5
Nel terzo ed ultimo paragrafo evidenzierò l’evoluzione dell’armamento italiano
dalla ricostruzione post bellica fino ai primi anni del 21° secolo. La flotta petrolifera
italiana ha conosciuto una profonda ristrutturazione negli ultimi anni per
conformarsi alle direttive IMO e comunitarie, di cui la più importante è certamente
la MARPOL 73/78 riguardante la dismissione dei vettori privi di doppio scafo o di
tecnologia equivalente. L’ammodernamento della flotta è sostenuto dagli
stanziamenti previsti dal governo per la costruzione di nuovi vettori e la dismissione
di quelli obsoleti, secondo la legge 51/2001, nonché dagli sgravi fiscali di cui
godono le imprese che effettuano nuovi investimenti ed assunzioni grazie alla legge
conosciuta come Tremonti bis.
Nel secondo capitolo della presente argomentazione disserterò sulla struttura e
sul funzionamento del mercato cisterniero, sulla sua caratteristica di essere un
trasporto volandiero, ossia staccato da orari e tragitti prestabiliti ed effettuato
allorché si ottenga un carico di merce che risulti remunerativo alle condizioni
economiche di volta in volta stabilite. Oltre all’irregolarità delle prestazioni,
un’altra distinzione del trasporto petrolifero rispetto al trasporto di linea è
l’instabilità del nolo. In particolare ho riportato un’indagine sul legame esistente tra
l’indice generale dei prezzi e l’indice dei noli, ravvisando un coefficiente di
correlazione prossimo all’unità.
Nel secondo paragrafo tratterò dei contratti in uso nel trasporto petrolifero, in
particolare dei contratti di compravendita del greggio e dei contratti di noleggio
delle navi cisterna, distinguendo il noleggio a tempo da quello a viaggio ed
6
approfondendone la disciplina giuridica. In particolare riporterò una dettagliata
esposizione dell’indice Worldscale, indice usato per calcolare il valore di noleggio
di una nave cisterna.
L’evoluzione del trasporto petrolifero ha avuto importanti conseguenze anche
sulle strutture ricettive; in particolare i porti hanno dovuto subire delle modifiche
strutturali per accogliere tankers di portata superiore alle 300.000 tpl, sia dragando
i fondali, che costruendo appositi terminali off-shore per accogliere le suddette navi.
L’aumento del traffico petrolifero ha portato anche ad una maritimitation degli
spazi costieri perché l’indotto creato dall’industria petrolifera, nonché l’elevato
costo del trasporto unitario di questa merce, hanno richiesto la costruzione alle
spalle dei terminal petroliferi di industrie di trasformazione ed utilizzazione di
questa merce, quali raffinerie e centrali termoelettriche.
Collegata con le vicissitudini del canale di Suez è la consistenza del traffico
petrolifero nel Mediterraneo; dopo la definitiva riapertura del canale nel 1975 il
“mare nostrum” è diventato un importantissimo centro logistico, con l’aumento
dell’interesse verso i porti petroliferi del Mediterraneo a scapito di quelli del
Nothern Range e lo sviluppo dei traffici feeder.
L’instabilità politico-economica degli ultimi anni si è riflessa anche sul mercato
mondiale del petrolio, di cui riporterò i cambiamenti avvenuti nel biennio 2003/04,
in particolare nel mercato dei noli del 2004 per la classe delle VLCCs. Il capitolo si
concluderà con una prospettiva sul futuro del mercato cisterniero che, sorretto dalle
7
restrizioni imposte dalla legge, sta portando ad un rapido ringiovanimento della
flotta, tecnologicamente avanzata e molto più attenta alle tematiche ambientali.
