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parte ciò è dovuto alle dimensioni del mercato, che non è lo stesso dell’America o del Giappone per
ovvie ragioni numeriche riguardanti la popolazione, e in altra battuta alla domanda che non è delle
più elevate.
Il capitolo seguente è dedicato all’analisi dei cambiamenti introdotti nel mercato dalle nuove
tecnologie, quindi la digitalizzazione delle opere e il rinnovamento delle attività classiche del
mercato. Questo significa passare in rassegna le modifiche introdotte nella produzione, sia a livello
di tecniche che di prodotti, nella distribuzione e nel consumo dei beni musicali.
Le new technologies hanno posto il grande problema della tutela dei diritti di proprietà intellettuale
degli artisti in un epoca dove la riproducibilità tecnica delle opere è pressoché possibile senza
produrre copie differenti dall’originale. Questo ha minato il mercato dell’arte, e della musica in
generale, e ha portato il diritto a sviluppare soluzioni che necessitano di un continuo aggiornamento
e la tecnologia a sviluppare tecniche che non permettano la copia illegale. Ovviamente la velocità di
cambiamento della tecnologia non è la stessa di quella del diritto o dello sviluppo di soluzioni
contro la pirateria e comporta tempi di reazione e di attesa a volte molto lunghi. Anche perché è
necessario trovare metodi universalmente utili e adottabili. Solo combattendo la pirateria
uniformemente e congiuntamente si profila una vittoria.
La parte finale del lavoro è incentrata sull’analisi di due casi di distributori digitali di musica
digitale.
Sono stati scelte queste due aziende per la loro importanza, per una di queste dovuta al fatto di
essere uno dei tanti servizi che offre una grossa azienda informatica e probabilmente uno dei primi
servizi ad essersi diffuso capillarmente a livello globale, per l’altra dovuta al fatto di essere il primo
distributore in Europa di musica gratuita e legale.
Il metodo di analisi usato per entrambi è lo stesso: da una presentazione della loro storia ed
evoluzione nel tempo si passa ad un’analisi della loro offerta e della loro strategia per arrivare ai
risultati da loro ottenuti.
Da sottolineare è la difficoltà nel reperire dapprima dei dati riguardanti il mercato e poi dei dati
convergenti sul mercato.
Il materiale inerente l’argomento è molto spesso lacunoso, nasce dalla scarsa conoscenza circa le
dimensioni e le caratteristiche strutturali del mercato medesimo, i dati presentati al pubblico sono
sovente troppo parziali e poco integrati con dati presenti a livello aggregato, la conoscenza dei vari
attori e di come si comportano è molto limitata. Questo deriva in parte dalla frammentazione del
mercato e in parte dai rilevatori.
Anche a livello di letteratura internazionale va registrata la mancanza di contenuti sistematici e di
livello sul settore in questione.
A livello dello studio dei casi aziendali questa lacuna di dati si traduce in poca trasparenza.
Le aziende contattate sono state poco disponibili a fornire dati precisi circa i numeri e il valore delle
loro attività, affidandosi a semplici comunicati stampa e a press release elaborate da loro stesse.
È da sottolineare che l’elevata competizione del settore non permette certo una facile divulgazione
dei risultati ottenuti e delle strategie applicate da parte delle aziende, in special modo se queste
hanno ottenuto a fatica e con grandi investimenti la posizione ed il ruolo che ricoprono. Nell’era del
digitale tutto è più facile, anche perdere il vantaggio competitivo ottenuto.
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Capitolo Primo
Dal fonografo alla musica digitale
1. Dai primordi all’alta fedeltà
In natura non esiste niente di più effimero del suono. Esso non è altro che una scarica di energia che
si esaurisce una volta che ha raggiunto l'orecchio. Era quindi impossibile fino a qualche decennio fa
catturarlo, conservarlo e riprodurlo.
Recenti studi hanno portato alla luce documenti risalenti al III sec. a. C. in cui studiosi dell’epoca
cercavano di inventare il modo per giungere alla riproduzione meccanica del suono. Bisognerà
attendere però il I sec a. C. per la stesura di trattati organici sulla materia dell’automazione da parte
del matematico e scienziato Erone di Alessandria.
