4
300, recante, per l’appunto, “Ratifica ed esecuzione della Convenzione
europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957”. Trattasi del
primo strumento internazionale che pone una regolamentazione
multilaterale dell’estradizione tra i paesi dell’Europa, laddove, in
precedenza alla Convenzione di cui sopra, la materia era affidata a trattati
bilaterali. Nonostante fosse avvertita come una grande novità ad opera dei
paesi aderenti, la Convenzione europea è ispirata ad una logica di
cooperazione intergovernativa2, attesa la rinuncia a stabilire una unica
procedura di estradizione, rimettendo tale punto alla disciplina di ogni
singolo ordinamento interno: l’articolo 22 recita, difatti, che “Salvo
disposizione contraria della presente Convenzione, la legge della Parte
richiesta è la sola applicabile alla procedura dell'estradizione e a quella
dell'arresto provvisorio”.
I due successivi protocolli del 1975 e del 19783 tendono a
completare il sistema di garanzie eretto a tutela dell’estradando e ad operare
un aggiornamento di determinati aspetti dell’istituto dell’estradizione.
Il primo fra i suddetti introduce modificazioni sia sul piano
processuale con l’ampliamento della disciplina dell’articolo 94 della
.
2 Il cosiddetto metodo della "cooperazione intergovernativa" attribuisce il potere decisionale ai
Governi degli Stati di riferimento e non alle istituzioni comunitarie perseguendo l'obiettivo di
apprestare uno spazio europeo di libertà, di sicurezza e di giustizia all'interno dell'Unione Europea.
3 Il primo protocollo addizionale non è stato ratificato dall’Italia in quanto alla depoliticizzazione,
ovvero, nello specifico del Protocollo, all’esclusione dei delitti di genocidio dal novero dei delitti
politici ai fini dell’estradizione delle figure criminose colà previste, si era già provveduto con l. cost.
21 giugno 1967 n. 1, recante “Estradizione per i delitti di genocidio”.
4 L’art. 9 della Convenzione europea del 1957 così dispone: “L'estradizione non sarà consentita
quando l'individuo reclamato è stato definitivamente giudicato dalle autorità competenti della Parte
richiesta per i fatti che motivano la domanda. Essa potrà essere rifiutata se le autorità competenti della
Parte richiesta hanno deciso di non aprire un perseguimento penale o di chiuderne uno già avviato per
gli stessi fatti”.
5
Convenzione in tema di ne bis in idem, quanto sul piano del diritto
sostanziale non riconoscendo carattere politico ai reati elencati nell’articolo
15 del protocollo e che fanno riferimento a crimini contro l’umanità, al
genocidio e all’inosservanza delle convenzioni, nonché delle consuetudini,
in materia di guerra.
Con il II Protocollo addizionale si è inteso rafforzare la cooperazione
penale nella lotta alla criminalità nel settore economico, elevando ad
obiettivo primario quello di facilitare l’applicazione della Convenzione
europea di estradizione nel subsettore dei reati fiscali.
L’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, ratificato dall’Italia con
l. 30 settembre 1993, n. 388, recante “Ratifica ed esecuzione: a) del
protocollo di adesione del Governo della Repubblica italiana all’accordo di
Schengen del 14 giugno 1985 tra i Governi degli Stati dell’Unione
economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della
Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle
frontiere comuni, con due dichiarazioni comuni; b) dell’accordo di
adesione della Repubblica italiana alla convenzione del 19 giugno 1990 di
applicazione del summenzionato accordo di Schengen, con allegate due
dichiarazioni unilaterali dell’Italia e della Francia, nonché la convenzione,
il relativo atto finale, con annessi l’atto finale, il processo verbale e la
.
