6
Ghiacciai neri sono presenti anche sulle Alpi italiane; tra essi, il Ghiacciaio del Miage Ł il piø
esteso. Sulla sua porzione terminale coperta da uno spesso mantello detritico cresce una
vegetazione pioniera costituita da piante erbacee e legnose (in prevalenza Larix decidua,
Picea excelsa e Salix spp.). La colonizzazione e la crescita di tale vegetazione sono
condizionate oltre che dai fattori climatici propri della zona, anche da fattori peculiari
dell ambiente epiglaciale come, ad esempio, la presenza del ghiaccio sotto il detrito, la
pressochØ assenza di suolo, il microclima simile a quelo delle alte quote e, in particolare,
l instabilit del substrato legata alla dinamica del ghia cciaio. Questi fattori, ostacolando lo
sviluppo delle piante, determinano le ridotte dimensioni delle forme arboree e la fisionomia
decisamente rada della vegetazione epiglaciale che contrasta con il bosco diffuso nelle aree
circostanti.
Gli obiettivi di questo lavoro sono:
• dimostrare l influenza che la dinamica glaciale esercita sulla crescita e sulla
distribuzione degli alberi;
• analizzare in particolare la distribuzione del larice sul ghiacciaio;
• costruire una curva dendrocronologica di riferimento del larice, per la Val Veny;
• effettuare uno studio dendroglaciologico sulla popolazione di larici epiglaciali.
Il volume Ł diviso in due parti. Nella prima, dopo una breve introduzione dell area di studio
(cap. 1), mostro come il costante mutare della morfologia epiglaciale influenzi la crescita e la
distribuzione degli alberi (cap. 2,3). Nella seconda parte tratto invece dello studio
dendroglaciologico eseguito sulla popolazione dei larici, studio che mi ha consentito di
comprendere come il moto del ghiacciaio verso valle influenzi le caratteristiche della
popolazione (cap. 4) e di datare e localizzare alcuni recenti movimenti superficiali del
ghiacciaio (cap. 6); nel quinto capitolo analizzo l andamento di crescita dei larici che si
trovano sui versanti della Val Veny, al limite del bosco.2
2
In ogni capitolo ho descritto i metodi e gli strumenti utilizzati per il raggiungimento dei singoli obiettivi.
PARTE PRIMA:
evoluzione della morfologia epiglaciale ed influenza sulla vegetazione arborea
Evoluzione della morfologia epiglaciale
ed influenza sulla vegetazione arborea
1. Il Ghiacciaio del Miage e la vegetazione arborea
epiglaciale
1.1 Il ghiacciaio
Il Ghiacciaio del Miage, con una superficie di circa 11 km† (Vivian, 1975), Ł per estensione il
terzo ghiacciaio italiano e il piø vasto del versante meridionale del Monte Bianco. Si origina a
partire da 4800 m di quota con una serie di ghiacciai tributari che confluiscono, verso i 2500
m, in un unica lingua; incassato quindi all interno di una profonda valle rettilinea, scende fino
ad immettersi nella Val Veny dove si espande a formare i caratteristici tre lobi terminali (Fig.
1.1). Il lobo Nord, la cui fronte si trova a circa 1775 m di quota e il lobo Sud, che giunge fino
a 1730 m, delimitano il Jardin du Miage, un area popolata da un bosco di larici in cui si
spinge il lobo mediano, il piø piccolo dei tre (Fig 1.2).
Figura 1.13 Il Ghiacciaio del Miage. Nella carta la cima del Monte Bianco Ł posizionata in alto al centro: a SW
di questa si distinguono i quattro principali rami tributari del ghiacciaio.
Figura 1.2 Area frontale del Miage: i due segmenti indicano i limiti superiori del lobo Sud e del lobo Nord, per
come sono intesi in questo lavoro4. (Dettaglio foto aerea, volo C.G.R. RAVDA, 1997)
3
In tutto il lavoro, dove due figure sono affiancate, la prima didascalia si riferisce all immagine di destra, mentre
la seconda a quella di sinistra.
4
In tutto il lavoro i termini destro/a e sinistro/a si riferiscono rispettivamente alla destra e alla sinistra idrografica.
