shares of capital stock of closely held corporation for estate tax and gift tax
purposes.
E’ interessante sottolineare che viene esplicitamente affermata l’applicabilità di
questi principi nella generica valutazione di azioni per le quali non esiste una
quotazione di mercato, che da sola fornirebbe molte informazioni sul valore
ricercato, oppure la quotazione stessa, benché presente, non ha alcun valore
informativo attendibile.
E’ la seconda sezione quella più interessante per le finalità di questo lavoro.
Viene qui riportata e discussa la definizione di Fair Market Value già in
precedenza dichiarata dai regolamenti fiscali statunitensi, arricchita per
completezza da alcuni elementi emersi nel tempo dalle sentenze in tema fiscale.
Si riporta qui il testo originale per la sua sinteticità:
Section 20.2031-1(b) of the Estate Tax Regulations (section 81.10
of the Estate Tax Regulations 105) and section 25.2512-1 of the Gift
Tax Regulations (section 86.19 of Gift Tax Regulations 108) define
fair market value, in effect, as the price at which the property would
change hands between a willing buyer and a willing seller when the
former is not under any compulsion to buy and the latter is not under
any compulsion to sell, both parties having reasonable knowledge of
relevant facts. Court decisions frequently state in addition that the
hypothetical buyer and seller are assumed to be able, as well as
willing, to trade and to be well informed about the property and
concerning the market for such property.
Gli elementi quindi necessari per la determinazione di un valore equo di mercato
sono in sintesi:
ξ La presenza di un compratore intenzionato all’acquisto, in grado di
concludere la transazione e non influenzato nella decisione da elementi
esterni;
5
ξ La presenza di un venditore intenzionato alla vendita, in grado di
concludere la transazione e non influenzato nella decisione da elementi
esterni;
ξ Una conoscenza ragionevole ed equamente distribuita tra le parti dei
fatti rilevanti per lo scambio, della proprietà attuale del bene e delle
caratteristiche del mercato nel quale viene scambiato.
Ciascuno di questi elementi può essere approfondito per chiarirne il significato e
le problematiche connesse.
Innanzitutto il Fair Market Value è definito come price. Non si intende però in
questo modo attribuire ad esso le ben conosciute caratteristiche del prezzo,
somma monetaria risultante da una contrattazione già avvenuta, rispetto a quelle
di un valore, frutto di una stima. Il Fair Market Value nasce come il valore
ipotetico risultante da una transazione ideale con caratteristiche di “normalità”:
implicitamente si esclude quindi la possibilità di applicarne i principi in una
transazione reale che in rarissimi casi può rispecchiare queste condizioni. Il
prezzo stesso risultante da uno scambio avvenuto costituisce, se si esclude la
presenza di fattori distorsivi ed irrazionali, la più attendibile misura di valore per
l’oggetto della transazione proprio perché riflette in sé tutte le informazioni
disponibili alle parti, quindi la sua presenza esclude ogni necessità di stima di un
valore equo. Il richiamo è qui ad un concetto di valore monetario, o cash-
equivalent
1
pari al probabile prezzo risultante da una reale contrattazione. Questo
elemento è rilevante in situazioni quali acquisizioni stock-for-stock, per le quali
generalmente ci si aspetta un controvalore maggiore rispetto ad una identica
regolazione cash, con evidenze diffusamente trattate in letteratura.
La presenza di una transazione, benché ipotetica, è d’altronde condizione
necessaria per la stima di un Fair Market Value, essendo previsto esplicitamente
un cambio di proprietà del bene. E’ facile intuire l’impossibilità di pervenire ad
1
Come descritto nell’ Internal Revenue Service Valuation Training for Appeals Officers Coursebook
6
una stima di valore equo di beni per i quali non esistono reali compratori, come
potrebbe essere un famoso dipinto storico custodito in un museo.
