5
Europea, emanò nel 1991 la prima direttiva in materia di riciclaggio
contenente i principi cardine da recepire nell’ordinamento interno dei
singoli Stati membri.
La tappa successiva nello sviluppo della analisi normativa oggetto
della tesi, si sofferma sull’attuazione all’interno dell’ordinamento
italiano della direttiva comunitaria sopra menzionata con la trattazione
dei provvedimenti legislativi che vanno dal 1991 al 1999. In
particolare ci si sofferma sulla “legge base” del 1991, e sulle
modifiche che questa subisce in seguito al recepimento dell’art. 15,
della legge comunitaria 1994, mediante il D. Lgs. n. 153/1997.
L’analisi dell’assetto legislativo antiriciclaggio si conclude con
l’esame della Direttiva n. 97/2001/CE che costituisce l’ultimo tassello
della normativa antiriciclaggio. Infatti con il provvedimento
menzionato si chiude ad oggi, il percorso compiuto dalla comunità
internazionale con innumerevoli sforzi, durato venti anni che si
prefigge come obiettivo l’eliminazione del crimine, in specie di quello
organizzato.
Durante la preparazione dell’elaborato, si è verificato un fatto non
privo di rilievi ai fini della trattazione del reato di riciclaggio e della
normativa volta al contrasto di questo. Risale al 9 marzo 2004 la
notizia di un indagine condotta dal P.M. della Procura di Firenze
Paolo Canessa, che coinvolge 97 promotori finanziari di Banca
Fideuram, accusati di abusivismo finanziario e riciclaggio. Gli
accusati riuscivano secondo le accuse a riciclare denaro utilizzando la
sanatoria sul rimpatrio dei capitali detenuti all’estero senza il rispetto
delle norme sul “c.d. monitoraggio fiscale”, tale sanatoria è meglio
nota come “scudo fiscale”.
6
Quindi presa coscienza della situazione sopra descritta è apparso
opportuno dedicare il capitolo conclusivo della tesi, all’analisi del
provvedimento, istitutivo dello “scudo fiscale”, mettendo in evidenza
le peculiarità dello stesso.
Infine si sono riportate le questioni in materia di lotta al riciclaggio,
che l’adozione del provvedimento di “scudo fiscale”, pone in essere.
7
Capitolo primo
Il reato di riciclaggio cenni introduttivi
dell’argomento
1.1 Cosa s’intende per riciclaggio
Con l’espressione riciclaggio di denaro sporco si intende la
riutilizzazione dei proventi frutto delle attività illegali
1
. La re-
immissione dei proventi illeciti deve riguardare l’investimento in
attività legali che non sono perseguibili se non in virtù del legame che
le lega con i fondi criminali. Pertanto l’investimento di fondi illeciti in
ulteriori attività criminali non costituisce fattispecie di riciclaggio
2
.
Dal punto di vista meramente semantico l’espressione “ riciclaggio del
denaro sporco ”
3
, altro non è, che la trasposizione in termini normativi
di una metafora. Il denaro sporco, “ macchiato dal reato ”, deve essere
ripulito, “ lavato ”, per poter essere re-introdotto nel mercato.
1
Cfr. E. CASSESE, Il controllo pubblico del riciclaggio finanziario, Milano 1999, p 1
inoltre Il vocabolario della lingua italiana ZINGARELLI 2003 (dodicesima edizione - Bologna),
definisce il riciclaggio come attività volta a “rimettere in circolazione denaro o beni specialmente
di provenienza illecita, mediante operazioni finanziarie, commerciali o investimenti consentiti
dalla legge.” L’ENCICLOPEDIA DEL DIRITTO DELL’ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI descrive,
invece, il fenomeno come l’attività di “trasformazione di numerario o di proventi di origine
illecita in beni leciti o denaro. Figura vicina è l'impiego, in attività economiche e finanziarie, di
denaro, beni o utilità di provenienza illecita.” E ancora, in quest’ultima viene individuata la
condotta “nell’effettuare comportamenti diretti a sostituire il denaro o i valori ‘sporchi’ con altro
denaro o con altri valori”. Infine, L’ENCICLOPEDIA ZANICHELLI (Bologna 1995) definisce il
fenomeno come “impiego di investimenti legali di denaro proveniente da attività criminose”.
