Prefazione 2
Comunque architettura che secondo molti è irrimediabilmente compromessa nel suo
significato ontologico.
L’informazione scritta (pubblicità, stampa, mailing) è auto misurata, ovvero
l’informazione è elaborata alla velocità desiderata e ci si può soffermare quanto si vuole
su un singolo testo.
I media via etere sono invece misurati esternamente, cioè la trasmissione è controllata
dal mezzo.
A fronte della variabile della complessità del messaggio, si può constatare come i testi
semplici funzionino meglio in televisione e radio mentre i testi complessi sulla stampa.
Per i testi complessi è più importante la ricezione (e quindi un mezzo che permetta al
destinatario di controllarla), mentre per i testi semplici è più importante l’emotività
(quindi i mezzi che maggiormente la esaltano potendo usare immagini, musica e parole
contemporaneamente)
1
.
L’architettura per sua costituzione è un testo ibrido in cui la possibilità di modi di lettura
a livelli molteplici e la caratteristica precipua di “circondare del messaggio” il fruitore,
permettono una complessità di informazioni e di linguaggi non comune ad altra forma
espressiva.
Il mio lavoro prende il via da una riflessione sulla recente ricerca dell’Università di
Harvard sul tema dello Shopping
2
, rianalizzandone alcuni temi e cercando di riempire
dei vuoti lasciati nell’analisi del fenomeno.
1
Davide Vannoni, Manuale di Psicologia della Comunicazione Persuasiva, UTET Libreria,Torino 2001
2
Chuihua Judy Chung, Jeffrey Inaba, Rem Koohlaas, Sze Tsung Leong, Harvard Design school GSD
Guide to Shopping, Taschen, Köln, 2001
Prefazione 3
Attraverso onde di espansione, ognuna più estensiva e pervasiva della precendente, lo
“shopping”
3
ha colonizzato uno spettro di territori sempre più ampio sino a diventare
molto probabilmente “l’attività che maggiormente definisce la vita pubblica”
4
.
Secondo la ricerca di Harvard questa tendenza è sinonimo di un’ accettazione senza
compromessi dell’economia di mercato quale standard globale dominante.
Il riconoscere che l’architettura si “comprometta” con tempi e modalità comunicative
nuove fa riflettere sulla necessità di nuovi approcci strategici alla progettazione nonchè
sul ruolo dell’architetto stesso all’interno della dinamica progettista-committente.
Il fenomeno dei marchi o brands cambia (o arricchisce) la funzione del progetto.
Il brandscaping, la messinscena del marchio, si mescola al tentativo di proporre stili di
vita complessi come esempi di una progettazione globale, o total living, che vedono
incluse nel progetto tutte le opzioni comunicative disponibili.
L’accettazione inevitabile, seppur contro gran parte della critica, che l’architettura come
fatto sociale non sia più – o non sia mai stata - esente dal sistema della moda, mai
come in questi ultimi decenni così pervasivo, implica una ulteriore analisi sulla possibile,
a volte auspicabile, obsolescenza rapida/programmata/inevitabile del progetto di
architettura.
Sebbene lo shopping sia così parte della quotidianità per scala e numero degli
interventi, in realtà è anche uno dei fenomeni più instabili, di breve durata e più
vulnerabile al declino.
3
qui inteso come “fenomeno dell’acquisto di beni/servizi” in senso lato.
4
Sze Tsung Leong, “..and then there was shopping” , in HSD Guide to Shopping, pag 129
Prefazione 4
Questo principalmente per la fortissima dipendenza da fattori esterni quali l’economia, i
trends, addirittura il tempo atmosferico.
Questa successione di cicli vitali di nascite e declini ha visto da sempre la critica
misurare i “progetti per lo shopping” secondo categorie spesso superficiali.
L’intento della mia ricerca è quello di tentare un’analisi del fenomeno del Corporate
Branding attuato attraverso l’architettura di capire, con l’aiuto di una interpretazione
economica e psicologica quali effetti abbia portato nel campo della progettazione in
generale .
