La musicologia tradizionale continua a ignorare la popular music perché è di
“scarsa qualità” mentre il campo relativamente recente di studi culturali la trascura
perché la musica in sé è talmente speciale da renderla un soggetto proibitivo.
(Middleton, 2001: 13)
Secondo alcune ricerche l’individuo medio trascorre tre ore al giorno guardando la
televisione, dedica inoltre un’ora e mezzo al consumo di altri media: giornali, riviste,
musica. (Cfr. Crane, 1997: 28) Si comprende, quindi, che molti studi si siano concentrati
sul mezzo televisivo. E’ meno comprensibile, invece, come fino agli anni ottanta la ricerca
sociale e dei media abbia tralasciato quasi completamente il campo musicale. Se si
considerano tre ore di fruizione televisiva, sicuramente la musica accompagnerà per la
maggior parte del tempo il flusso delle immagini: spot, sigle, balletti, basi e sottofondi sono
un elemento costante.
A differenza di molte altre forme espressive, la musica consente una fruizione
attenta, fine a se stessa, ma è anche un elemento poliedrico che si accompagna ad una
quantità incredibile di luoghi ed eventi. In una giornata si ascolta musica a casa, in
automobile, nei negozi e nei supermercati, nei luoghi di ritrovo come bar e discoteche, in
molti casi anche al lavoro. Inoltre Lull ricorda che
Diversamente da televisione, film, giornali, riviste, e libri, la musica non richiede
un’attenzione visiva. Non solo i membri del pubblico hanno la libertà di fruire la musica in
questo modo non focalizzato alla visione, essi non hanno bisogno di sedersi per consumare
musica, una posizione che generalmente caratterizza la ricezione di altri media di
intrattenimento. Infatti, la musica stimola movimenti di molteplici varietà. (Lull, 1987: 147)
Molti individui quindi consumano musica, deliberatamente o meno, assai più di tre ore al
giorno. L’elemento sonoro accompagna la società, vive costantemente intorno agli
individui, spesso li influenza nell’umore e nelle scelte. Ai momenti di ascolto bisogna
aggiungere anche la vocazione dell’uomo a cantare, a produrre dei ritmi, a creare suoni
armoniosi, fatto che evidenzia il rapporto strettissimo tra l’uomo e la creazione sonora.
Nelle parole di Franco Fabbri “Non si può capire la musica senza capire la società;
ma soprattutto, non si può capire la società senza capirne la musica, senza una musicologia
della cultura. Non è ora di provarci?” (Fabbri, 2001: 11). La presente ricerca si muove da
questi punti di partenza, si cercherà di trattare la musica come fenomeno costantemente
presente nella vita delle persone e si tenterà di capire quali sono le aspettative, gli utilizzi e i
giudizi degli individui verso questa forma di comunicazione.
Intimamente correlato all’idea di musica, quantomeno all’idea che ne abbiamo nella
cosiddetta società occidentale, vi è il concetto di mercato, poiché dall’invenzione del
11
fonografo la musica diventa anche, se non solo in alcuni casi, prodotto. Nella nostra società
di stampo capitalista il creare musica implica inevitabilmente la commercializzazione.
Per questo motivo la critica si abbandona assai facilmente al relativismo, alcuni
generi vengono considerati indiscutibilmente forme d’arte, altri sminuiti ad un prodotto
commerciale scadente. Il rock, genere su cui vertono varie parti della presente ricerca, è
stato un buon indicatore di questo relativismo. Alla sua nascita alcuni critici si sono
addirittura presi l’impegno di stilare una
lista di cose non richieste per essere un cantante rock. La lista include: una voce da cantante,
bravura a stare sul palco, acume commerciale, capacità di cantare intonati, esperienza,
aspetto esteriore buono, e personalità.
1
(Cfr. Martin e Segrave, 1988: 53–54)
La stroncatura verso questo genere è stata forte ed uniforme da parte della classe dirigente
degli anni cinquanta. Dopo pochi anni, l’impegno sociale e politico espresso nei testi di
alcune canzoni convince un’altra generazione di critici ad elevare questo genere allo status
di alta cultura. “Era stato ovviamente [Bob] Dylan ad innescare questo processo, a rendere
più chiari gli ancora vaghi legami tra arte e musica pop.” (Chambers, 2003: 101) Così, dopo
il disgusto dei primi tempi, alla fine degli anni sessanta ci si aspetta arte dal rock
(Chambers, 2003).
