VII
INTRODUZIONE
La Costituzione stabilisce all’art. 42, che «La proprietà privata è
riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto, di
godimento ed i limiti, allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla
accessibile a tutti», ed aggiunge che essa «può essere, nei casi preveduti dalla
legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale».
Quest’ultima statuizione, pur se con diversi accenti, è contenuta anche nell’art.
834 c.c., per il quale «Nessuno può essere privato in tutto o in parte dei beni di
sua proprietà se non per causa di pubblico interesse, legalmente dichiarata, e
contro il pagamento di una giusta indennità».
In ambito internazionale, la Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo, proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948,
afferma che (art. 17) «Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato
della sua proprietà».
Anche la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali (C.E.D.U.), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa
esecutiva in Italia nell’anno 1955, all’art. 1 Protocollo addizionale n.1, si occupa
della protezione addizionale della proprietà.
Del diritto di proprietà e della possibilità della sua privazione per motivi di
pubblico interesse si occupa infine anche la Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione Europea, in attesa di ratifica dei singoli Stati e per questo non ancora
entrata in vigore(1)
L’espropriazione per pubblica utilità (p.u.), se da una parte rappresenta
la più grave limitazione al diritto di proprietà, dall’altra si pone a garanzia del
privato, che può essere spogliato dei suoi beni per soddisfare superiori esigenze
di interesse generale, attraverso un procedimento legale e dietro corresponsione
di un indennizzo. Soltanto al verificarsi di tali condizioni, l’ordinamento
consente lo svuotamento del diritto dominicale.
Accanto all’espropriazione si assiste, tuttavia, nella pratica, a forme
patologiche di espropriazione, variamente etichettate dalla dottrina e dalla
(1)
La Carta è stata pubblica sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea in data 16 dicembre 2004.
VIII
giurisprudenza. Tali patologie si riscontrano in tutti quei casi in cui la pubblica
amministrazione (p.A.) occupa il suolo privato e vi costruisce l’opera pubblica
senza aver eseguito il regolare esproprio delle aree. Il nodo più delicato di questo
fenomeno è rappresentato dall’entità dell’indennizzo da corrispondere a coloro
che hanno subito la spoliazione; accanto ad altre pur rilevanti questioni, quali la
competenza giurisdizionale oppure le problematiche connesse con la tutela
restitutoria.
Tra le varie forme di ablazione(2) illegittima della proprietà, forma
oggetto di questo lavoro l’istituto dell’occupazione appropriativa, creato a partire
dagli anni ’80 dalla Corte di cassazione, come nuova fonte di acquisto del diritto
di proprietà da parte della pubblica amministrazione, conseguente alla
costruzione di un’opera pubblica su suoli privati acquisiti con procedura
illegittima.
Nell’anno 2001 è stato varato il Testo Unico sulle espropriazioni, che
contiene un’apposita disposizione sulle acquisizioni di beni immobili senza titolo
da parte della p.A., una definizione normativa, del primitivo istituto pretorio che,
inizialmente noto come accessione invertita, è venuto ad assumere altre
denominazioni.
Il termine ablazione deriva dal verbo latino aufero, che traduce l’italiano
ablare, portare via. Quella in argomento è un’ablazione che, pur se illegittima, è
però attuata per finalità meritevoli, come costruire una scuola, un ospedale, una
strada, ma anche la proprietà privata è meritevole di tutela e non potrebbe essere
sottratta al legittimo proprietario se non legalmente, in attuazione del principio di
legalità dell’azione amministrativa. Sono evidenti, quindi, le problematiche
connesse a tale contesto.
Questo lavoro si prefigge di ripercorrere le complesse vicende
dell’ablazione illegittima, ricostruendo il fenomeno appropriativo attraverso
l’analisi della legislazione e della giurisprudenza, a partire dai primi anni ’80 del
secolo scorso, dall’iniziale conio dell’istituto come accessione invertita, avvenuta
con la famosa sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite, 26 febbraio 1983,
(2)
per il concetto vedi infra.