Si vuole in generale dimostrare fino a qual punto l’influenza di forti gruppi di opinione
decida il succedersi di stili e tipologie e come queste si mescolino in una serie di
stratificazioni.
Calvino diceva nella sua lezione americana sulla Molteplicità
5
che l’eccessiva ambizione
può essere rimproverabile in molti campi, non invece in letteratura [...] Da quando la
scienza diffida delle spiegazioni generali e dalle soluzioni che non siano settoriali e
specialistiche, la grande sfida [...]è il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi
codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo.
L’ esempio potrebbe essere facilmente traslato al nostro discorso, sostituendo al
termine letteratura quello di architettura.
5
Italo Calvino, Lezioni Americane, Garzanti, Milano 1988, qui da Lezioni Americane, sei proposte per il
prossimo millennio, Mondadori,Milano, 1993 p.123
Prefazione 5
Sempre Calvino, si chiede: Sarà possibile la letteratura fantastica nel Duemila, in una
crescente inflazione d’immagini prefabbricate? Le vie che vediamo aperte fin da ora
possono essere due. 1) Riciclare le immagini usate in un nuovo contesto che ne cambi il
significato. Il post-modernism può essere considerato la tendenza a fare un uso ironico
dell’immaginario dei mass media, oppure a immettere il gusto del meraviglioso ereditato
dalla tradizione letteraria in meccanismi narrativi che ne accentuino l’estraneazione.
2)Oppure fare il vuoto
...
e ripartire da zero
6
.
6
Ibid.
Architettura Testo Ibrido
6
ARCHITETTURA TESTO ibrido
“Molti fiori selvaggi”
1
Come qualsiasi fenomeno di massa (o per la massa), l’architettura non è
spontaneamente elaborata da tutti i suoi utenti così come il linguaggio bensì da un
gruppo di decisione; le artificiali elaborazioni di questo gruppo vengono definite da
Roland Barthes Logotecniche cioè insiemi di segni-forme che oltre ad assolvere un
particolare compito pratico, servono alla comunicazione fra gruppi sociali.
Dal punto di vista sociologico il fenomeno della comunicazione di massa potrebbe
essere (e lo è stato a lungo) un meccanismo coercitivo e livellatore.
I gruppi di decisione elaborerebbero messaggi a cui non è dato rispondere.
Umberto Eco, nel suo saggio “Apocalittici e integrati
2
”, afferma che la comunità degli
uomini di cultura costituisce ancora un gruppo di pressione.
Questo è largamente vero, ma non completamente, perchè la legge della domanda e
dell’offerta non si può imporre in maniera coercitiva sempre e in ogni luogo.
Per rendere operativo il meccanismo della comunicazione, le logo-tecniche devono
trovare un codice di relazione tra i gruppi di decisione e gli utenti del messaggio stesso.
1 R.Banham, Industrial Design e arte popolare, in Civiltà delle Macchine, nov-dic 1955, p.47
«Il vecchio snobistico sarcasmo anticommerciale, comune sia agli esteti accademici che ai rivoluzionari
socialisti secondo i quali “tutto va bene se si vende” è ovviamente falso al giorno d’oggi e deve essere
sostituito con la domanda “che cosa si vende?”o dalla più importante e che rappresenta il vero compito
del critico “che cosa si venderà?”.
I critici non possono più parlare in nome dell’ottuso manichino astratto e privo di sogni immaginato dai
neo-accademici ma in nome del popolo quale esso è e diverrà e deve progettare i futuri sogni e desideri
con la cura di uno che parla alle file stesse del popolo
E’ solo così che riuscirà a partecipare alla straordinaria avventura della produzione di massa che oppone
al vecchio aristocratico slogan “pochi fiori rari” e al suo corollario “le moltitudini sono erbaccia” un nuovo
slogan che taglia corto a tutte le categorie accademiche: “molti fiori selvaggi”».
2
Umberto Eco, Apocalittici e Integrati, Comunicazione di massa e teorie della cultura di massa, Bompiani,
Milano, 1964
Architettura Testo Ibrido
7
Un comune denominatore che è definito in maniera vaga come immaginario comune o
immaginario collettivo.
