I
Introduzione.
L'idea di un percorso di tesi basato su di una duplicità di prospettive teoriche, quella
di Zygmunt Bauman e quella di Martha C. Nussbaum, nasce dall'esigenza, maturata
all'interno del corso di Laurea Magistrale in Scienze Filosofiche, di comprendere il
presente nella sua intima contraddittorietà. Un'esigenza che, personalmente,
avverto da tempo. Sarebbe pretenzioso e fuori luogo sostenere che lo studio di questi
due autori fornisca la chiave di volta per una comprensione totale del reale che ci
circonda; tuttavia – e su questo si è poggiata la mia decisione di condurre questo
studio – il contributo alla comprensione del nostro tempo fornito da questi due autori
manifesta in modo evidente l'urgenza di risposte sulla condizione umana che
costituisce la cifra distintiva dell'oggi. Intento di questo elaborato non è quello di
sostenere la preminenza delle posizioni teoriche di queste due importanti figure su
quelle di altre altrettanto importanti, ma piuttosto di porre l'accento sulla necessità
di riflessione che i caratteri del nostro tempo impongono.
Se infatti, da un lato, Bauman presenta una molteplicità di problematiche
declinate, nell'arco di tutta una vita, in direzione di una comprensione della
condizione umana, vista come sostanzialmente ambivalente ed impervia; dall'altro
lato, Martha Nussbaum, riallacciandosi agli Antichi, prima, e al contemporaneo, poi,
pone in tutta evidenza che la difficoltà esposta da Bauman non è insuperabile e che
si può essere persone anche in un sistema economico-sociale che vorrebbe solo
individui. Se dunque in Bauman, si potrebbe dire, viene presentata la pars destruens,
attraverso tutta una serie di considerazioni che portano il pensatore polacco alla
formulazione della Retrotopia; Martha Nussbaum rappresenta, per converso, la pars
costruens, proponendo una prospettiva che, tramite il matrimonio tra etica e
pedagogia, la porta alla formulazione del Capability approach e alla considerazione
della persona in quanto tale. Il disegno complessivo che ne emerge è di chiaro stampo
antropologico, ma mai antropocentrico e presenta l’idea di un rapporto tra l’uomo e
la società contemporanea tutt’altro che semplicistico. È proprio nel solco dello studio
di questo rapporto, quindi, che questo elaborato si inserisce, tentando di chiarire,
II
attraverso lo sguardo di questi pensatori, i temi pregnanti dell’ontologia sociale
contemporanea.
Bisogna poi considerare altre due questioni, ineludibilmente connesse a
questo percorso di tesi: la prima, e forse anche la più problematica, è che i due autori,
pur appartenendo alla stessa epoca, la nostra, non si sono mai confrontati di persona;
la seconda, di stampo più metodologico, è che i due pensatori appartengono a due
ambiti del sapere totalmente diversi. Partendo dalla prima questione, si è
consapevoli, all'interno di questo elaborato, che non ci siano stati contatti diretti tra
i due autori, così come si è consapevoli delle differenze che intercorrono tra i due
intellettuali e le tradizioni di pensiero da cui provengono. Tuttavia, scopo di questo
elaborato, è quello di confrontare, proprio in virtù delle suddette differenze, i due
approcci teorici al fine di trarne una descrizione del presente e della condizione
umana che rispecchi a pieno le ambivalenze dell’oggi. Dunque, sebbene si sia consci
del non poter “forzare” ermeneuticamente i due pensatori, si è tentato di
oltrepassare queste differenze e di comprendere, nel rispetto delle naturali distanze
teoretiche e personali intercorrenti tra Bauman e Nussbaum, il peso di eventuali
punti di comunanza nella prospettiva delle riflessioni di entrambi.
In merito alla seconda questione, invece, va fatto un dovuto chiarimento: non
è possibile né pensabile strappare i due autori dall'humus disciplinare di
appartenenza. Martha Nussbaum proviene da un ambiente accademico ben preciso,
da una formazione nel segno della tradizione filosofica anglofona di studio
dell’antichità; Zygmunt Bauman, invece, porta in sé l'orrore del secondo conflitto
mondiale e dell'Olocausto, proviene da una formazione sociologica di stampo
socialista-marxista e il suo rapporto col mondo accademico è stato, per molti anni,
travagliato. Inoltre, i metodi di indagine dei due autori sono radicalmente differenti:
Bauman, seppur non avanzando mai la pretesa di essere considerato un filosofo,
avvia le proprie riflessioni da una base sociologico-analitica e approda a conclusioni
filosoficamente dense, Martha Nussbaum, al contrario, è filosofa a piene mani e avvia
le proprie speculazioni dalla filosofia per approdare poi a problematiche appartenenti
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ad altri campi del sapere. Questa “invasione di campo”, presente in entrambi gli
autori, è pregna di significato nella prospettiva del presente elaborato. La premessa,
in entrambi i casi, è che nulla impedisca a diversi ambiti disciplinari di avviare
discussioni e confronti con altri saperi, poiché ogni sapere, in fondo, ha l'uomo e la
sua molteplicità di caratteri come suo fine.
