4
to dalla Rivoluzione francese, nei confronti della quale appaiono relazionate (in
diversa misura a seconda delle caratteristiche particolari che le contraddistinguo-
no) non soltanto da un punto di vista puramente cronologico ma anche e soprat-
tutto ideologico, politico. L’Ottantanove francese, cioè, si rapporta a tutte queste
realtà non soltanto come una delle categorie dell’insieme ma detiene all’interno
di esso una posizione fondamentale, in considerazione del ruolo che ha giocato
nei confronti di tutta la storia seguente, dentro e fuori i confini continentali.
Nessun’analisi dell’Europa moderna e contemporanea risulterebbe esausti-
va senza tener conto degli avvenimenti della Francia di fine XVIII secolo, che
rappresentano il primo momento di svolta rispetto ad un percorso millenario, ini-
ziato con la grande evangelizzazione del Continente.
Nel sinuoso districarsi delle vicende umane, quella che Marx considerava la
“Grande rivoluzione” madre di tutte le altre, rappresenta uno snodo fondamentale
per la comprensione delle contrapposizioni che l’Europa moderna presenta ri-
spetto al Regime antico e ancor più rispetto al Medioevo, quanto ai significati po-
litici e ideali, nell’ottica del rapporto tra società e religione e tra politica e reli-
gione. La tesi proposta è quella di una rilettura del fenomeno rivoluzionario in
chiave “alternativa”, che non coincide con un tentativo di revisionismo storico;
l’Ottantanove francese, infatti, è stato il momento della prima radicale rivoluzio-
ne politica dell’Europa, ed il suo valore, anche in relazione ai fenomeni rivolu-
zionari successivi, consiste proprio nel rivolgimento che essa introduce non sol-
tanto nel modo di pensare la politica ma anche di organizzarla e, quindi, esplici-
tarla. La portata “rigeneratrice” della Rivoluzione francese, inoltre, non si limita
5
ai confini europei e quest’ulteriore aspetto le conferisce una rilevanza maggiore
rispetto alla storia degli stati, del pensiero politico e delle società più in generale.
L’azione “rigeneratrice” è propria del concetto di Rivoluzione e consiste
nella destrutturazione organica di un preesistente sistema, al fine di edificarvi
sulle ceneri di questo uno totalmente nuovo, espressione dell’ideologia dalla qua-
le prende forma. Il processo rivoluzionario consiste nella realizzazione di un pre-
ciso programma culturale che s’impone con metodi generalmente (ma non esclu-
sivamente) violenti. Questa particolare caratteristica non permette di paragonare
la Rivoluzione ad un semplice processo di riforma, teorizzabile ed attuabile, in-
vece, all’interno dello stesso sistema che continuerebbe, quindi, a sussistere nei
suoi aspetti fondamentali, adattato secondo le esigenze dei tempi e dei luoghi, al-
le istanze riformatrici contingenti.
In tale prospettiva il sistema al quale la Rivoluzione francese mosse guerra
aperta è rappresentato dalla società d’Ancien régime, retaggio, pur con le evidenti
differenze, di quella medievale (gerarchica e sacrale): rispetto ai lunghi secoli
precedenti il Sistema antico (così identificato dagli stessi protagonisti della Rivo-
luzione) ne conservava, formalmente e praticamente, determinati caratteri nei
confronti della quale la costruzione rivoluzionaria si pone in antitesi.
Considerando che la Francia medievale, così come generalmente tutto il
Continente, presentava una società a fondamento religioso, il filo conduttore è
quello di indagare come l’Ottantanove abbia ristrutturato la società e lo stato dal
punto di vista del rapporto con la religione cristiana.
6
La scelta di un tale orientamento interpretativo deriva dalla considerazione
del rapporto con il quale l’Europa si è storicamente relazionata con il Cristiane-
simo, in ragione del fatto che questa religione rappresenta non una delle tante
manifestazioni culturali di cui la storia dell’umanità è evidentemente ricca, bensì
l’elemento più caratteristico di quelle che vengono considerate le radici stesse del
Vecchio continente. A partire dal periodo tardo-imperiale, infatti, quando il mo-
rente Impero romano occidentale fu trasfigurato dalla dottrina di Cristo, l’Europa
assunse le proprie specifiche caratteristiche che le valsero l’identificazione con la
Cristianità. Durante il Medioevo il Continente intrecciò fortemente la sua storia
con quella del Cristianesimo, che ne plasmò non soltanto le coscienze individuali
ma anche i sistemi di governo, la cultura, l’arte e tutte le manifestazioni della vita
pubblica, regolata secondo il diritto naturale scaturente dalla Creazione.