2
Cfr. G. COLOMBO, Il riciclaggio, gli strumenti giudiziari di controllo dei flussi monetari illeciti
con le modifiche introdotte dalla nuova legge antimafia, Milano 1990 pp. 17-32
3
Cfr. M. ZANCHETTI, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, Milano 1997, p.2
‹‹ questa espressione deriva dall’espressione americana money loundering che rimanda a “
laundry” cioè lavanderia e fa dunque riferimento più al lavaggio professionale che a quello
casalingo del denaro sporco.››
8
L’origine metaforica del termine ha portato ad identificare la
fattispecie delittuosa del riciclaggio, con casi che oggi vengono
considerati marginali e rappresentano “casi scolastici ”
4
.
Infatti la dottrina dei primi anni ottanta tendeva ad identificare la
fattispecie di riciclaggio come ‹‹ processo attraverso cui qualcuno
nasconde l’esistenza, la fonte, il legale o illegale utilizzo di redditi e
poi camuffa questi redditi per farli apparire legittimi ››
5
. Il riciclaggio
quindi, nei primi anni ottanta tendeva da essere inquadrato in quella
serie di atti volti alla mera sostituzione, al deposito o al trasferimento
di denaro contante
6
.
Ma il riciclaggio è un fenomeno molto più complesso, il cui
fondamento su una base operativa finanziaria è molto di più che una
semplice materiale sostituzione di banconote ovvero del
camuffamento dell’effettiva provenienza di queste ultime.
Le convinzioni dottrinali sopra esposte portarono ad incentrare la
lotta contro il riciclaggio attraverso dei sistemi normativi che
limitassero la circolazione del denaro contante e suoi assimilati
7
. Tale
impronta legislativa ha persistito nel tempo, infatti le limitazioni
all’uso del contante e suoi assimilati, rappresenta ancora oggi un
punto fermo del sistema normativo antiriciclaggio.
4
Cfr P.BERNASCONI, Forme di riciclaggio in Svizzera. Casistica giudiziaria, in AA.VV., Vigilanza
bancaria e riciclaggio, Commissione ticinese per la formazione permanente dei giuristi, Lugano,
1992, p.86
Si tratta del caso in cui vengano aperti rapporti bancari da persone giovani di età, manifestatamene
prive di professione e persino di aspetto esteriore assolutamente non conforme all’entità delle
somme trattate.
5
La definizione in esame è tratta da un rapporto della “US President’s Commission on Organised
Crime”, presentato nel 1984.
6
Cfr., M. ZANCHETTI, Il riciclaggio di, ecc.,cit., p.2
7
L’importanza del denaro contante nell’economia illegale è da molto tempo al centro
dell’attenzione degli economisti che studiano il fenomeno criminale. Cfr A. BECKER, Crime and
Punishment: An Economic Approach, in Journal of Political Economy 1968, pp.169 ss., ove
l’autore rileva come l’aumento nell’ammontare della moneta circolante sia, sin dai tempi della
crisi del 1929 e del proibizionismo negli Stati Uniti, un chiaro elemento indicatore dell’accresciuta
attività criminale.
9
Il riciclaggio però oltre ad essere una fattispecie delittuosa sanzionata
dai sistemi normativi di tutti i paesi industrializzati è un fenomeno ben
più grande non riconducibile ad una serie di atti tassativamente
indicati; pertanto esso non si presta ad essere racchiuso in uno schema
rigido che consenta di delinearne una netta definizione.
La difficoltà nel trovare una netta definizione del riciclaggio trova
riscontro nei sistemi normativi ove, la fattispecie giuridica di
riciclaggio non trova la stessa “latitudine” del riciclaggio come
fenomeno ma si attesta, come vedremo, sulla sanzione di determinati
comportamenti. Tale incongruenza tra il fenomeno del riciclaggio e le
singole fattispecie cui viene attribuito il nomen-juris di riciclaggio
viene chiamato in dottrina “tipo criminoso”
8
e per gli studiosi del
rapporto tra normatività ed empiria nelle scienze penalistiche
9
il
riciclaggio ne è un ottimo esempio.
Il punto cruciale di confronto fra ricostruzione empirica e analisi
giuridica non è costituito dalla contrapposizione tra definizione
normative e pre-normative, ma piuttosto dall’esigenza di ricostruire il
fenomeno da disciplinare evidenziando gli aspetti di dannosità sociale
per poi analizzare le politiche seguite dal legislatore.