È chiaro che comprendere l’umano nella sua complessità non è un compito
che può essere affrontato con leggerezza, la storia del pensiero occidentale, in questo
senso, ne è la prova più evidente; tuttavia, nessuno dei due autori prende le mosse
dal naturalistico assunto di voler comprendere e spiegare cosa significhi essere
umani, bensì entrambi pongono delle condizioni, dedotte dalla perspicuità delle loro
analisi, perché si possano definire e comprendere le problematiche relative alla
costruzione o alla ri-costruzione di una soggettività che si rifletta nel politico, ossia di
un soggetto che sia contemporaneamente persona e cittadino. In questo senso, la
nozione di persona, centrale nel pensiero di Martha Nussbaum, supera i caratteri
dell’individualità baumaniana, connotandosi come unica, contraddittoria e identica
solo a sé stessa.
La contraddittorietà della persona descritta dalla filosofa statunitense si
rispecchia, seppur in modo distorto, nell’individuo liquido di Zygmunt Bauman.
L’individuo di Bauman è infatti profondamente contraddittorio, ma in un senso
diverso da quella contraddizione strutturale che muove la persona nussbaumiana:
l’individuo descritto dal sociologo polacco è assorbito dalla prospettiva totalizzante
del mondo sociale che lo circonda, non ha un proprio ruolo né una propria identità,
poiché identità e ruolo sono concetti appartenenti alla modernità decaduta e
appartengono ormai al mondo della finanza e del commercio. Proprio per questo,
come si evidenzierà nelle pagine a seguire, l’ipotesi baumaniana, all’altezza di
Modernità liquida, vede compiersi la definitiva riproposizione della modernità in
chiave globalizzata, ossia l’affermarsi di una nuova modernità che supera i suoi
caratteri essenziali sostituendoli con la frammentarietà ereditata dalla
postmodernità. Questa nuova modernità che, con una metafora poi divenuta
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celeberrima, Bauman definisce liquida, non prevede alcun tipo di soggettività. Essere
soggetti nella modernità liquida vuol dire comprarsi – tramite un lavoro o tramite un
reddito – un ruolo sociale temporaneo. La durata di questa temporaneità, però, non
è decisa dall’individuo, ma dalla realtà sociale stessa che preme perché nulla sia mai
permanente né definitivo, così da alimentare quel tipo di mentalità consumistica che
ne determina la sopravvivenza stessa. Nell’ottica del sociologo polacco, gli esseri
umani oggi sono puro individualismo, ostaggi di un perenne precariato in cui
l’incertezza è l’unico carattere certo del vivere sociale. Quest’individualità – che nella
prospettiva retrotopica degli ultimi anni diviene portatrice di una nostalgia
antisociale – non può uscire autonomamente da questo sistema economico-
culturale, poiché esso è perfettamente circolare.
All’individuo, per riscoprirsi persona, serve uno stimolo, il quale non può che
provenire dai processi educativi: l’educazione è ovviamente parte della logica
circolare della modernità liquida, ma è anche l’unico carattere in grado di sottrarsi ad
essa e agire per formare dei soggetti che non siano solo homo consumens. Ma perché
ciò accada bisogna educare a pensare, bisogna far leva sulle capacità critiche della
persona, in sostanza, bisogna formare nel senso più pieno del termine. Se ciò non
avviene, non vi sarà, dice Bauman, educazione, vi sarà istruzione, la quale, seppur
inconsapevolmente, alimenta la logica liquido-moderna: se non si forma la persona,
ma ci si limita ad istruirla, essa vedrà la formazione solo come un insieme di titoli da
collezionare, non diversi da un qualunque altro bene di consumo.
Bauman non spiega il come questa formazione della persona debba avvenire,
ma, probabilmente, il modello dell’educazione alle capacità proposto da Martha
Nussbaum può rappresentare un primo passo in questa direzione. Nell’ottica della
filosofa americana, educare vuol dire portare la persona a scoprire le proprie peculiari
capacità, lavorando su di esse, ricostruendo la persona oltre l’individuo e, dunque,
rifiutando ogni modello valutativo standardizzato. L’ipotesi della filosofa, infatti, è
che l’occidente spinga perché ogni processo formativo possa essere attentamente
misurato e controllato tramite test standardizzati, senza valutare né coltivare
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minimamente quei caratteri che rendono la persona tale. Se dunque si accetta di
determinare una persona non sui suoi caratteri ma su di un questionario
standardizzato, se, detta in altri termini, si accetta di considerare le persone non
come tali ma come moduli da protocollare, allora si accetta anche implicitamente la
circolarità inarrestabile descritta da Bauman. Solo lavorando alla costruzione di una
società che consideri le specificità di ognuno, è possibile parlare di reale equità.