1. Il Ghiacciaio del Miage e la vegetazione arborea epiglaciale
10
Il Miage Ł un ghiacciaio nero (debris covered glacier), termine con il quale si indicano gli
apparati glaciali ricoperti nella zona di ablazione da un piø o meno spesso strato di detrito.
Sono diversi i processi che, apportando frammenti rocciosi alla superficie del ghiacciaio,
contribuiscono alla formazione di tale strato ma il piø importante in assoluto Ł costituito dalle
episodiche frane di crollo che si distaccano dalle imponenti e vaste pareti che delimitano la
porzione superiore del bacino e che riversano direttamente sul ghiacciaio grandi volumi di
roccia (Deline, 2002).
La copertura, costituita da detrito non selezionato di dimensioni da micrometriche a metriche,
compare da 2600 m di quota lungo due morene mediane (Fig. 1.3) e diviene totale da circa
2380 m fino alla fronte (Fig. 1.4). Con una porzione nera di circa 4 km† di superficie Ł uno dei
rari ghiacciai delle Alpi a presentare un rivestimento detritico cos esteso. Lo spessore medio
della coltre Ł di circa 27 cm (Casati, 1998); sui due grandi lobi frontali varia mediamente tra i
50 e i 70 cm con massimi che superano il metro (dati raccolti da D. Brioschi e M. Bozzoni nel
2007).
Figura 1.3 Valle rettilinea in cui scorre il ghiacciaio, prima di immettersi in Val Veny. Si osservano: le ripide
pareti rocciose che la delimitano, le due morene mediane (frecce nere), il lago del Miage (freccia bianca).
BenchØ la foto sia in bianco e nero si intuiscono aree della copertura detritica a diversa colorazione (tratteggio
bianco). (06/2007)
Figura 1.4 Il ghiacciaio, dopo esser uscito dalla propria valle ed esser entrato in Val Veny, piega e forma i
caratteristici tre lobi ricoperti interamente da detrito; da notare come sia ancora strettamente addossato alle
morene marginali della PEG. (M. Bozzoni, 06/2004)
1.1 Il ghiacciaio
11
La copertura detritica, oltre ad avere uno spessore variabile e a presentare aree a diversa
granulometria, Ł disomogenea anche dal punto di vista cromatico (Fig. 1.3) e litologico. La
litologia del detrito dipende dalla roccia da cui si Ł originato; nel bacino del Miage affiorano
vari tipi di rocce (soprattutto metamorfiche) tra cui: gneiss, cloritoscisti, scisti cristallini neri,
scisti bianchi, scisti ocra, anfiboliti, quarziti e graniti (Deline, 2002). Lo studio delle
caratteristiche del detrito permette cos di differenziare gli apporti che hanno contribuito alla
formazione della copertura e di risalire alla loro origine.
¨ da notare che sulla superficie del ghiacciaio sono ind ividuabili diverse aree omogenee
separate da quelle circostanti da limiti anche molto netti e la cui origine Ł legata a singoli
eventi di crollo. Le caratteristiche di tali aree dipendono anche dai processi di trasporto a cui Ł
soggetto il detrito una volta che Ł deposto sul ghiacciaio; si possono distinguere due casi a
seconda che la deposizione avvenga nella zona di accumulo o in quella di ablazione. Nel
primo caso il detrito Ł inglobato nel ghiaccio, Ł trasportato all interno del ghiacciaio ed
emerge nella zona di ablazione a formare depositi rettilinei o leggermente curvati e paralleli
alla direzione di movimento: la forma allungata Ł dovuta al riarrangiamento subito durante il
trasporto intraglaciale. Alcuni depositi possono emergere anche molto a valle e rompere cos
localmente l omogeneit della copertura sopraglaciale dei lobi.
Nel secondo caso il detrito rimane sempre in superficie e perci i depositi tendono a
mantenere piø che nel caso precedente le proprie caratteristiche originali: presentano limiti
netti, una grande omogeneit , numerosi massi, uno spessore elevato rispetto a quello dei
depositi vicini e, piø generalmente, rispetto al dato medio della copertura detritica; inoltre
occupano gran parte della larghezza del ghiacciaio e presentano una topografia rilevata
rispetto alla media, con collinette e cordoni.
