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1 Introduzione.
La crisi finanziaria che ha colpito l’Europa, comunemente chiamata
crisi dei debiti sovrani, ha portato alla luce tutti i problemi, mai
affrontati, dell’Unione. Le principali criticità messe in evidenza da
questa situazione di massima allerta sono molteplici: dall’assenza di
controlli sull’indebitamento dei paesi membri, alla mancata
armonizzazione fiscale ed economica; dalle divisioni politiche interne,
alla carenza di decisioni certe. Se i tempi per un’unificazione politica,
probabilmente, non sono ancora maturi, e sarebbero comunque troppo
lunghi per poter dare delle risposte immediate su come gestire la crisi
attuale, di più facile attuazione, invece, risulterebbe un’unificazione a
livello fiscale e di gestione del debito. Al riguardo, sono state fatte
diverse proposte che hanno raccolto sia approvazioni che dissensi,
entrambi autorevoli.
Nei prossimi capitoli, mi soffermerò sulle varie proposte portate
avanti nel tempo per dare all’Europa quell’unione nella gestione del
debito che tanto avrebbe potuto aiutare negli anni passati e che tanti
vantaggi potrebbe portare in futuro. A tal proposito, anche se i progetti
avanzati vengono comunemente definiti proposte sugli Eurobond,
all’interno di questa categoria sono comprese idee molto eterogenee,
accomunate dall’unica finalità di creare uno strumento di debito unitario
per tutti i paesi europei. La prima parte del mio studio riguarda i piani
avanzati fino ad ora per pervenire ad uno strumento di debito unitario
o, comunque, ad un meccanismo di gestione delle crisi sovrane,
mentre la seconda analizza quanto, ad oggi, è stato fatto dalla
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Comunità Europea e dalla Banca Centrale Europea per contrastare la
crisi.
Verranno esaminate le seguenti proposte:
• Gli Unionbond (e una loro variante chiamata Projectbond),
proposti dal presidente della Commissione Europea
Jacques Delors nel libro bianco “Crescita, competitività,
occupazione” del 1993;
• Gli Eurobond, proposti dall’ex-ministro Giulio Tremonti e
dal presidente Jean-Claude Junker nel Dicembre 2010
sulle pagine del Financial Times;
• Gli Eurounionbond, proposti da Romano Prodi e Alberto
Quadrio Curzio sulle pagine del quotidiano Il Sole 24 Ore
nell’Agosto 2011;
• I Blue bond, proposti da Jacques Delpha e Jakob
Weizsäcker nel Maggio 2010;
• I Senior/Junior bonds, proposti da Hans-Joachim Dübel
sulle pagine del Centre for European Policy Studies Policy
Brief nell’Agosto 2011;
• L’European Crisis Resolution Mechanism, proposto dai
professori François Gianviti, Anne O. Krueger, Jean
Pisani-Ferry ed André Sapir nel Novembre 2010;
• Gli Stabilitybond, unica tipologia di bond sovranazionali
emessi in Europa;
• Le manovre attuate dalla BCE dallo scoppio della crisi ad
oggi.
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2 Gli Unionbonds.
Questa tipologia di titoli “europei” a lungo termine (dai 20 ai 30 anni) fu
proposta, per la prima volta, dal presidente della Commissione
europea Jacques Delors nel Libro bianco "Crescita, competitività,
occupazione" del 1993. Gli Unionbonds dovevano essere garantiti dal
bilancio della Comunità europea per finanziare investimenti in grandi
infrastrutture trans-europee; i ricavi di tali progetti sarebbero andati ai
promotori dei progetti medesimi (enti del settore pubblico e imprese
private) una volta onorati gli impegni previsti e rimborsati gli
Unionbonds emessi in loro favore.
