4
possono venire chiamati a rendere conto in diversa misura a tutti i portatori di
interessi
2
.
Si configura un modello di governance allargata, in base al quale le
responsabilità aziendali si estendono dall’osservanza dei doveri fiduciari nei
riguardi della proprietà ad analoghi doveri fiduciari nei riguardi in generale di tutti
gli stakeholder.
La governance include in tal modo diritti di decisione o sovranità, ma anche
doveri di responsabilità verso interessi e pretese legittime di soggetti non
controllanti
3
.
Se vogliamo provare a darne una definizione, la CSR risulta essere,
sostanzialmente, il comportamento etico che le aziende assumono nei confronti
della società, il modo in cui un’impresa risponde ai bisogni della collettività e alle
opportunità che la circondano.
Un comportamento frutto di un riconoscimento volontario delle proprie
responsabilità e del proprio ruolo nella società e che va oltre il rispetto dei vincoli
giuridici.
Nel nostro percorso di analisi cercheremo di rispondere a due domande
fondamentali:
¾ Quali sono i motivi che spingono un’impresa ad attuare strategie di
responsabilità sociale e quali sono i vantaggi che così consegue?.
2
AIESEC, 1997.
3
Sacconi L., 2003.
5
¾ Quali sono le strategie adottate e quali strumenti concreti ha a
disposizione per realizzarli?
Sarà necessario delineare in modo più preciso e dettagliato, senza la pretesa
che sia esauriente, quale sia il contenuto di tale responsabilità e come le sue
richieste trovino giustificazione e si inseriscano nella struttura dell’entità
economica per eccellenza qual’è l’impresa, analizzando le spinte, sociali e
politiche, che hanno determinato la sua affermazione.
6
I. Caratteri generali
1.1 Le aziende e le loro responsabilità
Parlare di responsabilità sociale in ottica aziendale significa necessariamente
riallacciarsi alla vexata questio della natura e funzione della dimensione etico-
sociale dell’impresa, ossia al complesso dibattito sulla conciliazione tra valori
etici e comportamento imprenditoriale.
Non c’è da stupirsi se quello della presunta incompatibilità della sfera
economica con quella etica sia un argomento che accompagni l’economia da
sempre; il ruolo che quest’ultima riveste all’interno della società è sicuramente
fondamentale.
Il professore C. Masini sosteneva che l’impresa, nello svolgimento delle sue
funzioni, condizioni e sia condizionata dall’ambiente
4
volendo evidenziare quindi
proprio il rapporto di simbiosi tra quest’ultima e l’ambiente nel quale opera; un
rapporto che la vede sempre più presente nella vita degli uomini, fino ad
intaccarne le convinzioni morali, i valori e le credenze
5
.
Una breve cronologia della letteratura economica aziendale riconosce nel
tentativo dello statunitense T. Kreps – figura n. 1 – di definire una prima sorta di
4
Masini C., 1982, p 221.
5
“Il piano dell’economia, interagisce principalmente, anche se non esclusivamente, con altri due
piani presenti nella vita dell’uomo: quello sociale, nel quale si realizza la sua vita di relazione, e
quello culturale, ossia delle fedi, delle tradizioni, delle credenze cui l’uomo si ispira e che lo
alimentano“. AA.VV., 1998, pag. 13
7
guida per misurare l’impatto sociale sui successi aziendali, il primo contributo
rilevante sul tema. Nel 1960 K. Davis scriveva che “la CSR si riferisce ad azioni
e decisioni assunte per ragioni che solo parzialmente riguardano gli interessi
economici o tecnici dell’impresa”
6
.
La Responsabilità sociale era inizialmente intesa come qualcosa di estraneo
alle normali tecniche di gestione, che solo parzialmente attiene alla vita
d’impresa. Sostanzialmente essa determinava uno scostamento dai tipici fini ed
obiettivi d’impresa.
