1
INTRODUZIONE
Che il calcio in Italia stia diventando sempre più un fenomeno economico, piuttosto che
meramente sportivo, è certamente una realtà inconfutabile. Sono infatti sempre più
numerosi ed evidenti le connessioni che si instaurano tra “lo sport più amato dagli
italiani” ed il business.
Ruolo fondamentale tra gli interessi economici che scendono in campo è ricoperto,
senza ragion di dubbio, dallo sfruttamento dei diritti audiovisivi degli eventi sportivi.
Con il presente lavoro si vuole offrire un’analisi organica dell’argomento, partendo
dall’imprescindibile analisi del rapporto tra lo sport, il calcio in particolare, e la
televisione.
Il rapporto, ormai indissolubile, si è instaurato fin dalle origini del mezzo elettronico e,
non a torto, è stato definito “amore a prima vista consolidato da un matrimonio di
interesse”.
Fondamentale per il suo consolidamento è stato l’affacciarsi nel mercato delle
televisioni private. Queste ultime, infatti, comprendendo fin da subito le opportunità di
guadagno celate dietro gli spettacoli sportivi, hanno iniziato a scavare quella che si
sarebbe rivelata poi la miniera d’oro dei diritti televisivi sportivi.
L’evoluzione tecnologica e lo sviluppo di nuove piattaforme trasmissive non hanno
fatto altro che accentuare questo fenomeno: l’offerta di sport in televisione è sempre
maggiore, sia per qualità che per quantità, ed i canali sportivi monotematici sono il
mezzo più efficiente per attirare e fidelizzare gli spettatori.
Addentrandosi più specificatamente nella materia dei diritti televisivi, si ritiene
opportuno affrontare, in primo luogo, gli aspetti problematici legati alla definizione del
concetto che, seppur presente nelle parole dei più, non ha avuto e, ad onor del vero, non
ha tuttora, un significato univoco.
A tal fine si riportano le teorie assolutistiche, tese ad attribuire ai diritti televisivi la
consistenza di un diritto azionabile erga omnes, qualificandoli talvolta come diritti
connessi al diritto d’autore (riconoscendoli come opera creata dall’organizzatore),
tal’altre come beni “imprenditoriali” oggetto di tutela di natura proprietaria
(riconoscendoli come prodotto dell’attività economica dell’organizzatore/imprenditore).
2
Secondariamente si riportano le tesi relativistiche che, alla luce della specificità dei
diritti in questione, hanno voluto identificare il rapporto in chiave negoziale, in cui la
tutela accordata all’organizzatore della manifestazione debba essere di carattere
obbligatorio, limitata dal diritto di cronaca e dal diritto all’informazione.
La mancanza di un’univoca definizione di base, non può e non riesce, però, ad impedire
l’analisi del contenuto dei diritti televisivi.
Dopo l’indicazione puntuale delle situazioni identificabili come “diritti televisivi”, si
affrontano quindi le modalità del loro esercizio e della loro cessione.
In prima istanza, si illustrano le motivazioni che hanno portato al passaggio, avvenuto
con il D.L.15/1999, dalla contrattazione collettiva condotta dalla Lega Calcio e dalla TV
di Stato (come unici ed esclusivi interlocutori), ad un sistema di contrattazione
individuale, retto dal principio di soggettività dei diritti televisivi criptati. Principio che,
riconoscendo i diritti come connessi all’attività organizzativa dell’evento sportivo,
attribuisce al singolo organizzatore, e quindi a ciascuna società di calcio, i diritti di
trasmissione televisiva in forma codificata degli eventi da essa stessa organizzati.
In secondo luogo si chiarisce ciò che ha spinto il legislatore, con il D.Lgs.9/2008, al
passo indietro e al ritorno alla contitolarità dei diritti in capo all’organizzatore della
competizione e ai partecipanti alla stessa, nonché alla contrattazione collettiva dei
relativi diritti.
Si analizzano poi le nuove e più eque modalità di ripartizione delle risorse ottenute da
tale commercializzazione, secondo il cd “metodo del 40-30-30”.
Il coinvolgimento dello sport all’interno del mercato, e l’assodato binomio attività
sportiva/attività economica, rendono inoltre necessario vagliare i rapporti che si
instaurano tra i soggetti coinvolti nel mercato dei diritti televisivi, al fine di accertarne la
loro conformità o meno alla disciplina antitrust.
I problemi maggiori si pongono negli sports ad alto livello, quando il prodotto
“competizione sportiva” viene offerto sul mercato.
