4
d’acqua, ma anche intere specie animali ed ecosistemi) potevano
andare distrutti o venire seriamente danneggiati. Ciò non sollevava
però dilemmi di ordine morale. L’idea della natura come pozzo di
riserve inesauribili o rinnovabili contribuiva a circoscrivere il
trattamento degli enti naturali a un problema di massimizzazione dei
vantaggi economici. Che cosa potevano rappresentare, ha scritto
William T. Blackstone, l’integrità di un bosco, la conservazione di una
palude o la vita di qualche specie animale al cospetto della prosperità
industriale?
4
Alcuni fatti e conoscenze di ordine pratico sono venuti a mettere
in questione le certezze di un tempo. Tali fatti riguardano da un lato
la consapevolezza del carattere esauribile e non rinnovabile delle
risorse e, dall’altro, le nuove caratteristiche dell’azione umana
sull’ambiente.
Per quanto riguarda il primo aspetto, è forse superfluo ricordare
che nel 1972 il System Dinamic Group del Massachusetts Institute of
Technology redige su incarico del “Club di Roma” e sotto la direzione
di Denis L. Meadows la sua celebre (e subito contestatissima) analisi
del futuro delle società industriali avanzate, mettendo in discussione
l’idea, ereditata dai modelli culturali della rivoluzione industriale,
della crescita materiale costante e illimitata delle società
5
.
4
W. T. Blackstone, “The Search for an Environmental Ethics”, in T. Regan (a
cura di), Matters of Life and Death. New Introductory Essays in Moral
Philosophy, Random House, New York, 1980, p. 299.
5
D. L. Meadows, The Limits to Growth, New American Library, New York, 1972
(tr. it. I limiti dello sviluppo, Mondatori, Milano, , 1973). Occorre però ricordare
che già prima del celebre “rapporto Meadows” altri e importanti testi in ambito
pubblicistico avevano contribuito a mettere in discussione il mito dello sviluppo
inarrestabile delle società occidentali e a sottolineare le incompatibilità fra
sviluppo economico e tutela dell’ambiente. Tra essi occorre almeno menzionare R.
5
L’argomento su cui si basa tutta l’analisi è che una crescita indefinita
è impossibile in un mondo con risorse scarse e dai limiti finiti; che
ostinarsi in questa direzione non può causare altro effetto che la
rottura del tessuto ecologico che per milioni di anni ha garantito le
condizioni di vita sul pianeta; che le società umane, infine, non
possono vivere senza fare i conti coi vincoli fisici e biologici
dell’habitat
6
.
Dall’altro lato, alla problematizzazione del carattere moralmente
indifferente del rapporto uomo-natura ha contribuito la
consapevolezza delle nuove caratteristiche dell’azione umana,
divenuta più potente a seguito degli sviluppi tecnologici e del loro
accresciuto impatto sulle condizioni ambientali. Come ha avuto modo
di sottolineare George H. Kieffer in quella che è considerata una
classica introduzione alle principali questioni della bio-etica
contemporanea, “la natura, oggi come non mai, dipende da noi; le
nostre attività sono diventate determinanti del futuro della natura.
Siamo diventati così potenti che l’attività umana è da considerarsi
Carson, Silent Spring, Houghton and Mifflin, Boston, 1962 (Primavera silenziosa,
Felrtinelli, Milano, 1962); B. Commoner, Science and Survival, Viking Press,
New York, 1963; P. Shepard, D. McKinley, The Subversive Science, Houghton and
Mifflin, Boston, 1969; G. Hardin, “ The Tragedy of the Commons”, Science, 162,
1968, pp. 1243-1248; P. Ehrilich, A. H. Ehrlich, Population, Resources,
Environment, W. H. Freeman, S. Francisco, 1970; P. Ehrlich, The Population
Bomb, Ballantine, New York, 1970; B. Commoner, The Closing Circle, A. Knops,
New York, 1971 (tr. it. Il cerchio da chiudere, Garzanti, Milano, 1972); E.
