EUROPA E AMBIENTE. LE POLITICHE ENERGETICHE AL 2020
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responsabile del riscaldamento globale, cos come uno dei pericoli principali
per la salute dell uomo. Si Ł detto che salvando l uomo si salvava la Terra e
viceversa, anche se nei fatti la responsabilit del le emissioni di CO2 Ł ancora
tutt ora oggi tutta da dimostrare.
Da qui, e dall obbiettivo di riduzione dei gas serra nasce la preoccupazione
che ha rivestito l energia soprattutto a livello comunitario. Da sempre energia
e ambiente sono stati trattati distintamente, e solo negli ultimi anni Ł stato
possibile per l intreccio sopra descritto.
Infatti nel processo di convergenza dei Paesi europei nel quadro dell Unione
Europea il tema delle politiche energetiche ha da sempre fatto caso a sØ
rappresentando uno dei campi con le maggiori divergenze, nonostante il
processo di integrazione fosse iniziato negli anni 50 proprio con due
importanti trattati in campo energetico: il CECA (Comunit Europea del
Carbone e dell Acciaio) del 1951 e l Euratom (Comun it Europea
dell Energia Atomica) del 1957, parte integrante questo del Trattato di Roma.
Nei decenni successivi, quando il petrolio e il gas l hanno fatta da padrone
come fonte di approvvigionamento, Ł venuta meno l ipotesi di politiche
comuni a livello europeo, delegando ai vari stati la politica energetica.
Il legame tra fonti fossili e politica Ł sempre stato forte. Questo per diversi
fattori:
• la struttura oligopolistica del mercato del petrolio;
• l alta concentrazione delle risorse in zone delimitate fuori controllo
dell Europa;
• l importanza che il petrolio in ambito militare;
• l intreccio di rapporti bilaterali fra i singoli Paesi europei e quelli
produttori;
La regolazione in campo energetico quindi si svilupp come un tema di
competenza nazionale, piø che comunitaria, subordinato alla presenza di
grandi monopolisti pubblici.
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Nell impossibilit di poter definire a livello comu nitario delle politiche
energetiche in senso stretto, l intervento dell UE in materia energetica ha
finito per dispiegarsi, a piccoli passi, attraverso due strumenti principali:
- le politiche economiche di libero mercato;
- le politiche ambientali;
Dalle prime sono derivati tutti i processi di liberalizzazione. Come si dir in
seguito rivestono grande importanza le Direttive I e II per l energia elettrica e
e il gas rispettivamente del 1996 e del 1998. Esse hanno favorito la
concorrenza aprendo i mercati nazionali fino a quel momento dominati da
monopolisti unici per tutte le varie filiere.
Le politiche ambientali invece, tramite una legislazione di durata trentennale
hanno favorito lo sviluppo, seppur ancora marginale, di energie verdi quali le
fonti rinnovabili e indotto un risparmio in termini di efficienza di consumi sia
a livello industriale che privato, per effetto dei limiti/requisiti imposti in
qualit dei carburanti, limiti alle emissioni prima di gas inquinanti e poi di
gas serra.
Il protocollo di Kyoto del 1998 e l averlo recepito integralmente Ł stato
l apice di queste politiche di contenimento dell im patto dell uomo
sull ambiente.
L andamento delle politiche UE in materia di energia deriva quindi in gran
parte dai dettati in materia ambientale. In realt si potrebbe dire che a parte
l apertura dei mercati energetici, per il resto tutto ci che parla di energia Ł
legato in qualche modo alle preoccupazioni, in particolare della
Commissione, in materia di riscaldamento globale e contenimento delle
emissioni di CO2. Questo ha portato inevitabilmente a un percorso
disomogeneo, poco innovativo e soprattutto dettato da logiche di rendita di
gruppi di interesse che ogni qualvolta c Ł stato un tema di rilevanza
sull opinione pubblica in gioco, ne hanno approfittato per disciplinare a
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proprio piacimento la politica comunitaria. Tale frammentariet Ł stata poi
ulteriormente aggravata dall eterogeneo recepimento (nei tempi e nelle
modalit ) delle Direttive europee da parte dei sing oli Stati membri.