Sono sempre più frequenti, infatti, le vicende che si svolgono nel mercato dei diritti
televisivi poste sotto la lente di ingrandimento delle autorità garanti in quanto,
potenzialmente o concretamente, lesive del diritto della concorrenza.
Nel presente lavoro, dopo una panoramica relative agli accordi ritenuti lesivi della
concorrenza, si analizza l’importante concetto del mercato rilevante, con particolare
attenzione a quello dei diritti televisivi sportivi.
3
Il mercato dei diritti televisivi sportivi, infatti, è tanto specifico quanto complesso:
strutturato su tre diversi livelli, crea al suo interno due distinti mercati rilevanti, in cui
vengono a convivere e spesso ad intersecarsi i rapporti economici, orizzontali o
verticali, che vedono protagonisti i titolari dei diritti televisivi, le emittenti televisivi ed i
consumatori.
Questi rapporti saranno poi oggetto di analisi dal punto di vista della conformità o meno
della disciplina della concorrenza, portando concrete esemplificazioni di casi
giurisprudenziali affrontati sia a livello nazionale che comunitario.
Altro aspetto interessante e problematico che viene affrontato è la necessità di
contemperare gli interessi economici connessi al diritto di sfruttamento delle immagini
degli eventi sportivi, con la fondamentale tutela del diritto di cronaca e di informazione.
Il diritto all’informazione, nei suoi aspetti passivi e attivi, ossia nel diritto ad essere
informati ed il diritto ad informare, non può essere infatti annullato in nome dello
sfruttamento economico di un evento sportivo.
Si mostra come, in seguito a diversi interventi giurisprudenziali, si sia giunti alla
delineazione di una linea di confine tra i concetti di “spettacolo” e “notizia”, che
rappresenta il giusto punto di equilibrio tra le esigenze informative e quelle economiche.
Secondariamente si percepisce l’importanza dell’intervento comunitario nel prevedere
l’obbligatoria trasmissione in chiaro di alcuni eventi considerati di particolare rilevanza
per la società e nel concedere a qualsiasi emittente il diritto di trasmettere per brevi
estratti i programmi concessi ad altri in esclusiva.
Il lavoro si conclude con una più specifica analisi della commercializzazione dei diritti
televisivi, focalizzata nel concreto sul Campionato di calcio di SerieA.
Nello specifico, ne vengono descritti gli aspetti fondamentali della procedura di vendita
ed assegnazione: le modalità e i principi sottesi alla formazione dei ”pacchetti”, i
requisiti degli offerenti, le diverse procedure di aggiudicazione, l’esercizio dei diritti
acquisiti.
Particolare attenzione viene posta, offrendone una concreta simulazione, alla modalità
di distribuzione dei ricavi ottenuti dalla vendita collettiva.
4
5
1. LO SPORT E LA TELEVISIONE
1.1. LO SPORT
1.1.1. La nozione di sport e il diritto dello sport
Innegabilmente “sport” è tra i termini più conosciuti ed utilizzati nelle lingue e nelle
culture di tutti i popoli; ma, nonostante questo, il suo significato è al contempo tra i più
generici.
La presenza di attività motorie è stata una costante nella cultura di ogni popolo, nella
quale spesso ha assunto un ruolo strutturante della vita sociale (basti pensare, ad
esempio, ai riti e culti nelle civiltà più antiche, ai giochi olimpici o ai giochi popolari
nell’età dei comuni).
Originariamente lo sport era riferibile ad ogni tipo di esercizio fisico svolto senza alcuna
utilità, per mero diletto; ma attualmente viene adoperato per definire molteplici e
diverse situazioni
1
.
Lo sport come lo conosciamo noi oggi, infatti, è la risultante di un mutamento che lo ha
portato ad assumere una connotazione sempre più agonistica, incentrata sul fine ultimo
del miglioramento del risultato
2
. In conseguenza di tale trasformazione si è manifestata
la necessità di predisporre regole vincolanti che disciplinassero le competizioni, sia in
relazione alle strutture organizzative, che alle modalità di partecipazione alle
competizioni stesse.
La trasformazione è stata così significativa ed importante che la data di nascita dello
sport moderno può essere fissata nel 1894, anno in cui venne fondato il Comitato
Olimpico Internazionale
3
.
1
AA.VV., Diritto dello sport, Le Monnier Università, 1999.