Figura n.1 – CSR – Cenni storici, breve cronologia
7
Furono T. Levitt e soprattutto M. Friedman, con i loro studi, a dare una
scossa determinante alla discussione sostenendo ambedue l’estraneità
dell’impresa alle questioni etiche.
6
Atti del convegno 2° CSR Days (2002) organizzato da AIESEC Italy LC Napoli Parthenope in
collaborazione con l’Università Degli Studi di Napoli Parthenope.
7
2° CSR Days, convegno citato
• Anni ’40 (T. Kreps)
• Anni ’50 (T. Levitt)
• Anni ’60 (prime teorizzazioni)
• Anni ’70 (M. Friedman)
• Anni ’80 (A.B. Carroll, E.R. Freeman)
• Anni ’90 (la “pratica della responsabilità”)
8
Secondo la teoria funzionalistica di Levitt nella società esistono diversi ruoli e
l’impresa attiene alla soddisfazione di una particolare categoria sociale, cioè i
portatori di capitale di rischio.
La funzione dell’impresa non ha alcuna rilevanza morale, è tale da non
renderla soggetto etico. Sullo stesso piano teorico, ma con maggiore vigore ed
enfasi, si pose anche il premio nobel Milton Friedman.
Agli inizi degli anni ’70 il noto studioso americano sostenne che l’azienda si
configurasse come una scatola chiusa, una black box, in cui l’unico elemento
rilevante è la sequenza input-output ed il suo vero dovere sociale “è ottenere i più
elevati profitti producendo così ricchezza e lavoro per tutti nel modo più efficiente
possibile”
8
.
Sorrette dalla razionalità degli operatori le imprese assolverebbero nel
migliore dei modi le loro obbligazioni etiche perseguendo la massimizzazione del
profitto. Esse opererebbero infatti per realizzare il maggior incremento possibile
della ricchezza collettiva ed in maniera efficiente, facendo cioè il miglior uso di
risorse scarse.
Sarebbe la stessa società ad attribuire alle imprese tali valori e funzioni etiche
ponendole a tutela dell’accrescimento del benessere economico collettivo.
Friedman assume, ad esempio, che un prodotto collocato sul mercato ad un
prezzo remunerativo sia dotato di un’intrinseca eticità poiché consente un
8
Friedman M., 1962, p 133.
9
accrescimento del benessere sociale attraverso l’aumento dei beni resi disponibili
alla collettività.
Nella sua visione, nonché di coloro che ancora oggi la condividono, associare
ulteriori fini etici a quelli propri del Mercato rappresenterebbe la “vera” frode
morale ai danni dei diretti beneficiari dell’impresa e della società stessa.
L’etica produrrebbe una contraddizione con la sua funzione storica, di fatto
deludendo tutti i suoi attori istituzionali.
I risparmiatori, ad esempio, non investirebbero se privati della possibilità di
ottenerne un guadagno.
L’attribuzione ad un organismo economico, qual è l’impresa, di responsabilità
sociale condurrebbe soltanto ad una dispersione di quelle che sono le migliori
armi della società per il conseguimento dello sviluppo economico.
Il libero svolgersi di un sistema capitalista assicurerebbe la maggiore
considerazione delle necessità sociali; il noto concetto della “mano invisibile” del
mercato garantirebbe il benessere collettivo.
9
L’impresa, quindi, deve sì perseguire i suoi obiettivi nel rispetto dei vincoli
legali e delle regole etiche, tuttavia gli unici valori etici a cui debba attenersi sono
9
Il cosiddetto teorema fondamentale dell'economia del benessere collega i risultati dell'equilibrio
del mercato in concorrenza perfetta all'ottimalità paretiana, secondo la quale si raggiunge un punto
di ottimo solo se l'utilità di nessuno può essere accresciuta senza ridurre l'utilità di qualcun altro.