Perfino la scansione del tempo nonché il concetto e la manifestazione della
festa erano intesi, nelle dimensioni privata e pubblica, religiosamente: la Rivolu-
zione francese avviò una riorganizzazione organica e radicale di tutto questo.
Rispetto all’Europa medievale essa rappresentò il primo momento di inver-
sione, da cui ha origine una nuova organizzazione del potere, non più a fonda-
mento religioso ma intesa in termini puramente secolari, o razionali: secondo
quest’impostazione si cerca di approfondire se e come sia possibile interpretare
questa rigenerazione come una riconversione (in senso religioso) della società
europea e di riflesso la sfera politica in particolare.
In termini storico – politici, cioè, si approfondisce il concetto della sacraliz-
zazione della politica come un filone interpretativo alternativo (in quanto equiva-
7
lente) a quello della razionalizzazione e della laicizzazione della società: il pro-
cesso della secolarizzazione è sviluppato in relazione a quello della società a
fondamento religioso.
La filosofia illuminista, che rappresenta il retroterra culturale di questo ri-
volgimento politico, rifiuta la concezione della vita fondata sul concetto cristiano
della Rivelazione, contrapponendovi l’assolutizzazione della ragione, secondo la
quale sarebbe possibile interpretare anche il fenomeno religioso.
L’esperienza umana diventa, così, la leva per l’emancipazione dell’Umanità
dai dogmi e l’unico fondamento della legittimità del potere e delle sue finalità.
Ispirata alla filosofia dei Lumi e soprattutto all’opera di Rousseau, la
“Grande rivoluzione” introduce la separazione del potere politico dalla religione
cristiana, secondo un modello di stato e di società dove Dio diventa una questio-
ne esclusivamente privata, alla quale lo stato non deve rendere conto nello svol-
gimento della sua potestà. L’obbiettivo è quello di argomentare la tesi secondo la
quale il fenomeno rivoluzionario, inteso come processo “dialettico” sorretto da
un ben definito scheletro filosofico, può essere interpretato come una compiuta
nuova visione della vita, un sistema di valori alternativo a quello preesistente.
Volendo attribuire un nome che rappresenti tale nuova e per l’appunto rivo-
luzionaria visione si potrebbe chiamarla filosofia del Divenire, in contrapposizio-
ne alla dottrina evangelica dell’Essere. Posto che l’argomento rappresenta, per
l’importanza degli eventi e per la straordinarietà dell’impatto ideale che questo
ha esercitato su numerose generazioni, una tappa imprescindibile d’ogni dignito-
so tentativo d’analisi storico - politica della Civiltà Occidentale, è altrettanto vero
8
che non lascia indifferenti, suscitando le più contrastanti interpretazioni e consi-
derazioni. Nel folto schieramento di studiosi che nell’arco di oltre due secoli si
sono cimentati sul tema è facile, infatti, rinvenire un’altrettanto vasta gamma
d’approcci al problema, che va dall’esaltazione della mistica rivoluzionaria, per
lo più di trama marxista, alla negazione in toto affermata dagli esponenti contro-
rivoluzionari. E’apparso ragionevole, pertanto, avvalersi di una documentazione
bibliografica “trasversalmente schierata”, in modo tale da disporre di una base
storica non univocamente orientata.
In questo contesto la Francia rappresenta un caso emblematico: un esempio
evidente di società sacrale prima, con l’alleanza tra il Trono e l’Altare, e l’avan-
guardia dello stato laico e progressista dopo, il modello per le altre repubbliche
“figlie della Rivoluzione”. Queste ultime, in primis la Repubblica italiana, guar-
dano alla Francia rivoluzionaria come riferimento, e ciò avviene già immediata-
mente dopo l’esplosione rivoluzionaria dell’Ottantanove, con le Repubbliche na-
poleoniche. Il lavoro si conclude con delle considerazioni circa il ruolo svolto da
un tale processo nella trasformazione della società e dell’organizzazione politica
non soltanto francese, ma europea tutta, fino a fare strada ad un processo che
prosegue fino ai giorni nostri: la laicizzazione delle società europee.