Proprio in questa posizione costantemente in bilico tra arte e prodotto, tra rituale di
socializzazione ed esperienza mistica, oggetto rivoluzionario e dissacrante ma anche
ritualità religiosa, sta il fascino della musica, ma anche la sua complessità.
Data la ricchezza dell’argomento, la presente ricerca si muove in modo
interdisciplinare, pur volendo mantenere criteri di rigore scientifico. Per questo si
susseguiranno apporti di varie discipline, dall’etnografia al marketing, dall’estetica alla
sociologia. Di conseguenza si è scelto un approccio che non punti solo sul livello
qualitativo né si basi esclusivamente sui meri dati quantitativi, ma prevede uno studio
integrato delle due tecniche, per fornire un quadro il più esauriente possibile
dell’argomento. Si cercherà di tracciare i contorni di una cornice di senso che possa dare un
contributo a capire di più questo oggetto polimorfo sebbene astratto che è la musica
contemporanea. Ci si augura di poter fornire vari spunti per ricerche future in un campo che
pare tuttora poco studiato, nonostante la sua centralità nella vita quotidiana, e che
meriterebbe maggiori approfondimenti.
1
Traduzione personale dall’inglese. Lo stesso dicasi per molte citazioni nel proseguo del lavoro; tutte le
traduzioni di opere che appaiono nei Riferimenti Bibliografici in edizioni straniere sono dell’autore. Anche le
citazioni delle interviste svolte negli Stati Uniti (Vedi Appendice) sono traduzioni personali.
12
Il campo d’indagine sarà principalmente la musica popular. Questa definizione,
sempre più spesso utilizzata anche in Italia, pone l’accento sulle forti connessioni tra suono
e registrazione. Secondo Tagg è il tipo di immagazzinamento e distribuzione che aiuta a
definire tre categorie musicali. La musica folk, etnica o popolare si basa principalmente
sulla trasmissione orale, la musica colta o d’arte
2
si trasmette principalmente grazie alla
notazione, cioè alla scrittura su pentagramma, infine la musica popular ha come metodo
principale di distribuzione il supporto registrato. (Tagg, 1994: 48)
La musica popular è quindi un macrogenere che comprende rock, pop, elettronica,
rap e moltissimi altri generi e sottogeneri notevolmente diversi tra loro. Questa
caratteristica che hanno in comune, il fatto di essere impressi su di un supporto, implica la
fruizione in un’economia di mercato, la finalità commerciale di questa tipologia di musica.
Nello specifico la ricerca si propone di evidenziare proprio quell’area problematica
che è intrinseca al campo musicale, il suo oscillare tra merce e risultato geniale
dell’intelletto umano. Si procederà quindi ad una trattazione generale della situazione
attuale del mercato, ripercorrendo brevemente la storia più recente che ha portato a tale
condizione, non mancando di evidenziare elementi problematici che identificano un
mutamento in corso, forse mai così veloce come in questo periodo.
Si è scelto di dare rilievo al mercato discografico, o per meglio dire fonografico, in
quanto costituente quell’aspetto di merce che la musica ha assunto. La sua storia, i suoi
stereotipi, i suoi luoghi comuni, influenzano la fruizione quotidiana, anche se questo
processo non viene normalmente percepito nella mente delle persone. “I rapporti di
produzione culturale determinano le possibilità del consumo culturale.” (Frith, 1990: 6)
Analizzando il percorso evolutivo del lato industriale della musica durante il novecento, si
possono anche comprendere gli elementi nuovi, a cominciare dalle moderne tecnologie, che
stanno mutando il rapporto uomo-musica.
