Una classe importante, e più recente, è quella che considera l’ipotesi di una
volatilità stocastica. Essa ha attirato l’attenzione delle principali istituzioni
finanziarie, in quanto da una parte consente un notevole miglioramento delle
stime dei prezzi reali delle opzioni e dall’altra riproduce in modo naturale i
famosi sorrisi di volatilità. E’ bene tuttavia chiarire che, ad oggi, i modelli a
volatilità stocastica non hanno sostituito Black & Scholes nella prassi
operativa.
Il presente lavoro ha lo scopo di soffermarsi sulla moltitudine di modelli che
sono sorti, cercando di evidenziare l’eterogeneità di tali lavori in funzione
della particolare ipotesi restrittiva che cercano di sopperire.
Il primo capitolo introduce il mercato dei derivati e delle opzioni in
particolare, mentre nel secondo verrà esposto il modello Black – Scholes con
le sue caratteristiche e limiti. Nel terzo capitolo viene dato ampio respiro ai
modelli con volatilità stocastica, introducendo i vari modi di calcolo della
volatilità nonché il concetto di “volatily Smile”. Il quarto e quinto capitolo
riguardano un’estensione del modello Black – Scholes in merito
rispettivamente al tasso di interesse e ai parametri in funzione del tempo.
L’elaborato termina con la discussione e le conseguenze del modello Black –
Scholes nell’ipotesi in cui il mercato non sia perfettamente liquido.
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Capitolo I: Le opzioni finanziarie
1.1 Il mercato dei derivati
Il settore finanziario ha subito negli ultimi venti anni una forte evoluzione.
Accanto ai progressi derivanti dall’introduzione di nuove tecnologie e dal
rinnovamento organizzativo dell’intero settore si è assistito ad un aumento
degli strumenti finanziari offerti dalle varie istituzioni. Tra i nuovi strumenti
finanziari, un posto di gran rilievo è occupato dai derivati. A rigore, i titoli
derivati sono gli elementi più rappresentativi del processo d’innovazione che
ha interessato il settore finanziario negli ultimi anni. Questo perché la
globalizzazione dei mercati finanziari, l’incremento delle principali variabili
economiche e i bassi costi nell’esecuzione delle transazioni sono fattori che
hanno portato ad uno straordinario aumento dei volumi negoziati dei prodotti
derivati, dall’altro ad una continua innovazione che ha dato vita a prodotti
sempre più nuovi, complessi e strutturati.
In generale i contratti finanziari sono contratti finalizzati al trasferimento di
moneta o di merci a diverse date di esigibilità, o scadenze, subordinatamente
alla realizzazione di diversi stati del mondo. Un titolo è un contratto tra due
controparti – il venditore e il compratore – che stabilisce, per ciascuna data
futura e per ogni stato, la quantità (positiva o non) di una specifica merce,
moneta o contratto finanziario, che il venditore deve trasferire al compratore.
Sono detti titoli primari quei contratti che stabiliscono direttamente i
trasferimenti di merci o moneta, mentre sono detti titoli derivati quelli in cui il
trasferimento è regolato in modo indiretto, cioè avviene tramite il
trasferimento di altri contratti.
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Un insieme di titoli di notevole interesse è quello dei titoli a responsabilità
limitata. Si tratta di un contratto che non prevede pagamenti negativi a
nessuna scadenza e in nessuno stato, e invece pagamenti positivi a qualche
scadenza e il qualche stato. Un esempio di titoli a responsabilità limitata sono
i titoli privi di rischio, che prevedono il pagamento dello stesso ammontare,
alle prefissate scadenze, qualunque sia lo stato del mondo. Anche i forward, o
contratti a termine, i future e le opzioni sono titoli. Si tratta di titoli derivati, in
quanto in quanto il loro valore dipende da quello di un altro titolo (azioni,
merci, valute, i tassi di interesse, gli indici di mercato) che prende il nome di
sottostante.
I derivati si possono dividere in:
ξ Financial derivatives: derivati relativi ad entità finanziarie (valuta, tasso
di interesse, indice finanziario);
ξ Commodities derivatives: derivati su merci o materie prime (metallo
prezioso);
ξ Credit derivatives: poiché i derivati consentono la scomposizione degli
elementi di rischio rendendone possibile la negoziazione separata, si
sono sviluppati negli ultimi anni i derivati su crediti, che consentono di
separare il rischio di credito dalla proprietà dello strumento sottostante.