9
CAPITOLO I
LE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA
1.1. Le origini del continente
La prima citazione dell’Europa è tradizionalmente attribuita allo storico
greco Erodoto, che nel V secolo a.C. ne tratteggiò per grandi linee l’area d’e-
stensione geografica allorquando distinse le terre asiatiche, «considerate dai Per-
siani cosa propria», dal territorio europeo e dal mondo greco.
1
Si potrebbe definirla una “primitiva bozza” del Continente, circoscritta al
suo aspetto meramente geografico (peraltro va detto che il campo d’osservazione
dell’antico studioso non poteva includere diversi territori che attualmente ne fan-
no parte), eppure appare molto significativa perchè ne testimonia le prime tracce
in tempi così remoti. E’ probabile che Erodoto, considerando determinati interes-
si economici ed alcune manifestazioni culturali comuni dell’area, ne cogliesse
anche una fisionomia non propriamente fisica, ma fu solo a partire dal tratto ter-
minale della parabola imperiale romana che l’Europa incominciò a delinearsi se-
condo i propri tratti culturali caratteristici. La sola percezione, che ancora oggi
1
JOSEPH RATZINGER – MARCELLO PERA, Senza radici, Mondadori , Milano, 2004, pag. 47
10
sopravvive nelle coscienze e nella memoria degli Europei di un’identità comune,
ne testimonia la particolarità.
In nessun altro angolo del mondo, infatti, è possibile individuare una molti-
tudine di popoli ed etnie altrettanto accomunati da un unico patrimonio culturale.
Un intero millennio di storia della civiltà umana è caratterizzato dalla cen-
tralità del Vecchio continente, e questa caratteristica di piccolo mondo non viene
meno neanche quando le vicende umane si manifestano al di là dei suoi confini.
Un esempio in tal senso appare la scoperta delle Americhe, per le quali la
stessa identificazione con il “Nuovo mondo” non avrebbe significato se non fosse
messa in relazione alla “vecchia Europa”, patria dei suoi scopritori.
Nel corso del Medioevo, spartiacque tra l’Antichità e la Modernità, il mon-
do Greco-romano e quello Barbarico-germanico trovarono un’inaspettata e deci-
siva forza di fusione nel Cristianesimo,
che ne costituì la fonte dell’unità religio-
sa, culturale e politica.
2
La coesione tra queste due realtà umane rappresenta la
realizzazione di una comunità spirituale e culturale di popoli, caratterizzata da
una portata geografica più ampia di quella del nucleo continentale dell’Impero e
soprattutto portatrice della propria civiltà, capace di contraddistinguerla rispetto
al cosiddetto “mondo classico”. Non sarebbe comprensibile, infatti, analizzare il
processo di formazione del “Vecchio Continente” trascurandone l’elemento reli-
gioso che ne ha plasmato tutta la cultura, e s’è intrecciato con la sua storia dal
momento della grande evangelizzazione dell’Impero fino ai lunghi secoli in cui,
2
JACQUES LE GOFF in prefazione a PETER BROWN, La formazione dell’Europa Cristiana.Universalismo e
diversità, Laterza-Fare l’Europa, Bari, 1995
11
nonostante la spaccatura tra le aree occidentale ed orientale, la dottrina evangeli-
ca si affermò come la religione degli Europei
3
(per lo più nella sua veste più nota
del Cattolicesimo romano).
In questa prospettiva l’Europa è identificata con la Cristianità, una civiltà
gerarchica ed austera a carattere religioso, nella quale la fede fu concepita non
soltanto come intima esperienza personale ma anche come il fondamento di tutta
l’organizzazione sociale e politica, come il principale riferimento culturale della
vita comunitaria. Una particolare menzione merita al riguardo il Sacro romano
impero, che costituì il primo esempio di federazione sovranazionale di stati.
Il Vangelo ispirò il pensiero, l’azione, le istituzioni e le leggi dell’Europa
medievale, e ne ha lasciato una traccia tanto profonda che il richiamo alla sua
dottrina risulta ancora oggi inevitabile ogni qual volta si affronti il tema delle ra-
dici. Certamente l’argomento non è immune dal coinvolgimento nel contenzioso
politico, anzi è tradizionalmente un terreno fertile per la polemica, ma se lo li
considera tenendosi alla debita distanza dai condizionamenti ideologici, risulta
sicuramente un aspetto indispensabile all’approfondimento storico – politico.