2
Dalla definizione di “sport” dell’Enciclopedia Treccani: “Attività intesa a sviluppare le capacità fisiche
e insieme psichiche, e il complesso degli esercizî e delle manifestazioni, soprattutto agonistiche, in cui si
realizza, praticati nel rispetto di regole codificate da appositi enti, sia per spirito competitivo
(accompagnandosi o differenziandosi così dal gioco in senso proprio) sia, fin dalle origini, per
divertimento, senza quindi il carattere di necessità, di obbligo, che è proprio di ogni attività lavorativa”.
3
Il C.I.O. è un'organizzazione non governativa creata da Pierre de Coubertin il 23 giugno 1894 a Parigi,
con l'incarico di organizzare i primi Giochi Olimpici dell'era moderna. Attualmente il CIO, il cui compito
principale rimane quello di supervisionare l'organizzazione dei Giochi Olimpici, ha sede a Losanna, in
Svizzera, e vi aderiscono 205 Comitati Olimpici Nazionali.
6
Chiaro è quindi che il fenomeno ludico ora si presenta scisso in due entità ben distinte:
lo sport “istituzionalizzato” che si svolge all’interno dei circuiti olimpici e federali, e lo
sport “di tutti” escluso da questi circuiti.
Inevitabilmente l’”istituzionalizzazione” dello sport ha determinato la nascita e lo
sviluppo di una nuova e particolare branca del diritto, il diritto dello sport, caratterizzato
dall’essere una materia globale, che si occupa anche di attività poste in essere da
persone formalmente estranee alle organizzazioni sportive (come tifosi o aziende
sponsor), interdisciplinare (connessa alle altre branche del diritto) ed eterogenea del
punto di vista delle fonti (tra le quali concorrono norme comunitarie, nazionali ed
associative).
1.1.2. L’evoluzione socio-economica dello sport ed il rapporto tra giustizia
ordinaria e giustizia sportiva
L’evoluzione dello sport e del diritto dello sport è strettamente connessa ai differenti
contesti legislativo-ordinamentali che si sono succeduti nel tempo.
Per essere descritta si può analizzare la trasformazione subita dall’inizio del 20° sec. ai
giorni nostri dal calcio, ormai a parere comune, l’emblema dello sport nel nostro Paese e
non solo.
Inizialmente, dopo l’istituzione del Comitato Olimpico Nazionale Italiano
4
, permaneva
ancora una concezione idealistica dello sport, secondo la quale lo Stato doveva
disinteressarsi delle istituzioni sportive, ed infatti le organizzazioni federali vennero
lasciate sole, libere di autoregolarsi
5
. Allo stesso tempo, secondo una concezione c.d.
“romantica” dello sport, di derivazione “olimpica”, lo sport era visto solamente come un
gioco al di fuori di ogni ottica economica. Sport ed imprenditoria erano due realtà
mantenute ben distinte
6
.
4
Il C.O.N.I. venne istituito tra il 9 e il 10 giugno 1914 con lo scopo di curare l'organizzazione e il
potenziamento dello sport italiano attraverso le federazioni nazionali sportive ed in particolare la
preparazione degli atleti ai giochi olimpici.
Con la Legge 16 febbraio 1942 n.426, abrogata dal Decreto Legislativo 23 luglio 1999 n.242,
l’ordinamento statale ha riconosciuto il C.O.N.I. come personalità giuridica di diritto pubblico, preposta
all’ordinamento giuridico sportivo.
5
AA.VV., op. cit..
6
Come sancito dal sintetico principio da Avery Brundage, Presidente del C.I.O. dal 1952 al 1972, “sport
is sport, business are business”. P.DINI, Le basi dell’autonomia normativa nel diritto sportivo, in Riv. dir.
sport. 1975, 229-237.
7
Le cose però erano destinate a mutare, e ciò avvenne quando cominciarono a comparire
nel calcio i primi interessi finanziari e lavoristici, che manifestarono l’inadeguatezza
della disciplina endoassociativa a regolamentare un settore della vita economico-sociale
che aveva ormai risvolti extrasportivi che non potevano più essere ignorati.
Anche la classe politica si convinse di dover partecipare attivamente alla
regolamentazione di una realtà che in quel momento era priva di certezze giuridiche
7
.
La profonda evoluzione del fenomeno determinò la necessità di un sempre più
puntuale
intervento legislativo che creasse il terreno per una pacifica convivenza tra gli interessi
economici dei soggetti a vario titolo coinvolti nel mondo dello sport
8
.