Proprio in questo senso l’antropologia nussbaumiana fa leva sul concetto di dignità
dell’uomo, non in quanto essere razionale, ma in quanto persona e sostiene un
orizzonte teorico in cui solo se si alimentano le capacità di ognuno, si rispetta davvero
la dignità umana.
Ecco quindi che la prospettiva di un’etica dell’alterità si connota come un
punto comune ad entrambi i pensatori. In Bauman, l’altro viene visto in una
prospettiva fenomenologica fondata sul modello levinasiano, per cui l’altro non è mai
solo un Tu ma è l’altro in quanto tale, con le sue differenze e specificità che non
possono mai essere rinnegate. In Martha Nussbaum, invece, l’altro è sempre una
persona, prima ancora di essere l’altro, per cui la filosofa fa propria la massima
kantiana di considerarlo sempre come un fine e mai come un mezzo. Etica e
pedagogia sono legate, in questi due autori, a doppio filo e non è possibile non
considerare la centralità di questo legame nei loro sistemi di pensiero. In una società,
la nostra, in cui le analisi baumaniane appaiono essere sempre più realistiche, in cui
la cecità morale è dominante e in cui la prospettiva retrotopica sembra essere
invincibile, forse necessitiamo più di quanto non crediamo di quel legame tra etica e
pedagogia. Ne necessitiamo perché altrimenti la prospettiva totalizzante descritta dal
sociologo polacco diventa insuperabile e l’utopia nussbaumiana dell’affermarsi di un
principio di equità che non corrisponda al principio di standardizzazione, è destinata
a rimanere un non-luogo incantato e irrealizzabile.
A livello strutturale, l’elaborato è suddiviso in tre grandi parti: la prima
analizza il pensiero di Zygmunt Bauman nel suo continuo evolversi, dalle origini
marxiste agli ultimi anni. La seconda parte dell’elaborato, in continuità con la prima,
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contiene una disamina dei contenuti del pensiero di Martha Nussbaum. La terza e
ultima parte dell’elaborato contiene il confronto dei due autori sui temi
dell’educazione e dell’etica. Ognuna di queste tre parti è suddivisa in più capitoli: la
prima parte e la seconda ne contengono tre, il primo di entrambe è dedicato
all’introduzione al pensiero dei due autori. Il secondo capitolo della prima parte
contiene una disamina del paradigma baumaniano della liquidità sociale, mentre il
secondo capitolo della seconda parte descrive l’antropologia nussbaumiana. Il terzo
capitolo della prima parte affronta gli ultimi scritti del sociologo di Poznań,
concludendosi con una disamina di Retrotopia, vero testamento intellettuale di
Zygmunt Bauman; invece, il terzo capitolo della seconda parte affronta il capability
approach nussbaumiano. La terza parte, contrariamente alle due precedenti, è
suddivisa in due capitoli e si connota come la sede dei confronti teorici tra i due: il
primo capitolo li confronta sulle questioni pedagogiche, il secondo su quelle etiche.
La bibliografia comprende, oltre ai diversi volumi consultati, anche una sitografia,
poiché, trattandosi di autori immersi a piene mani nel nostro tempo, non si è potuto
non considerare la mole di materiali presenti in rete.
Concludo questa introduzione con una citazione presa dai Pensieri di Giacomo
Leopardi, poiché il poeta, all’interno delle sue libere riflessioni, coglieva già nel suo
XIX secolo quell’individualismo e quella cecità morale che Zygmunt Bauman e Martha
C. Nussbaum descrivono. Scriveva Leopardi:
«Confessando i propri mali, quantunque palesi, l’uomo nuoce molte volte ancora alla stima,
e quindi all’affetto, che gli portano i suoi più cari: tanto è necessario che ognuno con braccio forte
sostenga sé medesimo, e che in qualunque stato, e a dispetto di qualunque infortunio, mostrando di
sé una stima ferma e sicura, dia esempio di stimarlo agli altri, e quasi li costringa colla sua propria
autorità. Perché se l’estimazione di un uomo non comincia da esso, difficilmente comincerà ella
altronde: e se non ha saldissimo fondamento in lui, difficilmente starà in piedi. La società degli uomini
è simile ai fluidi; ogni molecola dei quali, o globetto, premendo fortemente i vicini di sotto e di sopra
e da tutti i lati, e per mezzo di quelli i lontani, ed essendo ripremuto nella stessa guisa, se in qualche