Il lavoro è organizzato in cinque capitoli.
Nel primo capitolo si prende in considerazione l’evoluzione del settore del
trasporto aereo statunitense analizzando in particolare ciò che ha comportato la
deregolamentazione del settore. Ripercorrendone la storia a partire dalle sue
origini, intorno alla metà degli anni Venti, se ne mostrano le tre fasi che lo hanno
caratterizzato: una prima, corrispondente agli anni Venti e Trenta, caratterizzata
da assenza di regolamentazione e quindi possibilità di entrata e uscita dal settore
per tutte le aerolinee, senza alcuna imposizione in materia tariffaria e in termini di
capacità offerta sulle rotte; una seconda fase, a partire dal 1938, corrispondente al
ribaltamento di tale situazione avvenuto nell’istituzione del Civil Aeronautic
Board, mediante il quale il Governo Federale impose ferree barriere ad una
spontanea crescita del settore e l’introduzione di un rigido controllo sul settore;
una terza fase il cui inizio è segnato dalla deregolamentazione introdotta nel 1978,
che ha definitivamente riportato il settore ad un regime di laissez faire. Nel
contesto statunitense verranno approfondite anche le più importanti politiche di
mercato che i vettori hanno intrapreso a partire dagli anni Settanta (introduzione
di particolari reti aeroportuali, i cosiddetti sistemi hub & spokes, di programmi di
fidelizzazione dei passeggeri, di sistemi di prenotazione computerizzata) che sono
poi state esportate nel resto del mondo e che hanno contribuito a determinare in
seno al comparto un elevatissimo livello di concentrazione, realizzando condizioni
oligopolistiche per soli sei o sette vettori.
Sulla scorta dell’esperienza statunitense nel secondo capitolo è affrontata
l’analisi del processo deregolamentativo dolce avviato nell’ambito dell’Unione
Europea a partire dalla fine degli anni Ottanta e organizzato dalla Commissione
Europea in tre Pacchetti di normative che hanno portato il mercato continentale da
una fase protezionistica decennale dominata dalle compagnie di bandiera fino alla
completa liberalizzazione il 1° aprile del 1997 con l’introduzione della Ottava
Libertà dell'Aria (la possibilità cioè di operare il cosiddetto traffico di cabotaggio,
che consente ad un vettore di esplicare servizio regolare interno nell'ambito dei
confini di un Paese che non è quello di appartenenza). Anche relativamente al
settore europeo verranno prese in considerazione strategie competitive messe in
atto dalle aerolinee, evidenziando caso per caso le differenze e le peculiarità
rispetto alla realtà statunitense.
Nel terzo capitolo di questo lavoro si affronta poi l’analisi dello stato del
settore del trasporto aereo nel periodo post-11 Settembre 2001. Nonostante misure
drastiche che hanno tentato di arginare la durissima crisi in cui è sprofondato tutto
il settore, la situazione resta sempre gravemente depressa. Le difficoltà iniziarono
ancor prima dell’11 Settembre, per gli effetti della recessione che già aveva
paralizzato il traffico aereo. Poi il dirottamento e l’attacco alle Twin Towers ed al
Pentagono si rivelarono una mazzata senza precedenti, con la creazione di enormi
problemi e grossi costi (costi delle assicurazioni e delle misure di sicurezza su
tutti). Nel 2003, il caro-petrolio e la stagnazione dell’economia mondiale hanno
continuato ad indebolire il settore. Il colpo finale è arrivato con la guerra in Iraq e,
ciliegina sulla torta, l’epidemia SARS che ha colpito Hong Kong e la Cina, un
mercato nel quale si è registrata una forte crescita economica negli ultimi anni, e
sta dilagando nel resto del mondo attraverso un contagio che in certi casi avviene
tra i passeggeri sugli aerei: è the perfect economic storm, l’uragano del secolo,
quello che si è abbattuto sulle compagnie aeree.