In una transazione di derivati su crediti, un soggetto si assume il rischio
di deprezzamento di un’attività per mancato rimborso o deterioramento
della qualità creditizia del debitore, mentre la controparte si assume il
rischio, ossia acquista una copertura, pagando una commissione.
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Tra questi tipi di derivati i più sviluppati sono i financial derivatives tra i quali
a loro volta i contratti più utilizzati sono: futures, forward, swaps e opzioni.
I forward, gli swaps e alcuni tipi di opzioni, sono regolarmente negoziati in
mercati over the counter (non regolamentati) , mentre i futures e altri tipi di
opzioni sono negoziati nei mercati regolamentati.
I contratti di opzione su azioni sono stati trattati in borsa per la prima volta nel
1973, da allora c’è stata una fortissima crescita. Oggi sono trattati in tutto il
mondo.
1.2 Il contratto di opzione
Le opzioni sono strumenti finanziari il cui valore deriva dal valore di una
attività sottostante, sia essa un’attività finanziaria, un tasso di interesse, un
tasso di cambio, un indice di borsa. Consentono di costruire posizioni, e anche
di compensarle, con economia di capitale impiegato e con modesto rischio di
credito, misurato non dall’intero capitale coinvolto, ma da una frazione di
esso. Le opzioni, poiché consentono di assumere o compensare posizioni, cioè
di trasferire rischi, appaiono strumenti utili per gestire il rischio di mercato e
per migliorare le caratteristiche di rendimento (costo) delle attività (passività)
finanziarie. Si caratterizzano per una notevole complessità delle determinanti
del loro valore e per un’asimmetria tra profitti e perdite: esse infatti,
prospettano all’acquirente un risultato economico asimmetrico – illimitate
possibilità di profitto, perdite limitate – e al venditore un risultato anch’esso
asimmetrico, ma con segno opposto – profitti limitati, perdite potenzialmente
illimitate. A differenza delle azioni, le opzioni danno all’investitore la
possibilità di beneficiare dell’effetto leva sulla posizione assunta: con un
investimento contenuto, pari al costo dell’opzione, si può ottenere una
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partecipazione alla performance di un titolo o di un indice di mercato,
superiore a quanto, a parità di investimento, si potrebbe ottenere da una
posizione analoga sul mercato del sottostante. Le opzioni offrono
all’investitore la possibilità di prendere posizioni speculative o di coprire
investimenti in essere, di costruire strategie e posizioni di investimento
appropriate al profilo di rischio desiderato: è l’investitore colui che decide
quanto rischio è disposto ad assumere.
Esistono due tipi di opzioni, le opzioni call e le opzioni put. Le prime danno al
loro possessore il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare il titolo sottostante il
titolo sottostante a un determinato prezzo, detto prezzo d’esercizio (strike
price) entro, oppure a una determinata scadenza detta data d’esercizio. Le
seconde invece, danno il diritto al possessore di vendere il titolo sottostante a
un determinato prezzo entro, oppure a una determinata scadenza. La
possibilità di esercitare le opzioni anche prima della loro scadenza è propria
delle azioni americane, mentre le opzioni europee possono esercitare solo a
scadenza. Il prezzo delle opzioni è detto premio.
Le opzioni possono essere in the money, at the money, out the money. Se si
indica con S il prezzo del sottostante e con X il prezzo d’esercizio,un’opzione
in the money è quella che comporterebbe per il possessore un flusso di cassa
positivo se venisse esercitata immediatamente: pertanto una call è in the
money quando S > X, una put è in the money quando S < X. Un’ opzione è at
the money quando comporta un flusso di cassa nullo in caso di esercizio
immediato, ossia S = X, sia per la call che per la put. Infine un’opzione out the
money è quella che comporterebbe un flusso di cassa negativo se venisse
esercitata immediatamente: quindi una call è out of the money se S < X, una
put è out the money se S > X. Di conseguenza un’opzione verrà esercitata solo
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se è il the money; inoltre tale tipo di opzione verrà esercitata alla scadenza se
non è stata esercitata in precedenza.
Il valore intrinseco di una opzione è definito come il massimo tra zero e il
valore che l’opzione avrebbe se fosse esercitata immediatamente: per cui una
call è pari a max(S – X, 0), per una put a max(X – S, 0). Un’opzione
americana in the money deve valere almeno quanto il suo valore intrinseco,
perché se quest’ultimo è positivo, il possessore può realizzarlo esercitando
l’opzione immediatamente.
