Estrazione del Reticolo Idrografico da Modelli Digitali di Quota: Algoritmi di Generazione a Confronto
Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 6
Nel Capitolo 3 sono descritti i metodi di estrazione automatica del reticolo idrografico più
importanti, sono illustrate anche alcune metodologie per la gestione dei dati che presentano
difficoltà computazionale, infine viene esposta una procedura automatica di filtraggio del reticolo
estratto cioè un procedimento atto alla definizione della reale estensione del reticolo.
Il Capitolo 4 raccoglie i risultati e le conclusioni tratte dal confronto fra i vari metodi di estrazione
del reticolo analizzati.
Sono presenti alcune appendici in cui vengono brevemente sviluppati alcuni concetti richiamati nei
capitoli precedenti: l’Appendice A tratta della natura frattale del reticolo idrografico, l’Appendice
B illustra alcune nozioni sui grafi e sugli algoritmi di individuazione dei cammini minimi al loro
interno, l’Appendice C presenta l’applicazione di calcolo eris sviluppata appositamente durante la
stesura di questa tesi, applicazione che riprende uno dei metodi di estrazione del reticolo presentati
nel Capitolo 3.
1.1. I MODELLI DIGITALI DEL TERRENO
Con il termine di modello digitale del terreno (in inglese “digital terrain model”, DTM) si intende
una superficie analitica continua o con discontinuità di prima specie ed in genere con derivata prima
discontinua, in grado di rappresentare l’andamento spaziale di determinate caratteristiche territoriali
quali ad esempio le superfici topografiche, la trasmissività, le piezometriche, gli strati geologici.
Nel caso di sole superfici topografiche si parla di modelli digitali di quota (in inglese “digital
elevation model”, DEM), ma in genere le due terminologie sono confuse: spesso si parla di modelli
digitali del terreno anche quando si tratta esclusivamente di superfici topografiche.
Il termine “digitale” ricopre una notevole importanza nella definizione dei DTMs e dei DEMs:
indica che tali tipologie di dati sono disponibili su supporto informatico, quindi analizzabili da
sistemi computerizzati. In effetti la rapida diffusione dei modelli digitali del terreno è dovuta
principalmente al vertiginoso sviluppo della potenza di calcolo dei sistemi informatici, al
miglioramento della capacità di visualizzazione degli stessi e all’incremento della disponibilità di
dati sul territorio (quindi al progresso compiuto nella fase di rilevamento dei dati stessi).
La costruzione dei DTMs e dei DEMs è di fondamentale rilevanza nel campo delle discipline
cartografiche in quanto l’accuratezza nel riproporre le caratteristiche del territorio riveste una
grande importanza in ambiti come quello militare, i GIS, il monitoraggio del territorio, la
pianificazione territoriale.
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 7
1.1.1. Metodi di Acquisizione dei Dati
I dati di origine su cui si basano i modelli digitali del terreno possono provenire da diversi tipi di
sorgenti disponibili in differenti formati. Fra le tecniche di acquisizione dati più comuni si possono
annoverare le seguenti:
1) Rilievi topografici.
2) Fotogrammetria.
3) Acquisizione di mappe topografiche attraverso l’utilizzo di scanner
4) GPS (Global Positioning System)
5) Immagini da piattaforma satellitare.
I metodi più comunemente utilizzati fra questi sono la fotogrammetria e la scansione di mappe
topografiche, molto brevemente vengono qui di seguito illustrate.
Fotogrammetria
Nella fotogrammetria ci si avvale di fotografie aeree del territorio. Essendo la fotografia
un’immagine generata dalla proiezione dell’oggetto su una superficie piana è inevitabile una certa
perdita di informazione nell’operazione di rilevamento del territorio: non viene rispettata la
relazione di biunivocità fra immagine e oggetto fotografato in quanto la prima e bidimensionale
mentre il secondo è tridimensionale. Al fine di ottenere una relazione biunivoca ragionevolmente
corretta è necessario considerare due fotografie dello stesso oggetto ottenute da posizioni diverse e
quindi applicare tecniche di proiezione dei punti delle immagini per ricavare il posizionamento dei
punti dell’oggetto nello spazio.
Le fasi fondamentali del rilievo fotogrammetrico sono le seguenti:
1) Acquisizione delle immagini del territorio attraverso l’utilizzo di una macchina fotografica
solitamente posta sulla carlinga di un aereo, le foto devono essere scattate in rapida
sequenza in modo da ottenere almeno due immagini in cui è raffigurata la stessa porzione di
territorio.