Le posizioni delineate di venditore e acquirente, willing to trade, escludono ogni
acquisizione “ostile” di una controparte nei confronti dell’altra, situazione che
determinerebbe, com’è facile intuire, valori influenzati in gran parte da fattori
soggettivi esterni rispetto all’oggetto della transazione. Si può inoltre assumere
che il livello di prezzo individuabile sia tale da non risultare così alto, o basso, da
indurre una delle parti ad abbandonare la contrattazione anzitempo: entrambe le
parti sono quindi pronte a concludere la transazione non appena il prezzo
raggiunga un valore considerato adeguato. La mancanza di volontà di portare a
compimento la transazione delineerebbe un valore di scambio artificialmente alto
da parte di un venditore o parimenti basso per un compratore.
La figura del venditore merita un piccolo approfondimento nello specifico. Egli,
avendo in carico l’asset al momento considerato, subisce in virtù della sua
posizione obbligazioni ulteriori rispetto a quelle del venditore, e deve così
valutare il timing della transazione e la situazione di mercato con particolare
attenzione. Esempi di tali obbligazioni sono finanziamenti inalienabili, affitti
riguardanti l’asset o in genere vincoli al cambiamento della destinazione d’uso
del bene: l’effetto è quello di abbassarne il valore equo in virtù sia del vincolo in
sé, sia di un eventuale costo opportunità che, in particolari condizioni di mercato
e per obbligazioni con una lunga vita residua, può risultare molto alto. La
conclusione stessa dell’ipotetica transazione, e quindi la possibilità che a noi
interessa di pervenire ad una stima di Valore Equo, verrebbe in questo caso
minacciata da entrambe le parti in gioco poiché resa più complessa da
considerazioni soggettive altrimenti non presenti: un prezzo troppo basso,
adeguato per il compratore, potrebbe essere inaccettabile per il venditore.
L’acquirente d’altro canto potrebbe non essere in alcun caso intenzionato a
sopportare i vincoli stessi legati al bene.
Entrambi i partecipanti alla transazione devono altresì essere liberi da ogni
pressione o costrizione generalmente riguardanti la vendita o l’acquisto del bene.
7
Se presenti, tali compulsion or duress possono obbligare una controparte ad
accettare un prezzo benché inadeguato in base alle valutazioni effettuate, quindi a
concludere la transazione pervenendo ad un valore lontano dal Fair Market
Value. Un esempio estremo è dato dalla posizione di un venditore di opzione
Call: alla scadenza, o entro essa per le opzioni americane, costui potrebbe essere
costretto a consegnare il bene al detentore dell’opzione in caso di esercizio della
stessa. L’effetto sul valore risultante dalla transazione subisce qui una spinta
nella direzione opposta alla situazione in cui una delle controparti non sia
intenzionata a concludere lo scambio: il venditore sarà per esempio costretto ad
accettare un prezzo anche se inferiore a quello equo.
Queste condizioni vengono a volte riassunte nei termini di tipical buyer o tipical
seller: E’ evidente la distanza tra questi e la figura di strategic buyer che,
sfruttando sinergie di carattere specifico può concludere convenientemente
l’acquisto a prezzi insostenibili da acquirenti generici. Il tema verrà approfondito
in seguito, interessa per ora solo sottolineare che il Fair Market Value non
rispecchia in alcun modo il più alto prezzo ottenibile per un determinato asset.
Esso piuttosto costituisce il controvalore probabile ottenibile da un gruppo di
compratori razionali indirizzati all’acquisto da previsioni di ragionevoli ritorni
dal proprio investimento.