Goldsmith, (a cura di) Blueprint for Survival, Houghton and Miffling, Boston,
1972.
6
Nonostante abbia avuto un ruolo determinante nel sensibilizzare l’opinione
pubblica internazionale, facendo entrare le tematiche ambientali nelle agende di
tutti i politici, non si può negare che le previsioni del “rapporto Meadows” relative
al consumo delle risorse del pianeta, si siano rivelate troppo “catastrofiste”.
Infatti, il paventato collasso non si è fortunatamente verificato.
6
l’equivalente di una forza ecologica”
7
. In effetti, l’erosione, il
depauperamento e il degrado delle risorse del pianeta sono giunti al
punto da minacciare seriamente la qualità della vita della stessa
specie umana. Modifichiamo l’ambiente ad una tale velocità da non
riuscire a capire altrettanto in fretta cosa succede. Perciò, vecchi
atteggiamenti di sfruttamento e manipolazione incontrollati
dell’ambiente hanno dovuto progressivamente fare spazio a nuove
pratiche (sostenute da legislazioni maggiormente accorte) basate
sulla riduzione dei consumi, il contenimento delle emissioni
inquinanti, la ricerca di uno sviluppo sostenibile.
L’oggetto di questo lavoro, però, non sono questi fatti. Esso
riguarda piuttosto il problema del rapporto fra uomo e natura dal
punto di vista dell’etica filosofica, dove con quest’ultima si intende
quella riflessione filosofica sulla morale, così come si è venuta
caratterizzando in quest’ultima fase della tradizione analitica di
lingua inglese contemporanea. Questo non significa che l’approccio
qui adottato sia del tutto irrilevante dal punto di vista pratico. Fare
chiarezza su certe proposte e modelli teorico-normativi del rapporto
uomo-natura può avere ripercussioni su cosa intendere, poniamo, per
“crisi ecologica” e “valori ambientali”. Ma non è l’aspetto decisivo di
questo lavoro, il quale si propone invece di mostrare quali risposte
sono state date al tentativo di sviluppare un’etica capace di
riconoscere il valore morale della natura e dei suoi componenti, con i
relativi obblighi di rispetto da parte dell’uomo.
7
G. H. Kieffer, Bioethics: A Textbook of Issues, Addison Wesley Publications
Company Reading, Menlo Park-London-Amsterdam, 1979, p. 357.
7
La nascita della environmental philosophy
Intorno al problema del rapporto uomo-natura si è acceso nella
filosofia morale anglosassone un articolato dibattito. Esso ha avuto
inizio intorno ai primi anni Settanta con la pubblicazione di alcuni
importanti saggi
8
, tra cui spicca il volume di John Passmore, La
nostra responsabilità per la natura
9
, e può contare attualmente su
una vasta letteratura oltre che su una autorevole rivista
interdisciplinare, Environmental Ethics, dedicata agli aspetti
filosofici dei problemi ambientali, che si pubblica con continuità dalla
primavera del 1979
10
.
Quali sono i termini generali di questo dibattito? Stando al senso
comune, abbiamo una certezza intuitiva per la quale soltanto gli
esseri umani sono importanti dal punto di vista morale e che non c’è
bisogno di considerare quel che facciamo agli altri animali, piante,
ecc., o quel che facciamo all’ambiente, a meno che ciò non influisca
direttamente sulla vita degli esseri umani. Le domande che più
insistentemente emergono nel corso di tale dibattito sono di questo
tipo: hanno gli uomini dei vincoli morali nei confronti dell’ambiente,
delle specie non-umane e degli ecosistemi naturali, oppure la morale e
8
Tra gli interventi che hanno per così dire dato il battesimo alla environmental
philosophy sono da annoverare R. e V. Routley, “Is There a Need for a New, an
Environmental Ethics?”, Proceedings of the 15th World Congress of Philosophy,
Sophia, 1973, vol. 1, pp. 205-210; A. Naess, “The Shallow and the Deep, Long
Range Ecolgoy Movement. A Summary, Inquiry, xvi, 1973, pp. 95-100 (tr. it. “Il
movimento ecologico: ecologia superficiale ed ecologia profonda. Una sintesi” in
M. Tallacchini (a cura di), Etiche della terra, Vita e Pensiero, Milano, 1998,
pp.143-150); W. T. Blackstone (ed.), Philosophy and Environmental Ethics,
University of Georgia Press, Athens, 1974.
