9
sempre più pervasi da ciò che è globale ed altro dalla propria cultura. In una parola
il prodotto, quello tipico.
Dare un’ inquadratura generale delle normative che gravitano attorno al
mondo della tipicità certificata per spiegare al lettore da dove nasce storicamente
l’esigenza di tutela della stessa, e come ancora oggi si combatte per far rispettare a
livello mondiale le norme europeo su DOP ed IGP. Inoltre si traccia un’analisi
costi- benefici relativa all’utilizzo delle Indicazioni Geografiche ed ad un possibile
uso, in affiancamento alle stesse, dei Marchi Collettivi.
Fornire uno spaccato dettagliato dello scenario dal lato dell’ offerta di
prodotti tipici, partendo dalla Macroarea dell’UE, fino a calarsi nelle regioni
italiane, evidenziando quali sono i prodotti trainanti il sistema del tipico ed il
settore caseario nello specifico. Particolare enfasi sarà posta sul rapporto che tali
beni hanno con il mondo della distribuzione, importante aspetto di marketing.
L’analisi consterà inoltre di un paragone con lo scenario produttivo di alcuni paesi
europei e di un fenomeno che limita fortemente le esportazioni, ossia
l’agropitateria.
Tracciare un quadro del consumo dei beni tipici, in un ottica non solo
statistica, ma anche socio-culturale: lo scopo è cercare di definire un ‘consumatore
di prodotti tipici’ e di capire se allo stato attuale il potenziale comunicazionale è
sufficientemente focalizzato sulle giuste persone e se riesce a raggiungere gli scopi
delle aziende implicate nel settore.
Indicare , alla luce delle precedenti analisi, alcune strategie di marketing,
partendo da un’analisi delle leve di marketing. In particolare ci si focalizzerà su
una lettura del bene tipico in uno scenario dell’ economia delle esperienze e sul
marketing territoriale
10
CAPITOLO I:
ACCEZIONI E CONTESTO DELLA TIPICITÀ
INTRODUZIONE : TIPICITÀ FRA LOCALISMO E TRADIZIONE
L’espressione “tipicità”, abbondantemente utilizzata dai mezzi di comunicazione di
massa , è divenuta un parametro qualificante delle offerte delle imprese e dei territori. In
particolare rappresenta una delle componenti principali di differenziazione dei prodotti
agro-alimentari ed enogastronomici. In tale contesto, il contributo del marketing alla
valorizzazione dei prodotti, definiti ‘‘tipici’’, è divenuto centrale per le aziende
produttrici e per i sistemi territoriali, sempre più intenzionati a valorizzare e
riqualificare le proprie specificità imprenditoriali. Al momento attuale però, il concetto
di prodotto tipico non assume un significato scontato. Esso si configura talvolta come
prodotto alimentare esclusivo di una certa area territoriale, talaltra come offerta del
novero delle produzioni ‘‘Made o Styled in Italy”, ovvero come produzioni tradizionali
locali, connaturate a determinati luoghi, anche se non in modo esclusivo. Considerato il
crescente interesse nei confronti di tale tema da parte di diverse componenti del sistema
economico ( quali aziende agricole, industria agro-alimentare, Legislatore dell’Unione
Europea, commercio specializzato, grande distribuzione organizzata, turismo, agenzie
viaggi, ristorazione etc…) e da parte degli enti territoriali (regioni, comuni, comunità
rurali e montane), ci si chiede se il tipico sia o meno un fenomeno transitorio, legato ad
una moda attuale e destinato a sparire a breve oppure se costituisca un trampolino di
sviluppo per intere zone geografiche.
Al di là delle proprietà qualitative e del rispetto delle normative, la tipicità è un concetto
che trova il suo pieno significato nell’ambito della storia socio-culturale di un territorio.
Certo, in questo senso diventa molto più difficile definire standard e precisare confini.
Il prodotto tipico viene inteso non solo come un prodotto alimentare, ma anche come il
prodotto di un territorio, delle sue risorse naturali e culturali. E’ il frutto del lavoro
creativo e dell’impegno operativo di intere generazioni; il risultato di elaborazioni
progressive; è qualcosa che ha una storia da raccontare. Una storia che non si limita a
11
raccogliere e tramandare le modalità di produzione, le materie prime adoperate o il gusto
che ne deriva, ma che richiama per intero il contesto socio-culturale.
