5
concorrenza nelle varie aree di mercato bancario, tenendo conto del numero o del tipo di aziende
presenti in ciascuna di esse ; [favorire] l’offerta di una completa gamma di servizi bancari nelle
singole aree”
8
.
Nel 1982 si approva il secondo piano sportelli e viene autorizzata l’apertura di 621 nuovi sportelli.
Il 27 giugno 1985, con DPR n.350, l’Italia recepisce con otto anni di ritardo la direttiva CEE
77/780 : grazie al DPR 350/85 vengono liberalizzati i trasferimenti di sportelli nello stesso comune.
Ma nonostante la dir. CEE 77/780 sia stata recepita nel 1985, bisognerà aspettare il 1989 affinché la
Banca d’Italia abbandoni il criterio delle esigenze economiche del mercato nel decidere sulle
domande di apertura degli sportelli.
Nel 1986, con il terzo piano sportelli, viene autorizzata l’apertura di 504 nuovi sportelli.
TAV.1 I PIANI SPORTELLI (1978, 1982, 1986)
1978 1982 1986
Domande presentate 3.311 3.080 2.782
Domande accolte 375 621 504
Indice accoglimento 11,33 20,16 18,12
Fonte: A.M. Tarantola, F. Parente, F. Trimarchi, op. cit.
L’anno seguente viene introdotta la possibilità di cessione di sportelli, possibilità che nonostante
fosse stata prevista dalla legge bancaria, non era mai stata sfruttata in precedenza ; viene inoltre
liberalizzato il trasferimento di dipendenze ed infine si consente la trasformazione degli sportelli ad
operatività limitata in sportelli ad operatività piena.
Nel 1989 scade il periodo transitorio, previsto dalla direttiva CEE, durante il quale la Banca d’Italia
ha potuto tenere conto, nel valutare le domande di apertura di sportelli, del criterio del “bisogno
economico del mercato”.
Solo nel marzo del 1990 si arriva alla liberalizzazione “guidata” degli sportelli
9
: l’apertura di
dipendenze è regolata dalla procedura autorizzativa del silenzio-assenso in sessanta giorni : “le
banche decidono in completa autonomia l’apertura di nuove dipendenze, salvo il giudizio
dell’organo di vigilanza sull’idoneità delle singole aziende di credito di ampliare la propria rete.
[...]eventuali interventi limitativi della Banca d’Italia sono esclusivamente volti ad evitare che le
singole banche pongano in essere politiche espansive non compatibili con le rispettive situazioni
aziendali”
10
.
Tramite il provvedimento di marzo della Banca d’Italia si è quindi consentito alle banche di aprire,
nell’ambito di una procedura autorizzativa semplificata, nuovi sportelli ad una sola condizione : la
presenza di requisiti di ordinato funzionamento e di idonea struttura tecnico organizzativa. In
pratica se in passato la Banca d’Italia poteva rifiutare l’apertura, se questa non fosse risultata
conforme alle esigenze economiche del mercato (massima discrezionalità dell’organo di vigilanza),
da questo momento la Banca d’Italia può solo considerare, oltre al requisito patrimoniale, quella
che, nell’ottica del nuovo Testo Unico
11
del credito, sarà definita la “sana e prudente gestione” del
soggetto richiedente (discrezionalità limitata). E proprio l’art.15 del T.U. recita : “Le banche
italiane possono stabilire succursali nel territorio della Repubblica e degli altri stati comunitari”.
Quest’ultimo diritto non è sottoposto a nessuna autorizzazione da parte della Banca d’Italia ; le
banche che aprono nuove succursali devono solo comunicarne l’apertura alla Banca d’Italia, al fine
8
R. Costi, op. cit.
9
Provvedimento Banca d’Italia del 29 marzo 1990, adottato ai sensi dell’art.28 del RDL 375/1936 e successive
modificazioni e integrazioni.
10
R. Costi, op. cit.
11
Decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385.
6
di consentire a quest’ultima l’esercizio dei propri poteri di vigilanza prudenziale. Sempre l’art.15
del T.U. dispone che gli unici motivi per cui la Banca d’Italia può vietare lo stabilimento di una
nuova succursale attengono “all’adeguatezza delle strutture organizzative o della situazione
finanziaria, economica e patrimoniale della banca”
12
.