La definizione riportata di Fair Market Value impone chiare condizioni per
quanto riguarda l’informazione. Si assume una ragionevole conoscenza delle
parti dei fatti rilevanti riguardo sia il bene oggetto della transazione, sia il
mercato per la proprietà dello stesso. Conoscenza che nella realtà può non essere
raggiunta, basti pensare ad un investitore privato che, tutelato dagli obblighi
informativi generalmente imposti alle società quotate sui mercati organizzati,
decida di sottoscrivere azioni di società non quotate o partecipi ad un
collocamento privato. Sembra invece fuorviante l’utilizzo della terminologia fully
informed riferita ai partecipanti la transazione. Si presupporrebbe in questo caso
un livello di informazione ideale e completo che raramente viene raggiunto nel
mondo reale e quindi fuori luogo per una valutazione che presuppone condizioni
8
“normali” di mercato. Si può inoltre presupporre che il livello di conoscenza
delineato preveda la considerazione di eventi futuri, anche incerti se
opportunamente ponderati in base alle probabilità stimate in modo da
apprezzarne il grado di rischio.
La parte finale della definizione, riportando due principi aggiuntivi
frequentemente sottolineati nelle sentenze delle corti, affina il contesto già
delineato nei regolamenti precedenti la Revenue Ruling 59-60.
La conoscenza, ipotizzata ora come well ma assimilabile al precedente
reasonable, riguarda il bene oggetto della transazione in quanto le parti sono
tenute a conoscere, oltre che lo stato del bene, anche le opportunità e i potenziali
investimenti legati ad esso; riguarda il mercato per la proprietà intendendo non
solo le caratteristiche e il numero di compratori e venditori ma anche la
situazione generale del settore o industria alla quale il bene appartiene, come
anche le condizioni economiche delle località geografiche e nazioni legate ad
esso.
Infine, il riferimento all’abilità delle parti di concludere la transazione sembra
ricondursi principalmente alla capacità finanziaria di queste. E’ stato evidenziato
2
come ciò suggerisca di mantenere un’ulteriore attenzione riguardo la dimensione
degli individui effettivamente able to trade per ogni bene considerato: un
investitore di grandi dimensioni può infatti, pur non essendo uno strategic buyer,
avere accesso a molteplici opportunità di investimento e in funzione di esse avere
aspettative di rendimento molto diverse da quelle del piccolo investitore privato,
con conseguente disponibilità a pagare somme più alte per l’oggetto dello
scambio.
In aggiunta a quanto già descritto, la letteratura ha individuato ulteriori elementi
apparentemente impliciti nella definizione riportata. E’ il caso del patto di non
concorrenza
3
, almeno temporaneo, al quale dovrebbe sottostare il venditore di un
business nei confronti dell’acquirente. Senza di esso infatti sembra difficile
2
Mercer Capital, Understanding the definition of Fair Market Value , 1999
3
Si veda Trugman G.R., Understanding Business Valuation, AICPA, p.411
9
ipotizzare uno scambio, in quanto l’ipotetico buyer non avrebbe incentivi a
condurre la transazione, non sarebbe quindi willing, se conscio del fatto che
potrebbe dover affrontare fin da subito la concorrenza dello stesso venditore, il
quale in questa situazione avrebbe presumibilmente dalla sua un vantaggio in
termini di conoscenza del business e del mercato.
Inoltre, è stato sottolineato
4
come è da escludersi la presenza di limiti temporali
per la conclusione della transazione, poiché costituirebbero nient’altro che un
diverso tipo di pressione ad accettare prezzi anche lontani da quelli considerati
equi. Parimenti si assume la razionalità sia delle parti, indifferenti ad emotività e
sentimental value e guidati solamente dal proprio interesse
5
, sia del mercato nel
quale il bene è scambiato considerato nel suo nel complesso.
La seconda sezione della Revenue Ruling 59-60 si conclude con l’esplicita
descrizione di cosa è inteso come closely held corporation: imprese le cui quote
sono possedute da un numero ristretto di azionisti, spesso riconducibili ad una
famiglia. Non esistendo, o esistendo in modo sporadico, un mercato per queste
ultime, gli scambi irregolari non riflettono in alcun modo gli elementi costitutivi
del Fair Market Value. Da questa situazione di lack of marketability, spesso
trattata dagli studiosi
6
perché ragionevole origine di sconti, la necessità di
pervenire ad una sua stima analitica di valore equo.
La seguente figura 1.2 riassume le caratteristiche finora descritte.