In questi termini, per esempio, si esprime il Presidente del Senato Marcello
Pera a proposito delle “svolte storiche” del mondo occidentale:
“Nessun serio tentativo di dar conto di tali svolte epocali ha potuto pre-
scindere dall’apporto – diretto o indiretto, causale o concomitante, determinante
3
J. RATZINGER – M. PERA, op.cit, pag.34, in GIOVANNI PAOLO II, esort.ne apostolica Ecclesia in Europa,
2003
12
o ausiliario, rafforzativo o critico - del Cristianesimo, a riprova che esso è la
tradizione che più ha innervato la storia dell’Occidente”.
4
A considerazioni simili, seppur concependo la questione religiosa in altri
termini, perviene Romano Prodi quando dichiara che il mancato esplicito ricono-
scimento delle radici cristiane nel Trattato costituzionale europeo - causa che il
leader dell’Unione, di note convinzioni progressiste, a suo tempo comunque non
perorò - rappresenta “il tassello mancante della nuova Europa”
5
In considerazione della rilevanza che il Cristianesimo assume rispetto a tali
radici, appare fondamentale cogliere il contenuto escatologico della religione, al
fine di meglio comprendere le modalità con le quali questa ha tanto condizionato
la società europea in generale e la concezione e l’azione politica in particolare.
4
Conferenza di PERA presso la Pontificia Università Lateranense, maggio 2004, in RATZINGER – PERA,
op.cit, pag. 6. Con il termine “svolte epocali” PERA si riferisce allo Stato di diritto, ai parlamenti, ai co-
dici ed ai tribunali delle democrazie occidentali.
5
ROMANO PRODI, Il tassello mancante delle radici cristiane, articolo del quotidiano “La Repubblica”, 30
giugno 2005 (e visionabile integralmente sul sito internet romanoprodi.it), all’indomani dei Referendum
sul Trattato costituzionale europeo, svoltisi in Francia e Olanda, rispettivamente a maggio e a giugno del
2005.
13
1.2. Il carattere universale del Cristianesimo
La dottrina evangelica conferma il monoteismo della legge d’Israele ma ne
rifiuta l’esclusivismo ed il settarismo sviluppatosi nel suo seno, proponendosi
come la prima religione universale, rivelata per mezzo dell’incarnazione del Ver-
bo Divino. Il Messia annunciato dalle antiche profezie bibliche estende il mes-
saggio della salvezza a tutti gli uomini, di qualunque razza e condizione sociale
essi siano, e ne rivela la filiazione da Dio, Creatore e Padre misericordioso, prin-
cipio e fine dell’esistenza. Il Regno annunciato da Gesù Cristo s’identifica con
l’Amore e la Giustizia, in netta contrapposizione con il mondo.
Questo tenore universale del messaggio evangelico si scontrò con le resi-
stenze particolaristiche della società del suo tempo e prefigurò la missione della
Chiesa nascente, caratterizzata dal sacrificio del sangue.
Il Vangelo rifiuta le credenze d’origine pagana diffuse nel vasto impero,
volte all’adorazione di entità divine o semi - divine, spesso identificate con gli
elementi della natura oppure simboleggianti concetti tipici dell’esperienza uma-
na, come l’amore, la guerra, la bellezza. Queste immagini sovrannaturali appaio-
no tutte decisamente lontane dalla figura di Gesù, che secondo la testimonianza
14
di San Giovanni evangelista afferma di se stesso: “Ego Sum Via, Veritas et Vi-
ta”
6
;
la persona in cui la Verità è amore, che « move il sole e l’altre stelle».
7
La “cristocentricità” è una caratteristica peculiare della religione di Gesù,
secondo la quale tutto l’essere umano e l’intero ordinamento dell’Universo sono
coordinati in vista dell’Incarnazione del figlio di Dio, il cui fine è quello della
Redenzione dell’Umanità.
L’identificazione di Cristo con la verità oggettiva è il messaggio dirompen-
te del Vangelo: per la prima volta nella storia dell’umanità un uomo proclama la
propria identità con l’Altissimo ed a causa di una tale affermazione procura la
sua stessa condanna al crudele supplizio della croce.