Un primo esempio di produzione di suoni svincolata dal momento performativo legato all’uomo fu
la cosiddetta “Fontana di Erone”, dove una civetta di legno, grazie ad un complesso ed ingegnoso
sistema idraulico comprensivo di pesi e contrappesi e di una camera eolica, pareva emettere suoni
come se fosse viva [Silva 1999].
Nei due secoli precedenti l'invenzione di efficaci sistemi di registrazione sono stati fatti numerosi
tentativi di “cattura” della voce e dei suoni, che hanno portato anche a strane e curiose invenzioni.
Questi rudimentali strumenti erano automi costruiti con elementi di orologeria ed avevano come
scopo quello di riuscire a catturare il suono e le riproduzioni musicali per poterle poi ripetere nel
tempo. Primo di questi strumenti può essere considerato l’organetto di Barberia, strumento dotato di
manovella che metteva in funzione un cilindro dotato di punte metalliche in grado di aprire valvole
corrispondenti a canne. Questo primo automa musicale ispirò la realizzazione dei carillon moderni,
del pianoforte meccanico e dell’autopiano [Di Carlo 2000].
Si è ancora distanti dall’idea di registrazione della musica, piuttosto si pensa a come renderne
possibile l’esecuzione in assenza dell’esecutore.
L'uomo cercava di inventare supporti che riproducessero i suoni registrati e che rendessero quindi
possibile la riproduzione di quei suoni o di quell'evento musicale più volte.
Inoltre ricercava anche la riproducibilità in serie di quegli oggetti “sede” delle registrazioni.
Questa necessità di disporre di supporti che riproducano suoni deriva dalla volontà di sentirli
spesso e dalla poca disponibilità di denaro per assistere ad eventi musicali ogni qual volta ne si
senta il bisogno.
Il primo strumento che cercò di soddisfare tale bisogno fu il fonoautografo, inventato da Leon
Scott de Martinville nel 1857. Il presupposto che stava alla base era quello di trasformare la
vibrazione sonora in qualcosa di tangibile.
Questo strumento è costituito da un cono, che funge da raccoglitore e convogliatore di suoni,
terminante con una membrana solidale ad uno stilo che incide su un cilindro posteriore affumicato
la traccia grafica del suono catturato. Il risultato è la firma sonora della voce e/o del suono.
L'invenzione di questo strumento è importantissima: essa dà il via a tutta una serie di invenzioni che
si basano appunto sulla trasformazione della vibrazione sonora in qualcosa di non sonoro ma che
successivamente possa riprodurre lo stesso suono che l'ha generata [Assante 2004].
Nel 1877 Thomas Alva Edison registrò e riascoltò un semplice «Hello!» tramite il fonografo.
Questo strumento da lui stesso inventato, prendeva spunto dal fonoautografo e incorporava alcune
migliorie rispetto allo strumento di Martinville. Fondamentale era il fatto che permettesse la
reversibilità del processo di cattura del suono, cioè era in grado di tornare al suono partendo dalla
traccia grafica precedentemente registrata.
In questo strumento ci sono due coni collettori entrambi terminanti con una membrana. Uno dei due
coni convoglia i suoni verso la membrana la quale fa vibrare uno stilo che incide il rullo ricoperto di
stagno che si trova tra i due coni. Successivamente, facendo ruotare il rullo per mezzo di una
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manovella azionabile manualmente, lo stilo, ripercorrendo il solco precedentemente tracciato, fa
vibrare la membrana del secondo cono il quale emette suoni che riproducono fedelmente quelli
registrati.
Edison inizialmente aveva pensato al fonografo per impieghi d'ufficio e non pensava certo potesse
rivoluzionare l'industria musicale. Tant'è che nel 1878 depositò il brevetto e ne divenne così il
titolare dei diritti di sfruttamento economico.
Il brevetto venne poi acquistato dalla Columbia Phonograph Company di Washington e da quel
momento ebbe inizio il lungo cammino della registrazione meccanica del suono.
Dopo l'invenzione del fonografo, in molti pensarono di utilizzare questo strumento per registrare
musica e così i cilindri di cera incisi divennero gli antenati dei dischi e dei cd. Questi cilindri
avevano una durata media di 2 minuti e mezzo e giravano ad una frequenza di 160 giri al minuto.
