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dovuto rivedere le proprie strategie operative ed organizzative, sia per
l’accrescersi dei rischi connessi, sia per fronteggiare le nuove spinte
concorrenziali provenienti da altri operatori in terni ed internazionali.
Tra le linee strategiche fondamentali che le banche devono attuare
nello svolgimento della loro operatività rivestono un ruolo rilevante le
politiche connesse alla raccolta e all’impiego delle risorse finanziarie,
che nonostante l’ampliamento della gamma di attività che possono
essere svolte, rappresentano ancora il cuore dell’attività bancaria e
quindi l’attività preponderante da esse svolte.
Le scelte gestionali connesse alla politica della raccolta rappresentano
un momento fondamentale, dato che l’attività delle imprese bancarie
non si fonda, a cospetto delle altre imprese commerciali, sui mezzi
propri ma sulle risorse raccolte presso il pubblico dei risparmiatori.
Diventa , quindi, fondamentale predisporre adeguate politiche di
raccolta per potenziare la quota di mercato della banca ed ampliare, più
possibile, la sfera di operatività. Le nuove possibilità offerte dal mutato
contesto normativo, hanno indotto le banche a ripensare il loro
modello operativo, a partire dalla gestione delle risorse finanziarie. Esse
hanno dovuto approntare nuove politiche in ambito della gestione della
raccolta, tra le quali: le politiche di prodotto, le politiche di pricing, le
campagne promozionali, e, soprattutto, la ridefinizione della rete
distributiva.
Anche il ruolo del capitale proprio all’interno dell’impresa bancaria è
andato cambiando rispetto al passato. Esso pur svolgendo funzioni
differenti rispetto alle altre imprese, ciò non di meno rappresenta un
elemento di primo piano nel complesso della gestione bancaria. Infatti,
attorno ad esso ruotano svariati limiti operativi, quali: l’erogazione del
credito, l’investimento in titoli ed immobili, l’assunzione di rischi, etc.
quindi, il capitale proprio è una variabile da tenere sotto controllo in
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ogni momento dello svolgimento dell’attività bancaria, poiché da esso
dipende l’ampliamento o il restringimento della sfera di operatività della
banca e come conseguenza l’ampliamento o la riduzione dei margini di
guadagno.
Altro aspetto gestionale che non si poteva tralasciare è sicuramente
quello della politica degli impieghi delle banche. Essa è stata suddivisa
in politica degli impieghi in prestiti e politica degli impieghi in titoli. La
prima, come più volte sottolineato, rappresenta ancora oggi l’attività
preponderante delle banche italiane, mentre l’impiego in titoli non
rappresenta altro che l’attività residuale. Non si è però mancato di
sottolineare come quest’ultima, grazie al nuovo contesto normativo, sta
venendo ad assumere sempre più un ruolo di primo piano.
La politica degli impieghi in prestiti svolge un ruolo fondamentale in
ambito macroeconomico, specie per quanto riguarda la funzione
allocativa svolta dalle banche nella distribuzione del risparmio nazionale
tra i diversi soggetti che richiedono credito per effettuare investimenti.
Quindi oltre alle problematiche gestionali interne all’azienda di credito,
la politica degli impieghi in prestiti riveste un ruolo fondamentale per
l’intera economia di una nazione. Le banche sono state spesso definite
“il volano della crescita economica”, ma affinché questa e possono
svolgere queste funzioni deve cercare di allocare il risparmio nella
maniera più produttiva possibile. Solo se le risorse sono destinati ad
investimenti produttivi è possibile creare occupazione, accrescere i
redditi ed aumentare i consumi, e quindi innescare la crescita
economica.
Oltre alla finalità allocativa la politica dei prestiti è orientata a scelte
di natura economico aziendale, volte a massimizzare il profitto ed a
ridurre i rischi di mancato recupero dei prestiti erogati. La politica dei
prestiti è legata a particolari logiche di diversificazione e frazionamento
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dei rischi volti a diminuire, se non ad eliminare del tutto il rischio di
mancato recupero dei prestiti. La logica da seguire nella valutazione del
merito creditizio degli affidati è quella della capacità di quest’ultimi di
produrre reddito, e cioè la loro capacità reddituale prospettica. Una tale
logica è quella più opportuna, dato che la banca, come già sottolineato
in passato dalla dottrina aziendalistica più autorevole, deve preoccuparsi
all’atto della concessione di recuperare il credito in via ordinaria
comprensivo degli interessi e spese ad essa spettanti, e non di
recuperarlo in via coatta per mezzo di un procedimento legale. Da ciò
emerge che è fondamentale puntare sulla capacità di rimborso
dell’affidato, anziché alle garanzie che questi può fornire alle banche.