Il punto di svolta nel nostro Paese si ebbe con l’emanazione della Legge 23 marzo 1981
n.91(cd. “Legge sul professionismo sportivo”)
9
, che confermò sul piano normativo la
nuova dimensione economica delle società sportive, nelle quali le finalità finanziarie si
legavano ormai in modo biunivoco a quelle prettamente sportive.
Lo sport uscì così da quello che è stato definito da Zauli, il “recinto magico che vedeva
il suo ingresso precluso al diritto”: il sistema sportivo diventò un sistema giustiziale
vero e proprio che si affiancò a quello della giustizia ordinaria.
Ciò ha comportato inevitabilmente discussioni circa il rapporto e le possibili
interferenze sussistenti tra i due apparati; discussioni che furono spesso il pretesto per
indurre cambiamenti o novità in entrambi gli ordinamenti.
10
Con la Legge del 1981 fu legittimata l’esistenza di società sportive e di lavoratori
sportivi professionisti e la possibilità per imprenditoria e realtà sportiva di coniugare le
reciproche esigenze.
La libertà di esercizio nell’attività sportiva sancito dalla nuova normativa
11
, e tradotto
nel principio di libertà contrattuale, legittimò le società sportive, calcistiche soprattutto,
ad aprirsi ai mercati delle sponsorizzazioni e del merchandising
12
e gli sportivi a
stipulare autonomamente i propri contratti e sfruttare i diritti che potevano derivare dalla
7
B. ZAULI, Essenza del Diritto sportivo, in Riv. dir. sport., 1962.
8
G. IANNUNBERTO, L’atleta tra status di dipendente e cittadino comunitario. Intervento tenuto
durante il convegno “Europa. Sport e Diritto” Roma 7-8-9 Luglio 2005.
9
In G.U. 27 marzo 1981 n.86.
10
Il reato di frode sportiva (già presente nell’ordinamento sportivo come “illecito sportivo”) fu introdotto
nell’ordinamento penale dalla Legge n.401 del 1989 quando, a seguito dello scandalo del “calcio
scommesse” che ha caratterizzato gli anni ‘70 del secolo scorso, si mise in luce la lacuna
dell’ordinamento che non ne contemplava sanzioni, se non facendo riferimento al generico reato di
truffa. M.GRASSANI, Come cambia l’illecito sportivo, in Riv. dir. econ. sport, 2006 Vol. II Fasc.3.
11
L’art.1 della Legge 23 marzo 1981 n. 91 statuisce che “L’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta
in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero”.
12
G. NICOLELLA in http://www.altalex.com/index.php?idnot=43015#sdfootnote2sym
8
loro immagine. Ciò rappresentò una significativa novità rispetto al passato, quando la
libertà contrattuale era limitata dal cd. “vincolo sportivo”
13
.
La dimensione aziendalista dello sport crebbe col passare del tempo, fino
all’affermazione della piena e sovranazionale imprenditorialità, per la quale fu
fondamentale l’emanazione della cd. Sentenza Bosman
14
. Tale decisione, imponendo la
modifica alla L. 91/1981, nella parte in cui prevedeva l’istituto del “parametro”, eliminò
qualsiasi elemento che potesse precludere allo sport l’opportunità di divenire
un’industria caratterizzata dalla piena libertà contrattuale.
La fase che stiamo vivendo ora, invece è caratterizzata da un nuovo progressivo
avvicinamento tra l’ordinamento statale e quello sportivo, agevolato da interventi
legislativi miranti a contemperare le relative posizioni ed esigenze.
Il Decreto Legislativo 23 luglio 1999 n.242 (cd. Decreto Melandri)
15
, come modificato
dal Decreto Legislativo 8 gennaio 2004 n.15
16
, adeguando le esigenze di autonomia
delle Federazioni Sportive alla innegabile sovranità dello Stato, attribuisce all’ente
pubblico C.O.N.I., inserito nel contesto sovranazionale dello sport, la posizione di
regolatore dei valori di entrambi gli ordinamenti.
Le Federazioni Sportive hanno espressamente inserito nei propri statuti la volontà di
intrattenere “rapporti di collaborazione con le autorità pubbliche e cooperare con esse”
17
e di operare nel rispetto dei principi costituzionali.
Dal canto suo lo stesso C.O.N.I., ha istituito “in piena autonomia e indipendenza, l’Alta
Corte di Giustizia Sportiva e il Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport” come
strumento alternativo, e quindi preclusivo, della giustizia dello Stato
18
.