2) Individuazione dei punti noti sul terreno (punti di appoggio) necessari per definire a
posteriori il posizionamento delle macchine fotografiche al momento dello scatto e
ricostruire il sistema di riferimento assoluto.
3) Orientamento interno ed esterno (relativo e assoluto) dei fotogrammi.
4) Restituzione, ovvero determinazione di punti quotati e loro cartografazione mediante
appositi strumenti detti appunto “restitutori”, questi in genere sono apparecchiature dotate di
elaboratore elettronico operante in automatico. Il risultato finale di questa procedura è la
produzione del dato digitale su supporto informatico, generalmente su CD-ROM.
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 8
La fase più delicata e che presenta un certo grado di complessità e sicuramente l’ultima, cioè quella
di restituzione, soprattutto perché tutti gli oggetti che si trovano sopra il territorio (in particolare le
zone boscose) impediscono la corretta individuazione delle curve di livello che devono essere
quindi interpolate introducendo un’altra fonte di errore; è necessario dunque che l’operatore che
supervisiona il procedimento abbia una certa esperienza.
Acquisizione per Scansione
Mediante l’impiego di scanner, è possibile trasformare, in maniera semiautomatica, una normale
carta topografica in una carta numerica, questo è reso possibile soprattutto dall’incremento della
potenza di calcolo degli elaboratori elettronici e dallo sviluppo di sofisticate applicazioni software
di riconoscimento delle forme.
Lo scanner numerizza automaticamente le carte topografiche per scansione di righe, l’operatore
interviene solo inizialmente nell’impostazione di alcuni parametri quali la risoluzione spaziale della
scansione, la scelta dei livelli di grigio o di colore e le dimensioni della carta. Lo scanner legge una
dopo l’altra le righe di scansione in cui la carta è stata suddivisa e le memorizza, sottoforma di
matrice di valori interi, nella memoria del computer a cui è collegato.
I dati acquisiti in questo modo vengono detti “raster”, dopo la loro memorizzazione vengono
sottoposti a operazioni di vettorizzazione (identificazione di punti, linee ed aree) e di ulteriori
trattamenti automatici come l’assottigliamento delle linee o lo smoothing (smussamento). Questo
processo di elaborazione è molto oneroso dal punto di vista dell’esecuzione in quanto ogni elemento
presente sulla carta topografica (ad esempio la toponomastica, i punti quotati o le strade) viene
rilevato dallo scanner con tutte le interruzioni e le sovrapposizioni originali. Fortunatamente
oggigiorno sono disponibili applicativi software che permettono il riconoscimento semiautomatico
di questi elementi.
1.1.2. Metodi di Costruzione dei DEMs
Il tipo di rappresentazione che fornisce un modello digitale di quota può essere scelto fra una vasta
gamma di possibilità: curve di livello, profili di sezioni, reticoli, punti isolati qualsiasi. Inoltre esiste
tutta una serie di algoritmi di calcolo automatico che permettono di passare da un tipo di
rappresentazione ad un altro. Tutto ciò giustifica la denominazione “modello digitale”: sono
disponibili non solo campioni di quote osservabili di porzioni di territorio, ma anche campioni di
quote stimate mediante algoritmi di calcolo automatico, cioè avendo assunto arbitrariamente ed
opportunamente un certo modello digitale quale modello interpretativo dell’andamento delle quote
nell’area in esame.
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 9
Le strutture dati impiegate per gestire e manipolare i dati altimetrici sono sostanzialmente
riconducibili a tre grandi tipologie (Figura 1-1):
• A griglia (raster)
• A triangoli irregolari (TIN)
• A curve di livello
Figura 1-1
La costruzione dei modelli digitali avviene mediante processi interpolativi locali o globali (a
seconda che si considerino di volta in volta i soli dati nell’intorno dei punti da interpolare o tutti i
dati contemporaneamente), gli algoritmi utilizzati possono invece essere suddivisi in algoritmi
deterministici o non deterministici (questi ultimi considerano la variabile quota come una variabile
casuale). Di seguito verranno brevemente catalogati i metodi di costruzione dei modelli digitali
raster in quanto i DEMs utilizzati in campo idrologico sono generalmente di questo tipo, soprattutto
nell’estrazione del reticolo idrografico: i metodi di estrazione presentati nel Capitolo 3 considerano
esclusivamente DEMs raster.