Nel terzo capitolo prenderò in esame la tematica dei rischi e dei costi connessi
al trasporto petrolifero. Parlando di navi cisterna, infatti, la prima cosa a cui si pensa
è il rischio inquinamento che tale trasporto implica. Affronterò un’attenta disamina
dei vari tipi di inquinamento, distinguendo tra inquinamento accidentale e
sistematico, e trattando della procedura che più di tutte ha consentito una drastica
riduzione dell’inquinamento sistematico: il Crude Oil Washing, ossia il lavaggio
delle cisterne con il petrolio stesso. Nel terzo paragrafo tratterò di tutte le principali
convenzioni che regolano il trasporto petrolifero; dall’Oil Polluction Act americano
del 1990, alla conferenza di Montego Bay del 1982, alla Marpol 73/78, nonché
della Convenzione internazionale sulla preparazione, lotta e cooperazione in
materia di inquinamento da idrocarburi (OPRC) del 1995. A livello comunitario,
dopo l’incidente dell’Erika del 1999, sono stati predisposti una serie di interventi
chiamati Erika1 ed Erika2 per migliorare la sicurezza nel trasporto marittimo di
idrocarburi.
Quando si parla di “evoluzione del trasporto” ci si riferisce non solo ai
miglioramenti apportati allo scafo o alla propulsione della nave, ma anche ai
progressi nella preparazione dell’equipaggio e nella regolamentazione del traffico
per ridurre i rischi di incaglio o collisione.
Un incidente o una avaria del mezzo di trasporto darebbe luogo, oltre a disastri
ambientali, anche a forti ripercussioni economiche, poichè non di rado il carico di
8
una petroliera supera le 200.000 tonnellate. Per tale motivo è necessaria una
adeguata copertura assicurativa, per rimborsare la popolazione vittima di un disastro
ambientale. E’ stato quindi istituito un fondo che opera attraverso tre livelli di
responsabilità per il risarcimento dei danni risultanti dall’inquinamento provocato
dalle petroliere. Di tutto questo riferirò all’interno del secondo paragrafo del
capitolo in questione.
Uno dei problemi che affligge trader ed armatori è l’ammanco di greggio.
Quando si parla di ammanchi di carico è facile porsi delle domande: come si fa a
provare l’esistenza dell’ammanco? quali sono le cause? e soprattutto di chi è la
responsabilità? Sono alcuni dei quesiti a cui cercherò di dare una risposta all’interno
del terzo paragrafo.
Nel quarto paragrafo esporrò dei problemi dell’industria petrolchimica europea
nel reggere il confronto con le esportazioni cinesi a basso costo. Il fulcro della
competizione, oltre che nel miglioramento qualitativo dei prodotti, va ricercato in
una cospicua riduzione dei costi che può essere realizzata anche grazie
all’implementazione di nuove strategie logistiche di trasporto e distribuzione dei
prodotti petroliferi.
La tesi si conclude con la trattazione di un’impresa che si occupa
specificamente del trasporto via mare di gas, petrolio e prodotti derivati: la
Navigazione Montanari S.p.A. Dopo un breve excursus storico dell’azienda, porrò
in essere un’analisi della volatilità e della correlazione del titolo Montanari, quotato
nel segmento star della borsa di Milano, con i livelli dei noli dell’ultimo triennio,
9
per ravvisare se il positivo andamento del titolo è collegabile con le più alte rate di
nolo percepite dall’azienda. Il risultato non sarà scontato come sembra.
L’analisi seguente verterà sullo studio della strategia e degli investimenti della
società, intenta in un profondo ringiovanimento della flotta che l’ha portata a
diventare una delle aziende leader del settore in ambito europeo. L’indagine si
concluderà con lo studio dei bilanci della società degli ultimi tre anni, per dare una
spiegazione agli eccellenti risultati che essa ha conseguito sia sul piano economico
che patrimoniale.
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I. Trasformazioni, metamorfosi e condizionamenti politici
nel trasporto petrolifero dal 2° dopoguerra ai giorni
nostri
1. Le innovazioni della flotta cisterniera
Le vicende vissute dal mercato del trasporto via mare di petrolio e prodotti
derivati prendono avvio dalla necessità dell’industria petrolifera di collegare le aree
di estrazione del greggio,solitamente situate in paesi economicamente arretrati,con
le aree di consumo,rappresentate dai paesi economicamente più progrediti,ma
poveri di giacimenti.