Nel quarto capitolo infine si prende in esame il fenomeno delle aerolinee
low cost che stanno erodendo sempre più il predominio delle major sviluppandosi
negli ultimi anni con ratei di crescita superiori alla media. E’ importante notare
come la crescita di queste compagnie stia avvenendo in un momento molto
delicato del trasporto aereo internazionale, a dimostrazione del fatto che non è
inevitabile subire la crisi, c’è chi la usa come opportunità e ruba quote di mercato
ai concorrenti meno efficienti.
L’oggetto del quinto capitolo è invece il sistema delle alleanze fra aerolinee
che esse hanno avviato per far fronte all’impossibilità di allargare ulteriormente il
proprio bacino di traffico e di abbassare i costi derivanti dalla gestione del
servizio. La natura di tali accordi ha subito negli anni una ridefinizione: si
evidenzierà come da un momento iniziale di accentuata tendenza allo scambio di
partecipazioni, i vettori hanno sperimentato alleanze di tipo one-to-one, che si
sono poi allargate fino ad includere più aerolinee delle aree europea e statunitense.
Tale evoluzione si è mossa nella direzione della creazione di poche alleanze
globali tra vettori di tutti i continenti, cui è affidato il compito di affrontare la
pianificazione della capacità, dell’approccio al mercato e dello sviluppo
coordinato degli hub. Le compagnie, quindi, pianificano i loro network in modo
integrato. Questa fase più evoluta delle alleanze consente di contenere i costi,
ottimizzare l’impiego della flotta e evitare la perdita di flussi di traffico verso altri
vettori non compresi nell’alleanza.
RINGRAZIAMENTI
Il lavoro ha preso avvio con una rassegna della letteratura sia nazionale che
internazionale riguardante il settore del trasporto aereo e le compagnie aeree in
generale. Molte delle informazioni hanno richiesto una successiva rielaborazione
a causa dei continui e rapidi cambiamenti del mercato. Una fonte molto utile per
la ricerca si è rivelata essere internet sia perché ricco di dati aggiornati, sia perché
tramite i siti di alcune associazioni di settore è stato possibile raccogliere
informazioni recenti e dettagliate anche di tipo economico-finanziario sui vettori e
sulla situazione generale del trasporto aereo.
Desidero precisare che la realizzazione dell’intero lavoro di tesi è stata
possibile solo attraverso una profonda conoscenza del settore maturata “sul
campo” presso l’Area Marketing e Analisi di Mercato di Alenia Aeronautica:
fondamentali, infatti, si sono dimostrate le consultazioni e rielaborazioni delle
informazioni presenti nella banca dati del gruppo. Una sentita gratitudine è rivolta
agli ingg. Carmelo Latella e Aldo Gastaldon, e l’intero gruppo dell’Area
Marketing e Analisi di Mercato di Alenia Aeronautica di Pomigliano d’Arco per
la collaborazione fornitami nel periodo di permanenza Dicembre 2002/Maggio
2003. Alla loro disponibilità è dovuta la possibilità di aver reperito gran parte
delle fonti e delle informazioni che hanno consentito la stesura di questo lavoro.
Inoltre ringrazio in modo particolare il prof. Emilio Esposito per la premura
e scrupolosità con le quali mi ha condotto, sostenendomi e appassionandomi, al
risultato della mia ricerca; per la stima dimostratami e l’entusiasmo trasmessomi
consentendomi di sviluppare con serenità e spirito critico gli argomenti del mio
studio. Per aver reso questo, un vivace e stimolante percorso.
CAPITOLO I
EVOLUZIONE STORICA NEL SETTORE DEL TRASPORTO
AEREO STATUNITENSE: L’IMPATTO DELLA
DEREGULATION
L’oggetto di questo capitolo è l’esame dell’evoluzione del settore del
trasporto aereo negli Stati Uniti d’America analizzando in particolare ciò che ha
comportato la deregolamentazione del settore.