Una variante limitata degli Unionbonds sono i Project bonds,
sostenuti da José Manuel Barroso e dalla Commissione europea nel
2010, per realizzare singole infrastrutture europee con un
finanziamento pubblico-privato. I Projectbonds andrebbero emessi da
privati ma garantiti dal bilancio comunitario e dalla Banca europea per
gli investimenti, BEI
1
. Ne esistono già alcuni emessi dalla BEI e dal
"fondo Marguerite
2
". Al momento si tratta di finanziamenti minoritari in
nuovi progetti d’infrastrutture europee per trasporti ed energie esauribili
e rinnovabili, ma potrebbero avere un peso maggiore in futuro
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La Banca europea per gli investimenti o BEI è l'istituzione finanziaria dell’Unione europea,
creata nel 1957 con il Trattato di Roma, si occupa del finanziamento degli investimenti atti a
sostenere gli obiettivi politici dell'Unione.
2
Il fondo Marguerite nasce da una iniziativa lanciata nel corso della presidenza francese del
Consiglio dell’Unione europea nel 2° semestre del 2008. Il fondo ha come obiettivo
l’investimento in partecipazioni minoritarie con altri investitori strategici e finanziari in nuovi
progetti di infrastrutture nel settore dei trasporti, dell'energia e delle energie rinnovabili. Il
fondo è operativo dal 2008 con core sponsor le Casse depositi e prestiti (o forme affini) di
Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e dalla BEI stessa. L’obiettivo di raccolta del
fondo è stato fissato a 1,5 miliardi di euro, accanto ai quali è stata prevista un’emissione di
titoli obbligazioni per un ammontare di 5 miliardi di euro. La durata del fondo, concepito per il
lungo termine, è prevista in 20 anni.
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nell’impegno comune verso la crescita economica che stenta a
decollare nel continente.
Questi strumenti, pensati principalmente per lo sviluppo e
l’unificazione infrastrutturale dell’Unione europea, sono stati utilizzati
anche per progetti portati avanti in Italia. In particolare, grazie alla
compartecipazione della BEI e di alcune banche internazionali, sono
stati realizzati due importanti parchi fotovoltaici nella zona di Montalto
di Castro, nel Lazio.
Quello di Montalto di Castro è un progetto che non presenta le
complessità tecniche e le incertezze tipiche, ad esempio, di una grande
arteria di trasporto (per la quale risulta particolarmente difficile
prevedere in anticipo i cash flows che consentiranno il rimborso dei
titoli emessi per il finanziamento); anzi, esso beneficia di una
regolamentazione e di un sistema chiaro d'incentivi definiti dalla
Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas. Ciò nonostante, un'operazione
di questo tipo poggia su un'intelaiatura giuridica composta da circa 30
contratti e presenta notevoli complessità di strutturazione. L’elemento
veramente importante di questa operazione è stato, oltre alla
realizzazione del progetto, la definizione di un'architettura giuridica e
finanziaria. Tale architettura potrà, poi, essere presa a riferimento per
operazioni simili, o più complesse, e per progetti riguardanti opere
d'interesse pubblico che, negli schemi attuali, prevedono il supporto
finanziario diretto dello stato. In particolare, in essa vengono
individuate alcune caratteristiche fondamentali per i progetti finanziabili
attraverso Project bond, quali: la certezza dei tempi, dei costi, del
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quadro tariffario e il ruolo ricoperto da soggetti di emanazione pubblica,
quale la BEI e la SACE
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, nella strutturazione del finanziamento.
2.1 La strutturazione dei Project bonds.
Tra i problemi riscontrati nell’utilizzo dei Project bond per la costruzione
di infrastrutture di importanza trans-europea (project finance), vi sono:
l’incertezza sulla capacità dell’investimento di generare sufficienti cash
flows per ripagare il debito, nonché la complessità dell’organizzazione
e della realizzazione del progetto di finanziamento.
