Eventi e Rituali: l’equilibrio tra Caos e Logos
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Capitolo 1
La Simbolica Politica: campo di indagine e capisaldi
Una definizione più esaustiva della Simbolica la troviamo nel libro “Propedeutica alla
Simbolica Politica” scritto da uno dei suoi padri indiscussi, il prof. Giulio Maria
Chiodi che dice:
“ La Simbolica è la forma di studio rivolta […] ad evidenziare direttamente quelle manifestazioni dell’essere e
dell’agire che sono espresse dal profondo, dall’immaginario e dall’immaginazione creativa e performativa, dalle
strutture di senso, identitariamente costitutive o determinanti”.
Nel capitolo iniziale il professore spiega come si è avvicinato allo studio della
Simbolica indicandone le ragioni e le motivazioni profonde:
“Particolare importanza hanno avuto per me le riflessioni sui fondamenti del diritto, della politica e della teologia,
che mi hanno indotto a riflettere filosoficamente sull’ideologia e sulla teoresi dei linguaggi concettuali.
La rarefazione degli ideali, delle credenze, delle convinzioni in principi fondanti che si è andata diffondendo
soprattutto a partire dagli anni sessanta del novecento mi si presentava unita alla pretesa di universalizzare
esigenze meramente utilitaristiche o socio-economiche e comunque palesemente condizionate da obiettivi in senso
ampio politici. La necessità di interrogarsi sui fondamenti e sui presupposti informativi del pensare e dell’agire, che
caratterizza le menti inclini alla riflessione filosofica, trovava questa sola risposta a tali domande: ci si muove tra il
nulla e l’arbitrio. Questa consapevolezza mi metteva di fronte ad un preciso impegno, teoretico e di metodo, cioè
quello di misurarsi con le dimensioni dell’ideologia.
Fu così che i miei studi giuridici e di teoria delle istituzioni, specialmente attenti alla storia, alla politologia, alla
teologia e naturalmente alla filosofia, mi indussero a prendere in considerazione il problema dell’ideologia nei suoi
aspetti epistemologici. Non mi riuscì difficile rendermi conto che un contesto ideologico si regge, in ultima analisi,
su dispositivi di carattere simbolico, più precisamente, in tale prospettiva non si limita alla sola rappresentatività,
ma assume anche funzioni di natura costitutiva e quindi emanante direttive al pensiero e ai comportamenti. Ne
consegue che studiare gli aspetti fondativi dell’aggregazione sociale e, in specie, della politicità, comporta
approfondire le caratteristiche del simbolo collettivo. Da qui l’avvio della mia ricerca di un metodo per far luce sulla
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natura e sulle dinamiche del simbolico come dimensione costitutiva, presente o rimossa, nelle ideologie, nelle strutture
istituzionali, nei comportamenti collettivi.
La sensazione di agire tra il nulla e l’arbitrio neutralizza, almeno nel campo etico e politico, le capacità costitutive
della ragione, che non è più in grado di prestare i suoi servigi a principi comunemente condivisi, ma soltanto a quelli
strategico-stumentali. Quando la ragione viene assunta a criterio generale di determinazione degli ordini di
convivenza […] se non si pone al servizio dell’ideologia, cioè di una “scelta” fondamentalmente arbitraria, rimane
circoscritta al vuoto (o al nulla) della propria autoreferenzialità, affermando soltanto che è razionale essere
razionali. Ho tratto così, la convinzione che l’intervento della razionalità negli ordini sociali – cioè di criteri
controllati, controllabili o, comunque, dotati di coerenze comunemente condivisibili – in virtù del suo carattere
strategico-strumentale non può che assumere le forme di un pensiero regolativo […]. E la regolatività riflette una
visione delle cose in cui la ragione mantiene il suo rigore, ma non ha nessuna pretese di essere fondante. Fondative
anche per la ragione, invece, sono nella vita di relazione soltanto le realtà simboliche”.