In ogni contratto di opzione vi sono due parti: da un lato c’è l’investitore che
ha assunto la posizione lunga, cioè ha comprato l’opzione, dall’altro c’è
l’investitore che ha assunto la posizione corta, cioè ha venduto, o scritto
l’opzione. Il compratore di una call, così come l’emittente (o il sottoscrittore)
di una put, si attende un aumento del prezzo del sottostante, mentre il
compratore di una put, così come il sottoscrittore di una call, si aspetta una
diminuzione del prezzo del sottostante. Chi vende l’opzione riceve un
pagamento iniziale, cioè il premio, ma sostiene più tardi una perdita
potenziale. Il suo profitto (o la sua perdita) è pari alla perdita (o al profitto) di
chi ha acquistato l’opzione. Quindi i compratori di opzioni pagano un premio
perché hanno illimitate possibilità di profitto, mentre hanno limitate possibilità
di perdita; all’opposto i sottoscrittori di opzioni ricevono un premio perché, a
fronte di profitti limitati, hanno potenziali perdite illimitate.
Attraverso un grafico, riportando sull’asse delle ascisse il prezzo del
sottostante nel tempo e sull’asse delle ordinate il guadagno derivante
dall’esercizio dell’opzione, possiamo avere diverse situazioni di guadagno a
seconda che si tratti di un Holder (Acquirente) o di un Writer (Venditore) e del
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tipo di opzione call o put. Nel caso di un opzione di tipo Call, il guadagno
dell’ Holder può essere così rappresentato:
Figura 1.1: Grafico di una opzione call per l’acquirente
Dove S
T
indica il prezzo del sottostante, G(S
T
) indica la funzione guadagno al
variare di S
T,
e k indica il prezzo strike oppure prezzo di esercizio. Come si
può notare dal grafico, se S
T
è minore di K, l’holder perde l’importo del
premio pagato per l’acquisto dell’opzione in quanto non conviene esercitare il
diritto, perché il prezzo al quale dovrà acquistare l’attività sottostante è
maggiore del suo prezzo di mercato. L’investitore continua a perdere anche
quando S
T
è maggiore di K, fino a quando la differenza (positiva) tra essi non
eguagli l’importo del premio. Dopo questo punto, l’investitore comincia ad
avere un guadagno positivo, che può essere infinitamente lungo. La funzione
guadagno per l’holder di una call può essere quindi così rappresentata:
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G(S
T
) = n Max (S
T
– K, 0) – n m(t, T)
dove n rappresenta il numero di opzioni call, Max rappresenta la funzione
massimizzante, ed m(t,T) rappresenta il fattore di capitalizzazione ad un tasso
privo di rischio, supposto costante, del premio alla scadenza T .
Mentre per colui che vende il diritto di opzione (writer) la sua funzione
guadagno,sarà così espressa, utilizzando la consueta notazione:
G(S
T
) = – n Max (S
T
– K, 0) + n m(t, T)
Per quanto riguarda le opzioni put, il grafico della funzione guadagno per
l’holder può essere cosi rappresentato:
Figura 1.2: Grafico di una opzione put per l'acquirente
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L’investitore guadagnerà (K – S
T
– m(t, T)) quando il prezzo d’esercizio è
maggiore di quello di mercato, mentre perderà m(t,T ) quando il valore di
mercato del sottostante S
T
supera lo strike. La funzione guadagno per l’Holder
di un opzione put è la seguente:
G(S
T)
= n Max (K - S
T
, 0) – n m(t, T)
Per il venditore della put, (writer), si avrà logicamente la situazione opposta:
G(S
T)
= – n Max (K - S
T
, 0) + n m(t, T).
1.3 Fattori che influenzano il prezzo della opzione
Sono sei i fattori che influenzano il prezzo di un’opzione scritta su un’azione:
1. il prezzo corrente dell’azione, S
0
;
2. il prezzo d’esercizio, K;
3. la vita residua, T;
4. la volatilità del prezzo dell’azione, ς;
5. il tasso di interesse privo di rischio, r;
6. i dividendi attesi durante la vita dell’opzione, il cui valore attuale è D.
Prezzo dell’azione e prezzo di esercizio
Il valore finale di una call esercitata è pari alla differenza tra il prezzo
dell’azione ed il prezzo di esercizio. Pertanto, ce calls valgono di più se cresce
il prezzo dell’azione e valgono di meno se cresce il prezzo di esercizio. Per
una put che viene esercitata, il valore finale è pari alla differenza tra il prezzo
d’esercizio e il prezzo dell’azione. Di conseguenza, le puts si comportano in
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