IX
n. 1464(3), alle recenti statuizioni introdotte con il T.U. in materia espropriativa,
con D.P.R. n. 327 dell’8 giugno 2001, entrato in vigore il 30 giugno 2003, sino
alle ultime pronunce giurisprudenziali, comprese quelle emanate in ambito
europeo dalle Corti comunitarie e in ambito nazionale dalla Corte costituzionale.
Infine completano il quadro le norme introdotte con la legge finanziaria per il
2008.
Nel primo capitolo vengono trattati i procedimenti ablatori in generale,
quale categoria più antica e più articolata dei procedimenti amministrativi ed in
specie i procedimenti ablatori reali.
Nel secondo e terzo capitolo viene sviluppato l'istituto dell'occupazione,
differenziando quella legittima da quella illegittima ed è proprio all'interno di
quest'ultima categoria che si inserisce l'istituto di creazione pretoria oggetto di
analisi.
Il quarto capitolo è dedicato interamente al danno che viene a crearsi,
nonché alle problematiche connesse al risarcimento.
L'evoluzione dell'istituto si accompagna ad una asserita critica della
Corte europea, imponendo al nostro legislatore di armonizzare la disciplina con
le pronunce della Corte, aspetto sviluppato nel quinto capitolo.
Il sesto capitolo tratta della definitiva evoluzione e collocazione di
questo intricato istituto all'interno del Testo Unico in materia di espropriazioni
per pubblica utilità n. 327/2001; con l'art. 43 il legislatore cerca di dare una
risposta alle censure provenienti da Strasburgo, razionalizzando l'istituto de quo.
Viene esaminato il riparto di giurisdizione in materia di occupazione
appropriativa ed usurpativa, evidenziando il contrasto che si è venuto a creare tra
Consiglio di Stato e Corte di Cassazione.
Infine, nel settimo capitolo si dà conto delle ultime pronunce della Corte
costituzionale sull’indennità di esproprio e sul risarcimento del danno ed i
conseguenti interventi del legislatore.
(3)
ORIANI R., con nota a Cass. civ., sez. un., 26 febbraio 1983, n. 1464, in Foro it., I, 1983, pag. 626.
1
CAPITOLO I
I PROCEDIMENTI ABLATORI IN GENERALE
SOMMARIO: 1. Generalità – 2. Procedimenti ablatori personali – 3. Procedimenti ablatori
obbligatori - 3.1 Imposizione tributaria – 3.2 Prestazioni di opere – 3.2.1 Requisizioni di servizi –
3.2.2 Assunzioni obbligatorie – 4. Procedimenti ablatori reali – 4.1 Espropriazione – 4.2
Requisizioni – 4.3 Sequestri e confische – 4.4 Imposizione di servitù – 4.5 Occupazione – 4.6
Indennità nei procedimenti ablatori reali
1. Generalità
I procedimenti ablatori(1) costituiscono la categoria più antica e più
importante dei procedimenti amministrativi, secondo alcuni sono i procedimenti
amministrativi per eccellenza, quelli che in qualsiasi ordinamento generale non
possono non esistere. La ratio viene individuata nel fatto che laddove esista
un'organizzazione di un ordinamento giuridico, essa non può non dare ordini per
limitare le libertà dei soggetti, non può non imporre a costoro di prestare
qualcosa alla collettività, non può non limitare loro diritti o altre situazioni
soggettive.
I procedimenti ablatori, si possono genericamente indicare come quelli
con cui il pubblico potere, per un vantaggio della collettività, sacrifica un
interesse ad un bene della vita di un privato: si va da forme più lievi ove il
sacrificio è una semplice limitazione di una facoltà (es. divieto di transitare su
una determinata strada) sino a forme più gravi, nelle quali si impone al privato di
pagare un tributo o gli si espropria un bene.