Il capitolo è organizzato in cinque paragrafi più un paragrafo conclusivo.
Il primo paragrafo descrive la situazione del settore negli anni Venti e
Trenta, cioè gli anni corrispondenti ad un regime di libero mercato, terminato nel
1938 con l’introduzione della regolamentazione del settore.
Nel secondo paragrafo si considerano gli anni fra il 1938 e il 1978, ovvero
l’arco di tempo corrispondente al regime regolamentato che si conclude con il
passaggio alla deregulation.
Il terzo paragrafo analizza le dirette conseguenze della deregolamentazione
del comparto: la concentrazione nel settore e l’avvento dei vettori a basso costo
(low cost carrier).
L’analisi delle strategie di mercato messe in pratica dalle aerolinee
statunitensi all’indomani della deregulation è l’oggetto del quarto paragrafo, nel
quale si affronta lo sviluppo dei sistemi hub & spokes e l’introduzione dei
programmi frequent flyer e dei sistemi di prenotazione computerizzata.
Nel quinto paragrafo si affronta invece l’analisi delle conseguenze della
deregolamentazione considerando l’evoluzione a partire dal 1968 del numero di
aerolinee e di velivoli presenti nell’area nordamericana.
I.1. Gli anni della pre-regolamentazione
L'inizio dello sviluppo dell'aviazione civile commerciale negli Stati Uniti
d'America può farsi risalire ai primi anni Venti, quando lo US Post Office (l'Ente
Poste statunitense) stipulò contratti con alcune società di trasporto aereo, che in
quegli anni andavano nascendo soprattutto come strumento di supporto alle
attività delle produzioni agricole. L'obiettivo del Post Office era di servirsi
dell'aeroplano come mezzo per poter così allargare la propria rete di operazioni: fu
in conseguenza di ciò che nel giro di una decade si giunse alla nascita delle prime
grandi società aeree (alcune delle quali, come l'AMERICAN AIRLINES o la DELTA
AIR LINES, ancora oggi esistenti). Esse, iniziando le attività come dei veri e propri
corrieri fra le zone più distanti dell'Unione, diedero qualche anno dopo
timidamente il via anche al trasporto di merci e passeggeri; fatto reso inizialmente
possibile grazie all'azione del Post Office stesso che, per incentivare lo sviluppo
del settore in tale direzione, decise di utilizzare i contratti postali, che di fatto
erano dei veri e propri sussidi federali, per compensare le perdite originate dal
servizio passeggeri. Perdite dovute da un lato alla scarsa familiarità dei cittadini
con il mezzo aereo, dall'altro alle elevatissime tariffe comminate dalle compagnie,
che lo rendevano in pratica disponibile solamente ad un'élite della popolazione
nazionale.
A metà degli anni Trenta cominciò a prendere forma l'idea che il settore del
trasporto aereo necessitasse di una regolamentazione, volta a prevenire
concorrenza sfrenata e guerre di prezzo predatorie che avrebbero inevitabilmente
condotto ad una fragilità finanziaria delle imprese operanti in quel contesto,
creando instabilità e sfiducia da parte degli investitori, che avrebbero così stornato
i capitali necessari all'avvio di nuove attività. Tali timori da parte dell'autorità
governativa trovavano in effetti giustificazione in quanto si era verificato qualche
anno prima in altri rami del settore trasporti (quelli su rotaia e su strada),
nell'ambito dei quali avevano avuto luogo numerosi dissesti societari. In realtà vi
erano anche altre e più profonde motivazioni alla base di una così pressante
richiesta di norme regolamentative: se da una parte infatti era diffusa l'avversione
sviluppatasi contro il libero mercato a valle degli sconvolgimenti creatisi durante
la Grande Depressione, dall'altra il Governo intendeva controllare la crescita di un
settore che si preparava a svolgere un ruolo strategico sia nel campo industriale
che, soprattutto, nel campo della Difesa.