Tale principio sostiene che qualsiasi equilibrio di concorrenza perfetta realizza uno stato sociale
che è un ottimo paretiano se ottenuto in assenza di interdipendenze esterne al Mercato. In questo
modo il capitalismo, attraverso la logica della competizione, garantirebbe un’adeguata
redistribuzione sociale. A tal proposito Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1988, fa
notare che secondo questo criterio uno stato può essere ottimo in senso paretiano con alcune
persone in estrema miseria e altri che nuotano nel lusso, fintantoché i poveri non possono essere
fatti star meglio senza diminuire il lusso dei ricchi.
10
solo quelli previsti dal Mercato e dal sistema capitalistico e la massimizzazione
dei profitti è l’unica sua vera obbligazione sociale.
Nonostante sia alimentata da un indubbio gusto del paradosso, quella di
Friedman è dunque, a sua volta, una teoria etica, sebbene di un’etica speciale
fortemente differenziata rispetto al ruolo
10
.
Proprio nell’identificare la dimensione etica unicamente nelle sole norme che
regolano il Mercato l’atteggiamento antietico mostra il suo lato debole.
Una tale espressione etica si contrapporrebbe ad un’etica di più ampio
respiro, costituita dai valori ispiratori dei comportamenti dell’essere umano nelle
diverse sfere del suo agire, non solo di quella economica.
Comunemente nel discutere di morale ed etica si fa riferimento al nucleo di
valori della dottrina cattolica, motore culturale della civiltà occidentale
11
e che
nella nostra ricerca può essere assunta come riferimento neutrale.
Rispetto all’etica dell’utilitarismo e dell’obbedienza alle norme a cui si
conforma il Capitalismo, la Chiesa ne supporta un modello trascendentale.
Quella cattolica non è un’etica delle convenienze ma piuttosto opera il
passaggio dal vantaggio personale all’universalità dei fini.
10
Sacconi L., 2003.
11
La centralità del ruolo della Chiesa nella definizione di tutto ciò che attiene l’essere umano è
stata sostenuta con forza da Papa Giovanni Paolo II il quale, nel suo discorso a Puebla (1979), ha
affermato: “ Di fronte a tanti umanesimi, spesso rinchiusi in una visione dell’uomo strettamente
economica, biologica e psichica, la Chiesa ha il diritto e il dovere di proclamare la verità
sull’uomo”. E’ in particolare con la Rerum Novarum (1891) che la Chiesa da inizio ad un
insegnamento organico in cui si realizza e si evolve quella che può essere considerata la Sua
dottrina sociale. Secondo quest’ultima la socialità dell'uomo non si esaurisce nello Stato, ma si
realizza in diversi gruppi intermedi, cominciando dalla famiglia fino ai gruppi economici, sociali,
politici e culturali che, provenienti dalla stessa natura umana, hanno la propria autonomia ma
perseguono sempre il bene comune. Dalla concezione cristiana della persona, infatti, segue
necessariamente una visione giusta della società.
11
Si tratta di un modello che tende a conformare il finito all’infinito, attraverso
il quale l’uomo può costruire il futuro proprio e degli altri.
La libertà d’iniziativa, e con essa l’organizzazione di Mercato, è considerata
un diritto originario necessario per raggiungere una piena coscienza della propria
dignità ed è inoltre strumento necessario all’uomo per realizzare le obbligazioni
che egli ha verso Dio.
L’uomo ha il dovere di perfezionare la sua vita e realizzare la sua felicità
unicamente nello scopo religioso e morale che Dio gli ha assegnato
12
.
Il Cattolicesimo legittima il capitalismo e le sue più dirette espressioni, ma
allo stesso tempo opera numerosi richiami ad una maggiore attenzione al rapporto
fra solidarietà e profitto.
Di fatto solleva dubbi sulla possibilità che il Mercato, con le sue regole, sia in
grado di indirizzare il cammino dell’uomo assicurandone un progresso rispettoso
dei canoni cristiani.