Nei diritti positivi contemporanei i procedimenti ablatori si sono
(1) La nozione di ablazione era già stata elaborata, nel diritto intermedio, soprattutto da Bartolo, fu poi
abbandonata sino alla ricomparsa grazie ad NICOLINI U. in una sua ricerca storico-dogmatica, La
proprietà, il principe e l'espropriazione per pubblica utilità (Studi sulla dottrina giuridica intermedia),
Milano, 1940; dell'importanza di tale nozione anche nella teoria moderna la dottrina ebbe subito
consapevolezza ed anche in giurisprudenza la si cominciò ad usare, ed è oggi recepita, anche da sentenze
della Corte costituzionale.
La dottrina tedesca e più nitidamente ROMANO S., Principi, libri IV, V e VII, distribuivano la
materia dei procedimenti ablatori nelle teorie delle limitazioni amministrative all'attività privata. Il primo
inquadramento unitario della materia si deve a LUCIFREDI R., Le prestazioni obbligatorie in natura dei
privati alle pubbliche amministrazioni, teoria generale, Padova, 1934, e Le prestazioni di cose, Padova,
1935. Come emerge dal titolo però, il punto di unificazione fu fissato nel concetto di prestazione
obbligatoria, tuttavia inidoneo.
Un tentativo più recente di assetto della materia è quello di BARTOLOMEI F. , Contributo ad una
teoria del procedimento ablatorio, Milano, 1962, che segna sicuramente un passo avanti, ma si fonda su
un'analisi che considera solo i procedimenti ablatori reali e quindi porta a risultati incompleti.
2
moltiplicati, raggiungendo forme molto elaborate; da questo deriva la difficoltà
di fissare una nozione generale di procedimento ablatorio. In talune fattispecie è
evidente qual è l'oggetto del provvedimento: nella requisizione in proprietà è il
diritto di proprietà sul bene mobile indicato dall'atto, nella locazione coattiva di
cose è l'appartamento disabitato, nell'imposizione coattiva di opera è l'opera del
sanitario o ingegnere che serve per la realizzazione; in altre fattispecie è invece
meno evidente: per esempio nella nomina del sorvegliante all'impresa esattoriale,
nell'ordine all'ispettore sanitario all'imprenditore di non usare un certo
combustibile, nell'ordine di polizia di farsi identificare.
Quindi, il procedimento ablatorio non consiste solo nell'appropriazione di
una res da parte del pubblico potere; solo alcuni procedimenti hanno carattere
appropriativo, mentre in altri il pubblico potere agisce in modo privativo: toglie
qualcosa ma non si appropria di nulla. La dottrina ha suggerito varie
sistematiche, la più semplice è quella che si basa sulla classe di appartenenza
delle situazioni soggettive del privato incise dal procedimento ablatorio: si
possono avere procedimenti ablatori che incidono su diritti personali, su diritti di
obbligazione, su diritti reali; brevemente verranno chiamati procedimenti ablatori
personali, obbligatori e reali(2).
2. Procedimenti ablatori personali
Si qualificano tali i procedimenti che incidono nella materia dei diritti
personali, sacrificando un diritto di natura personale (p. es. ordini di polizia o
dell’autorità sanitaria). Caratteristica fondamentale delle ablazioni personali è
quella di evidenziare un contrasto tra l’attività d’imperio della p.A. e l’esercizio
di diritti della personalità da parte dei soggetti dell’ordinamento. Una
compressione parziale o temporanea di tali diritti fondamentali,
costituzionalmente garantiti, si può verificare solo se consentita dalla legge. Ove
la p.A. sia abilitata ad agire in tale direzione emetterà ordini amministrativi, che
hanno funzione privativa del godimento di tali diritti; tali provvedimenti possono
avere anche funzioni connotative, qualificando giuridicamente la situazione
(2)
GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, II, Milano, 1993, pag. 695-698.
3
soggettiva incisa, o prescrittive, imponendo determinate cautele o modalità
d’azione nello svolgimento di attività fonti di possibile pregiudizio per i terzi(3).