Ed è proprio questa asimmetria tra zone di produzione e zone di consumo,
insieme alla notevole facilità di movimentazione del petrolio, che ha favorito il
poderoso sviluppo del commercio internazionale di questa merce fin dalle sue
origini industriali. E’ dall’industria petrolifera che prende corpo l’esigenza di
disporre di un tipo di nave appositamente concepita per il carico liquido da
trasportare, e progettata in modo da integrarsi perfettamente con le strutture portuali
di imbarco e sbarco.
11
Da tale necessità nasce il trasporto specializzato di petrolio e derivati; quando,
cioè, le imprese ed i gruppi nell’industria utilizzatrice acquisiscono dimensioni
crescenti e denotano un fabbisogno di trasporto tale da poter destinare apposite
risorse finanziarie alla progettazione del mezzo speciale di cui c’è bisogno. A tal
punto l’industria utilizzatrice chiede la collaborazione della cantieristica e
dell’armamento mercantile per attuare delle soluzioni tecnico-organizzative al
trasporto.
1
E’,questa,una forma di integrazione verticale da parte dell’industria petrolifera
che si occupa direttamente,o tramite società controllate,di tutti i segmenti di cui essa
si compone: estrazione,trasporto e raffinazione. Tale situazione è rimasta immutata
fin quando il settore del trasporto petrolifero non ha raggiunto dimensioni tali da
giustificare la creazione di un’offerta “indipendente”, ossia basata su naviglio
realizzato e gestito dall’armamento mercantile autonomo.
Tale evento può esser fatto risalire all’inizio degli anni ’50, anni in cui, grazie
ai progressi nella cantieristica, al miglioramento della propulsione e soprattutto alla
crescita esponenziale della domanda di petrolio e derivati, mutò la struttura della
flotta cisterniera.
Dal punto di vista utilizzativo, infatti, si realizzò una pronunciata
specializzazione del naviglio, grazie alla quale si ottennero forti riduzioni di costo
1
cfr. MARCHESE U. (1996), Lineamenti e problemi di economia dei trasporti,Bozzi, Genova
p.217
12
sostituendo alle navi multipurpose, navi appositamente progettate per il trasporto di
una determinata categoria di merce.
Dal punto di vista quantitativo,a partire dalla seconda metà degli anni ’50,
aumentò in modo considerevole la consistenza della flotta mondiale di tankers, sia
per il trasporto di greggio che dei prodotti derivati. La suddetta crescita portò questo
tipo di traffico a superare quantitativamente tutti gli altri traffici marittimi.
In soli quaranta anni i flussi di greggio aumentarono di ben 18 volte, fino a
raggiungere nel 1979 un picco di 1,8 mld tonn.; pari, in valore, al 10% di tutto il
commercio mondiale e, in quantità, al 60% di quello via mare.
2
Parallelamente,la capacità della flotta mondiale di petroliere è passata da 16
milioni di tpl
3
nel 1939 ai 63 nel 1960 ,131 nel 1970, 328 nel 1980, 228 nel 1988,
anno in cui raggiunse un livello inferiore al 1975. Attualmente la flotta mondiale di
tankers è di 317 milioni di tpl.
Negli anni ‘70 l’aumento dei prezzi del petrolio,causato dalla instabilità politica
di molti paesi esportatori, con il conseguente calo dell’offerta, provocò l’aumento
della produzione all’interno delle grandi aree consumatrici (Usa, Mare del Nord…).
Per questo motivo venne meno parte della necessità di collegare le aree produttrici
con le aree di consumo, causando, nella metà del decennio, l’emergere di un forte
surplus di naviglio e conseguentemente lo smantellamento,negli anni ’80, di una
capacità tecnicamente ancora non obsoleta nell’ordine di 150 milioni di tpl.