La Simbolica nasce quindi dall’esigenza di alcuni studiosi di trovare un metodo di
indagine, scientificamente condotto, per tutte quelle manifestazioni umane non
spiegabili in termini puramente logico-razionali e dal bisogno di capire su cosa si
basino le leggi, le istituzioni umane e le ideologie che ne sono a capo, o meglio il
quid che rende possibile la convivenza sociale.
Guardare alle manifestazioni umane, intese come fattori emozionali, passionali,
immaginativi, creativi, inconsci come parti essenziali della vita relazionale
comunitaria e sociale e prenderle in considerazione quali elementi fondativi di una
cultura, aiuta lo studioso di Simbolica a rispondere ad alcuni quesiti mai risolti
prima.
Compito della Simbolica è quello di sottolineare e rendere evidenti gli elementi
materialmente invisibili, ma costitutivi di una società, collegati all’identità stessa di
un popolo e al senso della sua esistenza.
L’assunto di fondo dal quale la Simbolica ha inizio è che l’uomo è homo symbolicus.
L’elemento prioritario da considerare è “la natura dell’essere umano in quanto
essere vivente, animato da fattori vitali che sono recepiti o recepibili da fenomeni
soltanto di ordine simbolico”
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.
2
Giluio Maria Chiodi, Propedeutica alla Simbolica Politica, Franco Angeli, Milano, 2006 p. 20
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L’homo symbolicus è riassumibile attraverso un semplice schema, che chiameremo axis
antropico o pentamorfico, fatto di livelli percettivi e di elaborazione:
1) Il primo livello percettivo è rappresentato dall’istinto sensoriale e della
percezione sensibile: fattore fisiologico comune a tutti gli esseri viventi. Le
risposte istintive prendono avvio dalla reazione dei sensi;
2) Livello emozionale. Comune a tutti gli esseri umani, ma variabile da
individuo ad individuo. L’emozionalità nasce da una elaborazione mentale e
dall’intelletto immaginante;
3) Livello dell’intelletto logico o raziocinante. Operano elementi di raziocinio
proceduralmente controllabili, riconoscibili e applicabili da ogni essere
umano;
4) Livello dell’immaginazione. E’ un livello al quale concorrono tutti gli altri
livelli; la facoltà immaginativa esplica i rapporti più elaborati che stabiliamo
con noi stessi e con il mondo esterno ed ha a che fare sia con l’immaginazione
intesa come raffigurazione mentale che pensa ad oggetti prescindendo dalla
loro reale esistenza nella realtà, che con l’immaginale, di cui più avanti
approfondiremo il significato;
5) Livello del sentimento. Esprime la caratterizzazione dominante dei
comportamenti umani e in questo senso può essere detto anche “mentalità” ;
è un elemento primario nella formazione dei costumi di un’epoca. Ha una
natura temporale proprio perché legato ad un’epoca storico-culturale.
L’essere umano percepisce, agisce e risponde agli stimoli interni ed esterni
attraverso questi diversi livelli percettivi e di elaborazione che operano
promiscuamente e contemporaneamente formando l’insieme idio-affettivo del
nostro essere. E’ attraverso questi livelli che egli risponde alla necessità di
strutturare, comprendere, conoscere e ordinare la realtà che lo circonda, necessità
che deriva in primo luogo dall’innato istinto di conservazione o sopravvivenza e
dalla consequenziale paura di ciò che gli è sconosciuto. L’ignoto rappresenta una
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minaccia, perché potenziale portatore di morte: è la paura ancestrale di perdere la
vita che induce l’uomo ad indagare ciò che non conosce e a dare un senso alle cose.