4
CBiz Valuation Group, Demystifyng Fair Market Value
5
David C. Drews, Value vs. Fair Market Value, per IP Metrics, 2000
6
Si veda, per esempio, Jai B. Abrams, Discount For Lack of Marketability: A Theoretical Model, 1994
10
FAIR MARKET VALUE = Valore (monetario)
potenziale di scambio in una ipotetica transazione
condotta in normali condizioni di mercato
Trasparenza delle
informazioni
-Non esistono
asimmetrie informative
tra le controparti
-Le parti sono
reasonably informed
Autonomia e intenzionalità
delle parti
-Non esistono vincoli societari,
legali o di altra natura
-Non esistono posizioni
negoziali di forza o stati di
necessità
Razionalità delle parti
-Non esistono fattori
motivazionali, culturali o
sentimentali: si presuppone un
modello di pura razionalità
Prezzo
probabile
Capacità delle parti
- Intesa come
capacit・finanziaria di
condurre la
transazione
Quanto più queste condizioni si verificano, tanto più il Fair Market Value
approssimerà il valore finale di scambio risultante dalle contrattazioni
In caso contrario, il Fair Market Value costituisce un punto di riferimento
comune dal quale partiranno le contrattazioni
Fig. 1.1
11
1.2
La determinazione del Fair Market Value
La Revenue Ruling 59-60 prevede ulteriori sette sezioni di seguito alla seconda
fin qui analizzata. L’intento si sposta ora dall’analisi della mera definizione e
delle sue determinanti al chiarimento di aspetti più pratici necessari per una
corretta stima.
Viene innanzi tutto affermato un concetto di valenza generale, più che relativo al
solo Fair Market Value, per la conduzione di una valutazione. Questa non dovrà
prescindere dal considerare le numerose circostanze di ciascun caso analizzato
non esplicitamente previste dalle formule utilizzate, non essendo immaginabile
una formula assoluta che comprenda ogni possibile sfumatura riscontrabile nei
casi concreti
7
, lette sotto la luce critica di common sense, informed judgment e
reasonabless
8
. Il primo posto a contraltare della inevitabile soggettività che
minaccia la validità di ogni valutazione, gli altri due come necessari supporti ad
esso.
In particolare il Fair Market Value sarà influenzato dalle più generali condizioni
economiche e, di conseguenza, dal sentiment degli investitori che scontano in
anticipo quelle attese per il futuro. L’incertezza stessa, come il grado di rischio
legato allo specifico business, assumendo realisticamente un contesto di
investitori avversi al rischio, è un fattore determinante da considerare nella
valutazione, quanto mai influenzato dalla soggettiva emotività dell’appraiser.
Vengono di seguito ribaditi i concetti, ben conosciuti, secondo i quali la
valutazione è per sua natura prophecy basata su stime sul futuro più che su dati
storici e il mercato, aggiungendo: sotto alcune condizioni, riflette la migliore
7
E’ ben nota la domanda “Valuation: science or art?”. Altrettanto nota è la risposta.
8
“The Critical three factors” secondo Mercer, Fair Market Value vs. the Real World, 1999
12
misura di valore possibile. Si giustifica così l’utilizzo dell’approccio di mercato
come valido metodo di stima per le azioni closely held, individuando imprese
simili sia per caratteristiche interne che per linea di business.
La quarta sezione ha stimolato l’interesse di studiosi e professionisti al punto da
essere stata oggetto di trattazione approfondita al pari della definizione stessa di
Fair Market Value.
Dovendosi considerare, in assenza di una quotazione, ogni dato finanziario
disponibile o fatto rilevante ai fini di una valutazione vengono elencati otto
fattori
9
fondamentali e necessariamente da analizzare, con la consapevolezza di
non poterli considerare completi ed onnicomprensivi:
A) La natura del Business e la storia dell’impresa;
B) L’economic outlook in generale e riguardo lo specifico
business;
C) Il book value delle azioni e le condizioni finanziarie
del business;
D) L’earning capacity dell’impresa;
E) La dividend-paying capacity dell’impresa;
F) Eventuali Goodwill o beni intangibili dell’impresa;
G) Precedenti vendite di azioni dell’impresa e la
dimensione del pacchetto azionario considerato;
H) Il prezzo delle azioni di imprese quotate attive nelle
medesime aree di business.