Per capire meglio i luoghi comuni che riguardano la fruizione commerciale della
musica possono essere utili paragoni, che si succederanno all’interno del lavoro, con altri
prodotti culturali oggi centrali nell’economia, quali il libro e i prodotti della cinematografia
destinati ad un consumo in serie (videocassette, DVD, ecc.). In molti casi questi mercati si
somigliano, si richiamano. Le differenze che esistono denotano diversi usi e considerazioni
che la società attua nel suo rapportarsi ai vari artefatti; la fruizione musicale, inoltre, risulta
2
La dizione “musica d’arte” è la definizione preferita dai musicologi per la tipologia di opere comunemente
denominate “musica classica”. Quest’ultima definizione, utilizzata da molti individui, si riferisce in realtà al
periodo classico viennese. Nel proseguo della dissertazione, comunque, si utilizzeranno indistintamente i tre
termini musica d’arte, musica colta, musica classica poiché comunemente utilizzati come sinonimi.
13
argomento interessante in quanto i suoi sviluppi probabilmente anticipano le evoluzioni
prossime dei mercati di altri prodotti culturali, specialmente di quello cinematografico.
Ampio spazio verrà dato alle tematiche più attuali che hanno portato e porteranno al
cambiamento nei modelli di fruizione. Si cercherà di capire come mai il mercato musicale
sia sconosciuto alla maggior parte dei fruitori e anche a molti musicisti. Viceversa molte
persone dimostrano un conoscenza, seppur basilare, dei processi produttivi e delle
organizzazioni che stanno a capo delle aziende televisive o editoriali. Quasi tutti gli
individui, nel nostro paese, conoscono i gruppi industriali che gestiscono le emittenti
televisive, alcuni hanno conoscenza delle case editrici dalle quali nascono giornali e libri,
quasi nessuno invece dimostra familiarità con le etichette discografiche e le corporations
che le possiedono. Anche i risvolti legali che la situazione produttiva ha causato possono
fornire utili indicazioni per comprendere come si sia evoluto il mercato e i suoi possibili
sviluppi.
Le nuove tecnologie, in particolare la rete Internet, e le innovazioni che da questa
derivano, hanno avuto un impatto incredibile sul mercato musicale. Nuove pratiche sociali
cambiano tutta la logica che ha guidato la creazione del bene musica negli scorsi decenni e
pongono più di un punto di domanda sulla tipologia di fruizione che già a breve termine i
consumatori adotteranno.
Come elemento sociale, si è detto, la musica accompagna la quotidianità di quasi
tutti gli individui. E’ allora importante vedere come questo medium si rapporta con le
persone, quali sono le sue funzioni principali, come viene diffusa e in che modo le persone
la utilizzano e la interpretano. I media sono ovviamente fondamentali per la conoscenza di
un prodotto. Nel caso della musica i rapporti sono stati complicati dall’essenza stessa della
canzone, che quando viene trasmessa è contemporaneamente un contenuto per il mass-
media che la propone e una “pubblicità di se stessa” per l’industria discografica che la
vuole vendere.
Una peculiarità della musica popular è il forte legame che si instaura tra artisti e
pubblico, specialmente nei concerti. Per chi li frequenta, i live sono occasioni di
socializzazione, di fruizione culturale, di svago, di identificazione. Chi li organizza li
considera un’importante fonte di guadagno, visto il gran numero di persone mosse da questi
eventi. Essendo un aspetto del campo musicale, alcuni cenni sulla situazione economica
della musica dal vivo possono fornire un utile confronto per capire meglio il mercato
discografico.
14
Elementi di estetica invece risultano importanti per vedere come gli individui si
rapportano all’idea di arte. Anche gli stereotipi diffusi nella società riguardo a questo
argomento aiutano ad interpretare e spiegare consumo ed acquisti. Si cercherà in seguito di
capire meglio la tradizionale divisione che viene effettuata tra musica colta e musica
popolare, e di comprendere se essa abbia ancora senso.
L’estetica aiuta anche ad approfondire il tema della valorizzazione musicale. Un
certo relativismo non si riscontra solo nella musica popular, diverse opinioni riguardo agli
stessi artisti e alle stesse opere si ripropongono in diversi periodi storici e in tutti i generi
musicali. Come esemplifica Sorce Keller, nella musica classica Bach acquisì grande fama
dopo la sua morte mentre altri compositori, come Mercadonte, godettero di impressionante
notorietà in vita, ma la persero rapidamente dopo la morte, fino a lasciarli quasi sconosciuti
ai giorni nostri.