Per rendere i Project bonds appetibili sul mercato ad investitori
con orizzonti temporali molto lunghi (quali ad esempio i fondi pensione)
è necessario che questi titoli abbiano un rating almeno superiore alla
soglia dell’investment grade (BBB per Standar’s & Poor). Ottenere tale
rating risulta impossibile per titoli, come i Project bonds, la cui capacità
di onorare il servizio del debito è subordinata alla generazione di flussi
di cassa da parte di infrastrutture spesso caratterizzate da periodi
iniziali di scarsa generazione di ricavi. Un modo per far fronte a tale
problema, e rendere più omogenei nel tempo i cash flows erogati,
potrebbe essere l’apertura di una linea di credito presso la BEI. La
linea di credito sarebbe destinata a coprire eventuali squilibri finanziari
di breve-medio periodo. Tale linea, in concreto, assumerebbe le
caratteristiche di un fondo di garanzia a favore dei possessori dei
Project bonds, in quanto la società sponsor del progetto potrebbe
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SACE S.p.A. è una Agenzia di Credito all'Esportazione, ed assume in assicurazione e/o in
riassicurazione i rischi a cui sono esposte le aziende italiane nelle loro transazioni
internazionali e negli investimenti all'estero. SACE nasce nel 1997 in seguito alla Legge
227/77 come Sezione speciale per l'Assicurazione del Credito all'Esportazione dell’Istituto
Nazionale Assicurazioni. Con il Decreto Legislativo 143/98 diventa Istituto per i Servizi
Assicurativi del Commercio Estero, e in seguito ente pubblico economico. Nel 2004, con la
Legge 326/2003 (art. 6) diventa SACE S.p.A. (con effetto dal 1 gennaio 2004).
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attingere alla linea di credito per pagare le cedole dovute. Il fondo di
garanzia permetterebbe l’innalzamento del rating dei titoli, riducendo
allo stesso tempo il costo del finanziamento. La Commissione europea
stima che l’apertura di una linea di credito presso la BEI, pari al 20%
del valore dei Project bonds emessi, permetterebbe il pagamento degli
interessi sul debito per diversi anni, garantendo un rating sui titoli pari
almeno ad A.
Superati i problemi legati alla rischiosità dell’investimento, il
coinvolgimento di entità pubbliche e private, la necessità di una stima
dei cash flows futuri, nonché di reperire fondi sul mercato dei capitali,
fanno sì che il numero di documenti da redigere e il numero di contratti
da stipulare lieviti incredibilmente.
Un’operazione di finanziamento per un progetto (project finance)
consiste in più fasi distinte, che possono variare in base alle
caratteristiche del progetto. È comunque possibile individuare alcune
fasi comuni a tutti i progetti.
Una prima fase consiste nella definizione a grandi linee del
progetto e nella sua identificazione da parte dei promotori, che iniziano
a contattare i potenziali compartecipanti (pubblici e privati). Si perviene
così ad una rappresentazione strutturale del progetto stesso.
Successivamente, poi, vengono predisposti i documenti economici, ed
infine si redigono i contratti che regolano i rapporti tra i vari
partecipanti. Il principale documento economico è l’information
memorandum, che ha lo scopo di descrivere, nel suo complesso, la
struttura dell’operazione. Una delle sezioni fondamentali
dell’information memorandum è quella relativa allo studio di fattibilità e
all’analisi di sensitività. Grazie ad esse si arriva a determinare la
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fattibilità dell’operazione e a studiarne l’elasticità nei diversi scenari
economici possibili. L’information memorandum comprende anche il
piano finanziario, scritto dai promotori del progetto, che deve essere
redatto in modo tale da perseguire i seguenti obiettivi:
• assicurarsi che siano presenti sufficienti risorse
finanziarie per il completamento del progetto;
• ottenere i fondi ai minori costi possibili;
• minimizzare la partecipazione al capitale di debito
degli sponsor;
• stabilire una politica di distribuzione dei dividendi
che massimizzi il ROE per gli sponsor (elemento
fondamentale per il coinvolgimento di partecipanti
privati).