Ogni elemento, come precisato nella sezione successiva, dovrà essere soppesato
di volta in volta a seconda dell’importanza relativa nello specifico caso soggetto
a valutazione. Come è facilmente intuibile l’analisi di questi fattori tende a
replicare i ragionamenti che, in un mercato organizzato, verrebbero effettuati
9
“The Basic Eight factors” secondo Mercer, Fair Market Value vs. the Real World, 1999
13
dagli operatori e riflessi nel prezzo quotato. Il valore stimato è inoltre
esplicitamente ancorato ad osservazioni di mercato e quindi in tutto assimilabile
al concetto di “prezzo probabile” sviluppato dalla letteratura italiana in
argomento, come si vedrà nel capitolo 3.
Più in particolare la storia dell’impresa mostra le passate situazioni di stabilità o
instabilità, la crescita, i livelli di diversificazione raggiunti nel business e ogni
ulteriore elemento utile a costruire una stima del livello di rischio legato al
business, oltre che le caratteristiche del business e dei prodotti, del mercato di
destinazione e della concorrenza, la struttura del capitale e dell’attivo.
L’attenzione maggiore va posta agli eventi più recenti, poiché presumibilmente
quelli che più hanno influenzato la situazione alla data della valutazione, ma
viene considerata auspicabile una analisi a lungo termine delle dinamiche dei
margini di profitto e dei dividendi. Eventi storici che sicuramente, o molto
probabilmente, non si ripeteranno vanno però esclusi dall’analisi, poiché slegati
dal futuro dell’impresa.
In definitiva la valutazione va condotta a avendo acquisito una dettagliata
conoscenza di “dove l’impresa è stata” per capire dove è diretta: le informazioni
di carattere storico possono essere di utile supporto nel formulare assumptions
sul futuro e costituiscono in genere un punto di partenza per effettuare previsioni.
Comprensibilmente le condizioni economiche correnti e in prospettiva futura, sia
a livello generale che con riferimento all’economia della nazione o dei settori ai
quali l’impresa è legata, esercitando una decisa influenza sulle dinamiche
d’impresa, vanno analizzate con attenzione. Tale analisi è indirizzata
all’individuazione dei fattori per cui l’impresa considerata incontra un successo
minore, o maggiore, rispetto ai competitor dello stesso settore, oppure delle
dinamiche peculiari all’intero settore rispetto ad altri prodotti, o infine delle
minacce ed opportunità derivanti dal contesto politico-geografico nel quale
l’impresa è calata. Si possono a questo proposito citare vari esempi: un’impresa
di costruzioni focalizzata su edifici residenziali potrà aspettarsi dei vantaggi da
un prossimo calo dei tassi di interesse che stimoli il mercato del mattone; le
14
grandi multinazionali dell’ Information Techhnology non possono sottovalutare
la crescita delle vendite dei computer portatili rispetto ai desktop, tendenza che
denota una evoluzione nella destinazione d’uso di un prodotto prima legato per lo
più all’ambito professionale; un settore in genere che manifesti grande crescita,
ampi margini ed una bassa competizione dovrà aspettarsi un radicale
cambiamento a seguito dell’entrata di newcomers.
L’evidenziazione di nuovi fattori rilevanti in questa analisi deve essere oggetto di
particolare attenzione, soprattutto quando non esiste la possibilità di basarsi su
esperienza storica per affrontarli: un esempio della forza dirompente di tali
eventi, e della difficoltà di farvi fronte, si ha nella situazione degli stati caduti in
profonde crisi finanziarie o politiche. Sotto altri aspetti eventi come la perdita di
una figura storica legata ad una impresa può intaccare la fiducia di pubblico ed
investitori verso il management, con effetti depressivi sulle attese future e di
conseguenza sul valore delle azioni della società
10
. Questi effetti vengono di
solito riconosciuti nel breve termine, in misura maggiore quanto più l’impresa è
piccola, e affrontati con la nomina di un adeguato sostituto alla guida
dell’impresa.
