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1. INTRODUZIONE
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1.1 GESTIONE DEI RIFIUTI
I rifiuti urbani rappresentano la frazione di scarto raccolta da una municipalità.
Essi sono costituiti dagli scarti delle utenze domestiche, degli uffici, delle scuole, degli
ospedali, dei parchi e della pulizia stradale (EUROSTAT, 2006). La composizione
merceologica dei rifiuti è estremamente eterogenea: essa varia a livello regionale e
nazionale, in funzione delle attività umane e dei prodotti consumati dalle comunità
locali (Taylor e Allen, 2001). In ogni caso la frazione più rappresentata nei rifiuti è
quella organica (Tabella 1.1).
Tabella 1.1: composizione dei rifiuti urbani nel mondo.
Frazione UE† Africa (città)‡ USA§
Asia
(zone urbane)¶
Contenuto (% in peso)
Carta 25-35 0-12.9 35.2 4.2-19
Plastica 7-10 0-6.3 11.3 4-19
Metalli 3.5-7 0-2.6 8 0.1-6
Vetro 5-10 0-1.9 5.3 0-3
Ceramica 1-2 - - -
Scarti di giardino 10-15 - 12.1 -
Rifiuti pericolosi 10-15 - - -
Frazione UE† Africa (città)‡ USA§
Asia
(zone urbane)¶
Gomma, pelle e tessuti - 0-3 7.4 0-9
Legno - - 5.8 -
Scarti di cibo, frutta e verdura 25-35 - 11.7 -
Altro - - 3.4 2-37.7
Frazione biodegradabile - 55.8-94 - 39-74
Frazione organica# 60-90 55.8-100 72.1 43.2-100
† Dati da Bidlingmaier et al., 2004
‡ Dati da
Asomani-Boateng e Haight, 1999
§ Dati da USEPA, 2003
¶ Dati da Zurbrügg, 2002
# Frazione organica = carta + gomma + pelle + tessuti + legno + cibi + frutta + verdura +
frazione biodegradabile + scarti di giardino.
Lo stoccaggio in discarica dei materiali di scarto rappresenta il sistema più
largamente utilizzato ai fini dello smaltimento dei RU. La discarica è definita come “il
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deposito di rifiuti, posto al di sopra del terreno o interrato, progettato e realizzato in
modo da impedire l’inquinamento o il danno ambientale, e che in seguito a bonifica può
essere adibito ad altro uso” (ISWA, 1992). Dati relativi al 2006 (IPPC, 2006) rivelano
un largo ricorso a tale strategia di gestione: circa il 67%, il 69%, il 61%, il 63% ed il
75% della totalità di rifiuti urbani prodotti rispettivamente in Europa, Africa, America,
Asia ed Oceania vengono conferiti in discarica. Ciò è legato principalmente alla sfera
economica, poiché è il metodo più semplice ed i costi da sostenere per attuare questa
soluzione sono sostanzialmente inferiori rispetto a qualsiasi altro tipo di tecnologia
impiegabile (Allen, 2001).
Nonostante il largo impiego, essa è però causa di numerosi impatti ambientali
dovuti alla degradazione della componente organica in ambiente anaerobico. Nel caso
di rifiuti con un alto contenuto organico e di umidità, come nel caso di quelli solidi
urbani, i problemi di inquinamento legati alla produzione di biogas e percolato sono
ancora maggiori (Shao et al., 2008). Dunque, gli effetti negativi imputabili a tale
stategia ed il lungo tempo richiesto per la stabilizzazione dei materiali sono i principali
problemi che rendono insostenibile una discarica. Al contrario, essa è definita
sostenibile se vi è uno smaltimento sicuro dei rifiuti e la loro successiva degradazione
allo stato inerte nel più breve tempo possibile (Allen, 2001).