Sulla superficie del ghiacciaio il detrito Ł soggetto ad una
continua alterazione per opera dei processi meccanici (es. il
crioclastismo) che riducono in modo variabile la dimensione
dei clasti (Fig. 1.5); Ł inoltre sottoposto a ricorrenti movimenti
controllati per gran parte dai processi di ablazione
differenziale e dalla gravit (par. 2.1).
Figura 1.5 Il crioclastismo ed altri processi causano la frammentazione
del detrito presente sulla superficie del Miage. La custodia della macchina
fotografica, lunga circa 10 cm, fornisce la scala. (08/2006)
1. Il Ghiacciaio del Miage e la vegetazione arborea epiglaciale
12
Il rimaneggiamento lento ma ripetuto del detrito sulla superficie del ghiacciaio spiega
l aspetto piø uniforme della copertura man mano che si scende di quota. D altra parte, i grandi
depositi, pure se presenti in superficie da molto tempo, rimangono distinti a lungo anche a
valle.
Il Miage non Ł sempre stato un ghiacciaio nero e difatti ha acquisito l attuale copertura
detritica di recente. Durante il periodo finale della Piccola Et Glaciale (1770-1850), il detrito
costituiva un velo molto discontinuo e i lobi frontali si ricoprirono di uno strato continuo solo
alla fine del XXIX sec.; in seguito la copertura si fece sempre piø spessa e il limite tra la
porzione nera e quella bianca si spost verso monte fino a raggiungere la posizione attuale.
La variazione di estensione della copertura detritica Ł controllata principalmente dal clima. A
seconda che un periodo sia caratterizzato da una serie di bilanci di massa glaciali negativi
(come quello post-PEG) o positivi, il ghiacciaio conosce rispettivamente una fase ad
ablazione dominante, con emersione rapida del detrito interglaciale in tutta la zona di
ablazione, o una fase a trasporto dominante con accumulo di detrito sopraglaciale solo nel
settore piø frontale (Kirkbride, 2000). Il sistema di un ghiacciaio nero del tipo del Miage non
Ł per controllato esclusivamente dalle variazioni a medio periodo del bilancio di massa; sulla
dinamica del ghiacciaio influisce infatti anche un controllo detritico dovuto alla quantit di
materiale roccioso derivante dalle pareti sopraglaciali. Il bilancio detritico Ł in particolare
dipendente dai cicli di gelo/disgelo millenari che sono responsabili dell evoluzione del
permafrost nelle pareti rocciose. Durante il disgelo il bilancio diventa positivo poichØ induce
una contrazione rapida del permafrost la quale causa l aumento della frequenza e
dell intensit dei crolli rocciosi. Durante un periodo di r iscaldamento climatico si ha dunque
sulla superficie del ghiacciaio un maggior apporto detritico accompagnato da una piø rapida
emersione del materiale intraglaciale nella zona di ablazione; l effetto congiunto di questi due
processi Ł un aumento dell estensione e della densit della copertura detritica epiglaciale
(Deline, 2002).
La copertura, agendo come una sorta di isolante termico, limita sensibilmente l’ablazione
superficiale. E per questo motivo che il Miage si spinge a quote insolitamente basse, sotto il
limite della vegetazione arborea ed Ł ancora addossato ai cordoni morenici laterali deposti
durante la massima espansione storica avvenuta nel corso della PEG (Fig 1.4). Durante
l estate 2005 i tassi di ablazione superficiale medi furono pari a 12,6 cm/giorno per il firn, 8,1
cm/giorno per il ghiaccio pulito e a solo 0,3 cm/giorno per il ghiaccio coperto da uno strato
detritico di 55 cm di spessore (Mihalcea et al., 2006).