La formazione di un giudizio sui financials dell’impresa oggetto di valutazione
va condotta tramite i bilanci disponibili.
Lo stato patrimoniale, preferibilmente in forma comparativa con le rilevazioni
degli anni precedenti e aggiornato alla data della valutazione, può dare
indicazioni su: liquidità dell’impresa (attività e passività correnti); valore lordo e
netto di ammortamenti delle immobilizzazioni; working capital; indebitamento a
lungo termine; struttura del capitale; presenza di classi di azioni non ordinarie
con peculiari diritti di voto, di percezione dei dividendi e di precedenza nel caso
di liquidazione degi assets; non-operating assets, attività di investimento slegate
dall’attività caratteristica d’impresa che dovranno essere rivalutate al valore di
mercato nel calcolo del book value per share. Il confronto tra valori relativi a più
10
La criticità di un tale evento per la riallocazione della proprietà sul mercato del controllo è sottolineata
da R.Cesari, G.Salvo, The Italian Market for Corporate Control
15
anni permette di calare queste analisi in una prospettiva dinamica, aumentandone
la significatività per la comprensione della situazione corrente e la previsione
delle possibili problematiche future.
Il conto economico costituisce un necessario completamento alle informazioni a
questo punto ottenute, mostrando: fatturato operativo; entità separate delle
deduzioni da applicarvi come costo del venduto, interessi, ammortamenti, salari e
tassse; quindi reddito netto disponibili per i dividendi e ammontare dei dividendi
pagati per ogni classe azionaria. Punti cruciali dell’analisi sono la separazione tra
entrate e uscite ordinarie o straordinarie, operative o di investimento e
l’accertamento di eventuali aree strategiche d’affari sistematicamente in perdita
che potrebbero essere abbandonate. La stima dei futuri flussi di cassa
dell’impresa sui quali basare un calcolo del valore standalone trova nelle
dinamiche passate un aiuto e una guida, senza però per questo dover rinunciare
alla considerazione della situazione corrente o alla formulazione di assumptions
sul futuro oggettive: uno uso distorto e arbitrario di dati storici relativi
all’impresa può facilmente danneggiare l’intera valutazione.
A questo proposito la considerazione della dividend-paying capacity, attuale e
prospettica, dell’impresa assume importanza sicuramente maggiore dell’entità
dei dividendi effettivamente pagati nel passato. Quest’ultimo fattore perde
importanza ai fini della valutazione di un pacchetto di controllo dell’impresa non
solo perché legato al passato, ma anche perché dettato dalla discrezionalità degli
stessi azionisti di controllo, la quale sarà solo limitata dalla capacità massima
dell’impresa di pagare dividendi. Al contrario la valutazione di una quota
minoritaria dovrà porre particolare attenzione ai dividendi pagati o che l’impresa
è intenzionata a pagare in futuro: la dividend-paying capacity non costituisce in
questo secondo caso un limite alla discrezionalità delle decisioni dell’azionista e
perde dunque interesse.
La presenza e la dimensione di un Goodwill è individuata principalmente da
sovrarendimenti in eccesso al rendimento medio ed equo collegato al rischio
dell’attività d’impresa, anche se può essere suggerita dall’esistenza di altri
16
intangibles come il prestigio riconosciuto all’impresa o un marchio
particolarmente noto. Una stima dei componenti intangibili del valore d’impresa
è spesso inattuabile per via analitica, e può risultare a posteriori dalla differenza
tra la valutazione portata a termine e il net book value degli asset.