1.1.2 La struttura delle dipendenze bancarie italiane
Come si può agevolmente vedere dalla tavola 2, l’incremento del numero delle dipendenze
bancarie, dalla fine del 1989 alla fine del 1996, è notevolissimo.
TAV. 2 EVOLUZIONE DEGLI SPORTELLI BANCARI
Anno Numero sportelli Variaz. % su data prec.
1986 13.137
1987 15.020 14,33
1988 15.080 0,39
1989 15.320 1,59
1990 16.478 7,55
1991 18.332 11,25
1992 19.787 7,93
1993 21.265 7,46
1994 22.459 5,61
1995 23.440 4,36
1996 24.406 4,12
mar. 97 24.578
giu. 97 24.792
Fonte: Relazione annuale Banca d'Italia, vari anni.
De Bonis, Farabullini, Fornari op. cit.;
Bollettino Statistico, num. vari
Nel periodo intercorrente tra la fine del 1989 e la fine del 1996 risultano aperti 9086 nuovi sportelli.
I risultati della liberalizzazione, in termini di struttura, sul sistema bancario italiano, sono stati
diversi : innanzitutto la crescita degli sportelli è un fenomeno che ha riguardato tutte le categorie di
banche. Anche le banche minori hanno infatti colto l’occasione della liberalizzazione per ampliare
la loro rete operativa : “nel dicembre 1989, una quota prossima al 40 per cento delle aziende di
credito era monocellulare, mentre quasi il 70 per cento delle banche non superava i 3 sportelli. I dati
relativi al 1993 mostrano una struttura profondamente cambiata. La numerosità delle banche con un
solo sportello si è fortemente ridotta [...] mentre la numerosità dei raggruppamenti di aziende con 4
o 5 punti di vendita è aumentata”
13
(vedi tav.3).
12
R. Costi, op. cit.
13
De Bonis, Farabullini, Fornari, op. cit.
7
TAV. 3 RIPARTIZIONE DELLE BANCHE SECONDO
IL NUMERO DEGLI SPORTELLI
Numero di sportelli n° banche 1989 n° banche 1993
1 410 191
2 213 215
3 122 122
4508
5 35
6 - 10 73 104
11 - 20 48 52
21 - 30 34 33
31 - 40 28 27
41 - 50 18 20
51 - 100 33 34
101 - 200 13 23
201 - 300 6 6
301 - 400 4 4
401 - 500 6 2
oltre 500 0 8
Totale 1081 987
Fonte: De Bonis, Farabullini, Fornari, op. cit.
Un altro effetto della liberalizzazione è stato l’aumento del grado di “bancarizzazione” del sistema :
infatti da 5.018 comuni bancati alla fine del 1989 (62% del totale nazionale), si è passati a 5.449
comuni bancati alla fine del 1993
14
(67,3% del totale nazionale); è importante notare quindi che “la
liberalizzazione delle dipendenze e il venir meno del principio autorizzativo del bisogno economico
del mercato, che induceva la Banca d’Italia a favorire gli insediamenti in località non servite da
intermediari, non ha comportato una tendenza delle aziende di credito a privilegiare piazze già
bancate”
15
.
Non solo è aumentato il numero dei comuni bancati, ma sono anche aumentate le presenze di
banche nei comuni : stando ai dati del dicembre 89, erano presenti mediamente 2,1 banche per
comune ; alla fine del 93 lo stesso indicatore è pari a 2,6 banche per comune, nonostante
l’incremento dell’8,6% dei comuni serviti da una banca.
Tutto questo è molto importante se si considera che prima della liberalizzazione degli sportelli,
l’Italia era caratterizzata da indicatori di bancarizzazione inferiori agli standard internazionali.