La sostenibilità applicata ai siti di discarica richiede, inoltre, un sistema integrato
di progettazione e di gestione che tenga conto delle caratteristiche del sito di stoccaggio
e del rifiuto, cercando di limitare al minimo i rischi mantenendoli ad un livello ritenuto
accettabile per l‟ambiente (Westlake, 1997). È importante, inoltre, monitorare non solo
gli effetti immediatamente riscontrabili, ma anche quelli a lungo termine, che possono
continuare a verificarsi per centinaia di anni (Kruempelbeck ed Ehrig, 1999). In sintesi,
per perseguire l‟obiettivo di una discarica sostenibile, occorre considerare l‟intera
catena di gestione dei rifiuti, in quanto essa ha profonde influenze sulle caratteristiche
quali-quantitative degli scarti che verranno poi smaltiti in discarica (Derham, 1995;
Driessen et al., 1995; Allen, 2001).
La gestione dei rifiuti urbani, dunque, attuabile secondo le tre linee-guida (3R)
promosse dalla Comunità Europea, prevede una scala gerarchica di interventi, indicando
il ricorso alla discarica come ultimo anello della catena di smaltimento (figura 1.1).
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Waste
reduction
Re-use
Recycling and
Composting
Landfill
Energy
Recovery
+
-
Waste
reduction
Re-use
Recycling and
Composting
Landfill
Energy
Recovery
+
Waste
reduction
Re-use
Recycling and
Composting
Landfill
Energy
Recovery
Waste
reduction
Re-use
Recycling and
Composting
Landfill
Energy
Recovery
Waste
reduction
Re-use
Recycling and
Composting
Waste
reduction
Re-use
Waste
reduction
Waste
reduction
Re-use
Recycling and
Composting
Landfill
Energy
Recovery
+
-
Figura 1.1: rappresentazione della gestione gerarchica per lo smaltimento dei rifiuti (3R).
Da un punto di vista operativo, tale obiettivo è raggiungibile applicando tre
diversi approcci che determinano differenti effetti sulla messa in discarica del rifiuto
(tabella 1.2):
raccolta differenziata dello scarto organico per produrre compost di qualità da
destinarsi in agricoltura;
incenerimento dei rifiuti per la produzione di energia;
trattamento meccanico-biologico per la produzione di materiale stabilizzato.
Tra di essi il pretrattamento meccanico-biologico è, attualmente, quello più
largamente impiegato, in quanto permette di ridurre il contenuto di sostanza organica e,
soprattutto, della frazione putrescibile, favorendo il controllo e la riduzione degli impatti
della discarica stessa (Raninger et al., 1999; Lechner et al., 2001; El Fadel et al., 2002).
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Tabella 1.2: effetti positivi (+) e negativi (-) di differenti pretrattamenti dei rifiuti sulla gestione
della discarica (Scaglia e Adani, 2008).
Raccolta
differenziata
alla fonte
Pre-
trattamento
meccanico†
Pre-
trattamento
biologico
Pre-trattamento termico‡
Contenuto di
frazione
organica
+ -- + ++
Produzione di
lisciviati
+ + ++ +++
Produzione di
biogas
+ -- ++ +++
Reattività in
discarica
+ - ++ +++
Riduzione di
massa
- ++ -- -
Periodo post-
chiusura
+ -- ++ +++
†Produzione di Combustibile Da Rifiuti (CDR) ed il residuo allocato in discarica.
‡Rifiuto residuo allocato in discarica.
1.2 IMPATTI AMBIENTALI DELLA DISCARICA
Le maggiori preoccupazioni connesse con lo stoccaggio dei rifiuti in discarica
riguardano l‟emissione di gas ed il rilascio di percolati che possono contaminare gli
ecosistemi terrestri ed acquatici (El-Fadel et al., 1997; Tsiliyannis, 1999).
La biodegradazione della sostanza organica che dà origine a questi effetti, procede
lungo un processo a diverse tappe, suddivisibili macroscopicamente in cinque fasi
(Barlaz et al., 1990; El-Fadel et al., 1997; Tsiliyannis, 1999; Allen, 2001), che nella
realtà si svolgono in contemporanea (figura 1.2).