Entrati in produzione nel 1906 vi rimasero per circa una ventina d'anni.
Limite del cilindro, che portò alla sua sostituzione, era il fatto che non si poteva ricavare una
matrice dalla quale poi poter riprodurre cilindri identici in quantità industriale. Per elevare il
numero di riproduzioni era necessario disporre di più registratori : in questo modo ogni copia
ricavata è unica e differisce dalle altre per la qualità e per il suono.
Altri problemi che dovevano essere affrontati erano: il dover essere vicini al collettore acustico e
avere una forte fonte sonora e ben direzionata.
Inoltre i primi cilindri garantivano al massimo una quindicina di ascolti, poi venivano restituiti al
dettagliante che provvedeva a riutilizzarli sostituendo la cera e rendendoli così disponibili per nuove
incisioni. Bisognerà attendere l’inizio del ventesimo secolo per la diffusione dei cilindri in grado di
garantire un centinaio di prestazioni, anche grazie all’utilizzo di nuovi materiali più resistenti.
Altra peculiarità dei primi cilindri era la completa assenza dall’involucro di scritte ed indicazioni sul
fonogramma. Pochi anni dopo, le case produttrici iniziarono ad inserire informazioni sull’involucro,
informazioni riguardanti l’etichetta, l’esecutore, il brano ed il suo numero in catalogo.
Qualche anno più tardi, Emile Berliner perfezionò il lavoro di Edison. Più precisamente modificò
il supporto di registrazione: sostituì il cilindro con un disco piatto e sottile. In questo modo Berliner
riuscì a disporre di un supporto riproducibile in serie e qualitativamente identico al cilindro.
Per contrastare la diffusione del disco, Edison cercò di incidere i suoi cilindri con materiale più
vicino alla gente, più popolare ma , nel 1929, dopo una breve parentesi in cui produsse anche dischi,
uscì dal mercato.
Il disco rimase quindi l'unico supporto in vita, anche dopo l'avvento negli anni '30 delle
registrazioni elettroniche.
All'inizio del secolo i dischi erano in gomma vulcanizzata, una gomma che veniva prima cotta e poi
incisa.
Poi si passò alla gomma lacca, secreta da un insetto che vive in zone tropicali, una sorta di resina
termoplastica, che veniva fatta essiccare e poi incisa.
Durante la guerra la carenza di approvvigionamenti, portò all'uso del vinile che successivamente
passò da surrogato a materiale principe della produzione discografica.
Nel 1906 la Columbia immette sul mercato il modello di disco “Velvet-Tone” in shellac flessibile.
Stava per nascere l’industria discografica: un accordo tra le detentrici dei principali brevetti tecnici
del settore, la Edison National Phonograph, la Victor Talking Machine Company e la Columbia
Phonograph Company, sancisce il cartello che darà vita alla produzione in serie del supporto disco
per mezzo della stampa di una matrice in zinco e saluterà l‘alba della moderna industria
discografica[Di Carlo 2000].
I primi dischi erano a 78 giri e permettevano una registrazione di 4 minuti e mezzo. Lo standard dei
78 giri non è casuale : il funzionamento a manovella dei primi fonografi il cui compito era di
incidere i cilindri e di riprodurre il suono in essi catturato determinò il range di giri al minuto tra i
60 e i 90. Quelle misure corrispondevano inoltre con le esigenze del lavoro delle prime rudimentali
puntine in acciaio che determinavano la grandezza del solco che imponeva una gamma di frequenze
riproducibili unicamente su quei valori di giri al minuto. Quando attorno agli anni Venti
l’azionamento divenne elettrico, si assistette alla standardizzazione della velocità a 78 giri per
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convenzione industriale imposta dall’azienda principale del settore, la Victor, ma ben presto altre
velocità si imposero sul mercato.
Nella seconda metà degli anni '20 si compirono molti esperimenti che portarono al miglioramento
delle tecniche di registrazione, parallelamente allo sviluppo della radiofonia.
Fondamentale fu l'invenzione del microfono, anche se inizialmente non era in grado di amplificare
il suono che raccoglieva. Questo problema fu superato dall'introduzione della valvola termoionica
poiché era in grado di raccogliere le scosse di corrente dal microfono e di farle uscire amplificate.
