3
La bioetica - nella valutazione dei valori e dei principi morali coinvolti - il diritto
- nella loro conseguente applicazione pratica - tentano di dare una risposta chiara e
convincente a tale richiesta, rimanendo pur sempre nell’ottica di promuovere una
migliore qualità della vita.
Il primo capitolo si occupa degli aspetti giuridici dell’eutanasia in Italia, con ampi
e costanti riferimenti sia alla dottrina che alla giurisprudenza; viene trattata, in
particolare, la problematica relativa alla liceità o meno delle principali forme di
eutanasia (consensuale e non consensuale, attiva e passiva) alla luce dell’ordinamento
giuridico attuale. Si affrontano, altresì, temi quali l’accanimento terapeutico, lo stato
vegetativo permanente, il consenso, nonché le nuove figure del testamento biologico e
della procura sanitaria.
Il panorama giuridico straniero in tema di eutanasia è oggetto di trattazione del
secondo capitolo: si analizzano la normativa e le pronunce giurisprudenziali rilevanti di
Stati Uniti, Australia e Olanda (con particolare riferimento alla L. 10 aprile 2001, n.
137); l’ultimo paragrafo è dedicato a tre importanti casi europei.
L’ultimo capitolo affronta gli aspetti positivi e negativi legati all’introduzione di
una legge sull’eutanasia, la tematica delle cure palliative e degli hospice, nonché alcune
soluzioni normative, adottabili de jure condendo, nell’ottica di una necessaria ed
urgente riforma della disciplina esistente.
4
Capitolo primo
IL CONTESTO ITALIANO
“Katã t¤ dØ oÔn pote oÎ
fasi yemitÚn e‰nai aÈtÚn
•autÚn épokteinÊnai, Œ
S≈kratew;”
*
Platone
1. Diritto, etica, morale, bioetica
Il diritto è, al pari della morale, un fenomeno sociale: nasce laddove vi è una
comunità al fine di disciplinare i rapporti e le attività dei consociati (ubi societas ibi
ius).
Le regole della morale individuano i principi della qualità della vita, definendo
quei comportamenti che i soggetti devono tenere se intendono improntarsi al rispetto dei
principi stessi.
Le regole giuridiche, parimenti, definiscono i comportamenti cui i destinatari
devono uniformarsi ma, a differenza delle prime (la cui violazione determina solo
riprovazione sociale ed, eventualmente, sentimenti di colpa), sono vincolanti: la loro
violazione determina l’irrogazione di sanzioni
2
.
Ciò perché se le regole della morale “presuppongono l’esistenza di un gruppo
sociale e non valgono a costituirlo [il diritto] vale invece a creare il gruppo sociale ed a
* ‘Socrate, ma in che senso dicono che non è lecito darsi la morte?’ (PLATONE, Fedone, cap. VI, Garzanti,
Milano 1981, 79).
2
Ciò, in ogni caso, non vieta che alcune regole siano insieme morali e giuridiche, allorquando
disciplinino lo stesso settore: si pensi all’obbligo di fedeltà tra coniugi.
5
conferirgli stabilità e continuità nel tempo, mediante la posizione di norme dotate
del carattere della coattività”
3
.
La funzione essenziale del diritto, quindi, è quella di conservare la società e di
promuoverne una migliore, mediante la definizione di regole di comportamento
finalizzate a comporre il pluralismo ed a mantenere uniti gli uomini fra loro
4
.
In una visione giusnaturalistica, i valori etici sono statici, immutabili e identici,
perché connaturati alla natura dell’uomo.
I valori giuridici, diversamente, devono adeguarsi al tipo di vita della collettività
che muta incessantemente e con grande velocità. La giustizia non è altro che la regolare
e concreta applicazione di una norma che porta al suo interno la determinazione di un
valore, sicché “ogni evoluzione morale […] che porta una modificazione nella scala dei
valori, modifica in pari tempo le caratteristiche ritenute essenziali per l’applicazione
della giustizia”
5
.
Il legislatore, non potendo prevedere le modifiche del tipo di vita della
collettività, ha il compito di intervenire per adeguare la normativa alle nuove regole di
vita.
Ed i principi fondamentali, ai quali devono ispirarsi i comportamenti sia della
collettività che del legislatore, sono quelli espressi nella Costituzione.
Ma è pur sempre necessario un riscontro adeguato nella società.
Il sistema giuridico, infatti, non è una sovrastruttura imposta: solo la condizione
socioculturale esistente costituisce l’unico elemento valido perché esso trovi effettiva e
3
T. MARTINES, Diritto costituzionale, Giuffrè, Milano 1994, 25. “In una società democratica e
pluralistica, ciascuno di noi è libero di adottare una morale, di elaborare regole di vita, di ispirarsi a un
ideale, di vivere la sua vita come preferisce” (C. PERELMAN, Le droit et la morale devant l’euthanasie, in
Diritto morale e filosofia, Guida, Napoli 1973, 295-296)
4
Etimologicamente ius si ritiene derivi da iungere.