9
J. Passmore, op. cit.
10
Attualmente viene pubblicata dal Center for Environmental Philosophy presso
l’università del North Texas (http://www.cep.unt.edu/enethics.html).
8
i doveri umani sono applicabili soltanto alle relazioni umane? Il fatto
che molte operazioni umane sull’ambiente investono con forza altre
forme di vita e la stessa biosfera ha o no ripercussioni sul piano etico?
Sollecita o no una revisione dei giudizi e dei criteri tradizionali circa
le azioni che è bene fare o astenersi dal fare? Abbiamo una
responsabilità o degli obblighi morali nei confronti degli enti non-
umani indipendentemente dai nostri doveri e obblighi verso gli altri
uomini, presenti o futuri? E come si concilia il rispetto di questi
eventuali nostri doveri con quello dovuto ai nostri simili e alla
considerazione dei loro interessi, spesso soddisfatti dallo sfruttamento
degli oggetti naturali?
E’ nel contesto di queste domande che nasce quella che si è
convenuto chiamare environmental philosophy, cioè una particolare
diramazione della filosofia morale contemporanea tesa a interrogarsi
sulla plausibilità di allargare l’ambito della moralità oltre i confini
delle relazioni interumane e a definire un sistema di regole morali da
seguire se e quando i nostri comportamenti si ripercuotono sulla vita
e le condizioni degli enti non-umani e non prodotti dall’uomo.
9
La environmental philosophy e gli sviluppi della filosofia pratica
La environmental philosophy ha contribuito ad accelerare il
passaggio a cavallo degli anni Sessanta-Settanta della filosofia
pratica di lingua inglese dalla riflessione su questioni meta-etiche
circa la natura e la logica del discorso morale, alla rinascita dell’etica
normativa e dell’etica applicata
11
.
Detto in modo schematico, chi si interroga sui rapporti tra uomo e
ambiente naturale dal punto di vista dell’etica filosofica, non intende
più occuparsi di cosa significa “buono” o “dovere”, “giusto” o
“ingiusto”. Egli cerca piuttosto di stabilire cosa è bene o male, giusto o
ingiusto fare o astenersi dal fare nei nostri rapporti con l’ambiente.
Ciò non significa che la filosofia pratica di area anglo-americana vada
perdendo la sua ispirazione originaria volta a costruire (o ri-costruire)
modelli di razionalità pratica e si stia trasformando in una riflessione
estemporanea sulle principali “emergenze” del momento
12
.
Nonostante le molte differenze, la nuova fase della riflessione morale
di lingua inglese mantiene della vecchia ispirazione meta-etica
l’impegno a elaborare teorie razionalmente giustificate. Ciò significa,
come ha avuto occasione di sostenere Eugenio Lecaldano, che “anche
in questi pensatori odierni […] lo sforzo principale – da cui la stessa
soluzione dei problemi pratici dipende – è sempre nella direzione di
11
Questo passaggio è ben documentato in M. Mori, “Recenti sviluppi nella
filosofia pratica di lingua inglese”, Rivista. di Filosofia, LXXI, 1980, pp. 139-156;
“La sfida dell’etica applicata e il ragionamento in morale”, in M. Mori (a cura di),
Questioni di bioetica, Editori Riuniti, Roma, 1988, in particolare le pp. 37-42.
12
Per una storia della fase meta-etica della filosofia pratica di lingua inglese, si
veda E. Le caldano, Le analisi del linguaggio morale, Edizioni dell’Ateneo, Roma,
1970. un’ottima introduzione ai problemi e alla terminologia della filosofia
pratica nella fase meta-etica è offerta da W. K. Frankena, Etica. Un’introduzione
alla filosofia morale, Edizioni Comunità, Milano, 1981.