La generazione di modelli digitali di quota raster ricostruisce la superficie topografica attraverso
l’interpolazione delle quote ai nodi di una griglia regolare, la superficie modellata risultante è
costituita quindi da un insieme di celle di lato costante.
I metodi di costruzione più importanti sono i seguenti:
1) Il metodo della media pesata e il metodo M.D.I.P.: associano al punto centrale della cella del
raster il valore di quota più probabile in base ai valori di quota assunti da una rosa di punti
prossimi, i concetti di “probabilità” e “prossimità” sono definiti analiticamente mediante
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 10
formulazioni matematiche, il metodo M.D.I.P. (morphology-dependent interpolation
procedure) durante il processo di interpolazione considera anche le caratteristiche
morfologiche dei punti di prossimità considerati.
2) Il metodo dei punti tangenti: viene determinato il piano interpolante di una serie di punti, su
questo viene calcolata la quota del punto da determinare.
3) I metodi per punti disposti su un a griglia regolare: vengono utilizzati nel caso in cui in
ingresso si utilizzino già punti quotati su una griglia irregolare, si ricordano il metodo di
interpolazione FCC, il metodo di interpolazione pesata, il metodo della massima quota.
4) Il metodo degli elementi finiti: utilizzano le cosiddette funzioni spline (funzioni definite su
tutto l’asse reale, assumono valore nullo tranne che su un supporto compatto ai cui estremi
tornano al valore zero).
5) Il kriging o metodo di collocazione ai minimi quadrati: considera l’insieme dei dati in
ingresso come un campione estratto da una realizzazione di un processo stocastico (è quindi
un metodo non deterministico a differenza degli altri).
1.2. APPLICAZIONI IDROLOGICHE E MODELLI DIGITALI
Negli ultimi anni, anche in seguito all’aumento esponenziale dei danni causati da eventi alluvionali,
ci si inizia ad orientare, a livello nazionale ed internazionale, verso una gestione più attenta del
territorio, in grado di ottemperare da un lato alle esigenze d’insediamento antropiche e dall’altro al
rispetto di vincoli territoriali in aree a rischi di alluvione. Qualsiasi tipologia di intervento richiede
lo studio del processo di formazione della piena e della sua propagazione tramite modelli
matematici che permettono di analizzare come diversi scenari di intervento, distribuiti sulla
superficie del bacino, modifichino l’idrogramma di piena lungo il sistema fluviale.
I modelli di formazione dei deflussi di piena si propongono di fornire una descrizione matematica
dei processi idrologici che si svolgono nel bacino idrografico, quando questo sia interessato da un
evento meteorico intenso. A tale fine, il bacino idrografico viene considerato come un sistema
soggetto ad ingresso variabile nel tempo e nello spazio, l’intensità di pioggia, la cui uscita (o
risposta) è rappresentata dall’andamento della portata defluente nel tempo attraverso la sezione di
chiusura.
I modelli idrologici si differenziano a seconda della loro struttura e possono essere classificati come
segue:
• Modelli input-output (black box): non si propongono di descrivere i processi fisici che
portano ad un determinato andamento dell’idrogramma di piena, ma semplicemente
ricercano un legame funzionale tra ingresso (ietogramma) ed uscita (idrogramma). L’ipotesi
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 11
di base è che il legame sia di tipo lineare, si sopperisce poi ai limiti che questa supposizione
comporta introducendo delle variabili esogene.
• Modelli a parametri concentrati (anche detti modelli concettuali): fanno uso, per la
descrizione della trasformazione afflussi-deflussi, di relazioni concettuali, basate sulla
descrizione del processo fisico per mezzo di combinazioni di schematizzazioni semplificate,
ovvero la concentrazione dei contribuiti locali attraverso la rete idrografica secondo uno
schema geomorfologico. Il bacino è visto come un sistema che risponde ad un ingresso pari
al valore medio spaziale, al modello si chiede che la risposta sia concorde in maniera
ragionevole a quella reale. In relazione alle finalità per le quali il modello viene realizzato si
fa differenza fra modelli ad equivalenza limitata, quando è richiesta una concordanza solo
per eventi di una certa categoria (come gli eventi di piena), e modelli completi, quando è
richiesta una concordanza in tutte le possibili condizioni.