Si consideri, da ultimo, il singolare caso di Rossini (1792–1868), celebrato quant’altri mai
in vita, poi declassato a compositore di secondo rango (il semplice maestro del Barbiere…)
non appena si affermò la musicologia tedesca […] e successivamente – ai giorni nostri –
riportato in primo piano da un’operazione a un tempo musicologica e commerciale, pilotata
principalmente da Philip Gossett dell’Università di Chicago. (Sorce Keller, 1996: 59)
L’estetica porta anche allo scontro tra la tesi di Adorno, il quale sostiene che l’oggetto
d’arte è valutabile, e Weber, che invece parla di avalutatività. (Sorce Keller, 1996: 48)
Un esempio di produzione musicale ed utilizzo del sistema mediatico è dato dal
controverso gruppo Mariyln Manson. Sarà interessante evidenziare la grande notorietà
raggiunta da questi artisti (?) grazie a strategie di comunicazione volte allo scandalo, che
hanno ripetutamente mobilitato l’opinione pubblica. Spesso le reazioni sono state di aperta
ostilità verso il gruppo, molte parti della società hanno protestato ed espresso
preoccupazione per i messaggi proposti. Ma ciò ha contribuito al radicamento dei rapporti
tra questi musicisti ed i propri fans, ed al rilievo mediatico dato al gruppo.
La costruzione dell’immagine della band, in particolare quella della figura del
cantante, è molto complessa e richiama i temi dell’arte, della cultura, del commercio.
Anche i testi delle canzoni affrontano questi temi e li ripropongono in modo personale,
spesso estremo. Si vedrà allora come il gruppo si propone e come il pubblico accoglie il
testo diffuso. Tra i due estremi si evidenzierà poi il ruolo che i mezzi di comunicazione di
massa hanno avuto rispetto a questo fenomeno.
Al fine di cogliere più da vicino almeno alcuni aspetti empirici legati ai fruitori di
musica, sono state condotte una serie di interviste sul campo semi-strutturate. Sono state
15
realizzate sette interviste a persone differenti per età, provenienza culturale, gusti,
competenza musicale. Quattro di queste sono state realizzate negli Stati Uniti, visto che le
reazioni alla band analizzata sono state più forti in questo paese, le rimanenti tre invece
sono state condotte in Italia. Viste le notevoli differenze tra gli intervistati, i temi
approfonditi variano di volta in volta, in generale comunque gli argomenti affrontati sono
principalmente il consumo musicale e il caso specifico di Marilyn Manson. Tutte le
interviste sono state realizzate tra Novembre 2004 e Maggio 2005.
Nello specifico, la prima intervistata è stata condotta con una ragazza autodefinitasi
“una pessima ascoltatrice”, che ha dimostrato fin dall’inizio odio per i Marilyn Manson
(Roberta, 21 anni). Le altre due interviste italiane propongono invece il punto di vista di
fans del complesso. Una è con un musicista amatoriale che dice di “essere il più grande
ammiratore del gruppo” (Matteo, 24 anni), l’altra con una ragazza appassionata di musica e
del modo di presentarsi del cantante (Lucia, 27 anni).
In occasione di un concerto del gruppo a Los Angeles, nel Dicembre 2004, sono
stati intervistati due fans tra i primi a giungere sul luogo dell’evento, per poter stare così
vicini al loro idolo (X e Jeane, ventenni) ed un manifestante, se non apertamente contrario
al concerto quantomeno dubbioso sul personaggio che si esibiva (Manifestante,
cinquantenne). Le interviste si trovano in versione integrale nell’appendice.
Sono stati inoltre chiesti, nel Febbraio 2004, i pareri di due “tecnici” del mondo
musicale. Secondo Stefani “fare musica è importante per capire la musica.” (Stefani, 2000:
24) Sono perciò stati intervistati due studenti di età diversa di una delle scuole di musica
popular più prestigiose al mondo: il Musician Institute di Hollywood. Il primo intervistato è
un musicista, studente di chitarra contemporanea (Scott, 19 anni). Il secondo, seppur
musicista, è impegnato nel corso di tecniche di registrazione in studio, un aspetto più da
addetto ai lavori che da artista (Delio, 28 anni).