5 L’articolo 1 primo protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione, a sua volta,
così dispone “Per l’applicazione dell’articolo 3 della Convenzione non saranno considerati reati
politici: a) i crimini contro l’umanità previsti dalla Convenzione per la prevenzione e la repressione
del crimine di genocidio, adottata il 9 dicembre 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite; b)
le infrazioni previste negli articoli 50 della Convenzione di Ginevra del 1949 per migliorare la sorte
dei feriti e dei malati delle forze armate in campagna 51 della Convenzione di Ginevra del 1949 per
migliorare la sorte dei feriti, dei malati e dei naufraghi delle forze armate di mare, 130 della
Convenzione di Ginevra del 1949 relativa al trattamento dei prigionieri di guerra e 147 della
Convenzione di Ginevra del 1949 per la protezione delle persone civili in tempo di guerra”.
6
dichiarazione comune dei Ministri e Segretari di Stato firmati in occasione
della firma della citata convenzione del 1990, e la dichiarazione comune
relativa agli articoli 2 e 3 dell’accordo di adesione summenzionato; c)
dell’accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della
Repubblica francese relativo agli articoli 2 e 3 dell’accordo di cui alla
lettera b); tutti atti firmati a Parigi il 27 novembre 1990”, si poneva ad
obiettivo l’eliminazione delle frontiere interne e l’apprestamento di un
sistema di libera circolazione. Tuttavia, un detto sistema doveva essere
compensato6 da un lato, dall’adozione di misure atte ad armonizzare e
regolamentare sia il libero movimento delle persone all’interno dello
“spazio Schengen” che la protezione dei suoi confini esterni e, dall’altro,
dall’introduzione di nuove forme di cooperazione giudiziaria ed
investigativa. Le novità che l’Accordo introduce in tema di estradizione (il
miglioramento della quantità e della qualità delle informazioni ai fini della
localizzazione delle persone ricercate, nonché la riduzione delle formalità
onde concedere l’estradizione a patto che l’interessato consenta a
quest’ultima) hanno lasciato sostanzialmente inalterato il funzionamento dei
tradizionali meccanismi di cooperazione.
A séguito delle nuove forme che la criminalità7 andava assumendo e
specialmente degli sviluppi che il processo di integrazione europeo stava
registrando, la disciplina approntata dalla Convenzione del 1957 si è rivelata
.
6Ciò in quanto la soppressione graduale dei controllo alle frontiere comuni ormai inesistenti avrebbe
garantito libertà di circolazione non solo a persone, a merci, a capitali ed a servizi bensì, e altresì, a
criminali i quali avrebbero potuto più facilmente spostarsi liberamente da uno Stato membro
componente ad un altro.
7 Criminalità organizzata, riciclaggio di denaro, corruzione e criminalità economica, criminalità
informatica, criminalità ambientale, traffico di esseri umani tanto per esemplificare.
7
inadeguata. Solo a far tempo dal Trattato di Maastricht nel 1992, colà
firmato il 7 febbraio 1992, ratificato dall’Italia con l. 3 novembre 1992, n.
454, con la quale si è data, altresì, esecuzione ai 17 Protocolli allegati,
nonché all’Atto finale contenente 33 dichiarazioni, in cui ulteriormente si
articolava il Trattato de quo, si riconosce l’esigenza di non limitare la
cooperazione all’àmbito economico e di estenderla altresì a settori fino ad
allora esclusi, configurando, per così dire, un’Europa a tre pilastri: il primo
economico, il secondo riguardante la cooperazione in materia di politica
estera e di sicurezza comune; infine il terzo, attinente alla cooperazione di
polizia e giudiziaria in materia penale. Gli ultimi due comparti si
distinguono dal primo in quanto gli strumenti principali adottati per
assumere le decisioni e per sviluppare l’integrazione negli àmbiti di cui
sopra sono rappresentati dalle azioni e dalle posizioni comuni così
salvaguardando la sovranità dei singoli Stati dell’Unione europea tramite la
produzione di atti sprovvisti per lo più di efficacia vincolante.