In questo senso, possiamo anche definire il prodotto tipico come un prodotto
‘territoriale’, poiché in esso si possono ritrovare aspetti inerenti alla vita sociale di un
dato territorio .Ne consegue che i prodotti ‘non-tipici’ potranno eguagliare quelli tipici
nel raggiungimento ottimale degli standard qualitativi, ma non potranno mai essere
territoriali. Non porteranno mai con sé l’eco di una storia, di un territorio, di una cultura.
Ed è proprio per tutti quei vincoli che rendono unico il prodotto tipico che la sua natura
andrebbe preservata e rivalutata al pari di un bene culturale di inestimabile valore. La
cultura di un popolo non si esprime solo attraverso le forme convenzionali
dell’architettura, della letteratura, della pittura: essa si sostanzia e si realizza anche
attraverso le pratiche alimentari. Ecco perché la diffusione della cultura del tipico prima
di tutto è una questione di diffusione culturale - come il modello McDonald’s lo è stato
per la cultura a stelle e strisce. Capire l’importanza di un prodotto tipico non è
esclusivamente né principalmente una questione di gusto, è un modo per fare i conti con
le proprie conoscenze specifiche , in virtù delle quali possiamo collocare il bene
alimentare all’interno di un giusto sistema di significati, di rimandi, di corrispondenze,
di confronti e di sensi. Tramandare, diffondere e stimolare la nostra cultura alimentare è
un ottimo modo per tracciare un solco duraturo nella cultura della “buona cucina” e per
fare in modo che rimanga sempre viva la memoria di ciò che siamo stati.
I prodotti alimentari locali tipici, d’origine o comunque a denominazione tradizionale e
protetta, costituiscono, unitamente ai beni ambientali e culturali, sorgenti di
miglioramento uniche. Trascurati per decenni, sono stati scoperti appieno ,quasi per
forza, sotto la spinta dei regolamenti comunitari e dei tentativi d’imitazione.
Per anni anche coloro ,che per mestiere o per dogma ideologico, si sono arrogati il
compito di tutelare gli interessi e le aspirazioni di riscatto economico degli artigiani
impegnati nelle produzioni locali, hanno dovuto subire la sfiducia di quanti non
credevano in questi beni. Solo da poco si assiste alla caduta di certe resistenze,
accompagnata dalla carica di pregio qualitativo e culturale di quei prodotti che, poco
prima, erano sembrati scontati e naturali per le popolazioni locali .
Tale pregio culturale affonda le sue radici in costumi e raffinatezze ereditate grazie ai
vari incroci delle civiltà che si sono susseguite nel corso dei secoli.
Affinché ottengano una adeguata vetrina nell’ambito dell’economia globalizzata,
serve una gestione corretta e moderna della tradizione , che deve tener conto
12
della necessità di raggiungere mercati e consumatori sempre più lontani. È necessario
tener presente che l’apertura incondizionata ai mercati si può rivelare un pericolo per la
tipicità dei prodotti stessi. Con il passare del tempo e con i mutamenti di carattere socio-
culturale, due sembrano essere i processi che mettono a repentaglio la vita dei prodotti
tipici nel suddetto scenario: l’industrializzazione e la standardizzazione.
L’industrializzazione porta a cambiare le stesse modalità produttive. Ma non è tanto il
cambiamento tecnico ciò che conta, quanto il fatto che la produzione alimentare viene
svincolata dai suoi luoghi tradizionali. L’industria , pertanto, diventa il luogo dove le
modalità produttive devono sposare la standardizzazione per migliorare l’efficienza
dell’organizzazione del lavoro.
13
1.1 NOZIONI SUL CONCETTO DI TIPICITÀ
Molti consumatori percepiscono come tipici anche prodotti agro-industriali, senza alcun
collegamento alle denominazioni riconosciute dall’Unione Europea o a vincoli di natura
territoriale (ad esempio la Nutella). Questo è il frutto di un’efficace politica di
marketing, attraverso la quale un industria è riuscita a comunicare valori ed aspetti
riconducibili alla tradizione ed alla qualità dei prodotti.
Esiste, quindi, una generale confusione sul significato del termine “prodotto tipico”.