• Modelli a parametri distribuiti: utilizzano, per descrivere l’evoluzione del sistema fisico, le
equazioni di continuità, di bacino e del moto in forma completa, dalle quali risulta un
sistema di equazioni differenziali, la cui soluzione va ricercata per via numerica.
La scelta di un tipo di modello piuttosto che un altro dipende soprattutto della potenza di calcolo
che si ha a disposizione e dalla semplicità di esecuzione: la complessità del modello cresce
passando dai modelli input-output ai modelli a parametri distribuiti che sono decisamente “pesanti”
dal punto di vista implementativo e computazionale. In tutti i casi la fonte di dati è quasi sempre la
stessa e cioè quella dei DTMs.
1.2.1. Modelli Concentrati della Risposta di Bacino e DTMs
Nell’introduzione di questo § 1.2. è stato ricordato come i modelli a parametri concentrati
assimilino la fisica reale del sistema ad una serie di schematizzazioni semplificate il cui
funzionamento può risultare anche molto diverso, ma in grado di fornire una risposta simile. In
questo gruppo di modelli generalmente vengono annoverati quelli di tipo lineare in quanto di facile
comprensione ed implementazione.
Una delle proprietà più importanti dei sistemi lineari e stazionari è quella che permette di risolvere
l’equazione differenziale che indica la relazione ingresso-uscita: la possibilità di esprimere l’uscita
mediante l’integrale di convoluzione.
In breve un sistema si dice stazionario quando a due ingressi uguali sfasati di un certo intervallo
temporale fa corrispondere due uscite uguali sfasate dello stesso intervallo, mentre si dice lineare
quando è valido il principio di sovrapponibilità degli effetti. Come detto la relazione ingresso-uscita
di un siffatto sistema assume la forma di un’equazione differenziale lineare a coefficienti costanti:
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 12
( )tpqa
dt
dq
a
dt
qd
a
dt
qd
a nnn
n
n
n
=⋅+⋅++⋅+⋅ −−
−
11
1
10 Κ (1-1)
Date le seguenti condizioni iniziali:
( ) ( ) ( ) ( ) 0000 1 =====′== − tqtqtq nΚ (1-2)
è possibile dimostrare che l’integrale generale della (1-1) è il seguente:
( ) ( ) ( )∫ ⋅⋅−=
t
dpthtq
0
ttt (1-3)
Questa prende il nome appunto di integrale di convoluzione mentre la ( )th viene chiamata risposta
impulsiva e dipende soltanto dai coefficienti dell’equazione differenziale (1-1) cioè dalle sole
caratteristiche del sistema, pertanto definisce matematicamente il sistema lineare. Il significato
fisico della funzione ( )th è quella di risposta del sistema dato un ingresso di tipo impulsivo, dal
punto di vista idrologico quindi sarebbe la risposta del bacino in termini di deflusso ad un ingresso
impulsivo di pioggia. In idrologia la funzione ( )th prende il nome di idrogramma unitario
istantaneo (IUH).
La relazione (1-3) è di grandissima importanza in idrologia in quanto permette di calcolare un’onda
di piena ( )tq conoscendo soltanto l’ingresso di pioggia ( )tp e la risposta impulsiva ( )th . In
letteratura esistono molti modelli che fanno uso di questa proprietà matematica (fra i più importanti
si ricordano quello dell’invaso lineare e quello di Nash che simulano il comportamento di bacino
con una serie di canali e serbatoi in cascata), ma quello che risulta più interessante, ai fini dello
studio di questa tesi, è quello che ha introdotto il cosiddetto IUH geomorfologico (GIUH). Alcune
ricerche iniziate circa vent’anni fa (Rodriguez-Iturbe e Valdes, 1979) hanno mostrato che è
possibile stimare l’IUH di un certo bacino a partire dalla conoscenza della struttura morfologica del
suo reticolo idrografico. Se la struttura del reticolo segue con buona approssimazione le leggi di
composizione di Horton (per qualsiasi riferimento alle leggi di Horton e alla definizione di struttura
del reticolo secondo Horton-Strahler si veda il § 2.1.) è possibile dimostrare che lo IUH del bacino
assume una forma particolare che va sotto il nome di IUH geomorfologico. La struttura matematica
dell’IUH geomorfologico è piuttosto complessa ed esula dai fini di questo lavoro (è una funzione
della probabilità che una goccia di pioggia inizialmente cada in un’area che drena in un canale di
ordine dato, della probabilità di transizione da un segmento di un certo ordine ad un segmento di
diverso ordine e della distribuzione del tempo di corrivazione nei segmenti di un dato ordine), ne è
stata data, comunque, semplificata che risulta ugualmente adeguata, l’IUH in questo caso assume
una forma triangolare, in questo caso gli unici parametri che devono essere stimati sono il valore di
picco e il tempo di picco:
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 13
⋅
⋅
⋅
=
⋅⋅=
−Ω
Ω
38,0
55,0
43,0
44,0
31,1
L
A
B
p
Lp
R
R
R
V
L
t
VR
L
q
(1-4)
In questa ΩL è la lunghezza dell’asta di ordine maggiore mentre V è la velocità di picco attesa (un
parametro che deve essere stimato a parte e che generalmente è quello in cui risiedono le maggiori
difficoltà di determinazione).