L obbiettivo del lavoro esposto Ł quello di andare a descrivere da un punto di
vista critico le politiche energetiche che inevitabilmente sono interconnesse
con la priorit che l Ue da in campo ambientale. Qu esto comporta che
doverosamente si tratter in modo specifico di rinn ovabili, considerate fonte
di energia pulita a basse emissioni.
Tutta la politica UE ha come target l anno 2020.
A gennaio 2007 ha preso piede il cd. Pacchetto energia 20-20-20, punta di
una ben piø grossa politica che come detto spazia dall ambiente alla
liberalizzazione dei mercati energetici e al progetto a lungo termine dell uso
dell energia nucleare.
Valutare la fattibilit delle proposte vuol dire an che sapere che l UE, e in
particolare la Commissione, ha preso una strada decisa verso la riduzione
delle emissioni di gas serra.
Da qui numerosi studi hanno portato a elaborare strategia in tutti i campi, tra
cui l energia, peraltro considerata responsabili del 80% di emissioni di CO2.
Le obiezioni per nascono da qui. ¨ possibile aiuta re la Terra?
In un epoca globale e concorrenziale come quella attuale appare infattibile
l utopica pretesa di sconvolgere il circolo dell in dustria, senza subire gravi
conseguenza per prima cosa a danno dei cittadini. Una politica energetica che
abbia un impatto ambientale di tipo sostenibile dovrebbe puntare proprio alla
convenienza e a valutare i costi e i benefici di tali proposte.
Lo sviluppo delle rinnovabili, cos come tutti gli altri progetti al vaglio della
Commissione, saranno in questo lavoro valutate cercando di quantificare gli
impegni presi dagli organismi UE, in relazione agli anni passati e in un ottica
di sviluppo al 2020.
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Nelle conclusioni sar poi esposto un giudizio pers onale sullo stato dei lavori
e delle proposte della Commissione con un analisi attenta di quel che si fatto,
fornendo anche spunti di riflessione sulle politiche da implementare.
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PARTE PRIMA
L AMBIENTE E LO SVILUPPO SOSTENIBILE
Noi siamo una parte della terra, e la terra fa par te di noi
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CAPITOLO 1
LA POLITICA AMBIENTALE
INTERNAZIONALE
rima negli Stati Uniti e poi in Europa, attraversando tutto il mondo cd.
sviluppato, Ł sorto il problema di conciliare le istanze ambientali con
la crescita economica di ciascun paese. L ambiente, dapprima
tematica racchiusa tra circoli ristretti, Ł diventato uno dei cruciali problemi del
giorno d oggi. Tramite le conferenze internazionali si Ł cercato di rispondere
alle istanze di chi evidenziava differenze tra i paesi in via di sviluppo e
l Occidente industrializzato. Allargando poi l ambi ente a fenomeni piø
complessi come la povert , il disagio sociale e lo sviluppo, le politiche
ambientali hanno fatto breccia nel cuore delle istituzionali nazionali e
sovranazionali.
Dalle prime conferenze come quella del 1972 a Stoccolma, allo studio del
concetto di sviluppo sostenibile, per proseguire fino alla conferenza del 1992 a
Rio de Janeiro, il fattore comune era cercare di capire come le problematiche
ambientali potessero conciliarsi con la tecnologia e crescita industriale ed
economica. Il protocollo di Kyoto e la fase tutt ora in atto del post-kyoto sono
stati i piø grossi tentativi di dare un senso concreto alla tematiche dibattute nei
vent anni precedenti. Lo sforzo e le posizioni in campo sulle politiche
ambientali, sembrano confermare comunque che l ambiente risulta essere uno
dei primi punti all ordine del giorno dell agenda p olitica di un Paese
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1.1 Nascita della questione ambientale
L inizio della presa di coscienza dei problemi ambientali connessi al
progressivo deterioramento dell ambiente viene fatto risalire al 1968 quando,
presso l universit di Berkeley, un importante movi mento giovanile avvi un
dibattito sulla qualit dello sviluppo economico. I n particolare, si
incominciavano a mettere in discussione il modello di sviluppo economico e le
modalit con cui questo era stato realizzato nei pa esi piø sviluppati. I temi
introdotti dal movimento studentesco californiano fecero rapidamente
proseliti non solo negli ambienti culturali di sinistra statunitensi, ma in quelli
di tutto il mondo.