Se è vero che questi cinque livelli formano la struttura elementare completa
dell’uomo e il suo sistema idio-affettivo, tutto l’universo può essere invece diviso in
tre domini, mondi o regni di appartenenza che vanno a costituire l’axis mundi :
1. Zona supera o Regno del Logos (dominato dalla facoltà razionale e ordinatrice,
collegata al principio maschile);
2. Zona terrestre o Regno del Mythos (dominata dalla facoltà immaginativa è il
mondo in cui Logos e Caos si incontrano per creare una sintesi armoniosa);
3. Zona infera o Regno del Caos (dominato dall’istinto e strettamente collegato
con l’informe, l’iletico e l’inconscio oscuro e ribollente).
Di questi tre diversi domini il prof. Paolo Bellini, nel suo libro “Autorità e potere”, dà
questa definizione:
“Caos, con tale parola intendiamo tutti i fenomeni allo stato puro, ciò che viene sentito immediatamente dai sensi
e dall’istinto, non soggetto ad alcuna interpretazione, né ad alcuna elaborazione cosciente. Sotto tale denominazione
vanno considerate, per esempio, tanto le semplici sensazioni del caldo e del freddo […] quanto l’inconscio come
struttura potenziale ( […] forza elementare, energia psichica proteiforme). Mythos, con tale termine consideriamo
i racconti delle origini o i miti, ciò che viene percepito ed elaborato attraverso l’Immaginazione o funzione fantastica,
di cui fa parte a buon diritto il mundus imaginalis . Nel Mythos esistono i simboli, le leggende, le fiabe, l’inconscio
in atto […] come manifestazione visibile e dinamica delle proprie strutture potenziali. In tale dominio è racchiuso
il senso dell’esistenza che si giustifica attraverso il ricorso alla religione, all’arte, alla letteratura, alla musica, al
sacro ecc. Il Logos, con questo vocabolo indichiamo tutte le attività dell’intelletto raziocinante e del terzo escluso,
quanto le strutture linguistiche […]. Tutto quello che pertiene, in sintesi, all’attività razionale, alla capacità di
fornire schematicamente un’interpretazione ben ordinata della realtà […]. Facciamo riferimento inoltre
all’intelletto astratto, all’atto puro del pensiero che pensa se stesso e a quel meditare puramente trascendentale
[…]”.
L’axis mundi, come principio ordinativo dell’universo, nella sua gerarchia piramidale
diventa anche axis sui nel momento in cui costituisce il sistema di equilibrio del Sé
individuale. Attraverso il riconoscimento di questo ordine cosmico tripartito, è
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possibile ritrovare nel proprio essere la stessa identica tripartizione che identifica
nel bisogno del sacro quale spinta verso l’alto, la zona supera, nella realtà inconscia
e caotica collegata agli istinti più bassi e bestiali, la zona infera e in un punto medio
corrispondente ad una natura umana che sia stata capace di compiere il processo di
individuazione, la zona terrestre corrispondente al Regno del Mythos.
A questo punto, per concludere il nostro breve excursus sulla Simbolica, non ci resta
che chiarire il significato della parola immaginale, spiegazione per la quale, ancora
una volta, ci riferiremo al manuale di “Propedeutica alla Simbolica Politica”.
Una prima definizione di immaginale potrebbe essere la seguente:
“L’immaginale è, nel nostro quadro, una realtà particolare che consideriamo composta di elementi sensibili,
percettibili, perfettamente appartenenti alla sfera del conscio e nel contempo di elementi impercettibili,
indeterminabili che possiamo far risalire a zone dell’essere che la psicologia definirebbe dell’inconscio”.
E ancora
“Più propriamente noi riferiamo l’immaginale a quell’ordine di fenomeni che sono un misto di realtà e di
immaginazione, un insieme inscindibile di manifestazioni idio-affettive e intellettive insieme, emozionali e razionali
ad un tempo capaci di esprimere una totalità che si determina nel vissuto”.
L’immaginale fa parte di un mondo di mezzo, che si situa tra il Regno del Caos e
quello del Logos, un mondo in cui percezione sensibile e intuizione intellettiva si
danno insieme. E’ il mondo che pone in collegamento le dimensioni dell’inconscio,
caotico e ribollente, con quelle del conscio, ordinato e ordinatore ed è il luogo in
cui si produce il simbolo quale elemento che esprime nella realtà ciò che viene
attinto dall’inconscio.