Una parte rilevante del lavoro è consistita nel tentativo di ricostruire gli aspetti che
caratterizzano il mercato musicale, cercando di mostrare quali siano i fattori più
caratteristici di questo campo, al di là dei più o meno diffusi luoghi comuni, e di porli in
relazione con la complessa realtà sociale.
In conclusione volevo ringraziare chi mi ha permesso di completare questa opera e
coloro che mi hanno aiutato durante il percorso. Primi fra tutti i direttori d’orchestra che
hanno cercato di mantenere l’armonia in questo mio lavoro, la Professoressa Pina Lalli e il
16
Professor Riccardo Fedriga, ai quali va il mio ringraziamento per gli spunti e le idee per
riarrangiare l’opera.
Tra i solisti sicuramente figura la mia famiglia, mia madre, che ha cantato di gioia
più per il fatto che prendessi il vestito di laurea che per la laurea in sé, e continua a ballare
tutta la notte. E mio padre, che mi dava le ciabattate quando sbagliavo i primi accordi con la
chitarra, forse per insegnarmi così anche le percussioni, e mi telefonava quando lo stereo in
camera mia era troppo alto. E ovviamente mia sorella, che ha dodici anni, le piacciono i
Blue e ha cominciato a suonare il flauto traverso, ed è fantastica anche per questo. E tutto il
conservatorio di nonni, zii, cugini che ha aiutato la mia formazione.
Come non ricordare poi le posse legnaghesi, dai Butei ai Saponi, passando per tutte
le sottoculture di blackland, arbour, waxsa e downtown, con tutti gli improvvisatori che mi
hanno fatto passare una giovinezza altrimenti monotonale. E i gruppi del down grunge
(quello della Bassa), chi suonava e i loro fans, dai Cedrini ai Lisergica agli Azoto blues ai X
Nome, fino ai mitici F.C.P.
Da qui si arriva al sound della west coast, più o meno recente, e a tutti i protagonisti
di questi periodi, con le influenze etniche spagnole, ungheresi e pordenonesi.
Poi ancora la crew bolognese dei Grappaepecorino, con le coriste che tradivano
accenti roverchiarettiani-parigini, marchigiano-abruzzesi, sardi e romagnoli, siciliani, fino
ad arrivare a chi non capisce un c…. di musica.
E per finire il tocco classico, con il valzer lavorativo viennese e i musicisti
provenienti da ogni dove, dai fianchi della milano che ti ingoia principessa della paranoia
alla torino sonica, ai rossi pavesi e ai consumatori di rossi trentini e veneti; dai Dtestabili
monzesi ai metallari da piano bar elbani, che come tutti i conterranei fanno Oh…
Nonché a tutte le persone che hanno vissuto con me e hanno sopportato i miei
accordi e le mie stonature. E chi si è sottoposto alle mie cacofoniche interviste. E a tutte le
note di colore che leggeranno queste pagine, magari solo questa parte, dando così un senso
alla composizione. Grazie.
Marco Lunardi
17
Capitolo 1:
L’arte diventa mercato
19
Se la musica è un arte eminentemente sociale, questa caratteristica non riguarda
solo il suo essere oggetto di consumo (ascolto, fruizione ecc.) ma si estende anche
al suo farsi, anche quando il processo coinvolga un solo individuo (Prato, 1999:
157)
Chi canta quella canzone? Come si intitola? Domande di questo genere sono
capitate a tutti. Vuoi per poca conoscenza, vuoi perché la memoria ci inganna, si è attirati
dalla musica e viene voglia di saperne di più. Domande più difficili da sentire tra la gente
sono invece quelle che riguardano la produzione di un artefatto sonoro. Di che casa
discografica è quell’artista? Chi ha prodotto questo disco? E’ molto più inconsueto
interessarsi a questi argomenti. Curiosamente nella nostra cultura si insegna giustamente ai
bambini a schedare un libro rimarcandone la casa editrice, il luogo e l’anno di edizione. In
questo modo si comprende meglio la lettura, poiché la si contestualizza. Difficilmente lo
stesso processo viene applicato alla musica, culturalmente siamo meno portati ad
interessarci a queste tematiche. Di conseguenza i processi che sottendono alla produzione
culturale di un artefatto sonoro sono poco conosciuti, ma sono comunque assai significativi
e influenti sul prodotto finale. Per questo c’è chi sostiene che “l’industria musicale è piagata
dalla disinformazione” (Barnet e Burris, 2001: XIII).