10
una analisi precisa delle nozioni in gioco, di una distinzione fra i vari
‘concetti’ e di una ricerca di rigorose strategie argomentative a
sostegno delle indicazioni proposte”
13
.
Nella già ricca letteratura che su questi problemi si è venuta
accumulando, le questioni etiche connesse alla tutela dell’ambiente
sono sempre affrontate privilegiando ben precise tecniche
argomentative, di controllo e di giustificazione delle proposte
suggerite. Lontano dal ridursi a espressione di sola indignazione
morale, tali proposte cercano sempre di soddisfare l’assunto
principale della tradizione analitica: su questioni di ordine etico è
possibile elaborare giudizi e valutazioni suscettibili di controllo
razionale e pubblico e fornire argomenti tramite i quali mostrare
l’implausibilità di giudizi e valutazioni alternativi. Lo scopo di tali
indagini è di favorire l’approfondimento dei problemi etico-concettuali
connessi alle questioni ambientali, dando spessore logico a
interrogativi che troppo spesso, sulla scia di legittime preoccupazioni,
non sembrano riuscire ad andare oltre l’ambito di una generica
“sensibilità ecologica”.
D’altra parte, a differenza delle altre branche dell’etica normativa
e applicata (e in particolare della bioetica, che tratta dei problemi
morali sollevati dagli attuali sviluppi della medicina e della biologia),
la environmental philosophy non si è caratterizzata per lungo tempo
per una esauriente disamina dei problemi empirici in gioco nei
contesti concreti delle decisioni ambientali (inquinamento,
deforestazione, smaltimento e riciclo dei rifiuti urbani e industriali,
13
E. Lecaldano, “Analisi filosofica, utilitarismo e razionalità pratica”, Il Mulino,
6, Bologna, 1986, pp. 971-994.
11
specie in via di estinzione, uso di diserbanti e pesticidi, ecc: tutti
problemi più nominati che effettivamente analizzati). La maggior
parte dei contributi che verranno esaminati sono sostanzialmente
privi di articolazioni normative circa il da farsi pratico in situazioni
concrete. Essi si soffermano piuttosto sulla varietà di ragioni atte a
rispondere alla domanda “perché gli uomini dovrebbero prendersi
(moralmente) cura dell’ambiente?”. D’altra parte, come si vedrà
nell’ultimo capitolo, in tempi recenti sono stati diversi gli autori a
sollecitare una maggiore aderenza alle realtà concreta in cui si
verificano i problemi ambientali, in modo da fornire non solo degli
strumenti concettuali, ma anche delle norme operative a chi ha il
compito di sviluppare e mettere in atto una politica ambientale.
La giustificazione dell’etica ambientale
In altri termini, si può dire che il problema qui in oggetto, forse di
ordine più concettuale che normativo, è quello della giustificazione
della rilevanza morale degli enti naturali. Il termine “giustificazione”
non ha qui il significato che solitamente assume in ambito meta-
etico
14
. Non è cioè in discussione il problema se si possano e, in caso
affermativo, se si debbano giustificare, e come, i giudizi etico (nel
duplice senso di sostenere la validità di certe prese di posizione
morali e di rispondere alla domanda “perché essere morali?”, “perché
fare A ammesso che A sia moralmente buono?”). Più semplicemente,
con il termine “giustificazione” si intende caratterizzare l’insieme
delle ragioni addotte per sostenere che la natura riveste un valore
morale, e quale per gli uomini. Va da sé che quest’ultima questione
14
Cfr. W. Frankena, Etica, cit., pp. 187-219.