Come si può notare la risposta impulsiva ( )th del GIUH dipende quasi esclusivamente dalla
descrizione quantitativa del reticolo idrografico, questo significa che poter determinare il reticolo
idrografico da cartografia digitale comporta anche la possibilità di individuare la risposta del bacino
senza dover analizzare altre caratteristiche del bacino stesso e quindi avvalendosi soltanto delle
informazioni sul rilevo topografico (DEMs da cui estrarre il reticolo) e sulle precipitazioni.
Utilizzare il solo reticolo idrografico come sorgente di informazione per risalire alla risposta
impulsiva di bacino è possibile anche considerando un diverso tipo di IUH, quello topologico. In
questo caso si parla di width function cioè la funzione delle distanze topologiche dei punti del
reticolo dalla foce (si veda il § 2.1.). Tale funzione permette una stima di massima dei tempi di
percorrenza dell’acqua nel reticolo fino alla foce, questo approssima il concetto di idrogramma
unitario e quindi risulta possibile stimare, almeno come ordine di grandezza, la risposta del bacino
ad un certo evento meteorico.
1.2.2. Modelli Distribuiti della Risposta di Bacino e DTMs
L’integrazione dell’informazione contenuta nei modelli digitali del terreno con un modello
idrologico distribuito, i cui parametri sono caratterizzati dall’avere una base fisica, offre vantaggi
connessi alla possibilità di analizzare le distribuzioni spazio-temporali delle varie grandezze in
gioco, dove queste ultime si presentano a valutazioni oggettive, in relazione al loro legame con la
fisica dei processi idrologici.
I DTMs costituiscono la base essenziale sulla quale implementare i modelli idrologici e i sistemi
informativi geografici (GIS).
La soluzione del sistema di equazioni differenziali che contraddistingue i modelli a parametri
distribuiti necessita di metodi numerici approssimati con riferimento a domini discretizzati. La base
fisica dei parametri consente che la loro acquisizione sia in qualche modo legata alle proprietà del
suolo e della vegetazione, il modello digitale consente di discretizzare il territorio in una serie di
elementi (generalmente quadrati) e di poter individuare una colonna che comprende suolo,
sottosuolo e la porzione dell’atmosfera sovrastante. Le informazioni ricavate da un GIS permettono
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 14
di identificare numericamente tutte le caratteristiche fisiche che vengono inserite nel modello sotto
forma di parametri.
In questo contesto la determinazione del reticolo idrografico risulta di fondamentale importanza in
quanto definisce dove è presente il deflusso canalizzato e dove si verifica quello di versante, due
tipologie di spostamento dell’acqua completamente diverse e regolate da processi fisici differenti.
Ovviamente del reticolo deve essere definita l’estensione in modo appunto da diversificare fra
versanti e canali.
1.3. EFFETTI DELLA SCALA SPAZIALE DEI DEMS IN IDROLOGIA E
GEOMORFOLOGIA
Come ricordato nel § 1.1. i modelli digitali di quota sono rappresentazioni analitiche della superficie
topografica, utilizzando il termine “rappresentazione analitica” risulta implicita una certa
arbitrarietà nella descrizione della superficie, questo a volte significa che modello digitale e
superficie reale risultano dissimili, inoltre durante la costruzione del modello vengono
inevitabilmente introdotti errori sistematici dovuti soprattutto al processo di interpolazione.