8
v. M. PEDRAZZI, Inganno ed errore nei delitti contro il patrimonio, Milano 1955, p.5
9
Sull’irrinunciabile contributo della scienza criminologia rispetto all’analisi del diritto penale, ed
in particolare riguardo al ruolo della criminologia come scienza empirica per la ricostruzione del
substrato fenomenologico a partire dal quale il legislatore è chiamato ad operare, si veda nella
dottrina italiana, FORTI, Normatività ed empiria nel lavoro del criminologo, Il “caso” Sutherland,
in Rivista italiana diritto e procedura penale 1987, pp. 364 ss.
10
1.2 Il riciclaggio come fenomeno: la suddivisione “convenzionale”
delle operazioni di riciclaggio
In assenza di modelli astratti tipici del riciclaggio di capitali di origine
criminale, gli organi investigativi dei paesi più industrializzati, sono
concordi nell’individuare il fenomeno del riciclaggio con un “
modello a fasi ”
10
. Questo modello mette in luce il fatto che
solitamente i procedimenti pratici di ripulitura del denaro
11
si
strutturano attraverso il percorso di tre tappe fondamentali, cioè il
placement stage il layering stage ed infine l’integration stage.
12
La fase del placement o collocamento, primario consiste nel
piazzamento dei proventi da reato, che abitualmente ( ma non sempre
) sono contanti, attraverso una serie di operazioni che mutano con
l’evolversi della “ fantasia criminale ”. In questa fase l’obiettivo
perseguito dai criminali è quello di trasformare i proventi illeciti in “
moneta scritturale ”, fisicamente impalpabile e rappresentata dai saldi
attivi dei rapporti costituiti presso gli intermediari finanziari
13
.
Un gruppo sostanzioso di Paesi tra cui l’Italia, adottando una
legislazione volta al controllo dei mercati finanziari hanno scoraggiato
le organizzazioni criminali dall’eseguire operazioni di placement
all’interno dei mercati finanziari da essi tutelati. Diretta conseguenza
di ciò, è stato lo spostamento, da parte delle organizzazioni criminali,
10
Cfr. E. CASSESE, Il controllo pubblico, ecc., cit., p. 4
11
Cfr. P.L. VIGNA, P. DELL’OSSO, A. LAUDATI, Sistema criminale ed economia, Padova 1998, p.6
‹‹ le indagini di questi ultimi anni lo hanno dimostrato ››.
12
La tripartizione è comunque diventata abituale, ed è ripresa, ad esempio dal materiale
preparatorio del primo rapporto del GAFI, v. GROUP D’ACTION FINANCIERE, La lutte contre le
blanchiment de capitaux, rapport demandé par les Chefs d’Etat lors du Sommet de l’Arche, la
documentation française, Parigi 1990, p. 92 ss.; in Italia dal COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA
DI FINANZA, Il Rparto operazioni, Ufficio operazioni, Il fenomeno del riciclaggio, Roma 1992,
p.55
13
Cfr., M. ZANCHETTI, Il riciclaggio di, ecc.,cit., p. 11,
l’Autore propone una schematizzazione di questa fase: ‹‹ Il placement implica usualmente la
raccolta di una certa massa di denaro o valori provenienti da reato ed il suo collocamento a)
presso istituzioni o intermediari finanziari tradizionali, b) presso istituzioni o intermediari non
tradizionali, c) direttamente nel mercato con l’acquisto di beni, d) fuori dal paese.
11
delle attività di collocamento nei c.d. paesi off-shore
14
ove cioè il
sistema dei controlli è meno incisivo o del tutto inesistente in virtù del
principio che ‹‹ pecunia non olet ››.