La dialettica tra il gruppo di decisione e gli utenti è comune, e influenza il cambiamento
veloce dei beni quanto più questi sono economici.
La capacità dell’utente di modificare il prodotto, che per ragioni diverse non incontra le
sue aspettative o bisogni, è più veloce se il costo del bene è basso. Dall’auto al secchio
di plastica, il potere delle scelte dal basso cambia sensibilmente.
Ciò non avviene per l’architettura.
Questa non si basa su un giudizio di valore che tenga conto di vari fattori e implichi
diversi parametri ma s’indirizza su uno solo inclusivo di tutti gli altri: la funzione.
La capacità di un oggetto (un abito, un gioiello, un paio di scarpe, un’auto o un palazzo
di uffici) di sottostare a dei cambiamenti formali come risultato di un cambio di mode è
direttamente relativo alla misura dell’oggetto, al suo costo, al gap temporale tra il suo
progetto e l’atto finale del consumo, la quantità totale della produzione che occorre
entro uno specifico mercato e l’intervallo di tempo tra la produzione e la dispersione
della sua, attentamente delimitata, rappresentazione attraverso il mercato.
L’acquisto di un oggetto di moda (non necessariamente l’oggetto in sè ma spesso una
sua rappresentazione) opera come abbellimento, la natura del quale è l’accettazione
dell’idea, o, per usare un termine di marketing, concept, , del produttore come acquisto
di una specifica classe.
Architettura Testo Ibrido
8
L’architettura, traslando un’idea di Roland Barthes
3
viene ad ottenere il ruolo di un
segno: oltre alle sue ovvie funzioni, come involucro, schermo , maschera, vale per ciò
che nasconde protegge e designa.
Come l’architettura è intesa ai fini economici?
Per ottenere un’architettura economicamente redditizia I progettisti dovranno prendere
in considerazione le reazioni archetipiche
4
dei consumatori allo spazio fisico così come le
strategie di marketing della firm per cui stanno lavorando.
Fig.1 Fonte: Robert J.Donovan and John R.Rossiter, “ Store Atmosphere: an environmental Psychology Approach, Journal of
Retailing 1982,p.42
5
L’obiettivo principale è progettare un’architettura che possa rimanere nell’immaginario
collettivo dei consumatori e degli impiegati.
3
Roland Barthes, L’empire des signes,Éditions d’Art Albert Skira, Genève, 1970 : ed italiana: L’impero dei
sensi, Einaudi, Torino,1984, p.97
« essa [la scatola] dà il cambio se si vuol intendere quest’espressione nel suo doppio senso, monetario e
psicologico : ma ciò che essa racchiude e significa è lungamente rimandato a un dopo, quasi che la
funzione del pacchetto non fosse tanto quella di proteggere nello spazio, quanto di rimandare nel tempo.
E’infatti nell’involucro che sembra concentrarsi il lavoro della confezione (del fare) ma attraverso questo
processo l’oggetto stesso perde la propria esistenza, diventa miraggio, di viluppo in viluppo il significato
fugge e quando infine lo si raggiunge [...]esso appare insignificante, derisorio, vile »
4
ne sono un esempio i fenomeni sinestetici. Si veda a titolo di esempio: Jorrit Tornquist, Colore e luce :
teoria e pratica, Istituto del colore, Milano, 1999
5
Donovan and Rossiter hanno argomentato sull’atmosfera nei negozi. I loro studi possono essere
facilmente traslati al concetto di marchio e corporate image in senso lato. Affermano che l’atmosfera
primariamente suscita affetto nella forma di stato emozionale del quale il consumatore può non essere
pienamente consapevole. A seconda del luogo in cui l’architettura è localizzata, i suoi colori e le sue
forme, le immagini circostanti introdurrà l’utente a differenti stati emozionali e a un conseguente
comportamento in relazione allo spazio stesso. (approccio o rifiuto) o del prodotto.