1.1 Il ghiacciaio
13
Inoltre, rispetto ai ghiacciai bianchi, la risposta dei ghiacciai neri alle variazioni climatiche Ł
generalmente ritardata, Ł meno chiara ed Ł data da variazioni di spessore piø che da
movimenti longitudinali della fronte. Per esempio, nella seconda met del XX secolo, molti
ghiacciai Alpini mostrarono una breve fase di avanzata che intervall un generale periodo di
ritiro; l avanzata della fronte Nord del ghiacciaio del Miage inizi nel 1978 e culmin nel
1995, in netto ritardo rispetto alla maggior parte degli altri ghiacciai. Inoltre, mentre la
maggior parte dei ghiacciai del massiccio del Monte Bianco avanz di alcune centinaia di
metri, il lobo Nord progred di solo qualche decina di metri e il lobo Sud di appena qualche
metro.
Le variazioni di spessore del ghiacciaio avvenute durante tutto il secolo scorso sono state
rivelate da periodici innalzamenti ed abbassamenti della superficie (Thomson et al., 2000):
per quanto riguarda i due grandi lobi si ebbe un generale ispessimento tra il 1913 e i primi
anni sessanta (in alcune porzioni anche superiore ai 20 m) seguito da un abbassamento
generalizzato di circa 20 m. Tra il 1975 e il 1999 si verific una nuova fase di ispessimento
che interess tutto il lobo Nord e una buona porzione del lobo Sud ad eccezione della regione
piø frontale.
La velocit superficiale del ghiacciaio decresce con la quota: da 70-80 m/anno misurati a
2400 m diminuisce fino a quasi annullarsi alla fronte dei due lobi (Casati, 1998). Al
movimento del ghiacciaio pu sommarsi in superficie quello del la coltre detritica: dove infatti
la superficie del ghiacciaio Ł inclinata il detrito si muove verso il basso (Fig 1.6).
Figura 1.6 E illustrato un caso che prova
il movimento della coltre detritica sulle
superfici inclinate del ghiacciaio. La
palina fu infissa perpendicolarmente alla
superficie del ghiacciaio nel giugno del
2006, sul lobo mediano. Un mese dopo
l installazione, nello strato detritico
apparve visibilmente incurvata verso il
basso (misure che ho effettuato in
collaborazione con il prof. C. Smiraglia e
la sua equipe).
1. Il Ghiacciaio del Miage e la vegetazione arborea epiglaciale
14
1.2 Il larice
I lobi Nord e Sud del Miage (Fig. 1.2) sono colonizzati, oltre che dalla rada vegetazione
erbacea presente pure nelle aree del ghiacciaio a piø alta quota, anche dalle specie legnose
Larix decidua, Picea excelsa, Salix spp., Populus tremula e Betula pendula; tra queste, il
larice e i salici sono le piø diffuse e le meglio sviluppate.
Il larice ha l areale principale sulle Alpi e sottoareali disgiunti nei Sudeti e nei Carpazi fino
alla Romania con postazioni relitte collinari e planiziali in Europa; l areale Alpino Ł continuo
su tutto l arco, dalle Marittime fino alle Giulie, ed ha un ampia espansione.
¨ la specie arborea che sulle Alpi raggiunge le quote maggiori: nelle valli piø interne alcune
piante salgono perfino oltre i 2500 m; l ottimo di sviluppo si colloca tra la fascia montana e
quella subalpina, dove peraltro Ł molto attiva la concorrenza dell abete rosso.
Il larice Ł una pianta tipicamente pioniera, eliofila, che colonizza con facilit terreni nudi.
L abito caducifoglio gli consente di resistere a freddissimi inverni ma riduce il numero di
giorni disponibili per la fotosintesi rispetto alle altre conifere subalpine; a questo sopperisce
con un assimilazione molto piø intensa a cui corrispondono per maggiori perdite di acqua
per traspirazione: ne risulta un comportamento fisiologico intermedio con le latifoglie. Il
periodo che va dall apertura delle gemme all ingiallimento degli aghi varia secondo
l altitudine per effetto congiunto del clima e degli ecotipi: a 2000 m Ł di circa 75 giorni e va
dal 15 giugno alla fine di agosto (Bernetti, 1995). A differenza di altre specie subalpine, il
larice continua ad assimilare senza chiudere gli stomi anche quando soffia vento forte. Dalle
particolari necessit di traspirazione discende l avve rsit ai climi con forte umidit
atmosferica e l elevato bisogno di acqua nel suolo. Fintanto che la piovosit Ł sufficiente,
l aridit pu essere elusa mediante l apparato radicale particolarmente profondo. Potendo
tollerare anche estati relativamente calde Ł un albero decisamente continentale; prospera
quindi nelle vallate piø interne delle Alpi, addentrandosi specialmente verso il margine
superiore delle foreste.