In tale classe si raccolgono i procedimenti che la dottrina ha riunito nella
denominazione di ordini amministrativi, suddistinti in ordini in senso stretto e in
divieti, a seconda che prescrivano un fare o un non fare. Secondo la tesi più
diffusa essi rispondono a una potestà nell’autorità e ad una soggezione nel
privato; egli deve subire il comando dell’autorità e ottemperarvi. Questo modo di
concepire i procedimenti non può essere condiviso, poiché è il risultato di una
generalizzazione, fatta sulle norme meno recenti della formazione positiva quelle
che contemplavano ordini incidenti nelle libertà civili. La formazione più recente
conosce procedimenti ablatori personali che indubbiamente sono procedimenti
complessi.
La denominazione di ordini è ormai consolidata dall’uso, ma è fonte di
equivoci, perché esistono parecchie specie di atti dell’autorità che sono anche
chiamate ordini, che però hanno natura giuridica molto diversa. Gli ordini sono
stati definiti come delle intrusioni dell’autorità nella sfera giuridica dei privati,
questo significa che in relazione a funzioni amministrative specifiche, le autorità
hanno potestà, per le quali possono incidere su diritti personali(4). Qualunque
diritto personale può essere colpito: un diritto fondamentale costituzionalmente
rilevante, un diritto fondamentale non costituzionalmente rilevante. È da notare
che la situazione soggettiva che viene incisa dal provvedimento ablatorio
personale, di cui il privato è titolare, è indifferente, poiché oggetto del
provvedimento non è la situazione soggettiva.
Dal punto di vista funzionale questi procedimenti si distinguono in tre
gruppi: quelli preventivi, preordinati a permettere uno svolgimento ordinato di
attività che interessano la vita collettiva o prevenire pericoli, tali sono gli ordini
di disciplina di commercio al pubblico; quelli repressivi, per porre riparo alla
lesione già concretata agli interessi della collettività, p.es. ordini di demolizione
di un edificio abusivo; infine, quelli prescrittivi, volti a conformare l’attività dei
(3)
CARINGELLA F., Il Diritto amministrativo, Napoli, 2001, pag. 810.
(4)
GALATERIA L., Teoria giuridica degli ordini amministrativi, Milano, 1950: la dottrina non conosce i
procedimenti ablatori personali e riunisce nella nozione di ordine amministrativo procedimenti e
provvedimenti che appartengono a tutti i procedimenti ablatori reali o obbligatori.
4
destinatari, p.es. divieti di circolazione stradale, messa in circolazione di
alimenti. Questi ultimi hanno avuto grande sviluppo ed evidenziano come
l’ordine possa essere un provvedimento molto complesso sotto il profilo
strutturale; consentono all’Amministrazione di imporre ai privati una serie di
obblighi specifici, dai quali l’attività imprenditoriale risulta conformata.
Dall’insieme si può rilevare che i procedimenti ablatori personali non sono
solo privativi di un potere, ma prescrivono qualcosa, comandando o vietando.
Ciò significa che essi fanno sorgere obblighi a carico di coloro nei cui confronti
hanno efficacia(5).
Infine va ricordata la natura recettizia degli ordini, per essere eseguiti
risulta necessaria la conoscenza da parte dei destinatari.
3. Procedimenti ablatori obbligatori
Questi procedimenti si possono indicare come quelli che incidono sui
rapporti di obbligazione; in base a quanto dispone la riserva di legge contenuta
nell’art. 23 Cost., «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere
imposta se non in base alla legge»(6). Si tratta di una impostazione abbastanza
rigorosa, che impone limiti inderogabili al legislatore, tenuto a definire la
prestazione tanto sotto il profilo soggettivo quanto oggettivo. Tali provvedimenti
si distinguono da quelli ablatori reali, per l’assenza di una contropartita
indennitaria, e da quelli personali sia per la mancanza di un aspetto acquisitivo
che per la sussistenza del profilo della coattività non solo al momento del sorgere
del rapporto obbligatorio, ma anche durante il suo svolgimento(7).
Questi procedimenti presentano delle particolarità: in essi si annoverano
delle figure antiche, come le imposizioni tributarie; delle figure nate nel diritto
intermedio, come le imposizioni di opere; delle figure nate nei secoli XVIII e
XIX, come la coscrizione obbligatoria, i depositi coattivi, le vendite coattive; in
tutte queste figure erano i pubblici poteri che ricevevano dal privato una qualche
prestazione in nome di un interesse generale della collettività.