Eppure l’apparato produttivo è quello che permette alla musica, nel senso che diamo
oggi a questa parola, di esistere; è quello che seleziona e lancia i nuovi creatori culturali, li
rende famosi, conosciuti ed apprezzati, da l’opportunità a molti artisti di esprimersi, altre
volte nega questa possibilità. Di conseguenza è grazie all’industria musicale se possiamo
usufruire del suono che ci accompagna di giorno in giorno e se possiamo trovare la musica
che si sposa con la nostra personalità e con il nostro umore, se possiamo avere la nostra
canzone del cuore. E’ il reparto produttivo in primo luogo a “regalarci” le emozioni che ci
fa provare la musica, in quanto ce la rende disponibile. Interrogarsi sugli apparati di
produzione aiuta quindi a capire meglio il prodotto e la sua situazione attuale.
La presenza della musica nella vita delle persone non è affatto cosa scontata,
l’abitudine guida il nostro orecchio e la nostra mente. Viaggiando a ritroso di poco più di un
secolo la musica praticamente non esisteva. Certo, vi erano grandi compositori, musicisti,
interpreti. Ma le occasioni per le persone comuni di usufruire di questo intrattenimento
erano assai scarse, spesso riservate alle classi più abbienti.
Oggi molte persone stimano il loro “consumo” musicale in un paio di ore al giorno.
Ma se riflettiamo ogni programma o spot televisivo contiene musica quasi costantemente,
praticamente tutti i luoghi che si frequentano, i negozi, i ristoranti, anche gli uffici spesso,
21
hanno una propria colonna sonora diffusa per chi vi lavora o per chi vi si reca. Che lo si
realizzi o meno sono quindi svariate le ore della nostra giornata più o meno allietate da un
accompagnamento musicale.
Questo cambiamento delle abitudini è impressionante, tanto più perché, essendo la
musica in grado di accompagnare garbatamente la quotidianità, molte persone non ci fanno
caso. Un po’ di storia di come si è evoluta la produzione musicale e quindi di come si è
diffuso l’utilizzo dei suoni tra la gente fino a divenire quello che rappresenta oggi risulta
utile.
1.1 La storia
La musica, allo stesso modo della danza, è da sempre presente nella storia umana,
ed ha accompagnato l’evoluzione della società. Curt Sachs ricorda che “Tra i primi
strumenti figurano i sonagli legati, che da scavi degli stati preistorici noi sappiamo essere
stati in uso presso i cacciatori del periodo paleolitico”
(Sachs, 1996: 6), a testimonianza di
come fin dalla preistoria fosse importante e radicata la tradizione musicale nell’uomo. E’
risaputo che presso gli antichi Egizi, nelle popolazioni mesopotamiche e nella cultura greca
vi erano molteplici occasioni in cui la musica era presente e già si trovano in queste civiltà
vari strumenti a percussione e a corda, come tamburi, flauti, arpe, lire e liuti, in una
evoluzione che arriva fino ai giorni nostri.
Raffigurandoci un banchetto romano, anche grazie alle immagini fornite al nostro
immaginario dalla cinematografia, vedremo apparire ancelle che cantano e suonano il liuto.
Cambiando cultura, pensando a quella araba, le Mille e una notte ci danno rappresentazioni
di banchetti che finiscono sempre grazie a stupende suonatrici e cantanti, le capacità
musicali sono una caratteristica tra le più apprezzate in una donna, seguendo queste pagine.
Bisogna però ricordare che queste rappresentazioni non sono generalizzabili a tutta
la popolazione. Queste immagini si riferiscono sempre a sovrani, ricchi mercanti o membri
dell’aristocrazia. Queste categorie, questi frames che usiamo sono verosimili, ma non
esaurienti. Se immaginiamo la vita di un contadino o di un modesto artigiano negli stessi
periodi storici che sono appena stati citati, l’ascolto musicale non rientrerà nelle normali
attività quotidiane. Vi sarà invece, a controbilanciare questa situazione, una produzione
musicale spontanea, dai canti nei campi alle ritmiche prodotte battendo a tempo su un
oggetto.