Il termine tipico, per come lo si intende oggi , ha origini assai antiche nel ceppo
linguistico indoeuropeo. Tipico è un tema che compare già nella lingua degli antichi
Greci. Andando a ritroso nei secoli, La parola “Typikos”, aggettivo del più celebre
termine di origine indoeuropea “typos” - da cui discende la nostra ‘tipo’. Ma non solo. È
curioso riscontrare che dalla medesima radice greca “typein” derivano anche la
locuzione “typenmatos” , ossia formaggio e “typeia” , confezione di formaggio , poi
caseificio in greco Aristotelico: in una qualche maniera queste ultime sono le prime
attestazioni linguistiche di un prodotto tipico.
1
Medesimo significato appare anche nel
tardo latino “tipicus” , che deriva a sua volta dall’etimo “Typum”
2
.
Entrando in merito della definizione dell’oggetto del presente trattato, appare necessario
chiarire alcuni elementi di inquadramento delle problematiche in questione, per evitare
qualsivoglia confusione con la tematica del prodotto tipico.
Anzitutto sotto la dicitura “prodotto tipico” si identificano almeno tre tipi di offerta nel
settore agro-alimentare:
Prodotti indifferenziati a largo Consumo, tra i quali rientrano i prodotti
agricoli originari,trasformati dall’industria; hanno un alto livello di
standardizzazione; le loro innovazioni di processo e prodotto partono dalla
tecnologia; si richiamano molto poco alle tradizioni produttive. Si tratta di
produzioni che hanno un mercato finale od intermedio all’esterno del territorio
di loro produzione e che può riferirsi ad una base internazionale, nazionale o
multiregionale. Tali prodotti non di rado attraversano una lunga filiera di
produzione, distribuzione e consumo. Ad essi i consumatori accordano scarsa
rilevanza dal punto di vista delle origini e delle tecniche produttive;
1
L.Rocci: Vocabolario greco-italiano. Società editrice Dante Alighieri, 1962.
2
N. Zingarelli: Vocabolario della lingua Italiana. Edito Zanichelli,1970.
14
Prodotti tipici non certificati, quali sono i prodotti tradizionali, ossia i prodotti
caratterizzati da metodi di lavorazione, trasformazione e stagionatura consolidati
nel tempo, ed in particolare per un periodo di tempo di almeno 25 anni.
3
Prodotti tipici certificati (DOP, DOC, DOCG, IGP, et c…) in base alle
normative comunitarie. Una cospicua parte di tali prodotti certificati ha aree di
produzione e di mercato ristretti ed originano da imprese di piccole e medie
dimensioni. Fra di essi, ad ogni modo, ritroviamo anche produzioni con
caratteristiche e dimensioni del tutto simili a quelli indifferenziati (ad esempio
Prosciutto San Daniele DOP o Grana Padano DOP, esportati in ogni dove).
Quest ’ultima tipologia di prodotti viene assunta come parametro della analisi di cui
tratta il testo. Per tale motivo la categoria del tradizionale non certificato viene posta da
parte, per evitare un quiproquo.
Il concetto di prodotto tipico non va altresì confuso con quello, ad esso connesso, di
prodotto locale, che evidenzia il legame territoriale in cui il tipico viene alla luce.
Procedendo per ordine, vediamo come un dizionario di lingua italiana attribuisce
significati diversi ai termini tipico, tradizionale e locale:
1. Tipico:
- aggettivo : (pl. m. -ci) Che appartiene a un tipo, a una persona o a una cosa | (est.)
Esemplare: caso tipico; SIN. Caratteristico, proprio.
Che può valere da tipo essendo conforme a un tipo o avendone le caratteristiche: gesto
tipico; vino tipico | (est.) Caratteristico: cucina tipica.
4
- aggettivo (pl. m. -ci)
a) proprio di un tipo; caratteristico di una determinata persona o cosa: segni tipici;
questa è una sua frase tipica; la cucina tipica emiliana
b) che può servire da tipo, da caso canonico di un determinato genere ; esemplare:
esempio, caso tipico
3
Come da Dlgs. 173/98 art.8; D.M. 8/9/99 n.350 , 13/7/00, 19/6/07; D.G.R.M. 27/3/00, 2/10/01, 3/4/02)
4
Zanichelli minore – Terzo Millennio cdrom
15
c) che si configura come o secondo un tipo ' contratto tipico, (dir.) formato
secondo un tipo § tipicamente avv.
5
2. Tradizionale :
Aggettivo : consuetudine tramandata fino a costituirsi in regola tramandata
6
.