Se è vero che il rapporto tra giustizia ordinaria e sportiva sembrava essere così giunto ad
una compiuta e bilanciata soluzione, è altresì vero che il successivo intervento del
13
Ai sensi dell’art.16 “Le limitazioni alla libertà contrattuale dell'atleta professionista, individuate come
"vincolo sportivo" nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro cinque anni
dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni
sportive nazionali e approvati dal C.O.N.I., in relazione all'età degli atleti, alla durata ed al contenuto
patrimoniale del rapporto con le società”.
14
Sent. Corte di Giustizia Europea, 15 dicembre 1995, causa C-415/93 in Riv. dir. sport. 1996, pagg. 541
ss.. Nella decisione è sancita la libertà di trasferimento ad una nuova squadra per i calciatori
professionisti alla scadenza del contratto con la squadra attuale, senza che quest’ultima abbia diritto ad
alcun indennizzo.
15
In G.U. 29 luglio 1999 n.176.
16
In G.U. 8 gennaio 2004 n.15.
17
Art. 2.2 dello statuto della Federazione Italiana Giuoco Calcio.
18
Art. 12- 12 ter dello statuto del CONI.
9
legislatore, con Decreto Legge 19 agosto 2003 n.220
19
, convertito con modificazioni
dalla Legge 17 ottobre 2003 n.280
20
, lo ha rimesso in discussione.
Con tale provvedimento, infatti, è stata riservata all’ordinamento sportivo la disciplina
delle questioni concernenti l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari,
organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni,
dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle
relative sanzioni disciplinari sportive.
La giurisdizione ordinaria è invece rimasta competente per la definizione dei rapporti
patrimoniali tra società, associazioni ed atleti.
21
Esauriti i gradi della giustizia sportiva, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del
C.O.N.I. o delle Federazioni Sportive, sarà devoluta alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo
22
.
Da tali disposizioni è emerso il principio secondo cui il giudice ordinario può
intervenire solo in seconda battuta rispetto alla giustizia sportiva, e comunque nel
rispetto delle clausole compromissorie eventualmente previste da statuti e regolamenti.
La dottrina si è scissa in due correnti: una seconda la quale si sono in tal modo codificati
principi di teoria generale e diritti sostanziali ormai radicati nell’ordinamento
23
; l’altra
secondo la quale lo Stato, con la sua pretesa di sovranità, avrebbe compiuto “l’omicidio
del consenziente”, ossia dell’ordinamento sportivo, che sarebbe stato ridimensionato ad
ordinamento particolare, limitato alle materie ritenute dall’ordinamento generale
irrilevanti per sé stesso
24
.
Trovo giusta la posizione di chi sostiene che il citato testo normativo, laddove dispone
che la Repubblica «riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo
nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al
Comitato Olimpico Internazionale”
25
, gli riconosca un carattere peculiare rispetto agli
altri ordinamenti settoriali presenti nell’ambito statale.
19
In G.U. 17 ottobre 2003 n.242.
20
In G.U. 18 ottobre 2003 n.243.
21
Art.2 della L.17 ottobre 2003 n.280.
22
Art.3 della L.17 ottobre 2003 n.280.
23
N. PAOLANTONIO, Ordinamento statale e ordinamento sportivo: spunti problematici, in Foro amm.
– Tar, 2007, p.1152.
24
A. DE SILVESTRI, Il discorso sul metodo: osservazioni minime sul concetto di ordinamento sportivo,
in www.giustiziasportiva.it.
25
Art. 1 della L.17 ottobre 2003 n.280.
10
L’ordinamento sportivo è considerato un’articolazione di un ordinamento
internazionale
26
dotata di piena autonomia di autogoverno, limitato solo dall’immanente
obbligo dei rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento statale
27
.
In quest’ottica, lo Stato potrà intervenire nella disciplina sportiva solo nei casi in cui
l’interesse del settore sportivo venga ad interferire con quelli più generali e più
“ampiamente pubblici” che competono direttamente allo Stato
28
e qualora le istituzioni
dello sport non siano in grado di predisporre adeguate forme di tutela.
Va comunque tenuto presente che un continuo intervento della giustizia dello Stato
potrebbe comportare la negazione dell’autonomia che, come visto, è innegabilmente
tratto distintivo dell’ordinamento sportivo
29
.
1.1.3. I diversi contesti organizzativi
L’attuale sistema dello sport “istituzionalizzato” è il risultato della convivenza delle
organizzazioni di livello sovranazionale con le rispettive articolazioni a livello
nazionale
30
.