Il Consiglio europeo di Bruxelles del 29 ottobre 1993 stabilì che,
avuto riguardo al terzo pilastro, l’Unione avrebbe dovuto potenziare in
primis la propria attività in materia di estradizione. A séguito di tali rilievi
sono state aperte alla firma la Convenzione di Bruxelles relativa alla
procedura semplificata di estradizione tra gli Stati membri dell’Unione
europea, nel 1995, colà firmata il 10 marzo 1995, nonché la Convenzione di
Dublino relativa all’estradizione tra gli Stati membri dell’Unione europea,
nel 1996, colà firmata il 27 settembre 1996, entrambe integrative di quella
di Parigi nel 1957 e non ratificate dall’Italia.
8
La vera svolta nell’àmbito di terzo pilastro si è avuta con il nuovo
Trattato dell’Unione Europea, firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997,
ratificato, dall’Italia, con l. 16 giugno 1998, n. 209, recante“Ratifica ed
esecuzione del Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull' Unione
europea, i Trattati che istituiscono le Comunità europee ed alcuni atti
connessi, con allegato e protocolli, fatto ad Amsterdam il 2 ottobre 1997”,
ed entrato in vigore il 1° maggio 1999, che ne ha profondamente mutato la
fisionomia per tramite dell’adozione del metodo comunitario8 per una quota
delle materie elencate all’art. K1, trasmigrato dal Trattato di Maastricht
sull’Unione europea, nel Trattato istitutivo della Comunità europea, le quali
hanno formato il cosiddetto “terzo pilastro comunitarizzato”9. Fra queste
materie restavano nondimeno ancòra escluse quelle di interesse prettamente
penalistico, ossia la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale,
che sono state oggetto secondo le previsioni contenute nel Trattato di Nizza
di una successiva rivisitazione.
Di notevole importanza si è rivelato il vertice europeo di Tampere
del 15 e 16 ottobre 1999 le cui conclusioni hanno posto le basi per
.
8 Il metodo comunitario designa la “metodica” di funzionamento istituzionale del primo pilastro
dell'Unione europea. Nel rispetto del principio di sussidiarietà - nei settori non di esclusiva
competenza la Comunità interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista
non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati aderenti all’Unione europea e possono
essere realizzati meglio a livello comunitario - il metodo è segnatamente caratterizzato dai principali
elementi dappresso indicati: monopolio del diritto d'iniziativa della Commissione; ricorso
generalizzato al voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio; ruolo attivo del Parlamento
europeo (pareri, proposte di emendamento, etc.); uniformità di interpretazione del diritto comunitario
a cura della Corte di giustizia delle Comunità europee.
9Il Trattato di Maastricht ha previsto che alcune materie del Terzo Pilastro possano essere trasferite
nel Primo, mediante il processo cosiddetto di "comunitarizzazione" attraverso il quale un determinato
settore che, nell'assetto istituzionale dell'Unione, è soggetto al metodo intergovernativo (secondo e
terzo pilastro), viene trasferito al metodo comunitario (primo pilastro) basato sull’idea che la difesa
dell'interesse generale dei cittadini dell'Unione è meglio garantita quando le istituzioni comunitarie
svolgono funditus il loro ruolo nel processo decisionale, sempre nel rispetto del principio di
sussidiarietà.. Con il Trattato di Amsterdam, tale operazione è stata compiuta per la prima volta con
riferimento alle materie del diritto di asilo, dei visti, dell'immigrazione e della cooperazione doganale.
9
l’adozione di nuovi e più incisivi strumenti di cooperazione giudiziaria, tra
cui, soprattutto, il mandato d’arresto europeo.
La decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d’arresto
europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, adottata dal
Consiglio dell’Unione europea il 13 giugno 2002, rappresenta un importante
risultato nell’àmbito di un percorso relativo allo sviluppo della cooperazione
giudiziaria in materia penale in un contesto di Unione europea.