Si andava configurando un movimento di opposizione alla maniera in cui il
potere economico aveva gestito lo sfruttamento delle risorse naturali e la
produzione in generale, dal momento che in essa veniva ravvisata la principale
causa dei problemi dell ambiente terrestre, e contestualmente si proponevano
cambiamenti radicali in relazione ai beni da produrre e al modo stesso di
produrli. L attenzione veniva focalizzata sulla complessa questione del
rapporto ambiente sviluppo, nell ambito del quale il prevalere delle attivit
economiche aveva determinato effetti distruttivi nei confronti dell ambiente,
soprattutto in termini di depauperamento di alcune risorse vitali per l attuale
modello di sviluppo, compromettendo pericolosamente la sopravvivenza del
genere umano. Si incominci a denunciare l incompat ibilit tra sviluppo
economico e conservazione del patrimonio ambientale.
Un ulteriore evento che contribu all affermazione delle istanze ambientaliste
fu la pubblicazione nel 1972 dei risultati di una ricerca commissionata dal
Club di Roma1, un gruppo internazionale di personalit del mondo scientifico ,
1
Il Club di Roma, fondato alla fine degli anni Sessanta da Aurelio Peccei, alcuni premi Nobel,
leader politici ed intellettuali, Ł un circolo di pensatori dediti ad analizzare i cambiamenti della
societ contemporanea. Il suo nome deriva dalla pri ma riunione, che avvenne presso la sede
dell Accademia dei Lincei alla Farnesina. Nel 1972 uno studio del MIT (Massachusetts Institute
of Tecnology), commissionato dal Club di Roma, focalizz l attenzione sulla scarsit del petrolio
e sul limite dello sviluppo. Il rapporto I limiti dello sviluppo , pubblicato nel periodo in cui
EUROPA E AMBIENTE. LE POLITICHE ENERGETICHE AL 2020
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economico e industriale, ad un gruppo di ricercatori del Massachusetts
Institute of Technology ( MIT) con lo scopo di accendere un grande dibattito
sui dilemmi dell umanit conseguenti all avvento de ll era industriale e
tecnologica.
Il rapporto redatto dai ricercatori del MIT offr al dibattito internazionale la
descrizione dello scenario che si sarebbe prospettato all umanit se non si
fosse intervenuti a modificare il modello di sviluppo e di consumi in base al
quale i paesi sviluppati hanno realizzato la loro ricchezza e potenziato il potere
politico e militare, ponendo per la prima volta in modo autorevole il problema
dei limiti allo sviluppo.
La situazione fotografata dai ricercatori del MIT configurava una duplice
alternativa per il futuro dell umanit 2.
Il contenuto del primo rapporto sui dilemmi dell’umanit suscit subito un
interesse talmente ampio da alimentare un vivace dibattito intorno ai temi
trattati. Numerose furono le critiche mosse da chi non riconosceva la validit
scoppi la prima grande crisi mondiale petrolifera, dimostrava scientificamente al mondo
l esistenza del confine dovuto alla presenza di riserve di greggio in quantit fissa e non
incrementabile.L energia divenne quindi il principale problema nazionale di ogni stato nel
mondo, coinvolgente cittadini, imprese e governi. Le previsioni catastrofiche del Club di Roma, per ,
non si avverarono. Lo studio, che presumeva l esaurimento di buona parte delle riserve di petrolio
entro il 2000, non aveva contemplato l ipotesi della possibilit di nuove scoperte. Difatti, con la
crescita del prezzo del petrolio negli anni Settanta, i governi cercarono di trovare altre soluzioni, fra le
quali si diffuse pure l interesse verso le fonti energetiche rinnovabili e verso l energia nucleare.
Sbagliati o meno i calcoli nel rapporto del 1972, lo studio ha il merito di aver introdotto il concetto di
limite nello sviluppo economico e l uso delle fon ti energetiche alternative a quelle fossili.