Al riguardo si è sottolineato come le banche in questi ultimi decenni
hanno approntato all’interno della loro area fidi tecniche previsionali
delle insolvenze aziendali (credit scoring) che basandosi su particolari
procedimenti statistici sono in grado di valutare con una buona
probabilità il grado di affidabilità dei richiedenti credito. Anche qui la
dottrina non si è riservata dal muovere critiche a tali tipi di analisi, che
secondo alcuni farebbero assimilare un impresa ad una “macchina a
gettoni”.
Sempre in tema di valutazione del merito creditizio si è accennato
all’utilizzo dei sistemi esperti e dell’intelligenza artificiale che riescono
ad elaborare tecniche e procedure operative a supporto dell’attività di
concessione di prestiti a privati e imprese. Anche questi sistemi
apportano una serie di vantaggi che devono comunque essere ponderati
adeguatamente ai limiti ad essi connessi, portando, quindi, ad una certa
cautela circa il loro utilizzo.
Riguardo, invece, l’altro aspetto delle politiche di impiego delle
banche, e cioè l’attività in titoli si è sottolineato come essa rappresenti
l’ambito operativo più innovativo degli ultimi anni. Infatti, mentre
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prima della nuova disciplina tale ambito di operatività era quasi del
tutto precluso alle banche è riservato a soggetti specializzati, oggi,
queste possono operare a tutto campo senza alcuna limitazione di sorta
e senza alcun vincolo legislativo rispetto agli altri intermediari.
Le politiche gestionali approntate dalle banche sono diverse a
seconda se esse decidono di effettuare investimenti per conto proprio o
per conto della clientela.
In merito al primo aspetto, rivestono notevole importanza le
politiche gestionali del portafoglio titoli di proprietà ed, in particolare,
la politica flessibile, la politica residuale e le politiche di composizione.
Per quanto concerne, invece, la prestazione dei servizi di
investimento forniti alla clientela, si è sottolineato, come oggi le banche
siano state equiparate a livello operativo alle Sim e alle imprese di
investimento estere.
La prestazione di servizi di investimento alla clientela ha consentito
alle banche di ampliare enormemente la loro sfera di operatività e la
gamma di servizi e prodotti offerti alla clientela. Tra i servizi di
investimento che le banche possono offrire alla cliente, si è analizzato
quelle ritenute più congeniali, quali: la negoziazione di strumenti
finanziari per conto della clientela, l’attività di collocamento a favore
degli emittenti, l’attività di consulenza e la gestione dei patrimoni.
Proprio la prestazione dei servizi di investimento alla clientela ha
mutato in gran parte negli ultimi anni il modo di fare banca. Ciò ha
portato alla nascita o alla trasformazione di precedenti soggetti
specializzati in entità capaci di raggiungere il cliente in qualunque modo
e in grado di offrirgli i più svariati prodotti/servizi.
Quindi, il processo evolutivo che ha interessato le banche, specie per
quanto riguarda l'aspetto operativo, ha avuto notevoli riflessi sulla
struttura distributiva, per mezzo della quale si collocano i
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prodotti/servizi.
Esse, infatti, hanno ristrutturato la loro rete distributiva con politiche
di crescita sia esterne sia interne. Riguardo al primo aspetto, le banche
hanno avviato processi di collaborazione e ricomposizione con altri
soggetti bancari e non. Si è esaminato, succintamente, le opzioni di
crescita esterna quali le fusioni, le incorporazioni e gli accordi di
collaborazione e, si è poi, sottolineato come l’opzione delle banche a
livello organizzativo sia tra gruppo bancario e banca universale.
L’adozione di un modello organizzativo non esclude a priori l’altro,
anzi, il gruppo bancario non rappresenterebbe altro che l’evoluzione,
sul piano organizzativo, della banca universale, ampliandone
l’operatività verso forme più eterogenee rispetto a quelle tradizionali.
In merito, invece, alle politiche di crescita interna, è stata puntata
l’attenzione su come le banche hanno veicolato l’offerta di prodotti
servizi verso canali più innovativi rispetto allo sportello tradizionale.
Quest'ultimo riveste, ancor oggi, un ruolo di primo piano all’interno
della rete distributiva delle banche, anche se la funzione da esso svolta
è notevolmente cambiata. Lo sportello diventa oggi un punto di vendita
di beni e servizi anche totalmente estranei all’attività creditizia, in ogni
caso esso continua a rimanere il luogo per interagire col mercato,
percepirne gli orientamenti e sul quale convogliare capitali generati da
un’offerta di servizi la più diversa possibile.
Le ultime tendenze in atto confermano come le banche tendono ad
ampliare l’offerta di prodotti/servizi tramite canali distributivi più
innovativi che consentono di raggiungere il cliente al suo domicilio o in
qualunque altro posto si trovi.
