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1. INTRODUZIONE: -IL CONCETTO DI MASCHERA-
Nella letteratura pirandelliana una delle tematiche più presenti è senza alcun dubbio
quella della maschera. Questo concetto venne analizzato da Pirandello stesso nel suo
saggio intitolato “L’Umorismo” e pubblicato nel 1908
1
.
Lo scrittore paragonò l’arte umoristica a quella epica e tragica, concludendo che l’arte
poetica della modernità possa fondarsi solamente sull’umorismo e non sul tragico o sul
epico poiché le dicotomie tipiche del passato come bene/male, vero/falso,
giusto/sbagliato su cui si basavano tragedia ed epica non esistono più. Nel tempo
moderno, l’umorismo è l’unica forma d’arte possibile poiché sono venute a mancare tali
categorie e poiché esso non propone né valori né eroi, ma solamente personaggi
incapaci di agire nell’azione pratica.
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L’arte umoristica evidenzia il contrasto tra la forma e la vita e tra personaggio e
persona. L’uomo, per trovare un valore alla propria esistenza, ha bisogno di crearsi degli
autoinganni e quindi organizza il proprio tempo e la propria esistenza seguendo
ideologie, convenzioni, riti, istituzioni e ideali che hanno lo scopo di rafforzare in lui
tale illusione. Secondo Pirandello, l’insieme di questi autoinganni costituisce la forma
dell’esistenza che blocca la spinta delle pulsioni vitali, imprigiona e cristallizza l’uomo
opponendosi alla vita.
L’uomo imprigionato dalla morsa della forma non è più una persona integra, in grado di
agire seguendo i propri desideri, le proprie pulsioni, ma una semplice maschera che
recita ruoli diversi a seconda delle esigenze dettate dal momento (la parte di figlio,
marito, amico, lavoratore, studente, collega..). Nell’arte umoristica non ci sono più eroi,
ma tutti gli uomini sono solo delle maschere
3
che recitano senza interrompersi mai.
I personaggi pirandelliani hanno quindi due scelte: l’incoscienza o la consapevolezza.
Nel primo caso, si adeguano alla forma vivendo ipocritamente e passivamente; nel
secondo caso, rifiutano gli obblighi imposti dalla forma allontanandosi da essa e vivono
consapevolmente, ma rompendo le convenzioni della forma sono condannati ad
escludersi e ad essere esclusi dalla società e dai propri cari venendo spesso scambiati
per pazzi.
4
Patrick Charaudeau
5
riprese il concetto di maschera pirandelliana nell’introduzione al
suo saggio “Le Discours Politique -Les Masques du Pouvoir-”
6
sostenendo che più
1
In realtà, l’elaborazione della poetica dell’umorismo cominciò quattro anni prima. Infatti, le due
premesse iniziali, corrispondenti ai primi due capitoli del saggio stesso, risalgono al 1904.
2
“L’Umorismo”, Pirandello, 1908.
3
Maschere o personaggi sono sinonimi in Pirandello.
4
In realtà sono pochissimi i personaggi delle opere di Pirandello ad essere in grado di liberarsi dalle
costrizioni della forma ed ad accettare la vita. Fra questi Vitangelo Moscarda, protagonista di “Uno,
Nessuno e Centomila” venendo, però, considerato da tutti pazzo.
5
Linguista francese, esperto di analisi del discorso e attualmente professore emerito dell’università di
Parigi 13, ricercatore al CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique) e membro dell’INA
(Institut National de l’Audiovisuel).
5
maschere sono possibili, quindi più identità, a seconda della situazione comunicativa e
che il discorso politico è il luogo per eccellenza in cui si ritrova un gioco di maschere in
quanto è il risultato della somma di varie strategie di cui l’enunciatore è spesso artefice
consapevole, ma non sempre.
Questo elaborato si propone di analizzare alcune delle strategie tipiche del discorso
politico prestando particolare attenzione all’ethos
7
, strategia della retorica che consiste
nel costruire un’immagine, una maschera di sé attraverso varie tecniche comunicative, e
di fornire due esempi di analisi di discorsi politici, il primo tratto da un discorso di
Silvio Berlusconi
8
e il secondo tratto da un discorso di Nicolas Sarkozy
9
.
2. IL DISCORSO POLITICO COME ATTO LINGUISTICO
La teoria degli atti linguistici si basa sul presupposto che la maggior parte degli
enunciati serva a compiere delle vere e proprie azioni in ambito comunicativo tese a
influenzare in maniera più o meno diretta gli interlocutori dell’enunciatore. Secondo
John Langshaw Austin
10
, ogni atto linguistico può essere analizzato attraverso tre
differenti livelli: l’atto locutorio, la forza illocutoria e l’effetto perlocutorio
11
.
L’atto locutorio analizza le parole stesse e la struttura dell’enunciato. La forza
illocutoria si occupa di studiare la funzione delle parole, lo specifico obiettivo che
l’enunciatore ha in mente. Infine, l’effetto perlocutorio spiega l’effetto dell’enunciato
sugli interlocutori, la reazione degli ascoltatori. Ad esempio
12
:
MM: “Penso che andrò a prendere un altro panino.”