Gli individui possono superare i 40 m di altezza. Si propaga quasi esclusivamente per via
generativa e le piante di 30-40 anni in piena luce sono gi ca paci di produrre seme in quantit
utile (Bernetti, 1995). I coni maturano in ottobre e poi restano appesi ai rami per qualche
anno; le buone fruttificazioni sono periodiche e di solito avvengono ogni 5-6 anni. I semi sono
ovoidi, lunghi da 2 a 4 mm, leggeri e provvisti di un ala membranosa che li rende facilmente
trasportabili dal vento; in genere oltre il 50% Ł per vano (Sala, 1937).
1.2 Il larice
15
La rinnovazione naturale Ł facile solo su suoli minerali, come quelli morenici, poichØ il seme
essendo molto piccolo e povero di riserve Ł incapace di perforare orizzonti di humus grezzo;
anche i terreni compatti come quelli di pascoli a forte calpestio costituiscono un substrato
sfavorevole. La rinnovazione sotto copertura Ł impossibile: l unico mezzo di affermazione
rispetto alla vegetazione concorrente Ł il rapido accrescimento giovanile in altezza.
Il larice Ł indifferente ai suoli carbonatici o silicatici. La nutrizione su suoli minerali Ł
assistita da un vasto numero di funghi micorrizogeni. Il bisogno di respirazione radicale rende
impossibili i suoli argillosi o a drenaggio non libero. Il massimo dello sviluppo Ł assicurato da
suoli sub-acidi e ricchi. La lettiera del larice pur essendo costituita da aghi tenui e poco
coriacei Ł di lentissima alterazione e molto povera di nutrienti (Bernetti, 1995).
Essendo una specie eminentemente pioniera Ł poco competitiva ed Ł capace di associazioni
permanenti solo negli ambienti di altitudine; il lariceto puro si mantiene tale solo su lembi di
terreno molto instabili o accidentati, altrimenti Ł destinato ad evolvere verso la pecceta alle
minori altitudini o verso un bosco misto di larice e cembro a quote maggiori. Essendo una
pianta con grandi esigenze di luce, i suoi boschi sono piuttosto radi. Quando si mescola con
l abete rosso tende a deperire e a perdere terreno non potendo sopportare l ombreggiamento
proprio delle peccete.
Come gi accennato nell introduzione, sono diversi i fa ttori che limitano sia la colonizzazione
sia la crescita del larice e delle altre piante legnose sul ghiacciaio; due sono le caratteristiche
che differenziano la coltre detritica del Miage da una comune pietraia: la presenza del
ghiaccio sotto di essa e l elevata instabilit . La prese nza del ghiaccio sotto il detrito
condiziona il microclima (Ranzi et al., 2004) e ostacola l approfondimento delle radici delle
piante; l apparato radicale tende quindi a svilupparsi prevalentemente in orizzontale: in un
caso ho misurato radici lunghe addirittura piø di 2 m appartenenti ad un larice alto soli 80 cm.
Il movimento del substrato ha un grande influsso sulla crescita dei singoli alberi in quanto ne
provoca la destabilizzazione (par. 2.1). Un albero inclinato tende a recuperare la posizione
verticale producendo un particolare tessuto legnoso detto legno di reazione: il risultato Ł
osservabile nelle forme a J, sciabolate e contorte che i tronchi di alcuni larici assumono (Fig.
1.7); il movimento del substrato pu provocare pure un parzia le seppellimento del fusto o
l esposizione forzata delle radici (Fig. 1.8). Le deformazioni del tronco possono essere altres
la conseguenza dell azione esercitata da agenti esterni come vento, neve e animali che
possono piegare la pianta o arrecarle danni di tipo meccanico inducendo la formazione di
cicatrici sul fusto; le gelate possono determinare il disseccamento della cima. Il larice per Ł
un albero dall incredibile resistenza e vitalit . Lassø, sulle Alpi, ai limiti estremi della
1. Il Ghiacciaio del Miage e la vegetazione arborea epiglaciale
16
vegetazione arborea, il larice sembra abbia una vita eterna. E se la violenza della tempesta o
il fulmine riescono talvolta a denudarlo completamente ed a ridurlo ad un semplice troncone
ferito, privo di rami, non di rado ha ancora la forza di emettere, dalle sue gemme
provventizie, qualche ramoscello che ne perpetua la vita. Il larice Ł l albero forte e generoso
delle popolazioni alpine, l albero che non muore mai e sfida tutte le bufere e tutte le
tormente (Sala, 1937).