2
Cfr.MASSERON J. (1982), L’economie des hidrocarbures, Technip, Paris, pp.23-27
3
tpl: tonnellate di portata lorda, misurano la capacità di trasporto di una nave,comprensive del
carico, dei combustibili, delle provviste e dell’equipaggio.
13
1.1. Gigantismo ed economie di scala nel trasporto di petrolio greggio e
prodotti derivati
Il progresso tecnico ed economico dei trasporti marittimi nel periodo tra la
prima metà del XX sec. e i primi anni ’70 trovò la sua principale espressione:
-Nell’ aumento della portata della nave, fino al gigantismo navale;
-Nell’affermazione e diffusione dei circuiti integrati nave-struttura portuale-
deposito;
-Nella esplosione dell’industria costiera, grazie alla particolare localizzazione delle
raffinerie situate, solitamente, alle spalle dei principali terminali petroliferi.
Ed è proprio nel settore delle navi cisterna che i suddetti eventi sono stati
particolarmente avvertiti dall’opinione pubblica, specialmente il fenomeno
riguardante il gigantismo navale.
Infatti, all’alba degli anni ’50 la portata media delle petroliere si aggirava
attorno alle 20.000 tpl, non discostandosi molto dalla portata media degli anni ’30 e
’40.
Nel 1956, allorché la prima, breve, chiusura del canale di Suez costituì un
segnale dell’importanza che Mediterraneo avrebbe assunto di lì in avanti nello
scacchiere internazionale, stava entrando in esercizio la Universe Leader,nave da
85.000 tpl, che costituiva una petroliera dalle dimensioni enormi per il periodo.
4
4
cfr. VALLEGA A.(1997), Geografia delle strategie marittime, Mursia, Milano p.118
14
L’anno successivo fu varata una seconda nave da100.000tpl: fu l’inizio della
corsa al gigantismo.
Le motivazioni erano da ricercarsi nel timore di un’ulteriore chiusura del
Canale e nella conseguente necessità di adottare una rotta che circumnavigasse
l’Africa per i traffici petroliferi che dal Medio Oriente rifornivano l’Europa e gli
Stati Uniti.
Ma non fu, questa, l’unica causa del gigantismo navale.
La molla che spinse l’armamento cisterniero a dotare la propria flotta di unità
sempre più grandi fu costituita anche e soprattutto dall’esigenza di ottenere la
compressione dei costi di costruzione e di esercizio. Difatti per un armatore costava
molto meno far costruire una nave da 200.000tpl piuttosto che farne costruire 4 da
50.000, grazie alla struttura dei costi di costruzione della nave, decrescenti rispetto
alla dimensione, dovuta alla messa a punto di nuove tecnologie ed alle forti
economie di scala.
5
A questi costi di costruzione decrescenti, si accompagnava una progressiva
diminuzione dei costi di gestione dovuta all’ammodernamento delle navi, ed alla
necessità di un equipaggio meno numeroso, anche se dotato di conoscenze tecniche
maggiori. In tempi più recenti un ulteriore abbassamento di questo tipo di costi è
stato reso possibile dall’introduzione di sistemi informatici che hanno spostato
5
cfr. MACCARONI L. (1967) , Navi,porti,cantieri:L’evoluzione dei trasporti marittimi,Etas
Kompass,Milano,p.129
15
alcune attività di direzione e controllo, prima di competenza del management della
nave, presso l’organizzazione a terra.
6
In sostanza, quindi, fu questa tendenza all’aumento della produttività della nave
ad innescare la corsa alla costruzione di vettori di grande portata.
Gli unici limiti all’utilizzo di questi giganti del mare andavano cercati nei
crescenti costi per assicurare contro i danni questi vettori; ai cosiddetti “costi
fondale”, dovuti ai costi di imbarco e sbarco nei terminali,nonché da limiti di natura
morfologica dati dalla scarsa profondità dei fondali dei porti.
A questi ultimi si cercò di ovviare, sia dragando i fondali dei porti(una nave da
250.000tpl necessita di una soglia di accessibilità di 27-28metri), sia attraverso la
costruzione di terminali off-shore.