Questa doverosa premessa suggerisce che è necessario utilizzare i DEMs non senza una disamina
critica del dato che si sta utilizzando: nonostante i procedimenti di generazione dei DEMs siano
sempre più accurati non sempre l’informazione che offrono rispecchia la realtà. È quindi molto
importante quantificare in qualche modo il grado di difformità fra i risultati ottenuti mediante
utilizzo di DEMs e quelli che si otterrebbero considerando la superficie topografica reale.
Fryer e al. (1994) hanno suggerito che la maggior parte degli studiosi in campo idrologico e
geomorfologico non sono completamente consci delle limitazioni insite nell’uso dei DEMs come
sorgente di informazione spaziale.
La risoluzione spaziale dei DEMs influisce anche in altro modo nell’ambito della modellizzazione
idrologica: da una parte il tempo di computazione cresce al crescere della risoluzione (tenendo
presente che il numero di celle varia con il quadrato della variazione della risoluzione), dall’altra la
spaziatura della griglia necessita di essere basata sulla topografia della porzione di territorio più
accidentata risultando ridondante nelle aree pianeggianti (Moore e al., 1991). È necessario tenere
presente anche che i DEMs raster sono molto spesso utilizzati per derivare altre tipologie di DEMs
(per esempio TIN) la cui accuratezza risulta essere limitata da quella della sorgente dati originaria.
Di seguito vengono presentati due diversi punti di vista nel determinare la validità di un DEM in
relazione alla sua scala spaziale.
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 15
1.3.1. Un Indice Empirico di Bontà dei DEMs
Walker e Willgoose (1999) hanno condotto un accurato confronto fra i DEMs normalmente
disponibili e quello che loro hanno definito come la verità del terreno. Come zona di studio hanno
considerato un piccolo bacino idrografico australiano di cui si sono procurati alcune tipologie di
DEMs. Innanzitutto hanno indicato come termine di paragone della veridicità dei risultati ottenuti,
un DEM generato mediante una sofisticata tecnica di rilevamento (tacheometria per misurazione
elettronica delle distanze (EDM)) che ha permesso la costruzione di un modello digitale di quota ad
altissima definizione. Per quanto riguarda i DEMs su cui condurre il confronto, hanno scelto tre tipi
di DEMs cartometrici (6,25 m, 12,5 m, 25 m) derivati da una carta topografica al 25000 (con curve
di livello ogni 10 m) e due DEMs fotogrammetrici (6,25 m e 12,5 m) derivati da una correlazione
automatica di immagini stereo. Ognuno di questi DEMs è stato generato indipendentemente dagli
altri utilizzando la stessa sorgente.
L’analisi di queste tipologie di DEMs risulta essere molto utile ai fini della modellazione idrologica
in quanto, come ricordato nel § 1.1.1., sono quelle più utilizzate e di facile reperimento. Dal punto
di vista idrologico sono stati raffrontati alcuni dati ottenuti dalla manipolazione dei DEMs che sono
di grande interesse anche nel contesto di questa tesi: il reticolo idrografico estratto, la width
function, la relazione area-pendenza e la distribuzione di probabilità di superamento dell’area
contribuente.
Il confronto è stato condotto determinando queste informazioni dal DEM tacheometrico e
considerando queste come veritiere, in seguito determinandole da tutti gli altri e confrontando
queste ultime con le prime. Il tipo di confronto è qualitativo, ottenuto mediante la semplice
osservazione degli andamenti grafici, a questo comunque viene affiancato un indice empirico di
bontà del DEM in esame di cui si è testata la validità.