5
C. PERELMAN, La giustizia, Giappichelli, Torino 1959, 52.
6
concreta applicabilità.
E’ anche possibile che nella realtà della vita si verifichino fatti non previsti da
alcuna regola giuridica (per esempio l’eutanasia): l’adeguamento costante tra piano
reale e piano giuridico avviene o con la produzione normativa o con l’interpretazione.
Se, però, il legislatore intervenisse per regolamentare l’eutanasia, dichiarandola
sic et simpliciter non lecita, non solo non contempererebbe le esigenze sociali, ma
darebbe ampio spazio al fenomeno delle violazioni clandestine.
Di fronte ai fenomeni per i quali non si è formato ancora un consenso di massa,
il legislatore non interviene, lasciando il campo ai dibattiti sulle proposte di legge ed
alla giustizia del caso singolo.
Tuttavia, se da un lato con la giustizia del caso singolo non si corre il rischio di
avere una normativa generale valida sempre e per tutti su un settore su cui non c’è
ancora un consenso generale e un’accettazione di massima, dall’altro esiste il non meno
grave rischio di pervenire a pronunce diverse su casi uguali, in violazione dell’articolo 3
della Costituzione
7
2. Definizione di eutanasia
È estremamente difficile poter delineare con certezza una nozione esatta di
eutanasia, non foss’altro che essa non costituisce una nozione giuridica legislativamente
definita trattandosi, piuttosto, di un fenomeno di natura empirica o socio-prammatica.
Benché etimologicamente la soluzione sarebbe semplice, in quanto viene
evocata un’accezione spirituale (“buona o dolce morte”
6
), tuttavia le implicazioni cui
con essa si va incontro sono complicate.
L’espressione eutanasia ha acquisito storicamente valenze assai diverse: è possibile,
infatti, operare una summa divisio tra:
- eutanasia collettivista: orientata verso un fine di utilità pubblica, non
consensuale, praticata su larga scala;
- eutanasia individualistica: mossa da un sentimento di pietà, sia consensuale
che non consensuale, praticata esclusivamente in modo individuale
7
.
Rientrano nella prima definizione:
- eutanasia eugenica o eugenetica: l’uccisione indolore degli individui
deformi, tarati, mostruosi, col fine di migliorare la specie salvaguardando la purezza
della razza
8
;
- eutanasia economica: l’eliminazione indolore dei malati incurabili, degli
invalidi, dei pazzi, dei vecchi, in quanto costituiscono un inutile peso (soprattutto ma
non solo) economico per la società;
- eutanasia criminale: l’eliminazione indolore dei soggetti socialmente
6
Il valore etimologico del vocabolo eÈyanas¤a, composto da e e yãnatow, non ha capacità orientative.
7
F. MANTOVANI, Aspetti giuridici della eutanasia, in “Rivista italiana di diritto e procedura penale”
31(1988), 448.
8
Fu praticata a Sparta nonché, secondo quanto scritto da Cicerone, a Roma dove i fanciulli deformi
venivano uccisi. L’esempio più tipico – e più tristemente noto – è quello messo in pratica dalla Germania
nazista dove, a partire dal 1933, venne dato il via al programma eutanasico Euthanasieprogramm, che
8
pericolosi;
- eutanasia sperimentale: il sacrificio di alcuni soggetti per compiere
sperimentazioni utili al progresso della scienza e della medicina;
- eutanasia profilattica: l’eliminazione indolore dei soggetti affetti da malattie
epidemiche;
- eutanasia solidaristica: il sacrificio di alcuni soggetti a favore della vita o
della salute di altri (per esempio allo scopo di prelievo degli organi).
Il significato più comune è quello indicato dalla seconda definizione, che si riferisce
ad una morte provocata per un sentimento di compassione (pietatis causa) derivante
dallo stato particolare di sofferenza in cui versa un individuo: è in questo senso che si
parla di eutanasia pietosa. Si uccide per far cessare una condizione umana angosciante e
dolorosa.
L’elemento caratterizzante il gesto eutanasico “è il motivo di pietà che muove il
soggetto attivo: è la pietà, infatti, che, se non riscatta, qualifica l’azione, facendo
dell’omicidio pietatis causa un gesto non di odio bensì un gesto d’amore, non un
omicidio comune ma un omicidio ‘misericordioso’”
9
.
L’eutanasia pietosa terapeutica (ossia in ambito medico) può, a sua volta, essere
attiva o passiva. Per eutanasia attiva, s’intende un comportamento diretto ed
intenzionale finalizzato a cagionare la morte indolore di una persona affetta da una
malattia a prognosi infausta allorché la morte sia incombente o imminente
10
. Per
eutanasia passiva si intende, invece, l’omissione o l’interruzione di un trattamento
portò all’eliminazione di oltre 70.000 infermi di mente. Ciò sulla base delle conclusioni cui la scienza
giuridica e medica pervennero circa la liceità dell’estinzione delle vite prive di valore vitale.