L’obiettivo che si è inteso raggiungere mediante l’introduzione del
mandato d’arresto europeo va visto nel superamento del tradizionale
strumento di consegna delle persone che si sottraggono alla giustizia,
costituito dall’estradizione. In attuazione di tale obiettivo, la decisione
quadro 2002/584/GAI ha istituito un sistema, semplificato ed accelerato, di
consegna delle persone ricercate ai fini dell’esercizio dell’azione penale o
dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della
libertà10. Trattasi di un regime giuridico che, a differenza di quanto previsto
dalle procedure di estradizione, si svolge interamente a livello
giurisdizionale, prescindendo dall’intermediazione dell’autorità politica –
nella specie, i Ministri di giustizia (o guardasigilli). Viene in tal modo
eliminata la fase politico-amministrativa che caratterizzava la procedura di
estradizione e che la rendeva lenta e difficoltosa da “mandare ad effetto”
Inoltre, la decisione quadro prevede significative deroghe a princìpi
universalmente applicati in materia estradizionale come, ad esempio, il
.
10Cfr. art. 1, par. 1 decisione quadro 2002/584/GAI in GUCE, 18 luglio 2002, L. 190/1.
10
princìpio della doppia incriminazione giusta il quale il fatto per cui
l’estradizione è domandata deve essere previsto come reato anche dalla
legislazione dello Stato richiesto, oppure il princìpio di specialità nel
rispetto del quale lo Stato richiedente non può procedere su fatti intervenuti
anteriormente all’estradizione e non compresi nel relativo provvedimento.
Il mandato d’arresto europeo identifica la prima concretizzazione del
principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra Stati
dell’Unione europea. La necessità di attuare un tale principio altresì nel
contesto di specie muove dall’esigenza di facilitare la cooperazione fra le
autorità per tramite della predisposizione di uno spazio di libera circolazione
delle decisioni giudiziarie, per far sì che possano realizzarsi gli obiettivi
prefissati dal Trattato sull’Unione europea, ed in particolare quello che
attiene alla conservazione ed allo sviluppo dell’Unione quale spazio di
libertà, sicurezza e giustizia. Il perseguimento di un fine siffatto implica
un’efficace opera di prevenzione e repressione della criminalità posta in
essere dagli Stati membri dell’Unione europea, allo scopo di compensare il
“deficit di sicurezza”11 che trae origine dall’abolizione degli ostacoli alla
libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali.
Il presente lavoro ambisce a delineare un excursus storico,
muovendo dall’istituto dell’estradizione per giungere all’implementazione
della decisione quadro in materia di mandato d’arresto europeo e consegna
2002/584/GAI del 13 giugno 2002 nell’ordinamento italiano – cfr., al
.
11 Cfr. L. SALAZAR, La cooperazione giudiziaria in materia penale, in AA.VV., Giustizia e affari
interni nell’Unione europea. Il “terzo pilastro” del Trattato di Maastricht, a cura di N. PARISI e D.
RINOLDI, Torino, Giappichelli, 1996, p. 133 ss.
11
riguardo, la l. 22 aprile 2005, n. 69, recante “Disposizioni per conformare il
diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13
giugno 2002, relativa al mandato d' arresto europeo e alle procedure di
consegna tra Stati membri”, con un breve cenno altresì alla disciplina
romena12 di riguardo. In tale analisi occorre assumere a “bussola
orientativa” due imprescindibili punti di riferimento: lo spazio giudiziario
europeo e l’estradizione. Difatti, il mandato d’arresto europeo costituisce
un’alternativa semplificata all’estradizione, giacché nell’evidenziato
passaggio da un regime di estradizione a quello di semplice consegna si
percepisce la differenza fra un sistema di cooperazione e quello di uno
spazio di giustizia comune sussistente allorquando un provvedimento
giudiziario di un altro Stato è trattato come quello corrispondente emesso
nel proprio ordinamento concretizzando in tale modo il principio del
reciproco riconoscimento dei provvedimenti emanati dai diversi Stati.
.
12 Legge 28 giugno 2004, n. 302, recante “ Cooperazione giudiziaria in materia penale” modificata
con l. 1° gennaio 2006 n. 224, recante “Modifica e integrazione della L. 28 giugno 2004 n. 302
relativa alla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale” e con legge 28 ottobre 2008
n. 222 recante “Modifiche e completamenti alla legge n. 302/2004 relativa alla cooperazione
giudiziaria in materia penale”.