L'intervento governativo arrivò nel 1938, con la promulgazione del Civil
Aeronautics Act (C.A.A.). Tale legge, oltre a disciplinare il settore in questione,
sanciva la costituzione di un'agenzia federale che, nata col nome di Civil
Aeronautics Agency, dopo una riorganizzazione assunse nel 1940 il nome
definitivo di Civil Aeronautics Board (C.A.B.). Compito istituzionale di tale
agenzia era garantire l'applicazione delle disposizioni dettate dal CAA, e cioè la
promozione dello sviluppo dell'aviazione e l'amministrazione dei sussidi erogati
dal governo federale al settore per i servizi di posta aerea, e quindi il controllo e la
regolamentazione del settore del trasporto aereo statunitense.
I.2. Dalla regolamentazione all'Airline Deregulation Act
A partire dal '38 e fino ai primi anni Settanta il Civil Aeronautics Board
operò in piena sintonia con lo spirito che aveva portato alla emanazione del CAA.
Innanzitutto assegnò le concessioni per lo sfruttamento delle rotte alle sedici
aerolinee già presenti prima del 1938 (concessioni che vennero definite
Grandfather Rights), proibendo ad esse nel contempo di espandere la propria rete
(network) di destinazioni, a meno che non fossero state in grado di provare il
beneficio sociale che poteva derivare dall'introduzione di quelle rotte che essi
volevano iniziare a servire e a patto che ciò non fosse stato causa di danno
economico per gli altri operatori concorrenti.
Almeno ufficialmente, l'operato del CAB era volto a perseguire il principio
del pubblico interesse e ciò fu realizzato attraverso una politica assolutamente
ostile a qualunque forma di competizione. In un contesto siffatto trova piena
giustificazione l'azione di sostegno che tale ente esercitò nei confronti delle
aerolinee finanziariamente più deboli, al fine di garantire a qualunque attore
operante nel comparto ritorni economici soddisfacenti. Tuttavia, parallelamente,
tale modo di procedere condusse alla formazione di enormi posizioni di rendita,
laddove erano invece presenti condizioni economiche più solide, legate perlopiù al
possesso delle rotte più redditizie.
L'azione del CAB si esplicò a partire dalla fine degli anni Cinquanta anche
in ambito tariffario: muovendosi ancora una volta lungo direttrici contrarie allo
spirito del libero mercato, uno stretto controllo fu esercitato sulla variabile prezzo.
Tenendo conto del fatto che, a partire dalla fine del conflitto mondiale, le
aerolinee avevano avuto la possibilità di introdurre progressivamente nelle flotte
nuovi modelli di aeromobili e tecnologie più avanzate, in grado di ridurre
notevolmente i costi operativi dei vettori stessi (l'avvento dei velivoli a getto
aveva da solo contribuito ad abbattere i costi operativi dei velivoli del 35%
1
), il
CAB impose di mantenere le tariffe pressoché invariate per circa un ventennio,
salvo che per i previsti aumenti dovuti al tasso annuo di inflazione. In tal modo,
grazie ad una crescita consistente del reddito pro capite registratasi in quegli anni,
l'aereo divenne accessibile ad una sempre più larga fascia di popolazione, al punto
da divenire per gli americani il veicolo di trasporto per eccellenza, indispensabile
per gli spostamenti all'interno del Paese.