Per quanto attiene alle prime, ci si riferisce al C.I.O. ed alle Federazioni Sportive
Internazionali (F.S.I.).
Il C.I.O., come precedentemente accennato, è un’organizzazione non governativa di tipo
semplice, essendo composta da individui di diversa nazionalità scelti per cooptazione,
quindi indipendenti dagli Stati di appartenenza, che ha come fini istituzionali la difesa
della “filosofia del dilettantismo”
31
, l’incoraggiamento dell’organizzazione di
manifestazioni sportive nel rispetto dei principi ispirati all’ideale olimpico, ma
soprattutto l’organizzazione quadriennale dei Giochi Olimpici.
Se il C.I.O. è fondamentalmente un ente organizzatore di competizioni, le F.S.I. si
occupano prettamente della regolamentazione delle diverse discipline sportive. Esse
sono sorte, a partire dalla metà dell’Ottocento (alcune ancor prima dell’istituzione del
26
E. LUBRANO, La giurisdizione amministrativa in materia sportiva, in P. MORO (a cura di), La
giustizia sportiva, Ed. Experta, 2004., p.166 s.
27
M. SFERRAZZA, Spunti per una riconsiderazione dei rapporti tra ordinamento sportivo e
ordinamento statale, in www.giustiziasportiva.it.
28
G. IADECOLA, Se al presidente di un comitato regionale della F.I.G.C. compete la qualifica
penalistica di persona incaricata di un pubblico servizio, in Cass. pen., 1996, 12, p.3799.
29
G. NAPOLITANO, Caratteri e prospettive dell’arbitrato amministrativo sportivo, in Giorn. dir. amm.,
2004, p.1162.
30
AA.VV., op cit.
31
I. MARANI TORO, Gli ordinamenti sportivi, Giuffrè Milano, 1977.
11
C.O.N.I.) con il fine di fissare le regole tecniche per la pratica dei rispettivi sport di
appartenenza, e di verificarne l’applicazione.
Limitandosi invece ai più ristretti ambiti nazionali, i vari Comitati Olimpici Nazionali
non possono prescindere dal potere dello Stato nel quale sono radicati e dal rapporto che
con questo si sono venuti a creare.
Nei paesi anglosassoni è tipico il modello privatistico, mentre in Francia o nei Paesi
dell’Est Europa lo è quello statalistico
32
. L’Italia si ispira invece ad un modello misto,
caratterizzato dalla compresenza di pubblico e privato, per la cui trattazione specifica si
rinvia al precedente paragrafo dove è stata affrontata l’evoluzione del rapporto
trilaterale tra C.O.N.I., F.S.I. e potere statale.
1.1.4. Le diverse competenze legislative
Anche se tra i costituenti non era mancato chi ne aveva proposto il riconoscimento
esplicito, la Costituzione italiana, nel suo testo originario, non si occupava di sport sotto
alcun profilo.
Anche la legislazione ordinaria, inizialmente, non ha certo abbondato di disposizioni
che prevedessero funzioni degli enti pubblici in tema di sport, né ha assegnato allo Stato
la possibilità di disciplinare l’ordinamento sportivo.
Questa mancanza di disciplina pubblicistica dello sport ha avuto diverse chiavi di
lettura: chi vi ha letto la pratica attuazione dell’autonomia dell’ordinamento sportivo
33
,
chi il ripudio verso lo sport, esaltato fino a pochi anni prima dall’ideologia fascista
come strumento di affermazione della superiorità della razza e di rafforzamento dello
Stato sul piano bellico
34
. Altri invece ritenevano che, a causa del clima di generale
indigenza in cui versava l’Italia nell’immediato dopoguerra, lo sport non aveva ancora
assunto, agli occhi del costituente, la rilevanza economico-sociale che lo avrebbe
caratterizzato da lì a qualche anno
35
.
32
C. ALVISI, Autonomia privata e autodisciplina sportiva – il CONI e la regolamentazione dello sport,
Giuffrè Editore, Milano, 2000.
33
GIANNINI, Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Rivista di diritto sportivo 1949,
1-2, 10.
34
V. SANNONER, La Costituzione italiana e lo sport, in Aspetti giuspubblicistici dello sport, a cura di D.
MASTRANGELO, Cacucci Editore, BARI, 1994.
35
F.P. LUISO, La giustizia sportiva, Giuffrè, MILANO, 1975.