Al pari di eventi e dati passati già elencati, gli avvenuti scambi di pacchetti
azionari dell’impresa possono contenere indicazioni utili per il lavoro
dell’appraiser, tenendo però presente che le transazioni concluse a seguito di una
vendita forzata o per quantità molto piccole e isolate possono riflettere prezzi ben
lontani dal Fair Market Value
11
. Attenzione particolare richiedono dunque le
transazioni di closely held stocks, sulle quali la Revenue Ruling 59-60 è
incentrata, per la scarsa numerosità degli scambi ad esse collegati. Inoltre è
innegabile l’importanza della dimensione relativa del pacchetto azionario oggetto
di valutazione: il riconoscimento di un valore più che proporzionale alle azioni
che garantiscono il controllo dell’impresa, mosso dalla valorizzazione dei
benefici che questo comporta, è fattispecie conosciuta e approfondita più avanti
in questo lavoro.
Infine la quarta sezione cita l’importanza del metodo delle società comparabili
nel processo di stima di fair Market Value, poiché il valore delle azioni di
imprese quotate attive nelle stesse linee di business dell’impresa oggetto di
valutazione può riflettere fattori importanti ai fini del processo di valutazione. La
considerazione separata di tutti gli elementi che possono influenzare il valore
d’impresa tende infatti semplicemente a replicare le valutazioni complessive
operate da un mercato: il metodo delle società comparabili vuole invece
estrapolare da esso le valutazioni che possono essere mantenute valide nel caso
considerato. L’attenzione va in questo caso mantenuta sul livello di reale
comparabilità delle imprese selezionate, in base a dimensione, struttura del
capitale, presenza di più classi di azioni oltre alle ordinarie, trend di crescita e
stato di salute.
11
Ci si riferisce in genere agli scambi che rispecchiano le condizioni poste alla base della definizione di
Fair Market Value come arm’s lenght transactions.
17
Le sezioni a conclusione del testo considerato, dalla 5 alla 9, focalizzano
l’attenzione sui seguenti fattori ad integrazione dei precedenti:
Benché la valutazione di closely held stocks comporti nella generalità dei casi la
considerazione di tutti gli elementi sopra elencati, l’importanza di questi dipende
molto dalle circostanze. Gli utili sono spesso al centro dell’attenzione e ciò può
essere valido per la maggior parte delle imprese che vendono prodotti o servizi al
pubblico ma non per società di investimento o holding finanziarie, per le quali
ricoprono più importanza le partecipazioni all’attivo. All’opposto società con una
presenza importante di beni intangibili non riconosciuti in bilancio in rapporto
alle immobilizzazioni materiali, si pensi all’esercito delle internet companies,
sarebbero valutate in modo ingannevole da una stima basata unicamente sugli
asset piuttosto che sugli utili.
La determinazione del tasso di capitalizzazione applicabile a utili e cash flows è
uno dei passaggi più critici nel processo di valutazione a causa della dimensione
degli effetti sul valore finale che ad esso sono riconducibili. I principali elementi
da tenere in considerazione in questo caso sono la natura del business in cui
l’impresa è attiva e, conseguentemente, il grado di rischio e la stabilità, ciclicità o
irregolarità degli utili.
Inoltre, poiché le valutazioni non possono essere condotte seguendo la struttura
di una formula, non avrebbe senso assegnare pesi matematici ai fattori ai quali è
riconducibile il Fair Market Value. Risulta quindi inutile costruire una stime di
valore come media di valori ottenuti da metodi diversi, che solamente
evidenziano aspetti diversi del valore ricercato. Tali risultati vanno invece letti
singolarmente e sotto una luce critica per pervenire ad una stima di valore
accettabile.
La Revenue Ruling 59-60 si conclude soffermandosi sull’eventuale presenza di
restrictive agreements. Si tratta in questo caso ad esempio di una opzione, in
mano all’emittente, di riacquisto delle azioni ad un certo prezzo prefissato, nel
qual caso il prezzo stesso è assunto a migliore stima del Fair Market Value del
18