12
ha connessioni significative anche con la teoria della giustificazione (è
il caso ad esempio di quei filosofi i quali ritengono che i giudizi etici
formulati nell’ambito della riflessione filosofica sull’ambiente sono
radicati nella natura stessa delle relazioni ecologiche, o nei resoconti
dell’ecologia come scienza). Ma le due posizioni sono logicamente
indipendenti, ed è la prima che, si ribadisce, ha finito per diventare
l’oggetto di indagine di questo lavoro. E’ questo il motivo, tra l’altro,
per cui il nome di certi autori torna più volte in contesti diversi. Una
volta privilegiata la linea degli argomenti utilizzati per giustificare
“l’etica ambientale”, era inevitabile rilevare che in uno stesso testo
coabitano giustificazioni differenti del valore morale degli enti
naturali. Quella che potrebbe sembrare una incoerenza nel pensiero
degli autori esaminati, o un’imprecisione del loro esaminatore, è
soltanto l’esito di una precisa scelta interpretativa, coi suoi svantaggi
(disseminazione degli stessi testi in contesti diversi), ma anche coi
suoi vantaggi (esplicitazione delle potenzialità argomentative di un
testo).
Va ulteriormente precisato, poi, che autori come Lecaldano e
Hare hanno messo in guardia chi “dimentichi” di connettere la nuova
fase normativa dell’etica alla precedente stagione meta-etica e alle
importanti acquisizioni di quest’ultima sulla natura propria dei
problemi pratici
15
. Tuttavia, è convinzione di chi scrive che l’interesse
15
E. Lecaldano, “Analisi filosofica”, cit., p. 975: “Ritengo che una soddisfacente
filosofia pratica non possa essere elaborata seguendo la tendenza della più
recente cultura di lingua inglese alla completa rimozione dei problemi meta-etici
[…] La soluzione più corretta mi sembra quella di una integrazione dei risultati
della fase meta-etica con quelli della più recente tendenza costruttiva. Le teorie
meta-etiche senza un confronto con concreti problemi pratici sono vuote, ma le
teorie etiche normative senza un esplicito discorso meta-etico sono cieche”.
13
teorico e pratico e l’attualità del dibattito sull’etica ambientale
meritino una trattazione relativamente autonoma
16
.
Il criterio di classificazione
Quale approccio è stato impiegato nei confronti di questo
dibattito? La principale preoccupazione è stata quella di individuare
un criterio che consentisse di rendere conto del maggior numero di
posizioni possibile all’interno di una letteratura che, come si è già
detto, ha ormai raggiunto dimensioni davvero considerevoli. Il criterio
che alla fine è apparso più convincente separa i vari approcci
“ecofilosofici” (secondo la terminologia introdotta da John Passmore)
in base al ruolo riconosciuto alla “scienza ecologica”: disciplina carica
di aspetti filosofici per le ecofilosofie “profonde”, priva di ogni effetto
nella soluzione della crisi ecologica per le ecofilosofie “superficiali”
17
.
Chi si riconosce nel primo gruppo, contesta radicalmente l’idea del
dominio umano sulla natura e sostiene che il problema del rapporto
tra uomo e ambiente richieda una “nuova” etica, un’ “etica ecologica”
appunto. Diversamente, gli autori che si riconoscono nel secondo
gruppo ritengono che non sia necessaria alcuna rivoluzione nella
teoria etica per far fronte alle nuove questioni poste dalla azione
Contro la tendenza del filosofo pratico a risolvere i “problemi della piazza del
mercato” coi “metodi della piazza del mercato” si è espresso R. M. Hare, “Teoria
etica e utilitarismo”, in A. Sen, B. Williams ( a cura di), Utilitarismo e oltre, Il
Saggiatore, Milano, 1984, p. 32.
16
Qui faccio mia la posizione di S. Bartolommei, Etica e ambiente, Guerini,
Milano, 1989, p. 23: “solo una conoscenza approfondita di cosa effettivamente
hanno detto i filosofi ambientali e delle strategie argomentative che hanno
utilizzato può contribuire a individuare quali effetti e quali avanzamenti analitici
le loro teorie hanno o possono avere anche sul piano della giustificazione (in senso
meta-etico) dei giudizi morali”.
17
Cfr. cap. I.