.
Figura 1.7 Il fusto del larice campionato 1105 ha una forma sciabolata, mentre il tronco del larice della foto di
destra ha una forma elicoidale. (08/2006)
Figura 1.8 Il larice campionato 103 Ł stato
destabilizzato: alla destra del numero Ł visibile
una porzione scoperta dell apparato radicale.
(08/2006)
5
In tutte le fotografie di larici in cui compare un numero significa che la pianta Ł stata campionata. La posizione
dell albero sul ghiacciaio pu dunque essere conosciuta nell e figure 4.6 e 4.7, mentre le sue caratteristiche nelle
tabelle 4-1, 4-2, 4-3 e 4-4. Per avere un idea della scala in tali fotografie, si consideri che il numero Ł scritto su
un foglio formato A4.
2. Evoluzione della morfologia epiglaciale ed
influenza sull accrescimento degli alberi
L obiettivo di questo capitolo Ł quello di dimostrare come l evoluzione della morfologia
superficiale del Miage condizioni la crescita e la distribuzione dei larici sul ghiacciaio. Nel
primo paragrafo, a carattere discorsivo, Ł mostrato come ci avvenga in relazione alle diverse
forme epiglaciali; nel secondo, con l ausilio di dati quantitativi, Ł preso in considerazione il
caso particolare delle falesie di ghiaccio.
2.1 Morfologia epiglaciale e sviluppo degli alberi
La copertura detritica del Miage, costituita da un till sopraglaciale (cap. 1.1), mostra una
topografia accidentata e una morfologia molto complessa, caratteristiche dei ghiacciai neri
(Benn & Evans, 1998): sulla superficie, che appare variamente ondulata, si formano
depressioni, canali e dossi di varia forma e dimensione. Tale morfologia Ł in continua
evoluzione in particolare alle quote piø elevate dove la copertura detritica Ł piø disomogenea
e dove subisce fenomeni perturbanti con relativa frequenza; sui tre lobi la situazione si
presenta in generale meno precaria seppur instabile: ci c ondiziona inderogabilmente la
crescita degli alberi epiglaciali e la loro distribuzione. Si differenziano cos zone in cui gli
alberi:
• non riescono nemmeno a germogliare poichØ la superficie Ł altamente instabile o
priva di una adeguata copertura detritica (fig 2.1);
• sono presenti ma sono stati destabilizzati (fig. 2.2) a causa di movimenti del substrato;
• sono presenti e non mostrano disturbi (fig. 2.3).
2. Evoluzione della morfologia epiglaciale ed influenza sull accrescimento degli alberi
18
Figura 2.1 Crepacci longitudinali che
sconvolgono la topografia a monte
della divergenza tra il lobo N e il lobo
mediano; segnalano la locale
espansione laterale del ghiacciaio
(Deline, 2002). L area Ł decisamente
inospitale per la germinazione del
larice. (07/2006)
Figura 2.2 Confronto tra due foto scattate a distanza di due anni nello stesso punto, sulla porzione destra del
lobo S. In entrambe sono inquadrati due larici alti circa 1,5 m: nel giugno 2004 (foto di sinistra) i fusti dei due
alberi erano in posizione eretta mentre nell agosto 2006 (destra) erano visibilmente inclinati. Il fenomeno si
spiega poichØ il substrato Ł instabile e in continua evoluzione.
Figura 2.3 Le due immagini
ritraggono il larice
campionato 503 a due anni di
distanza; l albero si trova sul
lobo S. L aspetto della pianta
e la quasi identica
disposizione dei ciottoli
rivelano che l area Ł rimasta
pressochØ stabile.