La prima fase di idrolisi contribuisce al consumo dell‟ossigeno contenuto nella
biomassa a seguito delle reazioni di depolimerizzazione delle macromolecole più
complesse, quali carboidrati, grassi e proteine in monomeri solubili. In una seconda fase
(acidogenesi) si assiste alla conversione di tali composti semplici ad acidi organici,
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acidi grassi volatili (butirrato, propionato, formiato) ed alcoli. A partire da questi
substrati i batteri acetogeni producono acetato, anidride carbonica ed idrogeno (fase
acetogena). A valle dei processi fermentativi illustrati, infine, i batteri metanigeni
convertono i prodotti delle precedenti reazioni in metano (fase metanigena).
Il passaggio successivo vede il ripristino delle condizioni aerobiche, a seguito
della penetrazione dell‟ossigeno negli spazi resi vuoti dalla degradazione della sostanza
organica, con il conseguente reinstaurarsi dei processi aerobici (Bozkurt et al. 1999;
Revans et al. 1999, Kjeldsen et al. 2002).
Figura 1.2: schema della degradazione batterica della sostanza organica in condizioni
anaerobiche (El-Fadel, 1997).
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1.2.1 Produzione di biogas
I processi biodegradativi della sostanza organica provocano la produzione di una
miscela gassosa, il biogas, composta da metano (50%), anidride carbonica (45%), azoto
(5%), idrogeno solforato (<1%) (Scaglia e Adani, 2008) ed altri composti odorigeni:
esteri, alchilbenzeni, limoneni ed altri idrocarburi. Durante l‟intero processo, la
composizione del biogas subisce delle modificazioni poiché dipende dalla composizione
dei rifiuti e dallo stadio di fermentazione della discarica (Bockers e Steinberg, 2005).
Nel corso della fase aerobica i gas coinvolti sono principalmente l‟ossigeno e l‟azoto. Il
metabolismo microbico consuma progressivamente l‟ossigeno disponibile liberando
anidride carbonica. Un prevalere della fase di acidogenesi favorisce l‟instaurarsi di un
ambiente sub-acido, che a sua volta sostiene ulteriormente la maggior produzione
relativa di anidride carbonica. Al contrario, nel corso della fase conclusiva il pH subisce
un abbassamento, realizzando così le condizioni più adatte alla crescita della flora
metanigena. Il biogas prodotto in quest‟ultimo stadio è perciò ricco in metano (fase
metanigena stabile): le percentuali di CH
4
raggiungono il 50%-60% (Bockreis e
Steinberg, 2005), mentre la concentrazione di CO
2
cala dal 70% al 40%. L‟infiltrazione
dell‟aria durante la fase V determina nuovamente l‟instaurarsi di condizioni aerobiche
che innescano processi di ossidazione del metano, fino al suo completo abbattimento
(Bozkurt et al. 1999; Revans et al. 1999; Kjeldsen et al. 2002).
Il biogas, se non convogliato in strutture in grado di raccoglierlo ed eventualmente
avviarlo alla produzione di energia elettrica o termica o all‟uso per l‟autotrazione, viene
disperso tal quale in atmosfera. Ciò ha grosse ripercussioni a livello atmosferico poiché,
data la sua composizione in gas climalteranti (principalmente CO
2
e CH
4
), contribuisce
all‟incremento dell‟effetto serra. Si calcola che il 13% del metano antropogenico
emesso a livello mondiale sia dovuto alle emissioni dalle discariche (USEPA, 2003).
Anche se la sua concentrazione in atmosfera rappresenta solo una minima parte di
quella della CO
2
, la sua struttura molecolare lo rende particolarmente reattivo, con
un‟efficienza di demolizione dell‟ozono pari a 20-25 volte quella dell‟anidride
carbonica (Lagerkvist, 1987; Blake e Rowland, 1988; Augenstein, 1990; Bingemer e
Crutzen, 1987) ed un‟attività infrarossa 21 volte superiore (Lelieved et al. 1998).