La seconda fase del layering
15
viene posta in essere con il compimento
di ulteriori operazioni di natura finanziaria con l’obiettivo di riuscire a
separare i proventi illeciti dalla loro fonte. Attraverso l’interposizione
di un complesso strato di operazioni finanziarie, infatti, si tenta di
rendere quanto più difficile possibile la ricostruzione del paper trail
16
da parte delle autorità inquirenti ‹‹ rendendo quanto più possibile
“anonima” la ricchezza creando una copertura apparentemente
legittima ››
17
. I metodi di layering sono infiniti anche perché variano
in risposta ai controlli posti in essere dagli Stati ma solitamente (
almeno per le grosse somme ) comportano la presenza di uno o più dei
seguenti elementi: a) il trasferimento internazionale dei fondi con
l’utilizzo del sistema “ via cavo ”
18
, b) l’appoggio presso società
aventi sedi in paesi off-shore, c) la creazione di false piste di carta con
14
Cfr. M. CENTORRINO, Il giro d’affari delle organizzazioni criminali, in L.VIOLANTE (a cura di), I
soldi della mafia: rapporto ’98, Bari 1998, pp 7-41
L’Autore sottolinea come la riconversione dei capitali illeciti passerebbe con frequenza sempre
maggiore attraverso trasferimenti internazionali resi possibili “ dalla collaborazione ” dei sistemi
bancari dei paesi off-shore. Questi ultimi sono paesi che solitamente non hanno risosrse alternative
ai capitali stranieri. Inoltre per attirare capitali, i suddetti paesi, forniscono garanzie di anonimato,
tutelano con rigore il segreto bancario, non svolgono accertamenti valutari o fiscali e hanno
procedure semplificate per la costituzione di società, anche anonime, per il trasferimento di fondi
sotto qualsiasi forma e verso qualsiasi luogo. Inoltre la marcata autonomia della normativa e la
mancanza di collaborazione delle rispettive forze di polizia con quelle degli altri paesi, fanno
guadagnare a quete isole felici l’appellativo di “ paradisi ” per evasori e riciclatori.
15
Cfr. E. CASSESE, Il controllo pubblico, ecc., cit., p. 5
‹‹ traducendo letteralmente il termine di derivazione anglosassone possiamo definire questa fase
come fase di “ stratificazione ”.
16
Il termine, comunemente usato dalla letteratura internazionale in materia di riciclaggio, indica
“il percorso cartolare” che è stato seguito dai capitali e che, ricostruito a posteriori dagli inquirenti,
consente di dimostrare il collegamento esistente tra le attività finanziarie oggetto del riciclaggio ed
il delitto dal quale queste prendono origine.
17
Cfr. G. TRAVAGLINO, Riciclaggio: storia, comparazione, struttura, in Diritto Penale e Processo,
1996, p. 233
18
Sull’utilizzo di sistemi elettronici di trasferimento del denaro ai fini di riciclaggio si veda A.
MILITIELLO, Informatica e criminalità organizzata, in Rivista trimestrale di diritto penale
dell’economia 1990, p.90 ss.
12
lo scopo di ingannare gli investigatori simulando l’origine lecita delle
ricchezze
19
.
La terza fase integration, implica l’integrazione delle ricchezze illecite
con le ricchezza di provenienza lecita. Questo non è altro che lo scopo
finale delle procedure di riciclaggio cioè i capitali riciclati, acquisita
una facciata legale, vengono reimmessi nei circuiti finanziari
ordinari
20
. Pertanto se le operazioni di placement e layering hanno
avuto successo tramite le tecniche di integrazione è possibile
reimmettere i proventi “ lavati ”nelle strutture dell’economia legale, in
modo tale che questo ingresso, appaia frutto di un operazione
finanziaria ordinaria, con fondi di provenienza pienamente legittima.
Una tripartizione cosi fatta si è resa necessaria per ragioni prettamente
pratiche cioè, discende dal fatto che nei paesi ad economia avanzata, a
causa anche delle legislazioni antiriciclaggio, è assai improbabile che
il “denaro sporco” possa ricevere una vestizione lecita tramite una sola
operazione.
21
Per quanto detto il termine riciclaggio dovrebbe essere impiegato per
designare l’intera operazione completa di tutte e tre le fasi, perché il
compimento di una singola operazione di piazzamento o di
stratificazione non è idonea a riciclare il denaro sporco.
Riciclaggio è dunque, se volessimo pervenire ad una definizione, ‹‹ il
complesso delle operazioni necessarie per attribuire un origine
simultaneamente lecita a valori patrimoniali di provenienza
criminosa. La singola operazione di riciclaggio dovrebbe essere
identificata come ogni passaggio di questo processo ››
22
.
19
Cfr. M. .ZANCHETTI, Il riciclaggio di, ecc.,cit., p.13
20
Cfr P.LVIGNA, P.DELL’OSSO, A.LAUDATI, Sistema criminale, ecc.,cit., p.9
21
Cfr L.FERRAJOLI, La normativa antiriciclaggio, Milano 1994, p. 221
22
M. .ZANCHETTI, Il riciclaggio di, ecc.,cit., p. 17