22
Si capiscono quindi due cose. “Fare musica”, come dice Frith, “è l’attività umana
più spontanea”. (Frith, 1990: 13) Tutte le culture hanno una grande produzione musicale, in
generi e modi diversi; purtroppo gran parte di queste opere sono a noi relativamente
sconosciute, perché basate sull’improvvisazione, l’esecuzione e la trasmissione orale, ma
senza una scrittura, un documento che le preservi per le generazioni future (Tagg, 1994).
In secondo luogo l’ascolto musicale come oggi lo intendiamo è abbastanza scarso nella
storia: è più facile partecipare alla produzione musicale, seppur in modo rudimentale. In
particolar modo è desueto udire creazioni sonore eseguite da strumenti musicali.
1.1.1 Il fonogramma
A sancire una netta distinzione tra ciò che la musica ha sempre rappresentato e il
modo in cui noi la intendiamo è stata sicuramente la possibilità tecnologica di incidere un
supporto fisico in modo che esso rappresenti dei suoni e successivamente riuscire, tramite
vari apparecchi, a rileggerlo per riprodurre il suono originario. Questa è la pietra miliare
che per la prima volta permette di associare al suono una possibilità di produzione in serie e
quindi stringe i vincoli tra questa forma di espressione ed il mondo industriale, fino a creare
un mercato.
In un breve periodo vengono create svariate macchine con questa funzione e
differenti evoluzioni si susseguono rapidamente. E’ meglio però non addentrarsi
sull’argomento della paternità di questo strumento, né in particolari tecnici specifici che
esulano da una ricerca sociologica
3
. Sarà sufficiente considerare, visto l’importanza che
questa norma avrà anche per i successivi sviluppi del mercato, come per il diritto sassone la
titolarità dei diritti di sfruttamento economico di un invenzione sia il depositario del
brevetto. In questo caso la data che risulta significativa è il 1878, quando Thomas A.
Edison ottenne il riconoscimento della paternità del fonografo.
Il rivoluzionario apparecchio è il primo che permette la registrazione sonora. Con
esso si possono incidere parole o musica su dei cilindri ricoperti di stagno e più
esteriormente di cera, che potevano immagazzinare il “codice sonoro” nonché
successivamente essere riletti più volte. Il cilindro inciso costituisce il primo fonogramma,
3
Un approfondimento sull’evoluzione del mezzo si trova in Silva e Ramello, 1999 e in Menduni, 2002. La
migliore trattazione dell’argomento pare comunque essere in Barnet e Burris, 2001.
23
termine tecnico solitamente sostituito impropriamente da disco, che include nel suo
significato qualsiasi supporto fisico atto a perpetuare un elemento sonoro.
La portata di questa scoperta ovviamente è impressionante. Si può per la prima volta
trasportare il suono, trasmetterlo tanto in senso temporale quanto in senso spaziale e
utilizzarlo a piacimento. Tutto ciò senza la presenza fisica di chi ha effettivamente emesso
la vibrazione sonora, siano essi musicisti e cantanti o semplici oratori che registrano una
frase. L’effetto più importante sulla vita sociale sarà che da questo momento in poi
l’accompagnamento musicale seguirà la vita delle persone, nelle loro case, nelle loro
stanze, nei luoghi d’incontro, sempre più emozionante e irrinunciabile.
La genesi commerciale di questo lettore di suoni, comunque, non era così
strettamente legata alla musica. Inizialmente la sua funzione principale era perpetuare voci
registrate, appunti o ricordi legati a familiari ed amici. Gli artisti che decidevano di incidere
la loro musica non si curavano di omettere errori, stonature e colpi di tosse, chiaro segnale
che non si era ancora compresa l’importanza che poteva rivestire questa innovazione.
