della Law of Defamation e in
particolare ai cambiamenti a cui essa sarà sicuramente
sottoposta dall'inesorabile progresso che porterà ad una
conseguente evoluzione del mezzo “pubblicità”.
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CAPITOLO 1
LA DIFFAMAZIONE NEL DIRITTO INGLESE:
IL TORT OF LIBEL & SLANDER
1.1. Caratteristiche principali di un’azione di
diffamazione
Nel diritto inglese il tort of defamation è considerato un
illecito civile e, come tale, la parte lesa ha il diritto di
chiedere esclusivamente il risarcimento del danno subìto.
Il tort of libel (diffamazione scritta o tradotta in
immagini) è azionabile per sé, ossia senza speciali
condizioni dell’azione; deve comunque esserci la
“publication”, ossia la circolazione della frase, del
documento o dell’immagine al di fuori della cerchia
composta dal diffamante e dai soggetti che hanno
materialmente concorso a creare l’oggetto dell’azione di
libel.
La parte lesa gode di una tutela particolare nelle azioni
di diffamazione di questo tipo, sia che esse si basino su
diffamazioni attraverso la carta stampata, sia attraverso
altri mezzi di comunicazione.
10
E’ sufficiente che riesca a provare che la pubblicazione
lede la sua integrità fisica e morale, in modo esplicito o
in modo indiretto, cioè mediante insinuazione (by
innuendo).
In particolare, l’attore deve provare che:
a) l’articolo o la comunicazione pubblicitaria si
riferiscono alla sua persona, alla sua azienda o ai suoi
prodotti;
b) l’articolo o la comunicazione pubblicitaria devono
contenere parole o immagini che l’attore ritiene
diffamatorie per la sua persona, per la sua azienda o i
suoi prodotti;
c) l’articolo o la comunicazione pubblicitaria devono
essere stati visti o letti da più persone diverse
dall’attore;
d) l’articolo o la comunicazione pubblicitaria deve essere
stata comunicata a terzi dalla persona contro cui è
intentata l’azione giudiziaria.
Per le persone fisiche, non è necessario che nella
pubblicazione compaia il nome della parte lesa; è
sufficiente provare che una persona di normali
intendimenti possa arrivare ad individuare l’attore
dall’esame della pubblicazione stessa; ad esempio, una
persona può essere riconosciuta per alcune caratteristiche
fisiche o caratteriali
2
.
2
Berkoff vs. Burchill [1996] 4 All ER 1008, CA
11
Una persona può essere identificata anche da
informazioni non contenute direttamente nella
dichiarazione illecita; questo è il caso di una persona che
vede tale pubblicazione e conosce altri fatti connessi con
l’evento riportato nella stessa, che combinati con le
parole e le immagini in essa contenute lo rendono capace
di individuare l’attore. E’ il caso degli agenti di polizia
coinvolti in arresti e di cui viene pubblicata la foto;
anche se tale foto non rende riconoscibile l’agente di
polizia, le persone che erano presenti al fatto possono
essere comunque in grado di riconoscere i singoli agenti,
ricordandoli come protagonisti diretti della situazione
3
.
3
CROWN – Advertising Law & Regulation , London , Betterworth (1996), pag. 14 – Part I
12
1.2. Cosa rende una diffamatoria pubblicazione
Ma, è veramente diffamatoria una certa pubblicità? Prima
di rispondere a questa domanda fondamentale, occorre
stabilire ciò che intende comunicare l’annuncio
pubblicitario.
Vi sono non poche difficoltà nel decidere sul significato
che trasmette una pubblicità, sì che due persone normali
potrebbero trarre informazioni diverse dallo stesso
messaggio pubblicitario.
La giuria in un’azione per diffamazione deve comunque
decidere se la pubblicità è diffamatoria o meno sulla base
di ciò che la pubblicazione, nel suo contesto, potrebbe
aver trasmesso alle persone che hanno letto o visto tale
annuncio. Nel fare ciò, essi dovranno tenere in
considerazione l’impatto totale della pubblicazione, ogni
immagine, vignetta o fotografia contenute in essa.
Devono inoltre tenere in considerazione qualsiasi
conclusione o implicazione che, secondo il loro punto di
vista, è ragionevole trarre dalla pubblicazione: in altre
parole, devono saper leggere “attraverso le righe”.
A questo punto, se la giuria ritiene di trovare significati
diffamatori nella pubblicazione, occorre porsi
un’ulteriore domanda, e cioè se tali significati sono
diffamatori per la parte che ha intentato la causa.
13
Per definizione, “diffamatoria è qualsiasi pubblicazione
che sminuisce la persona o l’azienda agli occhi della
società”; questa definizione potrebbe essere un buon
punto di partenza, ma non copre l’enorme gamma di
dichiarazioni diffamatorie.
E’ diffamazione il fatto di pubblicare una dichiarazione o
un’immagine pubblicitaria che provoca i seguenti effetti:
a) espone l’attore “all’odio, al disprezzo o al ridicolo”;
b) l’attore viene emarginato (ad esempio si dichiara che
l’attore è malato di mente);
c) un’azienda, o un uomo d’affari viene accusato di
incapacità;
d) viene dichiarato che la persona o l’azienda non è in
grado di pagare i propri debiti .