Aggettivo della tradizione, che è conforme alla tradizione: una cerimonia tradizionale; la
colomba è il dolce tradizionale di Pasqua; un punto di vista tradizionale, fondato sulla
tradizione § tradizionalmente avv. secondo la tradizione, in modo tradizionale.
7.
3. Locale :
Aggettivo : Che è proprio di un determinato luogo: autorità locali; ferrovia locale.
8
Aggettivo :
a) di luogo: l'avverbio «dopo» può avere valore locale o temporale;
b) proprio o caratteristico di un luogo; limitato a un luogo, a una zona: storia,
dialetto locale; costumi, usi locali; artigianato, cucina locale; enti locali |
stampa locale, i giornali che non hanno diffusione nazionale e trattano
soprattutto dei problemi di una zona circoscritta | treno locale, vecchia
denominazione, ora sostituita con treno regionale, per indicare treno passeggeri
che si ferma in tutte le stazioni.
9
Da un punto di vista lessicale un prodotto tipico è un prodotto “proprio di un tipo ;
caratteristico di una determinata persona o cosa; che può servire da tipo, da caso
canonico di un determinato genere; che si configura come o secondo un tipo”. Un
prodotto tradizionale è invece esito della consuetudine tramandata fino a costituirsi in
regola, ed un prodotto locale è invece proprio o caratteristico di un luogo, limitato a un
luogo, a una zona. In parole povere, il prodotto tipico è tale in quanto corrispondente ad
una particolare tipologia, un prodotto tradizionale è tale in quanto frutto della tradizione,
un prodotto locale è tale in quanto ricavato dal territorio in cui nasce. In tal senso, la
lingua nazionale non rende possibile utilizzare come sinonimi prodotto locale, prodotto
tipico e prodotto territoriale. È opinione diffusa tra i tecnici, d’altro canto, quella di
considerare il tradizionale come un prodotto agro-alimentare, le cui modalità e tecniche
di lavorazione, conservazione e stagionatura risultino consolidate nel tempo - per un
5
Garzanti linguistica- Dizionario Online
6
Zanichelli minore – Terzo Millennio cdrom
7
Garzanti linguistica- Dizionario Online
8
Zanichelli minore – Terzo Millennio cdrom
9
Dizionario Garzanti Online
16
periodo maggiore ai 25 anni - in base alle regole dettate per il territorio interessato
10
.
Nella categoria del prodotto locale si fa solitamente ricadere, invece, una tipologia
piuttosto ampia di prodotti, caratterizzati per:
- l’esigua produzione,
- per la mancanza di un disciplinare o protocollo specifico e
- l’estrema variabilità delle tecniche di produzione.
In virtù di quanto considerato, sotto la dicitura di prodotto tipico possono rientrare anche
prodotti che non sono locali né tradizionali, cosa che sembra accadere in alcune DOP,
IGP e DOC italiane.
In esse il luogo d’origine dovrebbe essere definito obbligatoriamente da degli esatti e
ridotti
- confini geografici,
- confini geologici e
- confini climatici.
In aggiunta a ciò le tecniche produttive dovrebbero risultare
- artigianali,
- ad alta intensità di lavoro e
- con notevoli tempi di preparazione.
In realtà vi è conformità sì ad un disciplinare , ma redatto da/per l’industria agro-
alimentare, che per ovvi motivi rilascia le vincolanti catene delle delimitazioni
territoriali e dei sistemi di produzione.
Ritornando all’uso comune del termine, diremo che per “tipico” s’intende qualcosa di
caratteristico legato ad un territorio specifico; questo in quanto ad origine delle materie
prime, oltre che alla localizzazione delle attività tradizionali di
- trasformazione,
- lavorazione,
- conservazione e
- di stagionatura.
Non necessariamente tutte queste fasi legate al prodotto tipico devono avvenire
rispettando questo legame territoriale, ma esistono diversi livelli di tipicità riguardo.
Infatti , in alcuni prodotti, la tipicità è legata solamente all’origine delle materie prime,
o alla lavorazione, o in alcuni casi compaiono entrambi i requisiti. In conseguenza a ciò,
la tipicità di un prodotto assume valori superiori quanto più sono significativi i vincoli, i
10
Regolate in base il Decreto Ministeriale 18/7/2000
17
legami e gli elementi di differenziazione. Il Legislatore della Comunità Europea , come
poi si approfondirà in seguito, con i regolamenti 2081/92 e 2082/92
11
, ha interpretato
tale differente sfumatura definendo crescenti livelli di tipicità rispettivamente per STG,
IGP e DOP.