Papa Giovanni Paolo II, nella Lettera Enciclica Centesimus annus (1991)
riconosce esplicitamente ai proletari il diritto alla limitazione degli orari di lavoro,
al legittimo riposo, ad un diverso trattamento dei minori e delle donne quanto al
12
“Il Diritto originario sull’uso dei beni materiali […] offre ad essa [la persona umana] …una base
materiale sicura,di somma importanza per elevarsi al compimento dei suoi doveri morale. […] gli
agevolerà l’attendere e il soddisfare in giusta libertà a quella somma di stabili obbligazioni e
decisioni, di cui è direttamente responsabile verso il Creatore. […] per conseguire lo scopo
religioso e morale che Dio ha assegnato a tutti gli uomini…quale norma suprema…prima di tutti
gli altri doveri.” S.S. Pio XII (1941)
12
tipo e alla durata del lavoro
13
, al giusto salario che – Egli scrive – non può essere
lasciato al libero consenso delle parti.
Il Santo Padre definisce tali diritti propri ed inalienabili della persona umana
al pari del diritto di proprietà
14
.
A tutela della persona umana, in tutte le manifestazioni della sua esistenza, si
pose anche Papa Leone XIII che affermò: “a nessuno è lecito violare
impunemente la dignità dell’uomo, di cui Dio stesso dispone con grande rispetto”.
L’esistenza di un’etica del Mercato non trova quindi ne consensi ne
fondamenta culturali. D’altronde l’etica è unica, non si può legittimare una sua
duplice espressione, diversa a seconda delle situazioni e degli interessi, non
possono coesistere due pesi e due misure.
Proseguendo l’analisi dei meccanismi del Capitalismo e le funzioni del
Mercato ci si rende conto che non sempre questi realizzino una corrispondenza tra
incremento del reddito e qualità della vita.
Il Capitalismo ha assunto talvolta forme sregolate e sfrenate che hanno
arrecato rilevanti problemi di inquinamento ambientale, di tutela della salute e
della vita oltre che a monopolisti che opprimevano la concorrenza.
13
“Non è giusto né umano esigere dall'uomo tanto lavoro, da farne per la troppa fatica istupidire la
mente e da fiaccarne il corpo. [….] In ogni convenzione stipulata tra padroni ed operai vi è sempre
la condizione o «espressa o sottintesa» che si sia provveduto convenientemente al riposo,
proporzionato «alla somma delle energie consumate nel lavoro» [….] Un patto contrario sarebbe
immorale”. Centesimus annus (1991)
14
Questo in rispetto anche dell’art. 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che
afferma: “Tutte le persone hanno diritto ad un livello di vita sufficiente per garantire la propria
salute, il proprio benessere e quello della propria famiglia, in modo concreto in relazione al cibo,
salute, educazione, casa, trasporto”.
13
Si tratta di diseconomie di cui la società si faceva, e si fa tuttora, carico
sopportando costi a volta troppo alti rispetto ai vantaggi che ne derivavano.
Si può dunque affermare che il capitalismo, inteso come tecnica efficiente,
non risulta in sé immorale, ma nemmeno sostenere che esso sia morale.
Il cogliere anzi nelle sue manifestazioni e applicazioni ciò che è etico e ciò
che è non-etico conferma la sua natura neutrale
15
e quindi l’impossibilità di fare
esclusivo affidamento sul Mercato per il progresso ed il benessere sociale.
Ciò che si deve evitare è di imprigionare l’immagine dell’azienda unicamente
nella logica del profitto, in caso contrario ci ritroveremmo a considerare quella
che certamente è una sua dimensione ridotta.
La necessaria ricerca della massimizzazione dell’utile è espressione di
un’ideologia incentrata sull’uomo di cui ne esalta l’interesse personale,
considerato solitamente in contrapposizione con i valori etici appunto.
In tale approccio svolge un ruolo fondamentale la supposizione che gli esseri
umani si comportino razionalmente.
Si identifica la razionalità nella corrispondenza esterna tra le scelte che una
persona fa e il suo interesse personale.
Questo è un punto fondamentale, perché se da un lato si accetta l’ipotesi di un
comportamento razionale proprio della teoria economica convenzionale non
risulta sensato affermare che le persone si comportino effettivamente in modo
razionale.
15
Canziani A., 1993, p 492.