Questo sistema permetteva una più facile registrazione e rendeva obsoleti strumenti come il
collettore, nonostante il metodo di registrazione rimanesse invariato: la scossa elettrica veniva
trasmessa ad una testina elettrica che faceva vibrare uno stilo il quale incideva il disco.
Se i riproduttori fino a quel momento avevano utilizzato diaframmi in mica capaci di restituire un
range variabile tra le 350 e le 3000 vibrazioni al secondo, tagliando così frequenze potenzialmente
udibili dall’orecchio umano, con l’introduzione del microfono lo spettro aumentò da 100 a 5000
vibrazioni al secondo. Ciò rese il suono più chiaro all’orecchio umano.
Con l'avvento della registrazione elettrica cominciò ad essere sperimentato anche il cinema
sonoro; molti artisti sfruttarono il cinema per promuovere i loro brani.
Negli anni '30 cominciarono i primi esperimenti sulla stereofonia presso la casa discografica Victor
di Duke Ellington, la quale si dedicò anche a cercare di aumentare la durata della registrazione su
disco, cosa che riuscì a fare diminuendo la velocità di incisione da 78 a 33 giri.
Altra azienda che sperimentò le registrazioni in stereofonia fu la Bell Telephone.
Questi esperimenti non arrivarono mai al grande pubblico, causa principale fu la depressione che
impedì ai consumatori di acquistare strumenti di riproduzione stereo.
Una reale qualità sonora fu raggiunta solo dopo gli anni '50.
Gli strumenti realizzati in questi anni migliorano invenzioni precedenti, come il teatrofano del 1881,
che permetteva di riprodurre concerti e di trasmetterli in diretta attraverso l'apparecchio telefonico a
chi sottoscrivesse un abbonamento speciale. Nel giro di una decina d'anni lo sviluppo di questo
sistema permise la diffusione giornaliera di programmi.
Tecnicamente si trattava di un sistema di captazione all'interno dei teatri costituito da due microfoni
posti ai lati della sala che trasmettevano in stereofonia, attraverso due linee separate, agli ascoltatori
che ascoltavano tramite le cuffie dell'apparecchio telefonico. La qualità era bassa a causa dei tagli
alle frequenze degli alti e dei bassi dell'apparecchio telefonico ma ciò diede l'avvio alla stereofonia.
Altra applicazione stravagante è quella di un ritrovato del teatrofano, il telharmonium (inventato nel
1897), oggetto a metà tra strumento musicale, centrale di musica elettronica e sistema di diffusione.
Consisteva di 150 dinamo modificate, congeniate in modo che la loro disposizione lungo l'asse
corrispondesse a certe frequenze musicali udibili; era ingombrante, arrivava a pesare fino a 200
tonnellate e ad occupare un intero piano di un edificio.
Nel 1906 vi fu la prima messa in funzione e fu il primo strumento elettroacustico. Non si sa come
funzionasse; si ricava da alcune foto che era dotato di due tastiere a pedaliera simili a quelle di un
organo e che poteva generare semitoni e sesti di tono, quindi frequenze diverse.
Queste macchine permettevano nuove sonorità, nuovi linguaggi e conseguentemente nuove
possibilità espressive. Il telharmonium, inventato da Thaddeus Cahill, venne utilizzato per
diffondere a distanza musica, sempre via telefonica. La fine dello strumento fu decretata da esso
stesso, dal momento che disturbava la linea telefonica. In pochi anni fu sostituito dalla radio.
La tecnologia dei rotori fu alla base per l'invenzione negli anni '30 dell'organo Hammond.
L'introduzione di nuove tecnologie e lo sviluppo industriale della società modificarono l'estetica
della musica del XX secolo. Si diffuse la volontà di una musica nuova da quella armonica tonale e
più vicina alla nuova sensibilità cittadino-industriale. Di questo se ne parlerà più approfonditamente
in seguito.
Un'enorme accelerazione alla ricerca scientifica e al successivo sviluppo tecnologico fu impresso
dalle due guerre; conseguenza di ciò fu la disponibilità di numerose novità che potenzialmente
avrebbero potuto modificare prodotti e consumi. Si affacciarono al mercato quindi il microsolco, il
nastro magnetico e la stereofonia, aprendo di fatto l'era dell'alta fedeltà.