Attualmente presieduto dal principe di Giordania El Hassan bin Talal, il Club di Roma, la cui sede Ł
oggi ad Amburgo, resta un organizzazione esclusiva che conta tra i suoi membri personalit come
Victor A. Sadovnichy, rettore dell Universit di Mo sca, il professor Umberto Colombo e il leader
politico portoghese Mario Soares. A riguardo vedasi:
G. IELARDI, I limiti dello sviluppo - Trent anni dopo, Piemonte parchi , XVII (2002), n.6, pagina
web http://www.regione.piemonte.it/parchi/riv_archivio/2002/119ago02/sviluppo.htm;
AA.VV., Rapporto sui limiti dello sviluppo del Club di Roma, in Dossier petrolio, pagina web http://
www.ecoage.com/petrolio/petrolio-club-roma.htm.
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La prima prevedeva che se la tendenza di crescita fosse fosse continuata inalterata nei settori
fondamentali ( popolazione, industrializzazione, produzione di beni, consumo delle risorse naturali e
inquinamento), l umanit avrebbe raggiunto i limiti allo sviluppo entro i successivi cento anni. La
seconda alternativa proponeva la possibilit di mod ificare questa linea di sviluppo per determinare una
condizione di equilibrio globale, attraverso la riduzione al minimo dei consumi e del tasso di sviluppo
per determinare una condizione di equilibrio globale, attraverso la riduzione al minimo dei consumi e
del tasso di sviluppo, nel quale sarebbero stati soddisfatti i bisogni materiali degli abitanti del pianeta
e garantite le medesime opportunit di realizzare i l proprio potenziale umano.
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della visione prospettata e sopratutto contestava l’ipotesi di "crescita zero"
proposta come soluzione all’incontrollabile declino del livello della
popolazione e del sistema economico-industriale. Tuttavia dalla data in cui fu
reso noto il rapporto dei ricercatori del MIT, si incominci a criminalizzare il
concetto di sviluppo come principale causa del processo di degrado globale
dell’ambiente
Lo sviluppo economico, negli anni, aveva contribuito a determinare la perdita
di valore del capitale naturale costituito dalle risorse ambientali rinnovabili e
non rinnovabili a causa dell’eccessivo sfruttamento delle capacit assimilative
e/o rigenerative dell’ambiente. Fu ipotizzata la possibilit di compensare la
distruzione del capitale naturale attraverso il capitale prodotto dall’uomo,
tuttavia la scomparsa delle forme di capitale naturale avrebbe comportato
impatti molto piø rilevanti dei guadagni in capitale prodotto dall’uomo. Si
pervenne, quindi, alla conclusione che i problemi ambientali, se avessero
raggiunto livelli critici, avrebbero implicato ingenti perdite di capitale
naturale. La diffusione di una coscienza ambientalista presso l’opinione
pubblica dei paesi ad economia avanzata testimoniava la piena percezione dei
problemi ambientali come effetti negativi della crescita economica e
dell’industrializzazione spinta, individuati essenzialmente in processi clic
hanno degradato la natura quali inquinamento, desertificazione e
deforestazione3.
Si trattava di fenomeni direttamente osservabili, imputabili a cause ben
identificabili e rispetto ai quali si potevano valutare gli effetti sulle attivit
umane. I problemi dell’ambiente videro per presto Interessati un numero
crescente di paesi in via di sviluppo, appartenenti al cosiddetto Terzo mondo,
produttori di materie prime destinate per la gran parte all’esportazione nei
paesi economicamente sviluppati.
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Tuttavia nel corso dei primi anni settanta, il problema ambientale piø pressante era quello
dell’inquinamento, che aveva comportato l’alterazione delle componenti naturali di aria, acqua e suolo.
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I paesi in via di sviluppo (PVS) temevano che le istanze ambientaliste
avrebbero condizionato le scelte di politica economica, provocando cos
ulteriori ritardi nello sviluppo dei paesi piø poveri. Il rischio era, infatti, che
quella parte dei paesi della Terra che si era sviluppata economicamente
mediante l’utilizzo delle risorse prevalentemente non rinnovabili, importate dai
paesi piø poveri, constatata la pericolosit che il suo modello di sviluppo
aveva arrecato all’ambiente naturale, vi ponesse un freno, compromettendo
cos ogni possibilit di crescita per i paesi del T erzo mondo4.