(5)
BASSI F., Lezioni di diritto amministrativo, Milano, 2000.
(6)
SORACE D., Diritto delle amministrazioni pubbliche, Bologna, 2000.
(7)
CARINGELLA F., Il Diritto amministrativo, Napoli, 2001, pag. 810.
5
3.1 Imposizione tributaria
Le imposizioni tributarie costituiscono uno degli istituti fondamentali
degli ordinamenti statali dell’età moderna. In questi ordinamenti le imposizioni
tributarie sono divenute ablazioni legali(8), l’obbligazione tributaria nasce da un
fatto ed è retta da una rigida regola di prefigurazione normativa. Questo significa
che le norme non si occupano mai dell’atto c.d. di imposizione tributaria, ma
disciplinano con molta minuzia gli elementi dell’obbligazione tributaria, quindi
principalmente il fatto costitutivo dell’obbligazione, la determinazione
dell’imponibile, il calcolo del debito tributario, il modo di pagamento. Il fatto
costitutivo viene anche chiamato presupposto del tributo, ed è in certi casi un
fatto economico giuridicamente qualificabile (come l’ottenimento di un reddito,
il conseguimento di un maggior valore sulla cosa) altre volte è la fruizione di un
servizio reso da un pubblico potere o l’adozione di un atto di un pubblico potere
che reca un vantaggio al richiedente. La norma deve determinare sempre in modo
rigoroso il presupposto del tributo, poiché il suo avverarsi è nel contempo fatto
costitutivo dell’obbligazione e fatto determinativo della misura del debito.
L’imposizione di tributi può essere disciplinata direttamente da una legge
dello Stato, oppure una legge statale può stabilire solo alcuni criteri, lasciando la
determinazione di altri criteri all’ente minore avente potestà tributaria. In ogni
caso la norma statale deve indicare i criteri per la scelta di completamento;
trattasi quindi di una discrezionalità non nell’imposizione tributaria (cioè nella
determinazione dell’obbligazione), quanto nell’istituzione di tributi che spetta ad
enti pubblici minori con potestà tributaria. Per cui anche in questa ipotesi,
l’obbligazione tributaria torna ad essere rigidamente prefigurata, in virtù della
norma di completamento che l’ente minore adotta con l’atto istitutivo del tributo.
(8)
GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, II, Milano, 1993 pag 774-776: distingue le ablazioni
amministrative, quali derivanti da provvedimento amministrativo, dalle ablazioni legali, derivanti dalla
legge. In paesi come il nostro, ove esiste l’art. 23 Cost., le ablazioni amministrative sono divenute
incostituzionali.
6
3.2 Prestazioni di opere
Il secondo grande gruppo di prestazioni imposte è quello delle prestazioni
di opere, indicando con tale locuzione tutte quelle vicende in cui ad un privato
viene imposto un obbligo di prestare un’attività. Si tratta di istituti che hanno una
storia giuridica abbastanza complessa, che va dalle corvées feudali, alle
prestazioni di servizi ai comuni, alla coscrizione militare obbligatoria fino alle
forme moderne dette di lavoro obbligatorio.
L’unico tratto giuridico comune di queste diverse figure è l’imposizione
della prestazione lavorativa, per il resto esse non sono omogenee, né
strutturalmente né funzionalmente. La distinzione fondamentale tra esse è quella
tra prestazioni derivanti da ablazioni amministrative e prestazioni derivanti da
ablazioni legali.
Le prime negli ordinamenti contemporanei, sono ormai molto ridotte, in
ragione degli abusi a cui facilmente si prestano. In pratica comprendono una sola
figura che va sotto il nome di requisizione di servizi; le seconde sono il servizio
di leva (oggi abolito con l’art. 7 del d.lgs. n. 215 del 2001) e le assunzioni
obbligatorie.