TAV. 4 NUMERO DI SPORTELLI PER 10.000 ABITANTI:
CONFRONTO INTERNAZIONALE
Anno Estero ITALIA
postali bancari postali bancari
1987 2,9 5,5 2,5 2,7
1988 2,8 5,7 2,5 2,7
1989 2,8 5,7 2,5 2,7
1990 2,9 5,3 2,5 3,1
1991 2,8 5,2 2,5 3,4
1992 2,5 5,2 2,5 3,7
1993 2,3 4,9 2,5 3,8
1994 2,2 4,6 2,5 3,9
1995 2,2 4,4 2,5 4,1
1996 2,5 4,3
Fonte: Relazione annuale Banca d'Italia 1996
D’altronde la penuria di sportelli bancari non era nemmeno spiegata dalla larga diffusione di uffici
postali nel nostro paese, presenti anche negli altri paesi. Con la liberalizzazione degli sportelli
14
De Bonis , Farabullini, Fornari, op. cit.
15
De Bonis, Farabullini, Fornari, op. cit.
8
l’Italia ha potuto raggiungere livelli di bancarizzazione vicini ai livelli degli altri paesi (cfr. tav.4) :
si pensi ad esempio che l’apertura di sportelli è stata liberalizzata in Germania nel 1962, in Francia
nel 1967 ed in Spagna nel 1974
16
.
1.1.3 La redditività delle banche
Una volta descritta la struttura distributiva del sistema bancario italiano, la questione importante
diventa ora quella di vedere se, alla luce dei costi sostenuti per l’espansione della rete degli
sportelli, la struttura anzidetta è stata in grado di ottenere buoni risultati dal punto di vista
reddituale.
Il tema della redditività delle banche in generale, e delle singole dipendenze bancarie in particolare,
rappresenta un punto cruciale del presente lavoro : infatti la redditività è uno dei parametri di
giudizio cui ci si riferirà in seguito per vagliare la bontà delle politiche distributive delle banche
italiane ; di conseguenza un giudizio eventualmente critico sulla questione della redditività potrà
rappresentare, non solo un punto a sfavore della struttura distributiva tradizionale, ma soprattutto un
buon spunto di riflessione sulla convenienza di canali distributivi alternativi e, in estrema sintesi,
della banca virtuale.
Lo studio cui si fa riferimento per l’esposizione dei risultati
17
si basa sul campione delle 105 banche
italiane che inviano le statistiche più dettagliate
18
e l’anno di fa riferimento è il 1993. Sebbene lo
studio citato può sicuramente considerarsi ad oggi datato, ha tuttavia una sua utilità : esso
rappresenta un primo ‘banco di prova’ della politica distributiva perseguita dalle banche italiane
dopo la liberalizzazione. Non è certo intenzione di chi scrive estendere le conclusioni del
sopracitato studio anche agli anni più recenti poiché per questi ultimi anni, le considerazioni
saranno svolte sugli appositi dati.
Gli indici, mostrati per il 1993, sono considerati in rapporto all’aggregato dei volumi operativi
19
. Le
banche considerate detenevano complessivamente nel mercato italiano l’84% del totale di depositi e
impieghi e rappresentavano il 75% del totale delle banche presenti in Italia.
Per il 1993 e per le 105 banche prese in considerazione, il risultato di gestione è stato in media pari
al 2,17% dei volumi operativi a fronte di un margine di intermediazione del 5,98% e di costi
operativi del 3,81%.
Considerando la redditività delle banche nelle diverse zone geografiche del nostro paese si giunge
alla conclusione che il risultato migliore viene ottenuto dalle banche nelle regioni settentrionali,
nonostante il divario tra rendimento dei prestiti e costo della raccolta sia per queste banche inferiore
rispetto allo stesso divario per le banche del meridione.
16
“L’apertura è libera anche in Belgio, Giappone, Lussemburgo e Regno Unito.” ; De Bonis, Farabullini, Fornari, op.
cit.
17
F.Castelli, M.Martiny, P.Marullo Reedtz, “La redditività degli sportelli bancari dopo la liberalizzazione”, in Temi di
discussione Banca d’Italia, n.259 Novembre 1995.
18
Gli autori dello studio citato alla nota precedente considerano come “banche che inviano le statistiche più dettagliate”
quelle banche che segnalano alla Banca d’Italia la Matrice Analitica ( Castelli, Martiny, Marullo Reedtz, op. cit., pag.13
).