È fuor di dubbio comunque che differenti livelli di tipicità siano avvertiti parimenti al
di fuori del sistema delle denominazioni UE; ciò è valido persino per i prodotti ,che per
diverse ragioni - in quanto artigianali,tradizionali,curati da fattorie o nei parchi protetti
etc. o per via dei volumi esigui d’affari - vengono proposti al consumatore
nell’accezione di tipici.
Questo altro non è che un esempio del fatto che sia possibile ritrovare riferimento ai
prodotti tipici con diverse diciture e qualificazioni.
La scarsa chiarezza sull’argomento deriva probabilmente da un verso dalla scarsa
consapevolezza sull’esatto significato del termini ,dall’altro da una propensione ad
estendere al prodotto alcuni profili che si ritiene possieda in forza della sua tipicità(ad
esempio ritenuta indicativa di naturalità, genuinità, tradizionalità).
Per spazzare il campo da possibili fraintendimenti, oltre a quelle già trattate di prodotto
tradizionale e locale, è bene presentare chiaramente alcune altre definizioni limitrofe al
concetto di tipico:
ξ Prodotto Naturale:
Termine generico ed ambiguo, usato per individuare genericamente gli aspetti
salutari e dietetici di un’adeguata alimentazione che si potrebbe avere consumando
questi prodotti. Non di rado viene inteso come una qualifica del prodotto
(naturalezza, genuinità) attribuibile al processo di produzione – per esempio
l’artigianalità del prodotto o l’assenza di particolari sostanze presenti in altri prodotti
- ma che in genere non trova riprova in alcuna normativa nazionale o comunitaria.
ξ Prodotto Artigianale:
Generalmente inteso come prodotto antitetico rispetto a quello industriale; ha le
caratteristiche di avere delle modalità e tecniche di produzione per l’appunto
artigianali, fatti a mano: secondo tale logica, ogni bene dovrebbe essere diverso
dall’altro.
11
Tali regolamenti sono stati sostituiti nel 2006 rispettivamente dal Regolamento 509/2006 e 510/2006
18
ξ Made in Italy
12
:
All’interno di tale categoria rientrano prodotti caratterizzati da uno stretto legame
con il territorio. Rispetto ai tipici , tali prodotti provengono da un ambito territoriale
assai più vasto - una nazione - ed il loro processo produttivo è replicabile anche al di
fuori dell’originario paese. Tale fenomeno è molto pericoloso per il Made in Italy in
generale e per certi versi vitale per il tipico, considerato una sua sottocategoria.
ξ Prodotto di qualità:
Si intende in tal senso una etichetta generica, utilizzata sovente in maniera ambigua.
Spesso attribuita a prodotti che, per peculiari caratteristiche qualitative delle materie
prime o per le modalità di lavorazione , sono ritenute essere qualitativamente
superiori rispetto ad altre tipologie di produzioni.
Non si può altresì non fare riferimento ad una parola chiave,riferita in particolar modo a
tale ultima categoria di beni,ma riguardante anche spesso, per natura congenita, le
tipicità: stiamo parlando della qualità. È questo un concetto di difficile inquadramento,e
non solo in ambito agroalimentare.
Infatti questo “È diventato una sorta di concetto ombrello utilizzato per coprire una serie
piuttosto variegata di nozioni: per quel che riguarda l’agroalimentare, per q. si intendono
di volta in volta la sicurezza igienico - sanitaria, la naturalità, la valenza organolettica,
l’aderenza a un disciplinare di produzione, la rarità, la tradizionalità e la tipicità di un
prodotto.[…] Tuttavia non è chiaro quale sia il giusto approccio metodologico per
scoprire se un prodotto sia o no di q. Anzi, non si sa bene neppure se esista tale metodo.