3.2.1 Requisizioni di servizi
Le requisizioni sono previste nelle due varianti militare e civile. Entrambe
hanno per presupposto l’urgente necessità, intesa come urgenza di sopperire a
gravi necessità collettive essendo carenti o insufficienti le possibilità di
intervento delle amministrazioni pubbliche e dei privati.
Il presupposto dell’urgente necessità è a valutazione discrezionale:
l’autorità giudica la sufficienza e l’efficienza dei servizi di uffici pubblici e di
privati che esistono nel luogo. Il provvedimento ablatorio produce come effetto la
costituzione di un rapporto di obbligazione: nel privato di prestare la propria
attività lavorativa e nell’amministrazione di corrispondere una retribuzione.
7
3.2.2 Assunzioni obbligatorie
Con tale denominazione si indicano quelle vicende per cui su un datore di
lavoro che può essere sia un imprenditore che un ente pubblico o privato,
incombe l’obbligo di assumere lavoratori. Le specie principali sono:
a) collocamento della manodopera (l. 29 aprile 1949, n. 264);
b) assunzione di lavoratori appartenenti a categorie sottoprotette (l. 12 marzo
1999, n. 68);
c) imponibili di manodopera: il procedimento amministrativo impone al
datore di lavoro un’obbligazione nei confronti di un terzo (d. lgs. 18 dicembre
1997, n. 446).
4. Procedimenti ablatori reali
I procedimenti ablatori reali(9) sono preordinati a privare coattivamente un
soggetto del diritto di proprietà ovvero di altro diritto reale: il principale è quello
espropriativo che ha per fine l’acquisto a titolo originario di un bene immobiliare
privato, in favore di un soggetto pubblico (o privato che eserciti attività di
interesse pubblico) mediante provvedimento autoritativo, per causa di pubblica
utilità. Altri procedimenti ablatori, regolati da norme apposite e perciò di
carattere speciale, sono subordinate ex lege a presupposti specifici: procedimenti
di confisca, caratterizzati da una ratio sanzionatoria e di requisizione
caratterizzati dall’urgente necessità e dalla temporaneità(10).
Essi sono quasi l’inverso speculare dei procedimenti concessori di beni,
ossia consistono in un’attribuzione patrimoniale su beni privati a favore di
pubblici poteri. La trama su cui agiscono questo procedimenti è costituita dai
diritti reali: essi incidono sempre sui diritti reali, quindi su diritti di proprietà, di
superficie, di uso, di servitù, ecc. L’effetto del provvedimento ablatorio può
essere quello di estinguere il contenuto di un diritto reale (caso tipico:
espropriazione), quello di modificare il contenuto di un diritto reale (caso tipico:
(9)
AA.VV., Diritto amministrativo, II, Bologna, 2005, pag. 250 ss.
(10)
SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, pag. 841 ss.
8
occupazione temporanea strumentale), infine può costituire un nuovo diritto reale
su bene altrui (imposizione coattiva di servitù o di superficie).
Queste fattispecie presentano tanto l’aspetto privativo quanto l’aspetto
appropriativo; nell’espropriazione si estingue un diritto reale ma un altro
soggetto acquista un diritto reale; nell’occupazione strumentale si priva
temporaneamente un soggetto della facoltà di godere un bene ed un diritto di
godimento è attribuito ad un altro soggetto. Emerge quindi un carattere generale
di questi procedimenti ablatori reali: essi sono privativi ed appropriativi nello
stesso tempo. È evidente la differenza con i procedimenti ablatori personali, che
sono solo privativi.
Approfondendo, ci si avvede che i due caratteri, privativo ed
appropriativo, non sono proprio equivalenti. L’aspetto privativo può riguardare
sia un diritto reale nella sua totalità, sia un potere o una facoltà compresi in un
diritto reale: strutturalmente esso esiste sempre, però ciò che interessa è l’aspetto
appropriativo poiché il procedimento non serve a privare qualcuno di qualcosa,
ma serve ad acquisire un’utilitas che può prestare una cosa.