Sono sicuramente considerate diffamatorie anche le
accuse di disonestà, immoralità o altre condotte criminali
o disonorevoli.
Altre invece non sono così evidenti; occorre prestare
attenzione ogni volta che aziende o individui sono,
espressamente o implicitamente, criticati o messi in
ridicolo.
14
Ad esempio, alcune azioni di libel sono state basate su:
a) descrizioni fisiche negative;
b) una pubblicità la cui fotografia insieme allo slogan
“Get a Lift with a Camel” dava l’impressione che
l’attore assumesse atteggiamenti esibizionistici, anche
se era chiaro che l’effetto era dovuto ad un’illusione
ottica;
c) la descrizione di una persona senza denti in una
pubblicità per un dentista;
d) la fotografia di una donna nubile accanto “alla sua
cara figlia Peggy”;
e) la fotografia di una persona comparata ad un gorilla.
15
1.2.1 Critiche a prodotti e servizi
Non è sempre chiaro per chi svolge l’attività di editore o
di pubblicitario stabilire se la critica ad un prodotto o ad
un servizio è diffamatorio nei riguardi della persona o
dell’azienda responsabile della produzione di quel
determinato prodotto o dell’erogazione di quel servizio.
Un’affermazione può essere catalogata come critica di un
prodotto o di un servizio se essa imputa all’azienda, al
commerciante o al professionista incapacità, mancanza di
qualificazioni, conoscenze, capacità, giudizio o
efficienza.
Esempi reali di dichiarazioni, le quali poi considerate
diffamatorie, contemplano casi come i seguenti:
a) una dichiarazione che la carne venduta da un certo
macellaio era avariata e infetta
4
;
b) una dichiarazione che la casa costruita da un certo
costruttore non è conforme alle regole
5
;
c) una dichiarazione che una certa marca di vini venduta
da un’azienda vinicola potrebbe non avere le
caratteristiche che vengono decantate, sì che di
conseguenza, tale dichiarazione può essere
interpretata come un tentativo di frode ai danni dei
consumatori
6
;
4
Panster vs. Wasserman 190 NY App Div 822 (1920)
5
Erasmus vs. Scott [1933] Natal PD 271
6
Hatchard vs. Mége (1887) 18 QBD 771
16
d) una dichiarazione che un vino, che un commerciante
di vini produce e pubblicizza come “ vino vero
genuino e nutritivo”, in realtà non contiene sostanze
nutritive e, conseguentemente, il commerciante può
essere imputato di disonestà e incapacità nel condurre
i propri affari
7
;
e) affermazioni che una catena di fast-food vende cibo
nocivo per la salute.
Una pubblicità che mette in guardia il pubblico sulla
qualità di un determinato prodotto non costituisce
diffamazione per il commerciante, ma riflette solo il
fatto che la merce venduta non è di ottima qualità, non
che la condotta del commerciante non sia onesta.
Un altro esempio potrebbe essere quello di pubblicare la
notizia, falsa, che un famoso pianista non terrà il suo
concerto in quanto ammalato
8
; ciò non è diffamatorio, ma
può diventare oggetto di un’azione per malicious
falsehood.
7
Bendle vs. United Kingdom Alliance (1915) 31 TLR 403, CA
8
Grappelli vs. Dereck Block (Holdings) Ltd [1981] 1 WRL 822
17
1.2.2 L’uso dei testimonials
Altri problemi possono sorgere quando, per
sponsorizzare un prodotto o un servizio, ci si serve di
un’altra società o di un personaggio famoso senza
chiedere precedentemente il suo consenso.
Utilizzare una persona per reclamizzare un prodotto non
è di per sé diffamatorio; è possibile però intentare
un’azione di passing off, di malicious falsehood o di
misrepresentation.
Tale rappresentazione, sebbene possa essere alquanto
seccante, e probabilmente offensiva, non riflette in alcun
modo il carattere o la reputazione del soggetto. E’ stato
infatti stabilito che non è diffamatorio usare il nome di
una persona
9
, o pubblicare una fotografia senza
consenso
10
, o includere il nome di un’artista nel
materiale pubblicitario di uno spettacolo, nonostante
l’artista non vi partecipi
11
.
La pubblicità potrebbe diventare diffamatoria nel caso in
cui dal contesto si può dedurre, erroneamente ma in
buona fede, in quanto non si è a conoscenza del fatto che
la persona o la società non ha dato il consenso allo
sfruttamento della propria immagine, che tale pubblicità
è stata autorizzata e che quindi vi è la volontà da parte
del soggetto di reclamizzare tale prodotto.
9
Cohen vs. New York Times 153 NY App Div 242 (1912)
10
Dockrell vs. Dougan (1899) 80 LT 556
11
Renard vs. Carl Rosa Opera Co. (1906) Times, 15 February