Se la q. fosse immediatamente percepibile e identificabile sensorialmente (come un
colore, un peso, una forma) avremmo risolto molti problemi inerenti la tracciabilità e il
valore commerciale dei prodotti alimentari. Così non è. Non è possibile percepire la q.
soltanto con i sensi. O per lo meno l’approccio sensoriale è condizionato da elementi di
soggettività, di relatività temporale, di influenze esterne che rendono assai difficile la
codificazione di un metodo di identificazione certo. Diceva uno scrittore che non
esistono grandi vini, esistono grandi degustatori: è un paradosso, ma vale a esprimere
bene la difficoltà della questione “q.”. E ci pare velleitaria, se non pericolosa, la volontà
12
All’interno di tale ampia categoria,in base alla definizione maggiormente in uso, rientrano i prodotti
dell’alimentazione mediterranea (Olio, pane, vino, frutta),oltre che il sistema moda ed il sistema arredo-
casa. Vedi Pratesi C.A. Il marketing del made in Italy. Nuovi scenari e competitività. Franco Angeli,
2001
19
espressa ad esempio dal Commissario Europeo per la Protezione dei Consumatori in una
recente tavola rotonda di voler arrivare alla regolamentazione della q. Per quanti
parametri si vogliano adottare, non si arriverà mai a fornire un codice universale e
atemporale. […] Un formaggio integro, ben conservato, sano, pulito, fragrante, con le
giuste componenti di materia grassa, di sale, di residuo secco, sarà un formaggio di
qualità? Non è detto: magari quel campione perfetto, all’assaggio risulterà banale,
addirittura cattivo. E allora, dobbiamo rassegnarci al più totale relativismo, alla pura
soggettività? È di q. solo ciò che piace? No, così facendo dovremmo ammettere che
molte delle schifezze che oggi si mangiano siano di q. solo perché piacciono. Per uscire
dall’impasse è necessario procedere a una vasta opera di educazione alimentare e del
gusto. Solo consumatori educati, consapevoli sono utili a riconoscere una q.
tendenzialmente oggettiva. In ogni caso un criterio generale, anche se scientificamente
non misurabile, c’è, almeno per noi. La q. di un prodotto alimentare è tanto più grande
quanto più questo prodotto è naturale. Naturale non equivale a biologico: parliamo di un
sistema, non di un metodo certificato di produzione. Naturale vuol dire non utilizzare
additivi, conservanti, aromi, tecnologie di produzione che stravolgono la naturalità del
processo di lavorazione, di allevamento, di coltivazione ecc. Materie prime sane, integre,
il più possibile esenti da trattamenti chimici o da procedure di accrescimento intensive, e
sistemi di lavorazione semplici, rispettosi delle materie prime: ecco i presupposti
necessari, anche se non sufficienti, per determinare la q. di un prodotto. La q. della
carne, ad esempio, secondo noi è strettamente legata a quella dell’alimentazione degli
animali. Se questa alimentazione è sana lo sarà anche la nostra bistecca. E sana non
significa soltanto priva di farine animali, ma anche di mangimi ipercalorici e antibiotati.
Infine un concetto fondamentale di SF: pagare adeguatamente i prodotti di q. è
sacrosanto. Ed è possibile: basta ridurre i consumi. L’ideologia dello sviluppo perenne,
della crescita esponenziale delle produzioni e dei consumi, oltre che insostenibile, a
lungo termine è pericolosa.”
13
Nonostante l’espressione “tipico” possa avere un significato ben più ampio, qui si
accoglie l’accezione per cui essi vengano identificati essenzialmente con la categoria dei
beni agro-alimentari e ,nello specifico , quelli i quali abbiano avuto riconoscimento da
pubblica normativa.
13
Dal dizionario Slow Food Ondine, per una definizione più rigorosa si veda il glossario
20
Si ritiene infine che la definizione più pertinente allo spirito delle normative
comunitarie di tutela delle produzioni tipiche sia:
“I prodotti tipici sono prodotti differenziabili dagli altri esistenti sul mercato perché
appartenenti alla memoria storica dei luoghi di produzione, e perché provvisti di
particolari caratteri organolettici dovuti a fattori geografici, ovvero alla qualità della
materia prima impiegata, in altre parole ancora alle tecniche di produzione che
distinguono la produzione di una località da quella conseguita altrove” (Giardiello, A.)
14
14
A. Giardiello , Prodotti agro-alimentari tipici della Campania, DEPA – UNINA, Portici,1995
21
1.2 LA NATURA POLIDIMENSIONALE DEI PRODOTTI TIPICI:COSA
RAPPRESENTANO IN CAMPO ECONOMICO E NORMATIVO
Passati in rassegna i diversi tipi di categorie con i quali la produzione tipica si puo
confondere, è bene considerare l’accezione di tale categoria in diversi campi,a partire da
quello della normativa.