Paradossalmente però il CAB, pur inibendo la competizione sui prezzi,
incoraggiava quella sui programmi di volo: in altre parole le compagnie aeree, non
potendo agire sulla riduzione delle tariffe, cercavano di sottrarre passeggeri ai
vettori rivali offrendo più voli (il CAB non poneva infatti rigidi vincoli di capacità
ad un vettore in possesso di regolare autorizzazione per l'esercizio di una certa
rotta), più aerei, più “frivolezze” (frills), come ad esempio pasti da gourmet serviti
a bordo. Secondo alcuni questo conduceva ad un aumento non controllato dei
prezzi, poiché gli aumenti di profitto dovuti ad un eventuale incremento delle
tariffe venivano dissipati dalle aerolinee per aumentare il numero di voli o dei
servizi offerti al passeggero. Peraltro, dal momento che non erano poi presenti
vaste economie di scala, compagnie minori, come la NORTHWEST e la
CONTINENTAL, operavano con utili vicini a quelli di giganti come la TWA. Ciò
nonostante i profitti tendevano nel complesso ad essere scarsi: “tra il 1960 ed il
1975 essi raggiunsero il livello massimo del 10% solo in cinque dei quindici anni
considerati”
2
.
1
Cfr. VALDANI E., JARACH D., Compagnie Aeree & Deregulation, Milano, E.G.E.A., 1997,
p.13.
2
Cfr. MANSFIELD E., Microeconomia, Bologna, Il Mulino, 1988, p.367.
Alla luce di quanto si è andato delineando, non riesce difficile comprendere
allora le motivazioni alla base della tendenza alla concentrazione che si registrò
nel settore nell'arco di un trentennio, al punto che nel 1970 erano rimaste in
attività solo undici delle sedici aerolinee originarie.
Nella prima metà degli anni Settanta però qualcosa mutò nello scenario
economico: dal 1972 al 1975 si verificò un periodo di forte recessione, che non
interessò solamente gli Stati Uniti, e gli aumenti del costo di combustibile e
manodopera furono tali che il CAB si vide costretto a concedere aumenti alle
tariffe. Conseguentemente, per compensare il danno che sarebbe derivato alla
popolazione in seguito a tale azione, venne attuato un cambiamento di rotta
complessivo nella politica regolamentativa esercitata dal CAB stesso: aprendo uno
spiraglio nella direzione di un regime maggiormente concorrenziale, fu concessa
l'entrata nel comparto a nuovi operatori e si dispose l'assegnazione anche ad altri
vettori di quelle rotte già precedentemente servite, senza la necessità del vincolo
della pubblica utilità
3
, consentendo inoltre alle aerolinee di operare consistenti
sconti tariffari.
Appare evidente quale notevole sconvolgimento ciò comportò all'interno del
settore: le compagnie che fino a quel momento avevano goduto dello sfruttamento
3
In effetti fin ad allora il CAB aveva concesso l'esercizio di una tratta ad un nuovo
operatore solamente qualora quest'ultimo avesse dimostrato che ve ne fosse effettiva esigenza da
parte delle comunità interessate o nel caso si trattasse di rotte particolarmente trafficate, che
richiedevano pertanto un incremento dell'offerta (in linea col principio del pubblico interesse).
Era l'aerolinea in prima persona a dover verificare che tali condizioni sussistevano e solo a
quel punto partiva un procedimento d'indagine che, protraendosi attraverso lungaggini
burocratiche, normalmente aveva esito negativo per il vettore richiedente. Ciò sia che si trattasse di
un nuovo potenziale operatore, al quale ovviamente ne veniva preferito uno già esistente, sia nel
caso di un vettore nazionale, giustificando ciò con i danni economici e finanziari che coloro che già
servivano tale rotta avrebbero dovuto subire.
L'unico strumento, relativamente economico ma sicuramente immediato, posseduto da
un'aerolinea per modificare la propria rete di destinazioni, era l'acquisizione di un concorrente in
procinto di uscire dal settore.
esclusivo di determinate tratte furono obbligate, ormai in regime di semi-
concorrenza, ad abbassare i loro prezzi, portando finalmente alla pubblica
attenzione una situazione che da anni si perpetrava a danno degli utenti: la
formazione di tariffe fino ad allora solo artificiosamente elevate, grazie a
situazioni obiettivamente monopolistiche favorite dalla politica del CAB
4
. Alcune
aerolinee arrivarono a tagliare i prezzi anche del 45% (la AMERICAN AIRLINES fu
la prima ad offrire tariffe super-risparmio, del 30% minori di quelle turistiche,
sulle tratte New York-San Francisco e New York-Los Angeles) e in talune
situazioni il traffico registrò incrementi addirittura superiori al 60%
5
.