7
Difatti i settori in grado di effettuare fuori
dall’area portuale il deposito dei prodotti e di ridurre la richiesta di spazi nel
porto,sono avvantaggiati rispetto agli altri poiché, non congestionando il porto
stesso, possono sfuggire al limite dei costi crescenti degli spazi portuali.
8
La riduzione dei costi di trasporto connessa alla dimensione delle petroliere è
ben sintetizzata nella figura seguente, in cui si nota la costante diminuzione dei
costi unitari di trasporto all’aumentare della portata lorda della nave per tutte le
suddette voci di costo, comprendendo sia i costi fissi, quali gli ammortamenti, sia i
6
cfr. VITO G. (2003),Dispense distribuite al corso di “Economia e gestione delle imprese di
trasporto” Università Parthenope,Napoli, p.159
7
Off-shore:significa “in alto mare”, tale termine indica le strutture ricettive installate al di fuori
della protezione foranea utilizzate per imbarcare e sbarcare petrolio e altre categorie di merci.
8
Cfr. MARCHESE U.(2001), Economia dei trasporti marittimi: argomenti e problem , Bozzi,
Genovai p.89
16
costi variabili, come il consumo di combustibile e la remunerazione dell’
equipaggio, sia, naturalmente, i costi relativi alle operazioni di imbarco e sbarco.
Figura n.1- Costi di trasporto e dimensione delle petroliere
Ma,oltre che a fattori puramente economici, la corsa al gigantismo nel trasporto
degli idrocarburi fu influenzata anche da fattori geo-politici connessi ancora al
canale di Suez ed alla sua seconda chiusura nel 1967, a causa della terza guerra
Arabo-Istraeliana. I paesi dell’area trainante si persuasero che la chiusura sarebbe
durata a lungo, sicchè assunsero la rotta del Capo come variabile indipendente nel
trasporto di petrolio.
17
Per assorbire l’aumento dei costi che, a parità di portata, si sarebbe determinato a
causa della maggiore lunghezza delle rotte, vararono petroliere sempre più grandi,
capaci di offrire costi di trasporto sufficientemente bassi.
Si susseguirono,così,generazioni di vettori sempre più grandi e la propensione
al gigantismo si intensificò nel tempo per far fronte alla sempre maggiore
domanda.
La corsa al gigantismo navale e la specializzazione della flotta cisterniera portò
anche alla costruzione di vettori marittimi appositi per il trasporto dei prodotti
petroliferi raffinati. La domanda di questo tipo di nave è sempre stata connessa alla
divisione internazionale del lavoro ed allo schema di localizzazione delle raffinerie.
Essa subì un calo di tensione quando le raffinerie tesero ad insediarsi presso i
baricentri della domanda o presso i porti di sbarco,come negli anni ’50 e ’60,mentre
aumentò quando queste si concentrarono nelle aree di estrazione del greggio, cosa
che avvenne a partire dagli anni ’70.
Proprio in quegli anni si costruirono vettori specializzati con portate fino a
150.000tpl, le ULPCs (Ultra Large Product Carriers)
9
.
Come detto,l’evoluzione della divisione internazionale del lavoro, intervenuta
nella seconda metà degli anni’70, provocò andamenti opposti nel trasporto di
idrocarburi: contrazione della portata delle navi per il trasporto del greggio;
aumento della portata dei vettori per il trasporto dei prodotti petroliferi.
9
Cfr. VALLEGA A.(1984) Per una geografia del mare-Trasporti marittimi e rivoluzioni
economiche,Milano,Mursia p.183
18
In sintesi, possiamo dire che lo sviluppo della portata unitaria del naviglio fino
al gigantismo navale fu da ricollegare,oltre che alla lunghezza crescente delle
percorrenze, alla specializzazione del ciclo di trasporto, ai grandi flussi di traffico,
alla capacità di decentrare gli spazi per lo stoccaggio e all’industrializzazione
costiera.