19
Lo studio di Castelli, Martiny e Marullo Reedtz, nel calcolare i vari indici di redditività, fa riferimento, come
denominatore degli indici, all’aggregato volumi operativi. Tale aggregato viene approssimato dalla somma degli
impieghi e dei depositi.
Ma in seguito, allorquando si considereranno i dati della Relazione annuale della Banca d’Italia, gli indici saranno
espressi non in rapporto ai volumi intermediati ma in rapporto ai fondi intermediati.
9
Fig.1 Margine di interesse, margine di intermediazione,
risultato di gestione, spread, per sede legale delle banche;
1993.
6,05
6,28
5,85
5,65
5,98
2
,
2
6
2
,
7
4
1
,
9
4
1
,
6
2
,
1
7
6,14
6,08
7,53
6,7
4,08
4,35
3,96
4,15 4,1
8,06
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud ITALIA
Fonte: Castelli, Martiny, Marullo Reedtz, op. cit.
MINTS
MINTM
RGEST
SPREAD
Il margine d’interesse assume il suo massimo valore per le banche del Nord-Est ed è elevato anche
per le banche del Nord-Ovest.
C’è da dire che per le banche settentrionali “c’è una bassa quota di interessi inesigibili per
l’insolvenza della clientela : 6% contro valori dell’11-13% per le banche del Centro-Sud.
I proventi dei servizi relativamente ingenti contribuiscono alla elevatezza del margine di
intermediazione delle banche settentrionali le quali registrano anche costi operativi, quelli del
personale in primo luogo, inferiori agli altri istituti. [...] Nell’Italia nord-occidentale gli sportelli
bancari sono favoriti da una domanda di credito che, rispetto alle altre aree si rivela ampia e di
qualità maggiore”
20
.
La fig.1 rappresenta in maniera molto chiara quanto si è detto : infatti si vede chiaramente che se da
un lato nelle banche settentrionali lo spread, calcolato come differenza tra il rendimento medio degli
impieghi in lire ed il costo medio della raccolta, è inferiore a quello delle banche meridionali,
tuttavia il risultato di gestione è migliore in quanto favorito dal margine di intermediazione e, come
detto, da una migliore qualità del credito.
La fig.1 rappresenta i dati per sede legale delle banche; se si considerano gli stessi dati non per sede
legale delle banche, ma per area di insediamento
21
, il risultato non è molto differente.
20
Castelli, Martiny, Marullo Reedtz, op. cit.
21
Considerare la redditività per aree di insediamento, significa andare a considerare la redditività delle banche che
operano in certe aree geografiche, indistintamente dall’area geografica in cui le banche hanno la propria sede legale.
10
Fig.2 Margine di interesse, margine di intermediazione,
risultato di gestione, spread (per area di insediamento); 1993.
4,1 4,1
6
6,25
6,03
5,63
5,98
2
,
2
9
2
,
3
8
2
,
2
1
1
,
6
8
2
,
1
7
6,03
6,32
7,19
6,7
4,32
4,16
3,95
8,23
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud ITALIA
Fonte: Castelli, Martiny, Marullo Reedtz op. cit.
MINTS
MINTM
RGEST
SPREAD
Infatti come si può vedere dalla fig.2 i confronti tra le diverse aree geografiche mostrano gli stessi
trends della fig.1 : anche considerando le aree di insediamento è facile vedere come il sud sia meno
redditizio per le banche di quanto non lo sia il nord ; solo i valori dello spread assumono talvolta
andamenti diversi, ma ciò dipende dalla rischiosità dei crediti percepita dalle banche o comunque
dalle condizioni concorrenziali esistenti sul lato del passivo.
Concentrando l’attenzione sulla dimensione delle piazze bancarie, il rendimento degli impieghi
risulta maggiore nei centri di dimensioni limitate piuttosto che nelle grandi piazze bancarie. Infatti
sebbene da un lato nei piccoli comuni prevalgano operatori economici di piccole dimensioni che
svolgono operazioni di importo modesto con conseguenti elevati costi fissi unitari, d’altra parte la
contenuta concorrenzialità dei mercati permette alle banche ivi operanti di applicare tassi sugli
impieghi ad esse più favorevoli. Ed infatti “a livello nazionale, nelle località con un numero di
sportelli minore di 5 il rendimento medio degli impieghi risulta di un punto superiore a quello
stimato per i comuni maggiori”
22
.