La questione dei PVS e, in particolare, la contrapposizione tra paesi ricchi e
paesi poveri del mondo furono fatte proprie dal movimento ambientalista che
potŁ offrire un’ulteriore indicazione circa le line lungo le quali avrebbe
dovuto muoversi una politica globale dell’ambiente. Solo attraverso una
politica planetaria dell’ambiente si sarebbe infatti potuto realizzare un
mutamento significativo e tale politica avrebbe dovuto esprimersi attraverso lo
strumento delle conferenze, utilizzate dagli organismi internazionali per
discutere su tematiche di rilievo internazionale e risolvere vertenze con la
stipula di convenzioni. Constatata l’insufficienza delle misure ambientali
adottate dai singoli paesi, gli Stati sono stati indotti a stipulare convenzioni
multilaterali al fine di predisporre strumenti volti a proteggere l’ambiente in
ogni sua forma. A partire dagli anni settanta la tutela ambientale ha assunto un
peso maggiore nella considerazione delle istituzioni operanti a livello
internazionale che hanno cominciato a guardare ad essa come ad una questione
globale. In particolare, la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente
umano, tenutasi a Stoccolma nel 1972, Ł solitamente indicata come l’evento
chiave nell’emergere delle preoccupazioni ambientali a livello globale ma
soprattutto istituzionale, oltre ad aver rappresentato un importante momento di
concettualizzazione dei problemi ambientali.
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Si andava delineando in tutta la sua gravit la co ntraddizione economica del nostro pianeta che
vedeva contrapposto un Nord sviluppato ad un Sud caratterizzato da condizioni di estrema povert ,
tuttavia aree entrambe soggette a vistosi casi di degrado ambientale e di rischio.
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La Conferenza delle Nazioni Unite svoltasi a Stoccolma nel 1972, che ebbe
come titolo "L’ambiente umano", quasi a sottolineare come l’ambiente debba
servire agli esseri umani e come questi debbano regolare azioni e
comportamenti sulle ineluttabili leggi dei limiti dell’ambiente ha avuto il
merito di attirare l’attenzione sulla protezione dell’ambiente, come tema che
non pu essere affrontato in una dimensione esclusi vamente nazionale, in
quanto collegato alla soluzione di problemi che trascendono le frontiere
nazionali. Particolare rilevanza fu riconosciuta ai problemi dell’in-
dustrializzazione che costituivano la preoccupazione principale del movimento
ambientalista dei paesi sviluppati; il tema dominante fu soprattutto
l’inquinamento.
Le preoccupazioni dei paesi sviluppati e della stessa Svezia che aveva
promosso l’incontro furono il fenomeno delle piogge acide, l’inquinamento del
Mar Baltico e i livelli di pesticidi e metalli pesanti presenti in pesci e uccelli.
Tuttavia, presupposto della Conferenza di Stoccolma fu la presa di coscienza
dei problemi dell’ambiente e del progressivo deteriorarsi delle sue condizioni
in un momento nel quale, soprattutto a seguito degli shock petroliferi degli
anni settanta, erano emersi i primi segnali allarmanti degli stretti legami tra
ambiente e crescita economica e si erano resi evidenti i danni all’ambiente
causati da uno squilibrato sviluppo industriale. Le preoccupazioni di una
crescita sempre piø insostenibile, manifestata soprattutto dai paesi ricchi, non
erano l’espressione di un ritrovato amore verso la natura e le sue componenti,
quanto piuttosto il timore che il rapido deterioramento della situazione
planetaria potesse portare ad un rapido assottigliamento della disponibilit di
risorse sulla cui abbondante ed economica disponibilit la loro ricchezza Ł
stata costruita
La Dichiarazione di Stoccolma5 dedic ampio spazio al problema ambiente -
sviluppo, inglobando gli aspetti rilevanti di un acuto confronto che aveva
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La Conferenza si concluse con la redazione di un Piano di azione contenente le raccomandazioni e
una Dichiarazione di 26 principi sull’ambiente umano, una sorta di carta dei diritti del pianeta a