Dopo aver individuato lo scenario di base, si procede alla verifica
della “elasticità” del progetto tramite l’analisi di sensitività. In essa
vengono costruiti, rispetto ad una condizione economico-finanziaria
denominata “ipotesi di base”, diversi scenari economici peggiorativi
rispetto ad alcune variabili considerate rilevanti, in modo da verificare
l’andamento dei cash flow al mutare di tali variabili. In tal modo si
possono individuare i fattori “sensibili” per il progetto. In altre parole
quelli che, anche in presenza di una piccola variazione, possono
determinare un significativo peggioramento della redditività del
progetto stesso. L’analisi non è, però, utilizzata solo per questo scopo;
essa ha anche l’obiettivo di individuare il valore minimo che deve
assumere ciascuna variabile affinché il progetto sia realizzabile e,
soprattutto, bancabile.
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I contratti presenti nel project finance sono collegati fra loro con
l’obiettivo di costituire un unico sistema contrattuale che blindi
l’operazione e ne garantisca la copertura dei rischi; tale complesso è
denominato security package.
Il security package è l’insieme di tutte le regole di
comportamento, ed è costituito da impegni contrattuali e garanzie
specificamente legate al progetto. I contratti che compongono il
security package possono essere suddivisi in tre distinte categorie: i
finance documents, i security documents e i project agreements.
Riguardo ai finance documents, il contratto principale è il credit
agreement, cui segue una serie di contratti di tipo strumentale
direttamente riconducibili ad esso: l’intercreditor agreement, gli
hedging agreements e l’equity contribution agreement. Il credit
agreement è il contratto stipulato fra uno Special Purpose Vehicle
(SPV)
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e i finanziatori, nel quale sono disciplinati dettagliatamente gli
obblighi esistenti fra le due parti. Lo SPV ha la funzione di trasformare i
crediti delle banche nei confronti dei promotori del progetto in
cartolarizzazioni, al fine di reperire capitali sul mercato tramite la
vendita di titoli. Spesso i progetti in questione hanno una dimensione
tale che anche una banca di notevole rilievo potrebbe avere difficoltà a
fornire tutti i fondi occorrenti. Risulta, quindi, necessario rivolgersi al
mercato dei capitali. La procedura di cartolarizzazione prevede che lo
SPV acquisti i crediti dalle banche nei confronti dei promotori,
emettendo titoli di debito sul mercato. I crediti acquistati diventano
3 Uno Special Purpose Vehicle (introdotto in Italia dalla legge Mertoni dell’11 febbraio 1994,
articolo 37) è una società costituita principalmente da gruppi bancari, in forma di società per
azioni, di società a responsabilità limitata o consorzio, al fine di accogliere alcuni crediti
particolari presenti nell’attivo della banca fondatrice
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patrimonio del Veicolo, il quale utilizzerà i cash flows generati dai
crediti per rimborsare le cartolarizzazioni emesse. Compaiono così sul
mercato i Project bonds, che possono essere a tasso variabile ovvero
a tasso fisso. Non esiste una regola precisa secondo la quale possa
considerarsi privilegiato il tasso fisso sul variabile o viceversa. La
convenienza di adottare l’uno o l’altro dipende dalle caratteristiche del
progetto e, soprattutto, dall’andamento dei cash flows. È evidente,
però, che l’adozione del tasso variabile comporta l’assunzione da parte
dello SPV del rischio di tasso. Ne consegue che in tal caso è
necessario effettuare un’adeguata politica di copertura tramite
l’acquisto di prodotti derivati atti a neutralizzare tale rischio. La
presenza congiunta di banche internazionali e dello SPV è
indispensabile per l’emissione dei Project bonds in quanto, ai sensi
della legge n. 130 del 1999, è previsto che si possano cartolarizzare
solo crediti garantiti e non i flussi prospettici di cassa generati dallo
sfruttamento economico del progetto.
L’interceditor agreement è il contratto che regola i rapporti fra i
co-finanziatori del progetto. L’hedging agreements comprende tutti i
contratti di copertura dai rischi finanziari, quali il rischio di tasso e il
rischio di valuta. L’equity contribution agreement,infine, è il contratto
mediante il quale gli sponsor si impegnano a versare ulteriori fondi
sotto forma di capitale di rischio ogni qualvolta sia richiesto dallo SPV
(questo contratto viene previsto per evitare uno sfruttamento eccessivo
del leverage
5
).