Fig.3 Rendimento medio degli impieghi e costo medio
della raccolta per classi di comuni; 1993.
13,4
13,8714,39
14,33
14,14
7,52 7,36 7,14
6,76
7,17
0
2
4
6
8
10
12
14
16
<5
sportelli
5-10
sportelli
10-50
sportelli
>50
sportelli
ITALIA
Fonte: Castelli, Martiny, Marullo Reedtz, op. cit.
Impieghi
Raccolta
Per quanto riguarda invece i grandi centri “lo spread relativamente contenuto è compensato
dall’elevato rapporto impieghi depositi e dalla limitata incidenza dei crediti in sofferenza. I ricavi da
servizi concorrono ad imprimere al margine di intermediazione un profilo crescente con l’ampiezza
dei comuni di insediamento.”
23
(vedi fig.3).
22
Castelli, Martiny, Marullo Reedtz, op. cit.
23
Castelli, Martiny, Marullo Reedtz, op. cit.
11
Quanto detto finora riguardo alla redditività delle banche, si basa, come già evidenziato, su uno
studio riguardante i dati del 1993.
Per gli anni a seguire si farà ora riferimento ai dati Banca d’Italia
24
i quali, pur non essendo
scomposti come i dati dello studio cui si è fatto riferimento in precedenza, sono tuttavia molto utili
per costruire un profilo dinamico degli indicatori di redditività
25
.
Gli indicatori presi in considerazione per gli anni dal 1993 al 1996 sono il margine di interesse nella
sua funzione segnaletica della gestione denaro, il margine di intermediazione in quanto indicativo
della gestione servizi ed il risultato di gestione che è un indicatore di redditività non inficiato dalle
valutazioni soggettive dei relatori del bilancio e non influenzato dal livello della tassazione.
TAV. 5 MARGINE DI INTERESSE, DI INTERMEDIAZIONE, RISULTATO
DI GESTIONE, COSTI OPERATIVI E DEL PERSONALE 1993-1996
1993 1994 1995 1996
MINTS / FI 2,9 2,54 2,69 2,54
MINTM / FI 4,05 3,44 3,56 3,61
RGEST / FI 1,59 1,08 1,14 1,19
CO / FI 2,46 2,36 2,42 2,42
di cui:
per il pers. banc. 1,55 1,53 1,54 1,55
Fonte: Relazione annuale Banca d'Italia 1996
Ultimo indicatore considerato è quello dei costi operativi
26
di cui si considera la particolare
sottovoce dei costi per il personale bancario
27
.
I dati della tav.5, riportati nelle figure 4 e 5, mostrano che gli indicatori di reddito, dopo una prima
fase discendente dal 93 al 94, sono rimasti più o meno stabili dal 94 in poi mentre i costi operativi,
di cui i costi per il personale rappresentano la parte più cospicua, risultano essere pressoché stabili
nel quadriennio considerato.
24
Relazione annuale Banca d’Italia 1996, pag. 227.
25
E’ molto importante sottolineare che i dati di margine di interesse, margine di intermediazione, risultato di gestione e
costi operativi, sono raffrontati all’aggregato fondi intermediati e non all’aggregato volumi operativi che è stato preso
in considerazione da Castelli, Martiny e Marullo Reedtz. “I fondi intermediati sono definiti come il totale generale
dell’attivo al netto delle spese e perdite, delle partite viaggianti attive tra filiali, quelle in corso di lavorazione o non
imputabili a nessuna delle forme tecniche previste dalla matrice dei conti.” (Relazione annuale Banca d’Italia 1996 -
Appendice- pag. 262).
26
I costi operativi includono le spese per il personale bancario, gli ammortamenti ordinari, le spese gestionali, le spese
per beneficenza e le imposte indirette (Relazione annuale Banca d’Italia 1996 - Appendice - pag. 263).
27
Questa voce comprende le competenze, gli oneri per il trattamento di fine rapporto, gli oneri previdenziali e le
provvidenze varie (Relazione annuale Banca d’Italia 1996 - Appendice - pag. 263).