4.1 Espropriazione
Procedimento ablatorio reale più noto, esistente sin dagli antichi
ordinamenti generali. Esso comporta il trasferimento del diritto di proprietà o di
un altro diritto reale dal soggetto precedente titolare ad un altro in vista della
realizzazione di fini di interesse generale.
Nel secolo scorso il procedimento espropriativo fu l’unico che il
legislatore si preoccupò di disciplinare (l. 25 giugno 1865, n. 2959) e fu
concepito come un procedimento, condizionato rigidamente ad un presupposto:
che si dovesse eseguire un’opera di pubblica utilità. Pertanto veniva ad essere
composto da due sub-procedimenti principali: quello volto alla dichiarazione di
pubblica utilità dell’opera e quello volto alla realizzazione dell’effetto ablatorio,
cioè l’estinzione di un diritto di proprietà su una cosa e l’acquisto di un altro
diritto da parte di altro soggetto. Nel secondo sub-procedimento si prevedevano
altresì atti, volti alla stima del bene da espropriare e alla determinazione
9
dell’indennità: il principio era che questa corrispondesse al valore del bene.
Già alla fine del secolo scorso i giuristi e i politici erano divenuti
consapevoli dell’inadeguatezza intrinseca di questo modello; solo che nessun
legislatore ebbe la volontà di rivederlo. Si ebbe così un’erosione del modello
sotto tre direzioni: a) l’ampliamento della nozione di opera di pubblica utilità,
poiché, oggi l’espropriazione non è più per pubblica utilità, ma per «causa di
pubblico interesse legalmente dichiarata», e tale è il concetto affermato dall’art.
834 c.c., e dall’art. 42 Cost.; b) la separazione e l’elevazione al rango di
procedimento proprio del sub-procedimento di dichiarazione di pubblica utilità;
c) la revisione dei criteri di stima del bene e quindi di determinazione
dell’indennità. Il criterio del valore venale fu inteso dalla giurisprudenza come
valore corrispondente al prezzo di un mercato libero; questo criterio trovò
applicazione nei procedimenti di espropriazione per opere ferroviarie, per
acquisire suoli per case economiche e popolari, per l’edilizia scolastica, per certe
zone industriali, per l’industrializzazione di zone depresse e in molti altri casi. In
leggi concernenti piani regolatori di talune città furono adottati criteri fondati
sulla media tra il valore venale e una somma risultante dalla capitalizzazione
dell’imponibile catastale secondo coefficienti di varia misura. L’opinione più
diffusa considera criterio di principio quello della legge del 1865, criteri
eccezionali gli altri.
Non è possibile effettuare una teorizzazione dei procedimenti
espropriativi, né degli aspetti strutturali, né di quelli funzionali generali: ogni
procedimento espropriativo possiede propri tratti strutturali e funzionali. Di essi è
solo possibile una trattazione dogmatica generale, ossia una trattazione rivolta a
teorizzare gli elementi giuridici che in diritto positivo caratterizzano non tanto i
procedimenti quanto i provvedimenti di espropriazione.
Il provvedimento di espropriazione non concreta una vicenda di
trasferimento di beni o di diritti sui beni dall’uno all’altro soggetto, ma concreta
una vicenda più complessa: di estinzione di un diritto reale su un bene, e di
costituzione di un nuovo diritto sul medesimo bene, costituzione che è un
acquisto originario. Se sul piano descrittivo è indubbio che l’espropriazione
consiste in una vicenda traslativa, sul piano giuridico è preferibile la tesi secondo
10
cui ricorrono due effetti distinti, l’uno privativo, che corrisponde all’estinzione di
un diritto in capo al precedente titolare, l’altro appropriativo, cioè costituzione di
un nuovo diritto, in capo al soggetto in cui favore l’espropriazione è disposta, il
quale acquisisce il nuovo diritto a titolo originario.
L’ambito dell’aspetto privativo del provvedimento è molto più ampio:
qualsiasi diritto reale può essere preso in considerazione, si possono espropriare
enfiteusi, servitù, domini utili, diritti di superficie, diritti di usufrutto, diritti
d’autore, diritti d’inventore, e così via. L’aspetto privativo del provvedimento
consiste sempre nell’estinzione di un diritto reale e strutturalmente tale estinzione
non può mai mancare. Per cui quando l’espropriazione concerne il diritto di
proprietà, suo oggetto è il diritto di proprietà: è questo che viene estinto.