Complessivamente in quegli anni il prezzo dei biglietti crebbe ad un ritmo
considerevolmente inferiore rispetto all'indice generale dei prezzi al consumo, ed
anzi le tariffe aeree fra il 1977 e il 1978 diminuirono, sebbene i prezzi al consumo
in quel biennio fossero aumentati del 7%
6
. Di fatto l'allentamento dei freni da
parte del CAB aveva comportato una diminuzione delle tariffe, un aumento del
numero di voli, un incremento dei profitti delle compagnie aeree molto più alto
che negli anni precedenti.
In tale situazione venne dunque a maturare l'idea che i tempi per un ritorno
al regime precedente al 1938 fossero ormai giunti; l'esigenza di rivedere la
normativa vigente era ormai improcrastinabile. Fu in un siffatto contesto che il
Governo emanò nell'aprile del 1978 l'Airline Deregulation Act (A.D.A.), un atto di
4
Secondo il General Accounting Office (un'agenzia governativa), le tariffe sarebbero potute
essere dal 20 al 50% più basse in assenza di regolamentazione. Questa conclusione era basata sul
confronto fra i prezzi relativi alle tratte Los Angeles-San Francisco e Washington-Boston: la
distanza coperta dai voli era la stessa, ma la tariffa relativa al secondo caso (regolamentata dal
CAB), era circa il doppio dell'altra (non regolamentata perché interna al solo Stato della
California).
5
Cfr. VALDANI, JARACH, Op. cit., p.6.
6
Cfr. MANSFIELD , Op. cit., p.370.
deregolamentazione che avrebbe segnato, nel bene e nel male, una tappa storica
nel settore del trasporto aereo statunitense. Esso fu approvato dal Senato degli
Stati Uniti e ratificato dall'allora presidente Jimmy Carter nell'ottobre del 1978.
Tale atto consentiva ufficialmente, a tutti coloro che avessero posseduto i
necessari requisiti tecnici, l'entrata, pressoché libera, nel settore e la facoltà di
decidere deliberatamente quali tratte servire. Veniva disposta fra l'altro
l'abolizione del CAB in tappe successive: il potere di regolamentare le rotte fu
eliminato nel 1981, quello di regolamentare le tariffe alla fine del 1982; il tutto si
sarebbe concluso il 1° gennaio del 1985, data in cui le residue competenze di tale
organo sarebbero state trasferite al Department of Transportation (D.O.T.). In tal
modo venivano pienamente consacrati i principi da cui l'azione legislativa era
ispirata: i criteri, cioè, del libero mercato e della concorrenza senza vincolo
alcuno, avendo gli interventi federali, secondo un'idea che era andata prendendo
corpo fin dai primi anni Settanta, solamente contribuito a incrementare
l'inefficienza dell'intero sistema, in quanto l'attenzione delle aerolinee si era
distolta da un efficace contenimento dei costi operativi, il cui eccessivo
ammontare gravava in larga parte sulle spalle dei consumatori mediante un
sistema tariffario drogato.
È appena il caso di far notare come a farsi portavoce del pubblico interesse
fossero adesso i sostenitori della deregulation, in linea con quella che era stata la
politica del CAB, affermando che un contesto di libera competizione avrebbe
necessariamente obbligato le aerolinee a razionalizzare i propri costi di gestione, a
tutto vantaggio dei cittadini, che avrebbero così goduto di una riduzione delle
tariffe, fra l'altro mediante una ridistribuzione dell'offerta e una riorganizzazione
della rete operativa dei vettori. L'ADA difatti regolarizzava la tendenza ormai già
intrapresa dal CAB di consentire alle aerolinee di servire rotte già sfruttate da altri
operatori e di abbandonare quelle tratte che non fossero state ritenute
sufficientemente redditizie: da quel momento ciò diveniva possibile senza previa
richiesta ad una autorità competente.