Environmental
stimuli
Emotional
states
Pleasure
Arousal
Dominance
Approach or
avoidance
responses
Architettura Testo Ibrido
9
“Se da un lato esiste questa necessità di elementi cognitivi atti a fornire un ancoraggio
delle informazioni contenute, risulta altresì fondamentale l’aspetto emotivo, ovvero tutto
quell’insieme di contenuti a volte non funzionali all’argomentazione, o di contorno, come
ad esempio alcune tipologie di immagini, che possono invece suscitare una reazione
emotiva. Questo aspetto è fondamentale nell’elaborazione del testo in quanto, oltre ad
incidere fortemente sull’elaborazione stessa, risulta essere un fattore determinante
attraverso il quale il soggetto crea un’intenzione comportamentale e quindi si avvicina al
comportamento vero e proprio
6
”.
Attraverso la comunicazione, e quindi l’integrazione di elementi cognitivi ed emotivi si
può condizionare l’agire umano.
L’aspetto comportamentale risulta infine come prodotto di questi fattori ma non deve
essere dato per scontato. Non necessariamente l’agire effettivo nel mondo fisico è il
vero comportamento, che tra l’altro può essere condizionato da tutto l’insieme di
variabili che si frappongono tra la comunicazione e
l’azione.
Cosa succede se si sovraccarica l’edificio di altri
significati?
Un edificio impressionante ed eccitante è una lama a
doppio taglio per i fini commerciali.
Fig.2 RBDSB Learning from Las Vegas
A volte il rischio con questo tipo di architetture è di attirare l’attenzione dell’osservatore
o dell’utente verso una prospettiva “commercialmente sbagliata”.
6
Davide Vannoni, op.cit, p.127
Architettura Testo Ibrido
10
Gli edifici e conseguentemente l’immagine aziendale che rappresentano rischiano di
essere confusi nel caos di riferimenti simbolici portando alla veloce assuefazione del
fruitore e al distoglimento dal fine primo di operazioni di questo tipo: l’acquisto.
Da Learning from Las Vegas di Robert Venturi
7
: “lo Strip è un paesaggio di un simbolo
nello spazio più che una forma nello spazio- il suo segno bidimensionale, non gli edifici,
provvede all’identità dello sprawl amorfo”. (Tom Wolfe scrive: “ Las Vegas è l’unica
città al mondo in cui lo skyline non è costituito da edifici come New York o da alberi
come Wildbraham, Massachussets, ma da segnali stradali
8
”).
Il libro descrive anche il dimenticato simbolismo della forma architettonica
9
–
dimenticato perchè il corrente design moderno allora ed oggi, negava il contenuto
simbolico dell’architettura e enfatizzava la sua forma astratta; e di certo il “buon gusto
dice che l’architettura non è fatta di segnali.. specialmente quelli grossi e
commerciali”
10
.
7
Robert Venturi,Denise Scott Brown, Steven Izenour, Learning from Las Vegas, Cambridge Mass: MIT
Press, 1972.
8
Tom Wolfe, “Las Vegas (What?) Las Vegas (Can’t Hear You! Too Noisy) Las Vegas!!!!”, The Kandy
Kolored Tangerine Streamline Baby, New York Farrar, Straux and Giroux, 1965
9
Il sottotitolo alla seconda edizione dell’opera è The Forgotten Symbolism of Architectural Form per
chiarire il senso del lavoro che la critica aveva in parte travisato. Vd Denise Scott Brown, Preface to the
Revised Edition, Learning from Las Vegas, The Forgotten Symbolism of Architectural Form, MIT press,
1977, p.xvi.
10
Robert Venturi, op. cit.
Il Concetto di Marchio
11
Il Concetto di marchio
Un vocabolario conciso di marketing
Per azienda o compagnia si intende legalmente qualunque attività con proprio fini e
modalità d’azione. Un’azienda è, per la legge una sorta di persona virtuale con la sua
propria esistenza, diritti e doveri indipendenti dai suoi costituenti.
Così come una persona reale, sviluppa un proprio carattere e una “reputazione” nella
mente degli altri.