Nel corso della trattazione, si è evidenziato, soprattutto, i vantaggi e
gli svantaggi derivanti dall’adozione di queste forme di contatto a
distanza (remote banking) tra banca e cliente, e i benefici in termini di
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economicità che ne derivano per entrambi.
Si è passato brevemente in rassegna i diversi canali distribuzione,
cercandoli di raggruppare in categorie omogenee al fine di schematizzare
meglio l’esame delle loro caratteristiche.
Tra le forme di remote banking, si è preso in considerazione l’home
banking tradizionale, che sfrutta reti private o in prevalenza pubbliche
(Videotel) per creare il rapporto banca cliente via cavo; si è visto, pure,
come tale sistema di interfaccia sia entrato in disuso e come sia stato
sostituito con forme più innovative. L’home banking tradizionale ha da
sempre stentato a “decollare” in Italia forse a causa di una generale
diffidenza dei clienti o a causa dei costi ingenti ad esso connessi.
Il canale che più di altri ha, invece, riscosso successi nell’ultimo
quinquennio è certamente il phone banking. Le ragioni del successo
sono facilmente intuibili: comodità d’uso, utilizzo di un apparecchio
comunissimo a tutti, facilità di utilizzo, etc.. Il phone banking ha avuto
in questi ultimi anni un continuo crescendo, infatti, si è passati dal
phone banking come prodotto/servizio alternativo, al phone banking
come sportello telefonico vero e proprio, per arrivare ai primi casi di
banca telefonica.
Il remote banking include, altresì, i canali cosiddetti “elettronici”,
come gli sportelli A.T.M., i terminali P.O.S., i borsellini elettronici, i
chioschi multimediali e la TV interattiva. Anche questi canali, fanno
parte dei canali "remote", con la differenza che mentre il phone
banking e l’home banking (sia tradizionale che via web) forniscono
servizio a distanza e sino al domicilio del cliente, questi forniscono
servizi fruibili al di fuori dello sportello tradizionale ma non a
domicilio.
Si è pure notato come l’utilizzo dei primi due canali elettronici sia
fortemente connesso al sistema dei pagamenti. Infatti, l’utilizzo di
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queste apparecchiature avviene per mezzo di speciali carte (di debito e
di credito), che nel caso degli ATM e POS funzionano a banda
magnetica, mentre nel caso dei borsellini elettronici funzionano per
mezzo di un microprocessore. L’utilizzo di tali forme di pagamenti è
in continuo aumento, grazie alla facilità d’uso e al risparmio di tempo
che si riesce ad ottenere, e alla comodità di evitare il maneggio di
denaro contante.
Come ulteriore canale si è esaminato l’Internet banking che stato
definito come canale innovativo. Quest’ultimo non rappresenta
nient’altro che l’evoluzione del canale di home banking tradizionale,
forse, sarebbe stato più opportuno definirlo Internet Home Banking.
Esso rappresenta un canale privilegiato per le banche, grazie ai diversi
servizi che possono essere offerti via web, con enorme facilità di
interfacciamento. Del resto il successo dell’Internet Banking è confermato
dalla crescita esponenziale delle banche che posseggono un sito Internet.
Infine, si è esaminato i cosiddetti canali mobili rappresentati dagli
sviluppatori di vendita e dai promotori finanziari. Il successo di
quest’ultimi, soprattutto, come canale distributivo bancario è quasi
certamente legato alla possibilità, oggi, offerta alle banche (prima
preclusa) di offrire servizi di investimento fuori sede. Grazie a questa
nuova possibilità offerta dal rinnovato contesto legislativo, le banche
hanno approntato una loro rete interna di promotori, al fine di offrire i
propri prodotti finanziari con canali diversi rispetto al tradizionale
sportello e quindi direttamente al domicilio del cliente.
A corollario della disamina sulla struttura organizzativa dei canali
distributivi bancari, si è analizzato il fenomeno della cosiddetta banca
virtuale definendola il “contenitore concettuale" che racchiude tutti i
canali distributivi definiti di "remote banking", e quindi alternativi al
classico sportello. Si è cercato soprattutto, oltre ad analizzare le diverse
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tipologie che può assumere la banca virtuale, di mettere in evidenza i
benefici e gli oneri ad essa connessi. Grazie al supporto di alcuni dati
statistici, è emerso, in maniera inequivocabile, come sia enormemente
inferiore il costo connesso allo stesso servizio offerto tramite canali
virtuali rispetto ai canali tradizionali.