Invero però non mancarono da più parti accese critiche nei confronti della
deregolamentazione. Innanzitutto contrari furono le grandi aerolinee nazionali già
esistenti, i cosiddetti megacarrier, salvo la UNITED AIRLINES
7
, che com'è ovvio
temevano di perdere l'enorme posizione di rendita acquisita nel corso degli ultimi
quarant'anni. In particolare quei vettori finanziariamente più deboli, che
maggiormente avevano beneficiato del regime protezionistico e che più in
concreto di altri rischiavano penose conseguenze finanziarie. Tale timore non si
rivelò di fatto infondato, come si vedrà nel caso di gloriose aerolinee nazionali,
come la EASTERN AIRLINES o PAN AM, travolte dalle sanguinarie guerre di prezzo
(fare wars) scoppiate all'indomani della deregolamentazione e condotte alla
bancarotta.
Ovviamente contrari furono anche i Sindacati, nel timore che le aerolinee
avrebbero introdotto nel proprio organico lavoratori non sindacalizzati, il che
avrebbe inevitabilmente comportato un abbassamento delle retribuzioni e delle
prestazioni lavorative, e quindi un elevato grado di precarietà nella conservazione
dei posti di lavoro, cosa puntualmente confermata dall'ondata di licenziamenti che
si verificò negli anni a venire. Infine ostili si mostrarono banche e istituzioni
finanziarie, a causa di motivazioni correlate all'aumento del rischio legato alla
7
A quei tempi era il primo vettore nazionale, con una quota di mercato pari a circa il 22%,
ed era interessata ovviamente all'acquisizione di nuove rotte, possibilità fino ad allora negata da
parte del CAB. Cfr. VALDANI e JARACH, Op.Cit., p.8.
restituzione dei prestiti erogati, connesso ad un inesorabile incremento di
turbolenza nel comparto.
I.3. Le conseguenze della deregulation
L'Airline Deregulation Act segnò l'inizio di una serie di sconvolgimenti
settoriali per il trasporto aereo statunitense, tenuto conto che da quel momento in
poi la concorrenza fra gli operatori del settore poteva esprimersi mediante un'arma
in più: il prezzo. La gestione di tale variabile competitiva, come già
precedentemente visto, era stata per quarant'anni nelle mani del Civil Aeronautic
Board, che aveva di fatto impedito qualsiasi tipo di price competition. Le
compagnie aeree, incoraggiate dall'ente stesso, si erano viste allora costrette a
ricorrere ad altri strumenti di competizione, come la differenziazione del servizio
a bordo degli aeromobili e l'aumento delle frequenze sulle rotte assegnate. Tali
tecniche in realtà avevano avuto un impatto alquanto limitato presso il grande
pubblico, fatta eccezione per coloro che usufruivano della business class, cioè
uomini d'affari sensibili alla qualità del servizio, ma non certo al prezzo del
biglietto, pagato loro dalle relative aziende. Di fatto le tariffe risultavano ancora
decisamente care per il resto degli utenti, soprattutto perché fissate in base alla
redditività complessiva del settore, piuttosto che tenendo conto dei singoli contesti
all'interno dei quali le aerolinee si trovavano ad operare, prescindendo perciò
totalmente dal rapporto prezzo/costi dell'ambiente circostante.
Peraltro la politica del CAB aveva finito spesso col danneggiare le stesse
compagnie, costrette a comminare in certi casi tariffe ben al di sotto inferiori ai
costi, ad esempio su rotte a breve raggio poco redditizie che servivano comunità
piuttosto isolate; a ciò ovviamente, per arginare le perdite, le aerolinee