14
umana sulla natura: le categorie dell’etica tradizionali sono più che
sufficienti, esse richiedono soltanto di essere integrate ed estese per
includervi i nuovi soggetti e le nuove questioni. A questo secondo
gruppo o “famiglia” di teorie appartengono, tra gli altri, l’etica dei
diritti e l’utilitarismo applicati al campo delle relazioni uomo-
natura
18
. Esso, inoltre, può essere ulteriormente suddiviso a seconda
che si guardi agli oggetti naturali come dotati di valore in sé (i già
citati sostenitori dei “diritti dell’ambiente”, per es.), oppure come enti
con valore strumentale (per es. gli utilitaristi)
19
.
Ecologia o ambiente? Una chiarificazione concettuale
Nel corso della lettura, ci si potrà facilmente accorgere della
continua alternanza nell’uso di due termini fondamentali per il nostro
discorso, vale a dire quelli di “ecologia” e di “ambiente”, il quale
merita una alcune precisazioni preliminari utili a non ingenerare
confusione.
Quando viene impiegato il termine “ecologico”, il riferimento, se
non è alla disciplina scientifica, va inteso alle visioni complessive del
rapporto uomo-natura; diversamente, con il termine “ambientale” si
allude agli approcci che hanno ad oggetto unicamente l’ambiente,
inteso come elaborazione neutra dei problemi ecologici, volta ad
18
Cfr. il cap. II sulle ecofilosofie profonde e il cap. III sulle ecofilosofie
superficiali.
19
Questi brevi accenni permettono di intuire quanta parte giochino (a partire dal
linguaggio e dalle categorie concettuali impiegate) alcune delle principali correnti
dell’etica normativa contemporanea di lingua inglese nel costruire il dibattito
sull’etica ambientale. Tale ruolo si misura anche e soprattutto dal modo in cui
esso reagisce su queste stesse tradizioni: si pensi alla sfida proveniente dalle
etiche cosiddette “ecologiche”, che sembra spingere a raffinare o addirittura ad
abbandonare gli schemi dominanti in nome di un discorso morale capace di fare
posto ai nuovi candidati alla cittadella dell’etica.
15
isolare e definire singoli temi (inquinamento, conservazione delle
risorse, crescita demografica, smaltimento rifiuti) evitando le
complicazioni di un approccio globalistico. Più semplicemente, il
termine “ambiente” vuole indicare le discipline che affrontano
settorialmente i problemi ecologici.
Mappa dei contenuti
Il primo capitolo traccia le linee generali della questioni ecologica,
individuando e affrontando le presunte responsabilità che emergono
nella storia dell’Occidente in relazione al rapporto con la natura;
viene inoltre spiegato il criterio di classificazione delle ecofilosofie in
deep e shallow ecologies (ecologie profonde e superficiali), indicate
anche con le espressioni “ecologismo” e “ambientalismo”, la cui analisi
viene compiuta nel corso, rispettivamente, del secondo e terzo
capitolo, attraverso l’esposizione delle teorie e giustificazioni di alcuni
degli autori più significativi del panorama etico ambientale. Il nucleo
tematico essenziale intorno a cui ruotano le ecofilosofie profonde è il
rapporto fatti-valori nelle etiche ispirate all’ecologia e la difficile
conciliabilità tra entità individuali e collettive; l’argomento cruciale
per le ecofilosofie superficiali resta, invece, la difesa, ma anche la
parziale ridefinizione, dell’antropocentrismo, per giustificare e
definire i limiti di una tutela della natura che non abbandoni
presupposti filosofici tradizionali. Il quarto e ultimo capitolo, infine,
contiene alcuni punti di vista che si propongono di mediare, in
maniera talvolta anche pragmatica, tra approcci filosofici divergenti,
con l’obiettivo primario di fornire indicazioni normative “spendibili”
dal punto di vista di chi ha il problema concreto di dovere elaborare
16
una politica ambientale, con un occhio di riguardo, però, sempre
rivolto al momento fondativo.
Un’ultima precisazione riguarda il taglio dell’esposizione, che
riflette essenzialmente la nascita e lo svolgimento della disciplina,
con un sguardo che cerca di accostare percorso storico e trama
concettuale.