Oltre a sottolineare i benefici scaturenti sia per la banca sia per il
cliente, si è visto, altresì, in termini economici quali costi bisogna
sostenere per aderire alle soluzioni virtuali. Dal confronto dei dati di
spesa in strutture informatiche e i EAD, etc. è emerso che il modello di
banca virtuale è più congeniale ai soggetti nuovi che entrano per la
prima volta sul mercato, anziché a soggetti già presenti che vogliono
cambiare modello organizzativo, a causa della pesante struttura passata
che non può essere facilmente dimessa.
Da ultimo si è passato in rassegna un tipico esempio di banca
virtuale, come Rasbank, e le tipologie di servizi da essa offerti. È
emerso dall’esame di questo caso pratico come i servizi offerti dalla
banca virtuale sono tipicamente connessi al sistema dei pagamenti o al
commercio elettronico dei titoli. I vari servizi informativi e dispostivi
investono soprattutto la sfera dei pagamenti e degli incassi tramite
conto corrente ovvero richieste di informazioni su estratti conto,
situazione titoli, assegni, acquisto e sottoscrizione di titoli e quote di
fondi, etc.
L’operatività della banca virtuale appare molto più limitata rispetto a
quella di una banca tradizionale che adotta una strategia multicanale. La
prima appare più come una struttura adatta a distribuire prodotti e
servizi più che a produrre al suo interno gli stessi, difficilmente, anche
in un futuro non prossimo, esse riusciranno a sostituire completamente
le banche tradizionali.
A questo punto verrebbe logico chiedersi se il nuovo modello di fare
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banca, cioè la banca virtuale, potrà in un futuro prossimo sostituire il
modello di banca tradizionale. La risposta ad un simile interrogativo
solleva sicuramente molti dubbi e perplessità. Certamente la banca
virtuale sfruttando le possibilità offerte dalla moderna tecnologia, non
emula più la struttura della banca tradizionale, anzi è in grado di
offrirne oltre agli stessi servizi anche di nuovi ponendosi in
competizione con essa. Ciò si verifica nell’offerta di servizi
standardizzati i quali possono essere acquistati per mezzo dei canali
virtuali e senza la necessità di recarsi allo sportello.
L’adozione delle soluzioni virtuali deve avvenire gradualmente e mai
in maniera drastica. Anche laddove tali canali hanno riscosso un
discreto successo (ad esempio nei Paesi scandinavi) si procede ad una
razionalizzazione della struttura distributiva tradizionale con la chiusura
di qualche sportello e non ad una loro completa cancellazione. La
decisione di convertirsi, oggi, completamente ed immediatamente ai
canali tecnologici risulterebbe fallimentare per le banche, perché la
maggior parte della clientela non è ancora pronta e preparata.
La soluzione migliore per le banche italiane sembrerebbe quella di
procedere ad una forte integrazione tra canali nuovi e canali
tradizionali: l’offerta di prodotti/servizi dovrebbe avvenire sia con i
canali tradizionali sia con quelli più innovativi (Internet, telefono, PC,
etc.) in un rapporto di complementarietà e non di anteticità, senza
correre il rischio di sovrapposizioni fra l’offerta di canali diversi. In
questo modo si potrà offrire alla clientela la possibilità di scegliere tra
canali alternativi in base alle diverse esigenze e al grado di preparazione
culturale.
Quindi la soluzione migliore da adottare sarebbe quella della strategia
multicanale, adoperando una forte integrazione e ristrutturazione della
rete distributiva.
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L’abbinamento di supporti telematici alla struttura fisica tradizionale
consente di abbinare i vantaggi della profondità di relazione che si
sviluppa in virtù del rapporto interpersonale fra i clienti e gli addetti alle
filiali, con quelli connessi con la rapidità e l’economicità e la comodità
di accesso al servizio. Il presidio del territorio, attraverso gli sportelli
tradizionali è stato per le banche un valore nel passato, lo è oggi e lo
sarà anche in un futuro ancora lontano.
In un futuro prossimo si potrà immaginare che l’offerta di servizi
semplici e ripetitivi sarà dirottata verso canali remoti o addirittura self-
service, mentre il rapporto diretto, faccia a faccia si svolgerà all’interno
delle filiali tradizionali, soprattutto per quelle operazioni più articolate o
per la consulenza al cliente. Lo sportello quindi assumerà questo ruolo
più specializzato (non più sportello full-service), con luoghi di
accoglienza e con la presenza di esperti consulenti, mentre dovrebbe
ridursi il ruolo e il peso del front-office.
Le banche completamente virtuali potranno assumere il ruolo di
soggetti specializzati nella distribuzione di prodotti e servizi che
potranno competere con le banche tradizionali, soprattutto per le
modalità di erogazione e non per la gamma di prodotti /servizi offerti.