L’immagine aziendale (Corporate Image) è la totalità delle immagini e della reputazione
nella mente delle persone.
La “corporate image” è intangibile e costituisce una questione dai molti e differenti
interessi implicati. Parlando in generale è un idea resa più o meno visibile
1
. Ogni singola
società possiede la sua propria immagine.
La questione è quanto questa sia buona, cattiva o indifferente.
Il “corporate style” si suppone essere coerente con i pricipi che regolano il design del
prodotto e l’apparenza pubblica della compagnia; nel passato era costituito di
caratteristiche tacitamente comprese e messe in pratica.
1
Alan Parkin ,Studio Vista London , FHK Henrion, DESIGN COORDINATION AND CORPORATE DESIGN,
Reinhold Publishing Society New York, London 1967
Il Concetto di Marchio
12
Oggi, la maggior parte delle volte si ha un programma dettagliatissimo elaborato in veri
e propri manuali
2
.
La “Design Coordination” è la più importante forma di “design management”: fornisce le
relazioni tra le diverse parte della “corporate image” per creare il cosiddetto “House
Style”. Nel passato i progetti di comunicazione o visual design di molte aziende non
avevano alcun programma di coordinamento nè, in alcuni casi, questi erano redatti da
progettisti.
Quando è appositamente progettata e gestita, la “corporate image” riflette
accuratamente il livello del valore che l’organizzazione attribuisce alla qualità,
all’eccellenza, alle relazioni con i suoi vari costituenti –inclusi gli attuali e potenziali
clienti, gli impiegati e i membri futuri dello staff, i partners e i concorrenti, per così dire
con il pubblico in senso lato.
Come risultato, la “corporate image” è una preoccupazione critica per ogni
organizzazione che merita, oggi più che mai, la stessa attenzione e dedizione che ogni
altra questione vitale per l’azienda.
La “corporate image” è un’affermazione profonda della natura, cultura e struttura
dell’organizzazione.
2
E’ il caso di Mc Donald’s, di qualunque catena di albergo (famosi i manuali della Hilton), o di compagnie
per l’Information Technology come la finlandese Nokia o ancor più significativamente la danese
Bang&Olufsen. Uno spunto al mio lavoro è stato dato dall’analisi dei casi degli edifici per le aziende IT
particolarmente diffuse nei paesi nordici, di cui sono il motore economico principale. Nokia affida la
progettazione occasione di edifici non solo di grandi dimensioni ma capillarmente sparsi in tutti i paesi
nordici ad diversi architetti locali a cui fornisce dettagliati manuali che contengono le linee guida aziendali
affinchè queste servano di ispirazione ai progettisti. La risposta progettuale ai manuali consegnati loro
dall’azienda diventa una scusa per una ripetizione tipologica e formale che viene declinata da tutti gli
studi di architettura in maniera quasi-manierista, creando dei progetti fotocopia.
Il Concetto di Marchio
13
Si applica allo stesso modo al mondo del commercio e degli affari, agli enti governativi
e a quelli non-profit, così come- un caso recente è Torino 2006
3
- alle stesse città.
Tutto ciò che un’organizzazione fa e non fa, ha effetti sulla percezione di
quell’organizzazione, dei suoi servizi e dei suoi prodotti.
Questa premessa ricostituisce per le compagnie due principali preoccupazioni.
ξ la comprensione che l’immagine corporate è uno dei fattori che maggiormente
hanno un impatto diretto sul livello del successo che l’organizzazione è in grado di
raggiungere attraverso i suoi altri sforzi di marketing e
ξ la comprensione che un’immagine corporate coerente deve essere coordinata
nell’organizzazione a tutti I livelli.
Se la si analizza da una prospettiva orientata verso il mercato, il “brand management”
di qualsiasi azienda deve essere un costante strumento di gestione dell’azienda , in
totale sinergia e coerenza, piuttosto che un esercizio di stile occasionale come invece
spessissimo accade. La gestione della corporate image quindi diventa un processo che
deve abbracciare tutti i processi che avvengono all’interno di una azienda qualsiasi. La
corporate image si concentra sul vero cuore e anima dell’idea di azienda, anche sul
senso dell’esistenza dell’organizzazione stessa e determina i propositi chiave di qualsiasi
attività.
