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INTRODUZIONE
Poco più di venti anni fa, l’emittente Telepiù iniziò a mandar in onda trasmissioni
criptate in esclusiva solo per chi disponeva di un decoder e pagava un abbonamento,
segnando così la nascita della televisione a pagamento in Italia.
Nonostante diversi problemi e situazioni non semplici da affrontare, a distanza di oltre
due decenni, la pay-tv nel nostro Paese è riuscita a farsi strada e ad affermarsi nel
mercato televisivo, diventando per molti Italiani non più solo un’alternativa alla
televisione in chiaro, ma bensì una necessità. Il cammino della televisione a pagamento
è il risultato di quanto permesso dall’innovazione tecnologica che ha portato nuovi modi
di distribuzione, dal mondo delle regole e da quelle che sono state precise scelte
strategiche delle imprese negli ultimi anni per entrare in questo nuovo mercato; dunque
un insieme di fattori che ne hanno permesso lo sviluppo nel corso degli anni.
Nel corso degli ultimi due decenni il panorama televisivo italiano ha subito dunque un
mutamento sostanziale, dovuto sia all’offerta crescente della pay-tv con la quale il
consumatore sceglie di “pagare per vedere”, sia all’innovazione tecnologica
caratterizzata principalmente dall’avvento del segnale digitale che ha permesso, per
prima cosa, l’ampliamento del numero di frequenze disponibili su cui trasmettere i
contenuti. Proprio questo fattore rappresenta un fondamentale punto di svolta per lo
sviluppo delle pay-tv nel nostro Paese obbligandole così a ridefinire strategie e ruoli.
Nonostante i grandi stravolgimenti verificatisi in un lasso di tempo relativamente breve,
l’Italia non ha tuttavia perso alcune delle peculiarità che la contraddistinguono dal resto
dei paesi europei, su tutti quello di essere sempre stato un paese caratterizzato dalla
trasmissione terrestre del segnale e forse, proprio per questo motivo, resta ancora forse
prematuro dire con certezza dove ci porterà la rivoluzione digitale.
In un contesto in continuo divenire, le concentrazioni e fusioni tra gli operatori vanno di
pari passo col processo di convergenza tecnologica e sembrano caratterizzare un settore
in cui l’onere di investimenti massicci può essere sopportato solo da pochi colossi
capaci di differenziare le loro attività e di attendere i tempi lunghi previsti per il
raggiungimento dei punti di pareggio. Così, nel frattempo, i grandi operatori della
televisione a pagamento, nel caso italiano Sky e Mediaset, devono dimostrarsi abili nel
cercare di intuire le tendenze del mercato e farsi trovare pronti all’appuntamento col
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futuro. Agli operatori delle pay-tv il mercato affida dunque il ruolo di sperimentare,
cercando di ottenere vantaggi competitivi sulla concorrenza, ma senza dimenticare
quello che la televisione è attualmente e quello che gli utenti mostrano di apprezzare.
La fisionomia di questo elaborato è stata ideata e concepita non tanto per limitarsi a
proporre una narrazione cronologica delle principali tappe che hanno segnato il
cammino della pay-tv nel nostro Paese (comunque analizzate nel capitolo 1) o delle
travagliate operazioni di fusione tra alcuni operatori, ma piuttosto per analizzare
l’impatto che essa ha saputo produrre nell’intero settore televisivo e, delineare quelli
che sono stati e sono tuttora i tratti principali che hanno caratterizzato l’esperienza della
televisione a pagamento in Italia in un percorso lungo finora poco più di vent’anni.
Il lavoro è strutturato nel modo seguente:
Il primo capitolo, dopo una breve descrizione sulle prime esperienze della pay-tv nel
mondo, spiega come la televisione a pagamento si sia radicata nel nostro Paese.
L’esordio di Telepiù nel 1991 segna l’inizio dell’avventura della pay-tv in Italia e fino
al 1997 sarà l’unico operatore sul mercato. La nascita del nuovo concorrente, Stream,
per il mercato, segna l’inizio di un duopolio caratterizzato dalla corsa scellerata per
l’acquisizione dei diritti legati ai contenuti cosiddetti premium. Una strategia che
porterà ingenti perdite per le due emittenti e si risolverà in una fusione di fatto ‘forzata’,
portata a termine nel 2003 con la nascita del nuovo operatore Sky Italia. La società in
seno al gruppo News Corp controllerà il mercato operando in condizioni di quasi
monopolio fino al 2005, quando congiuntamente all’avvento del sistema digitale
terrestre nasce Mediaset Premium, l’offerta televisiva a pagamento della società
milanese che inizierà da questo momento a rappresentare un valido avversario per Sky.