Il simbolo può essere considerato ciò che conduce, mezzo attraverso il quale si
entra in uno stato di coscienza liminare, in quanto pur venendo consapevolmente
percepito da chi ne partecipa, attinge contemporaneamente da componenti
incontrollate dell’inconscio. Il simbolo è ciò che vive nel mondo immaginale e da
esso coglie la qualità della coincidenza degli opposti: come il Regno del Mythos collega
e fa interagire Logos e Caos, Cielo e Terra, il simbolo si situa tra il visibile e
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l’invisibile, il definito e l’indefinito, il dicibile e l’indicibile, l’esprimibile e
l’inesprimibile.
Esso è per definizione enantiodromico, universale, astorico e atemporale,
subliminale, non arbitrario e ambiguo.
Il simbolo è la modalità con cui l’inconscio ci parla, è un linguaggio arcaico e
universale che produce una sintesi perfetta tra Caos e Logos, tra istinto e razionalità.
Un meccanismo equilibratore che aiuta l’essere umano a mantenere la sua delicata e
precaria posizione di equilibrio tra due apparentemente incongiungibili nature:
divina e bestiale.
In questo contesto, all’interno di una riflessione sulla natura umana, né angelica, né
animale e che pone l’equilibrio come costante necessaria e non come una variabile
accessoria si inserisce la Simbolica quale scienza. Dare voce e contenuti a questo
“mondo mediano”che si esprime attraverso simboli, ci permette di entrare in
contatto con quegli strumenti che assegnano un senso all’esistenza della specie
umana, ci permette di leggere la realtà circostante con nuovi e più profondi
strumenti, ci aiuta a rilevare e spiegare alcuni “sintomi” di malessere oggi presenti
nella società.
Nello specifico di questa trattazione analizzeremo il rito e la festa quali espressioni
simboliche del Mythos, dimostrando attraverso di essi l’importanza di alcuni
meccanismi essenziali per la sopravvivenza di una comunità umana piena, sensata e
completa.
Leggeremo il rituale come medium attraverso il quale la comunità primitiva agiva sul
piano simbolico per: sanare i conflitti sociali, rielaborare la realtà, “iniziare” gli
adulti di domani, reinventare i valori alla base della struttura sociale, esprimere la
propria creatività, mettersi in contatto con la propria parte spirituale e numinosa e,
in breve, produrre una sintesi tra due mondi, quello del Caos e quello del Logos, due
emisferi, quello celeste e quello terrestre, due anime, quella razionale e conscia e
quella irrazionale e inconscia.
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Guardando al rito come momento di drammatizzazione collettiva di contenuti
inconsci, capiremo la sua importanza “terapeutica” e di “via per arrivare al Sé”: gli
attori, portando alla luce conflitti individuali irrisolti, stabiliscono un contatto con
una sfera profonda e inconscia e ritrovano la propria identità che si specchia nella
comunità di appartenenza. Attraverso danze, canti e gesti rituali (segnali meta
comunicativi, simboli), l’uomo esprime l’indicibile e l’inesprimibile, ciò che è
informe a causa della sua natura caotica, riuscendo così ad elaborarlo e
comprenderlo psicologicamente.
Oggi gli eventi non permettono questo tipo di introspezione né questa profonda
comunicazione del sé. Ma perché possiamo affermare ciò? Nel corso della
trattazione le ragioni a favore di questa tesi diverranno più che chiare e gli elementi
che porranno in evidenza la sostanziale differenza esistente tra Rito antico ed
Evento moderno diverranno palesi.