Rappresenta uno dei livelli più alti del controllo funzionale dell’azienda.
3
Torino 2006, a city on the move, è lo slogan e il tema dell’immagine coordinata del capoluogo
piemontese in occasione delle Olimpiadi Invernali. Il piano di coordinamento, (vd. handbook courtesy
Anna Martina, direttore centrale comunicazione, Città di Torino) comprende ogni sorta di declinazione del
marchio in tutte le sue possibilità di essere comunicato.
Il Concetto di Marchio
14
Forse, ed è ancora più importante, il “corporate brand” fornisce uno strumento per
ξ differenziarsi dalla competizione,
ξ creare un valore aggiunto del prodotto e dei servizi promossi e forniti
dall’organizzazione e
ξ attrarre e mantenere una relazione con il cliente per prosperare in un mercato
globale sempre più competitivo e costantemente in mutazione.
La corporate image rappresenta anche il più alto livello della personalità del marchio e
di tutte le caratteristiche di cui il cliente viene bombardato. Il “corporate brand”
comprende, come già detto, tutti i livelli visuali, verbali e di comportamento che
costituiscono l’impresa. Dovrebbe essere pianificata dettagliatamente e gestita
costantemente per supportare e sostenere la “corporate mission”.
Se ben gestita, dovrebbe proteggere l’azienda dal confronto con altri concorrenti che
possono fornire servizi o prodotti simili. Come si nota una cattiva progettazione fa si che
questo avvenga ben raramente.
Una forte “corporate image” è ovviamente meglio di una debole, ma molto più
importante è il bisogno di comunicare e vendere il bene attraverso un’azione chiara,
concisa ed effettiva a tutto il pubblico di cui si sia stabilito il mercato. Un’immagine
coerente ha poi un una ricaduta incredibilmente positiva su tutti gli aspetti dell’attività
aziendale.
La “corporate identity” è la rappresentazione visuale della compagnia e non deve essere
confusa con la “corporate image”. Questa rappresentazione visuale di solito prende la
forma della firma dell’azienda e di un logo o “corporate symbol”.
Il Concetto di Marchio
15
Questo la distingue “graficamente” dai suoi concorrenti e posiziona la società nel
mercato attraverso un uso ragionato di caratteri tipografici, palette di colori e loghi. Nel
passato, una identità visuale era sufficiente a progettare e proteggere l’immagine di una
organizzazione.
Oggi, tutti gli aspetti dell’immagine devono essere gestiti, dalla rifinitura delle
affermazioni di volontà della missione dell’azienda a come le merci devono essere
disposte sugli scaffali.
Il management della “corporate image” integra la cultura dell’azienda con il processo di
gestione e richiede tutta la capacità di comunicazione che l’organizzazione può mettere
in gioco.
La gestione della “corporate image” permette la creazione di un linguaggio, di schemi di
comportamento, di una simbologia, di una “tradizione” più o meno inventata e un
dialogo che sia focalizzato sull’espressione più appropriata dell’immaginario di
un’azienda. Il dialogo deve far combaciare sia le aspettative dei consumatori/fruitori che
quelle dei suoi impiegati rispetto a quanto l’azienda si differenzia dalle altre, rispetto a
quali siano i suoi “core values”
4
, i suoi principi, come già detto, la sua tradizione e i
suoi prodotti.
Il principio che si sottointende è che se una cosa che arriva a toccare il cliente, allora si
tratta di una questione che riguarda il marketing
5
. Niente influenza più il
fruitore/consumatore/utente di come esso percepisce l’immagine di un’azienda.
4
I core values sono i valori tangibili e intangibili che costituiscono il nocciolo comunicativo dell’azienda, le
sue uniche peculiarità.
5
“If it touches the customer, it’s a marketing issue”, Steven Howard, Marketing Discipline for the 21
st
Century,2000.