Tornando all’evoluzione del mezzo, il brevetto passò rapidamente nelle mani di una
compagnia, la Columbia Phonograph Company. Questa ditta si prodigò per lo sviluppo e la
commercializzazione dell’invenzione, avendo capito le possibilità economiche legate a
questo nuovo strumento. In breve tempo la scoperta fu migliorata, grazie allo stesso Edison,
ma soprattutto grazie ai contributi fondamentali di Emil Berliner ed Alexander Graham
Bell.
Può essere sensato qui fare una digressione per richiamare la figura di quest’ultimo
inventore. Bell è passato alla storia per essere riuscito a trasformare le onde sonore in
corrente elettrica, base per un altro filone di scoperte tecnologiche. E’ grazie a questo
processo che si creano i presupposti per la trasmissione telegrafica senza fili, scoperta da
Marconi. Avrà così origine la radio, l’altro apparato cruciale per la diffusione della musica
nella società oltre al fonografo.
Inoltre questa trasformazione da acustico a elettrico getterà le basi per lo sviluppo di
quello che sarà il telefono, ed infatti ancor’oggi una delle più importanti compagnie
telefoniche statunitensi si chiama Bell. E non a caso proprio sulla rete telefonica, che sarà
sviluppata nel corso di tutto il ventesimo secolo e permette oggi un’interconnessione
mondiale, viaggiano anche le informazioni e i byte di Internet, diventato luogo “sacro” per i
fruitori di musica. Sia la riproduzione sonora, sia le tecniche di trasmissione a distanza
nascono quindi quasi simultaneamente e, dopo aver seguito percorsi evolutivi differenti,
negli ultimi decenni si sono riunite per uno sviluppo comune.
24
Ciò presenta interessanti spunti sulle interconnessioni tra la registrazione di un
suono e la sua trasmissione. I successi ottenuti dal progresso si sviluppano principalmente
in due tappe. Il primo passaggio fondamentale è la reificazione: l’uomo riesce a trasformare
una vibrazione, di per sé eterea, in un oggetto concreto e materiale, il supporto fonografico.
Non pago di questo sconvolgente sviluppo, il progresso ritorna su se stesso in modo
circolare. Si è riusciti infatti a riconvertire ciò che era stato reso concreto, facendolo
ritornare ad essere nuovamente qualcosa di etereo, ma diverso dall’originale: il supporto
scompare per la codificazione dell’elemento acustico in una serie di dati elettronici. Ai
giorni nostri, ci si rende conto giorno dopo giorno di questo sviluppo; il suono, non più
associato ormai alle onde sonore, verrà incorporato in un altro ambito, quello
dell’informazione.
I modelli d’uso più recenti stanno decisamente portando la musica a svincolarsi da
un supporto fisico, come emerso palesemente nell’ultimo Midem di Cannes, probabilmente
il più importante ritrovo annuale per gli addetti ai lavori in campo fonografico, “Ciò che sta
accadendo […] è che una intera generazione di giovani sta imparando che non c'è una
connessione tra musica e plastica”
4
.
Fin dai primi anni di vita del fonografo le guerre commerciali tra le case produttrici
stimolano cambiamenti e migliorie qualitative che si succedono velocemente. L’evoluzione
che diverrà lo standard viene ribattezzata grammofono, per alcuni significativi
cambiamenti dall’invenzione edisoniana. La differenza fondamentale è la lettura non più di
cilindri di cera ma di dischi. Essi erano detti 78 giri visto il numero di rotazioni che
effettuavano nell’arco di un minuto per rileggere il suono originale, fabbricati in un
differente materiale, la ceralacca, che garantiva ai fonogrammi una durata temporale
maggiore rispetto alla cera dei cilindri.
1.1.2 I progressi tecnici
Per arrivare ai giorni nostri occorre elencare altri importanti eventi dello scorso
secolo che si confondono, si intersecano e talvolta si pongono in contrasto con la storia del
fonogramma. Nel 1895 Guglielmo Marconi inventa la radio, anche in questo caso non
prevedendo l’incredibile penetrazione sociale che il mezzo avrebbe avuto. L’obbiettivo di
quegli anni era riuscire ad ottimizzare l’uso del telegrafo, strumento che trasmetteva via filo
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Cfr. “Se il P2P uccide il CD” in http://www.webnews.html.it ed anche www.midem.com.
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