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Capitolo 2
Il processo di secolarizzazione, la società desacralizzata e
la perdita dell’equilibrio
L’uomo nel suo pensare, sentire ed agire è un essere essenzialmente culturale cioè
legato a doppio filo alla fenomenologia sociale. Come egli, vivendo e interagendo
all’interno di una comunità, la influenza e la modifica, così la comunità influenza e
modifica l’axis antropico dell’individuo, iscrivendolo in un perimetro immaginario
che rende possibile la sopravvivenza stessa della comunità.
“Perciò l’uomo costruisce le sue forme di reazione e adattamento alle cose in maniera non isolata. Ne consegue che i
cinque livelli del suo essere risentono e sono condizionati dai contesti culturali di appartenenza. In altri termini,
mentre l’istinto (livello a) è più vicino all’elementarità naturale, il sentimento (livello e) è più vicino all’elemento
culturale”.
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Giulio Maria Chiodi, Propedeutica alla Simbolica Politica, Franco Angeli, Milano, 2006, p. 28
“Se nella nostra esistenza l’immaginazione prendesse il sopravvento sulla ragione, lasciandoci
in preda alle passioni, agli ideali emozionali, all’ideologizzazione spontanea degli istinti e delle
fantasie, l’esito non sarebbe soltanto quello di tradire la ragione, ma anche la realtà stessa:
saremmo in tal modo gettati nel caos dell’indistinto, travolti da energie incontrollabili. Se invece
prendesse completamente il sopravvento la ragione sull’immaginazione, affidando con ciò
l’esistenza sostanzialmente all’ordine logico, alla funzionalità, al calcolo utilitaristico, alle
convenzioni, alle direttive normative finalisticamente vagliate, ai vantaggi solo materiali,
individuali e collettivi, l’effetto sarebbe quello dell’assoluta strumentalizzazione dell’essere
umano, per non dire del suo annichilimento, dell’atrofizzazione, dello svanimento di senso,
della perdita di reale finalità e di consistenza identitaria, con caduta negli artifici
dell’organizzazione e conseguentemente nel nulla”. Giulio Maria Chiodi
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Conseguentemente a ciò possiamo dire che una società culturalmente più
sviluppata tenderà ad amplificare il livello sentimentale individuale e sarà
globalmente più sensibile ad alcuni saperi rispetto ad altri, mentre una società
culturalmente meno sviluppata solleciterà l’utilizzo del mero istinto di
sopravvivenza. Questa breve precisazione ci serve per comprendere i vari stadi
dello sviluppo della società umana e a dare una lettura simbolica del cambiamento
progressivo dei valori fondamentali alla base della comunità.
Possiamo dividere il percorso di sviluppo dell’essere umano, sia come singolo che
come parte di una comunità umana, in tre grandi fasi:
1. fase uroborica: l’uomo fa esperienza della totalità, del materno; vivendo in
simbiosi con la natura l’uomo arcaico vive in una dimensione mistico-
partecipativa all’interno della totalità dell’inconscio collettivo che tutto in sé
esaurisce; simbolo di questa dimensione uroborica è il serpente che si morde
la coda o uroboros, antico simbolo egizio che ben esprime l’informe, il caotico,
l’atemporale circolarità del cosmo che tutto comprende, senza un inizio e
una fine;
2. fase di individuazione progressiva del sé e di distacco dalla totalità;
definito anche come percorso di sviluppo personale della psiche o creazione
della personalità, in psicologia viene associato, nella storia personale
dell’individuo, al momento in cui il neonato prende coscienza del proprio
corpo e percepisce la differenza tra il suo essere e quello della madre; il
percorso di sviluppo della psiche, se ben condotto, sfocia nel cosiddetto
processo individuativo o d’individuazione che permette al neonato di
crescere e diventare un adulto equilibrato, autosufficiente e completo;
3. fase del pensiero logico-razionale o processo di secolarizzazione è, nella
nostra interpretazione, il momento storico che inizia con l’avvento del
moderno e arriva fino ai nostri giorni; caratterizzato dalla predominanza del
pensiero logico-deduttivo e dalla cieca fede nella scienza, l’uomo moderno e