Il carattere della Rivelazione è fondamentale non soltanto per caratterizzare
univocamente questa dottrina, ma anche in relazione al pensiero ed all’azione po-
litica e a tutte le manifestazioni sociali che da questa derivano direttamente o ne
sono ispirate. Il Cristianesimo, infatti, rappresenta una proposta di radicale con-
versione interiore, anziché di ortodossa osservanza di un vuoto formalismo reli-
gioso e morale. Invita risolutamente al rifiuto dei piaceri e della sensualità di un
mondo decadente, a vantaggio dei beni celesti, in vista del ricongiungimento con
il Creatore nell’eternità della vita ultraterrena, alla quale ogni battezzato è am-
messo in virtù del sacrificio di sangue del Messia, che è il testimone della bene-
volenza di Dio nonostante il tradimento umano.
6
Vangelo di SAN GIOVANNI, 14, 6
7
DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia.Paradiso, canto XXXIII, v. 145
15
Tutti questi aspetti producono una cultura improntata al sacrificio ed
all’austerità, intesi come mezzi di santificazione durante una vita transitoria.
Appare fondamentale, inoltre, evidenziare come il Cristianesimo abbia pre-
dicato e realizzato una desacralizzazione della natura e dei rapporti sociali, resti-
tuendoli il carattere originario di meri aspetti della creazione, i quali non assur-
gono pertanto alla dignità divina. Il Cristianesimo rivela una dimensione nuova
della vita, al centro della quale domina la figura del Cristo, ad immagine del qua-
le l’uomo ritrova se stesso. Questi aspetti della dottrina, trasposti nella vita con-
creta, determinano la tensione del comportamento umano all’Imitatio Christi, la
quale può assumere anche una dimensione sociale e politica.
16
1.3. Il periodo Tardo – imperiale. L’Evangelizzazione
L’affermazione della dottrina evangelica comporta dei risvolti che travali-
cano i confini del campo strettamente religioso (che coincidono, per esempio,
con la storia della Chiesa o delle religioni in senso più ampio).
In particolare appare di straordinaria importanza la relazione che nei paesi
europei s’instaurò tra questa dottrina e la sfera politica, inscritta quest’ultima in
una visione d’insieme che prenda in considerazione tutta la società.
Tenendo presente la portata rinnovatrice che il Cristianesimo manifesta,
questa deve essere considerata anche al livello sociale.
L’approfondimento, allora, consiste nell’analisi delle modalità con cui la
società europea recepì e manifestò tale dottrina, soprattutto al livello della conce-
zione e dell’azione del potere politico, il quale è considerato come la manifesta-
zione più rilevante dell’aggregazione umana.
Il Vangelo è stato indicato come un potente fattore disgregativo del secolare
potere di Roma, benché i suoi predicatori non incitassero alla disobbedienza civi-
17
le. Esulando il lavoro da indagini di questo tipo, è sufficiente prendere atto che la
sua dottrina richiede esplicitamente, in una prospettiva svincolata dalle specifiche
contingenze storiche, non soltanto un’osservanza di tipo privato, ma anche la co-
erenza della testimonianza apostolica nella vita sociale, seppur a costo della vita.
Ne sono una drammatica testimonianza i martíri che i fedeli della Chiesa
primitiva affrontavano pur di non abiurare la propria fede di fronte al potere se-
colare. «Sanguis martyrum, semen christianorum» affermò il celebre convertito
Tertulliano di Cartagine che, sconvolto dalle carneficine del Circo, nell'Apologe-
tico fece sfoggio della sua maestría di avvocato per mettere sotto accusa la legi-
slazione romana relativa al trattamento della religione cristiana.
8
In un primo momento il Vangelo s’inserì nella storia europea come una re-
altà essenzialmente attinente alla sfera privata dell’individuo; tuttavia il carattere
stesso della sua dottrina, in relazione al contesto storico nel quale s’inseriva, e
considerandone i risvolti che essa comporta nei confronti della dimensione pub-
blica, ne mostrarono l’inconciliabilità con l’idea di potenza romana.
Il Vangelo proponeva un atteggiamento d’obbedienza nei confronti del se-
colare ordine civile, limitatamente però ai doveri sociali connessi allo status di
cittadini. In un secondo tempo, invece, la religione cristiana conquistò anche la
dimensione pubblica della vita. Il celebre “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a
Dio ciò che è di Dio” è il fondamento di una compiuta concezione del potere po-
8
I dati relativi alla biografia di Tertulliano sono attinti dal sito internet
monasterovirtuale.it/tertulliano.html