L’indice in questione è stato suggerito da Gyasi-Agyei e al. (1995) e segnala se la risoluzione
spaziale di un DEM è adeguata al fine di estrarre il reticolo idrografico, la risposta è affermativa se
tale indice risulta maggiore di uno. L’indice è definito come il rapporto fra il dislivello medio delle
celle e la risoluzione verticale del DEM. Il dislivello medio delle celle può essere determinato dalla
pendenza media e dalla scala spaziale del DEM mentre la risoluzione verticale può essere
considerata essere approssimativamente uguale alla deviazione standard dell’errore relativo della
quota:
1>
⋅
∆z
xD
s
a
(1-5)
In questa a è la pendenza media del DEM (adimensionale), xD è la risoluzione spaziale del DEM
(in metri) e
z∆s è la deviazione standard dell’errore relativo della quota (in metri). Quest’ultima
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 16
può essere stimata utilizzando due diversi approcci. Con il primo approccio
z∆s viene determinata
mediante una serie autoregressiva del primo ordine (Bras e Rodriguez-Iturbe, 1985) utilizzando gli
errori rilevati nelle quote durante il confronto fra il DEM tacheometrico e quello analizzato. La
relazione che identifica
z∆s in questo caso è la seguente:
2
11 rss −⋅=∆ zz (1-6)
In questa
z
s è la deviazione standard dell’errore assoluto di quota (in metri) e 1r è la correlazione
temporale uno (la correlazione degli errori assoluti di quota alla distanza di una cella). Il secondo
approccio alla stima di
z∆s si avvale della deviazione standard degli errori di pendenza che viene
determinata moltiplicando la deviazione standard delle pendenze e la risoluzione spaziale del DEM
considerato.
Per quanto riguarda il reticolo idrografico estratto si è notato come esistano notevoli differenze fra
la realtà è quanto viene determinato dai DEMs analizzati, non tanto in termini di area drenata (i
bacini individuati sono abbastanza simili a quello reale), quanto per la struttura di drenaggio che
spesso risulta essere troppo semplificata nelle aree pianeggianti. Inoltre è stato osservato come la
risoluzione spaziale non incida quasi per niente: il reticolo estratto, almeno nella sua struttura
principale, è sempre lo stesso.
La width function e la distribuzione di probabilità cumulata dell’area contribuente sono molto
sensibili alla risoluzione spaziale dei DEMs: più questa è scarsa, più risultano evidenti le differenze
con la realtà. Comunque anche a basse risoluzioni queste informazioni sarebbero da considerare con
grande cautela.
La relazione area-pendenza, invece, risulta molto poco sensibile alla risoluzione spaziale dei DEMs,
inoltre mostra una buona corrispondenza con quella che è la relazione reale.
A questo punto è stata verificata la validità dell’indice di bontà dei DEMs di Gyasi-Agyei e al.: per
ognuno dei DEMs tranne uno tale indice è risultato superiore all’unità, in relazione a quanto detto
per il confronto qualitativo è possibile concludere che tale indice è una condizione necessaria, ma
non sufficiente nel determinare la validità di un DEM. La relazione empirica (1-5) può essere
modificata al fine di individuare la risoluzione spaziale ottimale di un DEM:
a
s
z
xD ∆> (1-7)
Se xD dovesse risultare minore del secondo membro il reticolo idrografico estratto non sarebbe
adeguato ai fini degli studi idrologici, una relazione di uguaglianza indicherebbe la risoluzione
spaziale migliore da cui estrarre il reticolo: se fosse utilizzato un DEM con risoluzione migliore
solo le caratteristiche del reticolo estratto le cui dimensioni sono superiori a xD sarebbero
Estrazione del Reticolo Idrografico da Modelli Digitali di Quota: Algoritmi di Generazione a Confronto
Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 17
attendibili, ogni altro dettaglio di dimensioni minori sarebbe solo un artefatto dovuto al rumore del
DEM.
1.3.2. Il Contenuto di Informazione dei DTMs
I modelli idrologici distribuiti necessitano di una grande quantità di informazioni come la
topografia, la tipologia del suolo, la destinazione d’uso delle stesso, per integrare in modo efficiente
questi dati con le routines computazionali impiegate nei moderni GIS, vengono utilizzati i modelli
digitali del terreno raster. Il funzionamento dei modelli distribuiti (modelli le cui componenti sono
altamente non lineari) può essere caratterizzato dal contenuto di informazione dei dati in ingresso e
in uscita, questo può essere definito come una misura della variabilità spaziale e temporale (Vieux e
Farajalla, 1994). Vieux (1993) ha dimostrato come aggregando e uniformando dati digitali di quota,
il loro contenuto di informazione decresce, di conseguenza il deflusso modellato risulta diverso da
quello reale tanto più quanto i dati sono aggregati. Kuo e al. (1999) hanno indagato gli effetti della
scala spaziale dei DTMs sulla modellazione idrologica, hanno utilizzato un modello idrologico
distribuito di trasformazione afflussi-deflussi (Zollweg e al., 1996; Kuo e al., 1996) e diversi tipi di
DTMs di una stessa zona degli USA orientali. Il DTM considerato come rappresentante la realtà è
al 10 m ed è stato derivato da una carta topografica al 24000 per le quote, da una al 20000 per il tipo
di suolo e da fotografie aeree al 24000 per la destinazione d’uso del terreno. Successivamente sono
stati creati altri DTMs aggregando gli originali, ottenendo così una gamma di modelli digitali del
terreno che va dai 20 m ai 600 m di risoluzione spaziale.