5
Nell’ambito economico finanziario col termine leverage si indica il rapporto di indebitamento
di un impresa, calcolato come totale dei debiti in rapporto al capitale proprio.
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I security documents sono i contratti relativi alle garanzie reali,
mentre i project agreements sono i contratti collegati alla sfera
operativa del progetto. Fra i project agreements sono presenti il
contratto di costruzione, quello di gestione e manutenzione dell’opera,
il contratto di concessione, i contratti con i fornitori e la clientela.
L’ultima fase del project finance è quella relativa alla costruzione
e gestione dell’opera, fase che può essere avviata solo dopo il
reperimento dei fondi necessari.
2.1 Considerazioni sui Project bonds.
La Commissione europea vorrebbe estendere molto l’uso dello
strumento, oggi scarsamente utilizzato, grazie a un ambizioso piano
infrastrutturale per il miglioramento della rete dei trasporti, delle reti
energetiche e delle reti telematiche, nell’ordine di 1.500-2.000 miliardi
di euro da oggi fino al 2020. Le finalità generali del progetto sono la
realizzazione e il miglioramento delle reti infrastrutturali in Europa,
facilitando il trasporto di persone, merci, energia e informazioni tra un
paese e l’altro dell’Unione. Si contribuirebbe così all’attuazione del
Figura 1 Finanziamento di un progetto tramite Project bonds.
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mercato unico europeo, un obiettivo di lungo periodo che tutti
condividono ma che ancora oggi stenta a partire.
Tuttavia, la proposta della Commissione lascia spazio ad alcuni
dubbi che vanno chiariti. Sul piano finanziario, il documento sostiene
che i finanziamenti a carico della UE-BEI non comporterebbero
l’emissione di alcun debito aggiuntivo da parte degli stati membri, della
Unione europea e della BEI stessa. Questo perché i Project bonds,
essendo emessi principalmente da SPV, sarebbero estranei ai bilanci
della BEI o dei singoli stati e verrebbero garantiti dai crediti ceduti. È
inevitabile, però, che per raggiungere l’obiettivo desiderato, cioè
finanziare grandi opere europee a tassi molto ridotti, i Veicoli costituiti
debbano ottenere, direttamente o indirettamente, le garanzie degli stati
membri. Il tutto senza che questi ultimi possano supervisionare le
spese per la costruzione delle opere, se non entro i propri confini.
Questa mancanza di controllo potrebbe generare comportamenti
opportunistici da parte di alcuni stati che, sfruttando i capitali
provenienti dai Project bond, potrebbero effettuare spese aggiuntive e
non previste dal progetto per aumentare l’occupazione nel proprio
paese.
Un secondo dubbio riguarda la presunta riduzione del rischio a
carico delle istituzioni comunitarie grazie all’effetto di diversificazione
ottenuto finanziando un portafoglio di progetti. Anche in questo caso, la
proposta pecca, probabilmente, di ottimismo. Sembra difficile, infatti,
che il principio della diversificazione possa operare efficacemente in un
contesto in cui i rischi coperti dal supporto pubblico sono, per loro
natura, pochi e di grandi dimensioni (e in qualche caso anche correlati
positivamente tra di loro). Lo scenario sarebbe esattamente opposto a
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quanto richiesto dal principio di diversificazione del rischio. Inoltre, ad
oggi, risultano presenti ancora numerosi ostacoli all’uso di questo
strumento. Ostacoli legati principalmente all’eccessiva complessità
della messa in atto dell’operazione, che, come si è visto, può richiedere
la redazione di decine di documenti, la stipula di molti contratti e il
coinvolgimento di un elevato numero di attori. Sembra, quindi,
necessario affiancare allo strumento qualche altra forma d’incentivo,
quali, ad esempio, misure fiscali vantaggiose per chi utilizza questi titoli
o una semplificazione dell’iter normativo e di strutturazione per i
progetti più importanti.