9
G. IADECOLA, Eutanasia e sue problematiche giuridiche, in “Giustizia Penale” 90(1985)1, 187. Lo
stesso autore evidenzia come nel Medio Evo veniva utilizzato un pugnale, detto “misericordia”, per dare
il colpo di grazia agli avversari ormai feriti a morte.
9
terapeutico necessario per mantenere in vita il malato
11
.
Si distingue, inoltre, fra eutanasia volontaria (o consensuale), quella cioè
esplicitamente richiesta dal paziente, ed eutanasia non volontaria (o non consensuale),
quella non richiesta dal paziente perché persona incapace
12
.
L’eutanasia si contrappone alla distanasia o accanimento terapeutico
(acharnement therapeutique), che indica il ricorso a interventi medici di prolungamento
della vita non rispettosi della dignità del paziente.
Altra distinzione è tra eutanasia diretta, se si agisce (o ci si astiene dall’agire,
quando l’attività medica è necessaria per mantenere il paziente in vita) con il solo scopo
di provocarne la morte, ed indiretta, se non c’è tale intenzione.
Prossimo al concetto di eutanasia è il suicidio medicalmente assistito (p.a.s.,
acronimo di physician assisted suicide) che indica il caso in cui la morte è conseguenza
diretta di un atto suicida del paziente, ma consigliato e/o aiutato dal medico
(prescrivendo farmaci idonei ad accelerare la morte del paziente o adoperando le
“macchine del suicidio”).
Conclusivamente, quantunque una definizione esatta ed unitaria di eutanasia
pietosa terapeutica non esista, data la sua natura empirica e non giuridica, ci si è sempre
sforzati di fornirne una: “Intervento intenzionalmente programmato per interrompere in
maniera diretta e primaria una vita, quando questa si trova in particolari condizioni di
10
“Per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un’azione o omissione che di natura sua e nelle
intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore” (GIOVANNI PAOLO II, Lettera Enciclica,
Evangelium Vitae, Piemme, Casale Monferrato 1995, 128).
11
Negli ordinamenti di common law la prima viene definita mercy killing, la seconda letting die.
All’interno dell’eutanasia passiva vengono ricomprese: la paraeutanasia ha ad oggetto la sospensione dei
trattamenti di rianimazione; l’ortoeutanasia consiste nell’interruzione di ogni cura per non protrarre
inutilmente la sofferenza del paziente; l’eutanasia larvata che ricorre quando la somministrazione delle
sostanze analgesiche viene compiuta con la consapevolezza che essa può condurre alla morte.
12
Nei paesi anglosassoni la distinzione è tra voluntary e non voluntary; si parla di eutanasia involuntary
quando essa viene praticata contro la stessa volontà del paziente.
10
sofferenza o di inguaribilità o di prossimità alla morte”
13
; “Morte procurata con
un mezzo indolore a un malato di malattia giudicata inguaribile e causante intollerabili
sofferenze”
14
; “Soppressione indolore e per pietà di chi soffre, o si ritiene che soffra e
che possa soffrire nel futuro, in modo insopportabile”
15
; “Atto di dare la morte a un
malato incurabile o a un infelice allo scopo di porre termine alla sua vita di sofferenze o
di infelicità”
16
;“Azione od omissione che di natura sua, o nelle intenzioni, procura la
morte, allo scopo di eliminare ogni dolore”
17
; “Scelta di una morte indolore per
scongiurare una morte piena di dolori, ossia la scelta della morte ‘bella’ per evitare la
morte ‘atroce’”
18
; “Uccisione indolore o mancata prevenzione della morte da cause
naturali nel corso di malattie terminali [il cui mezzo impiegato] deve essere indolore, ed
anzi portare alla cessazione del dolore e della sofferenza”
19
; “Azioni o omissioni
finalizzate a una morte indolore in casi senza speranza di vita”
20
.
13
G. PERICO, Eutanasia e accanimento terapeutico in malati terminali, in “Aggiornamenti Sociali”
36(1985)1, 3-14.
14
M. DAFFARA, Eutanasia, in Grande Dizionario Enciclopedico, vol. 7, UTET, Torino 1968, 438.
15
V. MARCOZZI, Il cristiano di fronte all’eutanasia, in “Civiltà cattolica” 125(1975)4, 322.
16
P. VERSPIEREN, L’Euthanasie. Un débat qui repose sur des équivoques, in “Etudes” (1977)436, 224.
17
S. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull’eutanasia, 5 maggio 1980, II,
n. 6; anche in “Medicina e Morale” 20(1980)3, 343.
18
G. B. GUZZETTI, Il pensiero di un teologo morale cattolico, in “Federazione Medica” 37(1985), 12.
19
G. GIUSTI, L’eutanasia, diritto di vivere, diritto di morire, CEDAM, Padova 1982, 14.
20
A. FIORI, Problemi medico-legali dell’eutanasia, in AA. VV., Il valore della via. L’uomo di fronte al
problema del dolore, della vecchiaia, dell’eutanasia, Vita e Pensiero, Milano 1985, 178-202.