AM: “ Io stavo andando a prenderne un altro.”
BM: “Potresti prendermi un panino al tonno e mais, per favore?”
AM: “Anche a me?”
Dal punto di vista dell’atto locutorio notiamo che vi sono due frasi affermative e due
interrogative, secondo la forza illocutoria AM e MM stanno esprimendo intenzioni
riguardo alle proprie azioni e BM e AM stanno richiedendo all’interlocutore di svolgere
un azione. L’effetto perlocutorio sottolinea il fatto che MM si è alzato e porterà i panini
richiesti da AM e BM.
Ogni atto linguistico, oltre che a prestarsi ad un’analisi di questo tipo, proviene da una
persona che si definisce solamente relazionandosi con l’altro in base ad un principio di
alterità e che cerca di influenzare gli interlocutori in base ad un principio di influenza
6
Patrick Charaudeau, “Le Discours Politique -Les Masques du Pouvoir-” Librairie Vuibert, Aprile 2005.
7
In retorica uno dei tre modi di persuasione assieme a logos e pathos.
8
Politico italiano, presidente del PdL e più volte primo ministro. Attualmente senatore della XVIIesima
legislatura.
9
Politico francese, presidente delle Repubblica Francese dal 2007 al 2012.
10
Considerato il padre della teoria degli atti linguistici in seguito alla sua lezione tenuta ad Harvard nel
1955 dal titolo “How to Do Things with Words”.
11
“Pragmatics and Discourse – A Resource Book for Students”, Joan Cutting, Routledge.
12
Esempio tratto da “Pragmatics and Discourse –A Resource Book for Students-”.
6
per cui si cerca di convincere gli interlocutori a fare, pensare o dire ciò che si vuole. Gli
interlocutori stessi, però, sono in grado di resistere a questo tentativo opponendo il
proprio progetto di influenzare il prossimo. Il rapporto tra gli interlocutori è quindi
regolato dal principio di regolazione, che ne gestisce i rapporti.
13
Il discorso politico è uno degli atti linguistici che cerca di influenzare di più i propri
interlocutori allo scopo di conquistare consenso elettorale e sostegno attraverso diverse
strategie fra le quali la minaccia
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o una possibile gratificazione
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grazie all’autorità
esercitata dai personaggi politici stessi. Lo scopo stesso del discorso politico è quello di
persuadere gli interlocutori utilizzando svariate strategie comunicative.
3. CARATTERISTICHE DEL DISCORSO POLITICO
3.A. La Retorica
Il discorso politico non ha lo scopo di insegnare come le altre arti, ma deve persuadere
gli interlocutori e, quindi, utilizza la retorica che, secondo Aristotele, è “la facoltà di
scoprire in ogni argomento ciò che è in grado di persuadere […] Ciascuna delle altre arti
mira all’insegnamento e alla persuasione intorno al proprio oggetto: così la medicina
intorno ai casi di salute e di malattia, la geometria intorno alle variazioni che avvengono
nelle grandezze […]. La retorica invece sembra poter scoprire ciò che persuade, per così
dire, intorno a qualsiasi argomento dato.”
16
.
Quindi, Aristotele definì la retorica come lo studio di quei procedimenti e di quelle
strutture fondamentali che possono riuscire a convincere gli interlocutori. Il campo
naturale di questa particolare scienza è costituito da quei particolari procedimenti con
cui gli uomini consigliano, accusano, difendono ed elogiano e cioè da quei particolari
procedimenti in cui non sono le conoscenze scientifiche ad essere importanti, ma lo
sono le opinioni, le idee. Pertanto, Aristotele legò la retorica al discorso politico: “La
retorica è come una diramazione della dialettica e della scienza intorno ai costumi, che è
giusto denominare politica.
17
”
Aristotele distinse gli argomenti persuasivi in due grandi macrogruppi
18
: quelli non
tecnici e quelli tecnici. I primi, fra cui possiamo annoverare le leggi e le testimonianze,
esistono indipendentemente dall’oratore che non deve sforzarsi di trovarli, mentre i
secondi sono specifici dell’oratore e sono di tre tipi a seconda che:
-riguardino l’oratore e cerchino di dargli credibilità.
13
“Le Discours Politique –Les Masques du Pouvoir”, Patrick Charaudeau, Librairie Vuibert, Aprile 2005.
14
I partiti populisti europei come la Lega Nord in Italia e Le Front National in Francia utilizzano spesso
la minaccia per convincere gli elettori a votare enfatizzando, per esempio, i pericoli causati
dall’immigrazione e dall’Unione Europea.
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Le varie promesse dei partiti di abolizione delle tasse durante le campagne elettorali, nel caso
dell’ultima elezione italiana di abolizione dell’IMU, sono degli esempi di possibili gratificazioni: votare
per quel partito significa avere dei benefici in caso di vittoria del partito stesso.
16
“Retorica”, Aristotele, traduzione italiana di A. Plebe, Roma-Bari, Laterza, 1992
17
Ibidem
18
Ibidem