L’aspetto appropriativo consiste nella costituzione di un diritto di proprietà
nuovo; ma questa affermazione vale solo per quel provvedimento con oggetto un
diritto di proprietà, in tal caso un diritto di proprietà su un bene si perde, un altro
se ne acquista.
Quando il provvedimento riguarda un diritto reale diverso dal diritto
dominicale, occorre distinguere: se è solo estinto il diritto non dominicale,
l’aspetto acquisitivo comporta la riespansione del diritto dominicale dell’avente
diritto con l’acquisto di poteri o di facoltà, è l’acquisto di un’utilitas della res.
Se invece all’espropriante interessa solo il diritto non dominicale (esproprio di
enfiteusi, di superficie), l’espropriazione del diritto non dominicale funziona
come quella del diritto dominicale: si estingue il diritto non dominicale in chi ne
era titolare, se ne acquista originariamente un altro nell’espropriante. Ciò
chiarito, nell’aspetto appropriativo va ravvisato il tratto saliente
dell’espropriazione.
La disciplina generale in tema di espropri per opere pubbliche, per lungo
tempo rappresentata dalla l. 25 giugno 1865, n. 2359, modificata da una serie
nutrita di provvedimenti normativi particolari (tra i quali la l. 22 ottobre 1871, n.
865, c.d. legge sulla casa), si trova ora nel T.U. 8 giugno 2001, n. 327, modificato
dal d. lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, che ha notevolmente innovato sulla materia
entrando in vigore il 30 giungo 2003.
Con l’art. 5 il T.U. attribuisce alle Regioni potestà legislativa in merito alle
11
«espropriazioni strumentali alle materie di propria competenza». Si tratta di
potestà legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117 Cost., con una limitazione di
ambito del tutto speciale: non soltanto, cioè la Regione se vuole legiferare
sull’espropriazione dovrà rispettare i «principi fondamentali della legislazione
statale» ma anche i «principi generali dell’ordinamento giuridico desumibili
dalle disposizioni contenute nel T.U.». Si deve concludere che il T.U. riservi alla
competenza esclusiva dello Stato la disciplina dell’indennità, mentre quella del
procedimento potrà essere variata dalle Regioni.
In conclusione, in virtù dell’art. 42 Cost. l’espropriazione deve essere
accompagnata da un indennizzo che costituisca, un serio ristoro; l’indennità resta
il bene della vita sul quale si concentrano le posizione soggettive dei titolari di
diritti reali parziari sul bene e dei creditori del proprietario espropriato.
L’acquisto dell’immobile da parte del beneficiario dell’espropriazione si verifica
a titolo originario(11).
4.2 Requisizioni
Con la denominazione di requisizioni si indicavano, nelle legislature dei
vari Stati, dalla fine del XVIII, dei procedimenti di diritto militare, in base ai
quali, laddove ricorressero, a causa di guerra, circostanze di urgenza, era
possibile a comandi militare apprendere coattivamente sul luogo la proprietà o
l’uso di cose indispensabili per i reparti. Trattavasi di procedimenti ablatori reali
per fini militari aventi per presupposto l’urgente necessità, quindi aventi caratteri
di provvedimento necessitato.
Questo carattere si è conservato fino ai tempi nostri, ma si riscontrarono
delle complicazioni: sono sorte accanto alle requisizioni militari, le requisizioni
civili, sono stati introdotti altri procedimenti ablatori, simili alle requisizioni, ma
non proprio equivalenti. Di questi ultimi che sono le occupazioni d’urgenza si
dirà nel prosieguo.
Delle requisizioni civili, una parte della dottrina ritiene di individuare una
fonte generale, nell’art. 7 l. contenzioso. È una delle norme attributive della
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AA.VV., Diritto amministrativo, II, Bologna, 2005, pag. 253-254.