L’informazione contenuta in un DTM è composta dall’insieme dei valori numerici di ogni cella,
tipicamente come decresce la risoluzione spaziale del DTM viene persa una certa quantità di
informazione, per descrivere l’effetto dell’aggregazione sui risultati simulati è possibile utilizzare la
teoria dell’informazione di Shannon e Weaver (1949) ed introdotta in idrologia da vari ricercatori
(e.g. Vieux e Farajalla, 1994). Per dati separabili in categorie come la destinazione d’uso del
territorio, il contenuto di informazione Ω è definita come segue:
( ) ( )∑
=
⋅−=Ω
N
i
ii
PP
1
lnln (1-8)
In questa N è il numero delle categorie in cui i valori possibili sono divisi e
i
P è la proporzione
rispetto al totale del numero di celle che assumono i valori della categoria i. La scelta dell’intervallo
in cui ricadono i valori possibili e del valore di N è importantissima. La scelta delle categorie in cui
suddividere dati continui è più problematica: al crescere del numero delle categorie, il contenuto di
informazione Ω si avvicina sempre di più al valore ( )Mln− dove M è il numero di valori possibili
distinguibili, questo è certamente senza significato dal punto di vista del contenuto di informazione.
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 18
Deve quindi essere definito un ragionevole e appropriato valore di N in modo che ci sia una chiara
distinzione fra il valore di Ω ottenuto con DTMs a diversa risoluzione spaziale. N deve essere
grande abbastanza per riflettere la continuità dei dati, ma non troppo grande da ottenere per Ω il
valore ( )Mln− .
Figura 1-2
(da Kuo e al., 1999)
In Figura 1-2 è presente un esempio di grafico che illustra il tipico andamento del contenuto di
informazione al variare di N: sono presenti i dati relativi alla pendenza (derivata prima della quota
rispetto alla posizione lungo il versante) e al laplaciano che indica la curvatura di versante (derivata
seconda della quota rispetto alla posizione lungo il versante), inoltre sono indicate diversi
andamenti per diverse risoluzioni spaziali del DTM. Notare come per un paio di ordini di grandezza
del numero di categorie (da 102 a 104) l’andamento di Ω è pressoché lineare e indica valori
sostanzialmente diversi (a parità di numero di categorie) a seconda del dato considerato.
Figura 1-3
(da Kuo e al., 1999)
Figura 1-4
(da Kuo e al., 1999)
Le simulazioni condotte da Kuo e al. utilizzando vari tipi di DTMs hanno fornito i risultati indicati
nelle Figure 1-3, 1-4, 1-5, risultati che si riferiscono ad una finestra temporale di 3 anni e che
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Capitolo 1: Dati Digitali e Modellazione Idrologica 19
mostrano gli andamenti del deflusso cumulato, dell’umidità del suolo e della precipitazione effettiva
cumulata.
Figura 1-5
(da Kuo e al., 1999)
È immediato notare come il deflusso e la precipitazione effettiva siano poco influenzati dal
cambiamento di risoluzione spaziale dei DTMs: il deflusso non varia quasi per niente mentre la
precipitazione effettiva mostra una certa discrepanza (anche se piccola) solo verso la fine
dell’orizzonte temporale (assume valori minori all’aumentare della scala). L’umidità del suolo,
invece, è fortemente influenzata dalla risoluzione spaziale dei DTMs: i valori che si registrano sono
molto diversi fra di loro, anche se l’andamento è in qualche modo simile, in generale aumentano
all’aumentare della scala.
Risulta molto interessante osservare la variazione di contenuto di informazione di alcuni di questi
dati. In Figura 1-6 è presente l’andamento del contenuto di informazione dell’umidità del suolo
media in alcuni mesi estratti dalla finestra temporale considerata: si nota una notevole perdita di
informazione all’aumentare della scala del DTM utilizzato soprattutto per quanto riguarda i periodi
umidi.
Figura 1-6
(da Kuo e al., 1999)