Le due società, che tuttora rappresentano i maggiori operatori per il mercato televisivo a
pagamento, iniziano a fronteggiarsi sul fronte dei contenuti premium che rappresentano
il vero motivo di scelta d’abbonamento per gli spettatori.
Il secondo capitolo è invece incentrato sull’impatto che il mercato della televisione a
pagamento ha avuto nel mercato della televisione in chiaro. In particolare ci si sofferma
prima su quelle che sono le differenze principali tra la pay-tv e la tv free-to-air con il
sostegno di argomentazioni riconosciute in ambito nazionale da organi come l’AGCM,
per poi analizzare proprio come alla luce di queste divergenze, che si sono delineate
dall’avvento della pay-tv, l’intero mercato televisivo abbia subito una vera e propria
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riconfigurazione: tutti i dati infatti dimostrano come l’affermarsi della pay-tv in Italia
abbia portato ad una diversa ripartizione dei ricavi dell’intero settore televisivo e ad un
aumento di essi. Infine si analizza come i due mercati oltre a competere sul fronte
dell’audience, siano concorrenti anche sul campo della raccolta pubblicitaria, dal
momento che anche la pay-tv così come la tv generalista ha la possibilità di inserire gli
spot per generare ricavi, sempre più apprezzati dagli inserzionisti pubblicitari,
principalmente per le peculiarità del pubblico degli emittenti a pagamento.
Il terzo ed ultimo capitolo si sofferma sugli aspetti che hanno caratterizzato l’offerta
della pay-tv nel nostro Paese. Di fondamentale importanza è il tema legato ai contenuti
premium che da sempre sono stati il vero elemento di traino per questo mercato. A
riguardo, si analizzano di seguito due settori chiavi per il panorama televisivo a
pagamento: il calcio ed il cinema. Il primo evidenzia come le società di calcio hanno
visto crescere i propri ricavi grazie alla vendita dei diritti alle pay-tv, mentre il secondo
legato al cinema mette in luce come il mercato della televisione a pagamento abbia
aperto nuovi canali di distribuzione facendo sì che con l’acquisizione dei diritti
cinematografici da parte degli emittenti a pagamento ci fosse un dilazionamento nei
tempi in cui le pellicole dalle sale cinematografiche raggiungono i canali della
televisione in chiaro.
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1. LO SVILUPPO DELLA PAY-TV IN ITALIA
1.1 Gli esordi
L’avvento della prima emittente per cui era necessario un abbonamento sottoscritto dal
consumatore risale nel lontano 1972 negli Stati Uniti. Il suo nome è Home Box Office.
HBO nasce grazie all’iniziativa di uno dei maggiori colossi editoriali americani, Time
Inc., e viene inizialmente trasmessa via cavo nella sola zona di New York. Ad
ostacolare il decollo della nuova piattaforma nelle sue prime fasi, sono le reticenze dei
cablo-distributori, la dimensione ristretta del bacino di utenza potenziale, le incertezze
sulla programmazione e alcuni vincoli giuridici: in tre anni il numero di abbonati riesce
a toccare a malapena quota 200.000. L’esperienza della pay nel mercato nordamericano,
di lì in avanti, troverà però il suo punto di forza nel cavo, emerso come elemento
distintivo per garantire anche in contesti disagiati l’accesso alla televisione; di fatti, fu
così che le imprese iniziarono a investire principalmente sul controllo della
distribuzione, facendo così raggiungere al cavo una capillarità enorme, che secondo
alcuni studiosi determinerà la chiusura del mercato alle piattaforme apparse più tardi.
In Europa si deve attendere qualche anno per le prime esperienze della pay che
emergono sin da subito con caratteristiche differenti rispetto ai primi vagiti
d’oltreoceano: le prime imprese scelgono di far leva sul ruolo dei contenuti come
strumento chiave per produrre una domanda e conseguentemente una disponibilità a
pagare da parte dei potenziali abbonati per qualcosa che gli fosse trasmesso «in
esclusiva». In Inghilterra, sul finire degli anni settanta, inizia la trasmissione di alcuni
contenuti in forma criptata che prevedevano la trasmissione di alcuni programmi e
telegiornali per la cui visione era necessario un abbonamento sottoscritto dal
consumatore. Negli anni ottanta si vedono, invece, gli esordi di Teleclub in Svizzera e
successivamente in Germania, e di Canal+ del gruppo Vivendi in Francia. Al contrario
di Home Box Office, Canal+ inizia ad irradiare le sue trasmissioni nel novembre del
1984 via etere puntando fortemente sui film e sullo sport. Per Canal+ la diffusione via
etere rappresenta un’arma a doppio taglio: da un lato, evita i costi di cablaggio che una
società così giovane non potrebbe permettersi, dall’altro obbliga a ridurre il mercato
potenziale alle sole parti del territorio in cui l’illuminazione del segnale è perfetta.