Al momento attuale l’Unione Europea riconosce, come già accennato, tre tipologie di
prodotti agro-alimentari di qualità:
• Quelli legati all’origine geografica congenitamente (IGP), come ad esempio il
Mirto di Sardegna o l’Arancia Rossa di Sicilia, la Nocciola del Piemonte, il
Prosciutto Crudo di Parma et c..
• Quelli che hanno mantenuto una tradizionalità nel processo produttivo
(STG,DOP) ,come ad esempio la mozzarella o il pecorino romano.
• Quelli che vengono prodotti utilizzando pratiche che siano ecocompatibili, che
rispettino l’ambiente e la salute dell’uomo, come ad esempio i prodotti
dell’agricoltura biologica; tale tipologia non viene analizzata in questa sede,in
quanto portatrice di differenti connotati ed interessi.
Per salvaguardare tali prodotti agricoli,la normativa europea prevede specifici
regolamenti, di seguito elencati:
- Regolamento CE n. 2082 /92 del Consiglio del 14/7/1992
Indicante le attestazioni di tipicità dei prodotti agricoli ed alimentari
- Regolamento CE n. 2081/92 del 14/7/1992
Che presenta la protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni
d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari.
- Regolamento CE n. 2092 del 28/6/1991
Inerente al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli ed alla indicazione di
tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari.
22
I primi due Regolamenti, 2081 e 2082 del 1992, sono stati abrogati e sostituiti di recente
dal Regolamento 510/2006 del 20/3/2006 “relativo alla protezione delle indicazioni
geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari” e dal
Regolamento 509/2006 del 20/3/2006 “relativo alle specialità tradizionali garantite dei
prodotti agricoli ed alimentari”
È inoltre fondamentale inquadrare il fenomeno del tipico dal punto di vista economico -
in senso ampio.
L’espressione prodotti tipici , in tale contesto, è generalmente usata per designare un
particolare categoria di beni, per i quali vi è una stretta connessione con un’area
territoriale particolare. A riguardo si aprono due modalità d’individuazione degli
attributi economici del tipico: una prima classificazione seguita da D’Amico
15
e
Ciappei
16
; la seconda effettuata da Mattiacci e Vignali
17
.
In base al primo raggruppamento gli elementi che danno concretezza a tale nesso sono la
dimensione geografica, la dimensione storica e quella culturale.
L’aspetto geografico, che lega il tipico al territorio, riguarda tutte le condizioni di clima
che possono apportare ad un prodotto la sua peculiarità specifica, dall’influenza che
hanno sulle proprietà delle materie prime, poi trasposte sul prodotto, al clima, fattore che
gioca un ruolo di prim’ordine nei processi produttivi, soprattutto nella stagionatura.
L’aspetto storico consiste nelle conoscenze e know how accumulati nel tempo, usi
tramandati nella produzione e nel consumo del prodotto, consolidati nel tempo e ben
radicati nel territorio. In tale visuale il prodotto tipico è parte integrante della memoria
locale, è una traccia storica di una successione di generazioni o, se vogliamo, appare
come “un elemento di catalizzazione di una gamma di beni e servizi localizzati nell’area
rurale, e costituisce un elemento aggregante di interessi economici diversificati presenti
nell’area di produzione”
18
Vi è da considerare, infine, una terza dimensione dei generi tipici,quella culturale, intesa
come espressione del modo di vivere e pensare delle persone che operano in un
15
A. D’Amico, Strategie di Marketing per la valorizzazione dei prodotti tipici. Giappichelli, 2002
16
C. Ciappei, La valorizzazione economica delle tipicità locali tra localismo e
globalizzazione. Firenze University Press, 2006
17
Teoria estrapolata da : The typical products within food “glocalisation”: The makings of a twenty-first-
century industry. British Food Journal vol. 106, issue 10/11, 2004
18
Pacciani, Belletti , Marescotti: “Problemi informativi, qualità e prodotti tipici. Approcci teorici diversi”,
in: Fanfani R., Montresor E., Pecci (A cura di), “Il settore agroalimentare italiano e l’integrazione
europea”, Franco Angeli, 2001