Premessa
Come si diceva prima, il lavoro è stato inquadrato partendo dall’ottica del DONO:
- Dio ci fa il il dono della vita.
- La nostra vita viene donata agli altri, alla moglie, al marito.
Oggi, nonostante la società ci spinge a perdere questa visione del dono (tutto è regolato
dalle leggi di mercato), si scopre che l’essere coppia parte proprio da un dono:
- dono di se del marito alla moglie
- dono di se della moglie al marito
Ma in una visione più completa l’essere coppia è anche DONO DELLA CHIESA.
L’essere coppia rientra nel progetto originario di Dio:
“Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò” (Gn 1, 27)
“… l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre
e si unirà a sua moglie e i due saranno
una sola carne” (Gn 2, 24)
L’amore dei coniugi va a svelare, anche se solo in accenno, quelle che sono le
relazioni trinitarie. LA COPPIA E’ ICONA DELLA TRINITA’ (Giovanni Paolo II,
Mulieris dignitatem, 7).
Questa unione tra uomo e donna trova il suo completamento nel SACRAMENTO.
E’ Dio che in Cristo e nella Chiesa consacra gli sposi e li fa vivere dell’amore
trinitario. Il modello dell’amore fra gli sposi è quello di Cristo per la Chiesa.
Celebrare il sacramento del matrimonio è innestare la propria vita di coppia in Cristo
che ama la Chiesa.
Si può fare il seguente paragone:
UOMO e DONNA DIO-POPOLO (uomo)
Sono due libertà che si incontro di due libertà
incontrano e danno vita che si muovono l’una verso
ad una nuova realtà che è l’altra, anche se è Dio che
la COPPIA muove il primo passo e spinge
l’uomo verso di Lui.
Questo incontro trova piena
manifestazione nella CHIESA
La coppia realizza in se questo “grande mistero” che è l’amore di CRISTO SPOSO
per la CHIESA SPOSA. Mistero inteso non come qualcosa che non si capisce ma come luce
sovrabbondante che proviene da Dio e illumina l’uomo anche se quest’ultimo non riesce
pienamente a cogliere dato la sua limitatezza.
Questo “grande mistero” trova espressione nel sacramento del matrimonio.
Quel “SI” diventa una volontà che lega gli sposi tra loro e con Cristo, è quindi anche
un “SI” che Cristo pronuncia agli sposi attraverso la Chiesa.
La coppia diventa “CHIESA-DOMESTICA” (LG 11) all’interno della quale è
manifestato l’amore di Cristo per l’umanità.
La coppia cammina NELLA CHIESA verso la santità.
La sua attitudine è proprio quella di vivere “nel” mondo per animarlo cristianamente
dal suo interno manifestando l’amore di Cristo:
è un po’ quello che affermava il Beato Josemaria Escrivà – “la grandezza
della vita quotidiana”
Il futuro dell’umanità, come ripete spesso il Santo Padre, è legato all’avvenire della
famiglia. Una famiglia aperta al mondo con Cristo nel cuore è sintomo di una società
migliore.
La vitalità della Chiesa e del mondo è legata alla partecipazione degli sposi alla vita
di Cristo. La Chiesa è quindi chiamata a vivere la dimensione di essere “con” il popolo,
“per” il popolo. Una Chiesa che abbraccia e accoglie tutti come Cristo sulla croce.
Ecco allora che la croce diventa modello di vita anche per i coniugi che devono far si
che il loro matrimonio si eucaristizzi sempre più.
Possiamo dunque dire che c’è un reciproco scambio tra CHIESA e COPPIA:
- Chiesa modello di vita per la coppia
- Coppia modello di vita per la Chiesa
Questa crescita della Chiesa verso la santità si esprime anche nel rapporto fra
SPONSALITA’ e VERGINITA’: DUE STRADE CHE PORTANO AL REGNO.
Non superiorità della verginità ma diversità di carismi per l’edificazione comune.
Così si esprimeva il Concilio di Trento:
“Se qualcuno dice che lo stato matrimoniale è da
preferirsi allo stato di verginità o celibato e che
non è migliore e più beata la verginità e il celibato
rispetto al matrimonio, sia anatema”
Continua, sempre sulla stessa linea anche il Concilio Vaticano II:
“Gli alunni abbiano una conveniente conoscenza dei
doveri e della dignità del matrimonio cristiano,
che rappresenta l’unione di Cristo con la Chiesa
(cfr. Ef 5, 22- 23);
ma sappiano comprendere la superiorità della verginità
consacrata a Cristo”.
E’ il Santo Padre che in una udienza del mercoledì nel 1982 afferma:
“Nelle Parole di Cristo … non c’è alcun cenno circa
l’inferiorità del matrimonio … esse non forniscono
motivo né per sostenere l’inferiorità del matrimonio,
né la superiorità della verginità, del celibato”.
E’ in questa nuova ottica che anche la SESSUALITA’ acquista una giusta
dimensione, essa è apertura, è dono totale di sé, è amore ablativo e non chiusura in modo
egoistico.
Il corpo non è “inquinante” l’amore ma sede dell’amore. Il corpo è tempio dello
Spirito Santo.
L’incontro sessuale diventa un vero ESODO per andare verso l’altro nell’amore.
La coppia diventa via PER LA CHIESA , nel senso che non deve chiudersi in se ma
aprirsi alla MISSIONE. E spesso questa missione nel mondo per edificare il Regno può
prendere la forma di una vera “via crucis”.
Allora è nell’EUCARISTIA che gli sposi devono trovare la forza per tenere sempre
vivo il loro amore e ancorato a Cristo che ama la Chiesa.
La coppia nell’Eucaristia diventa segno anticipatore del banchetto celeste.
La genialità perderà il suo significato ma la sessualità
avrà un suo senso seppur diverso dall’attuale.
Il matrimonio è quindi un “già e non ancora”. E’ già una realtà escatologica ma non
nella pienezza.
I coniugi, compagni di viaggio verso la santità, sono anche compagni di eternità.
Per finire riprto l’espressione di un rabbino che anava dire:
“Se uno non dedica tre ore al giorno alla lettura e riflessione della Bibbia non
si ritenga un credente nella Bibbia…
e se uno non dedica molto tempo del giorno a pensare,
ascoltare, dialogare con la sposa, non si ritenga
amante della sposa”.
Introduzione
Da un certo punto di vista abbastanza “lontano” posso affermare che questo lavoro ha le sue
origini da un’esperienza parrocchiale che non si è limitata agli anni di catechesi per la Prima
Comunione e la Cresima, da molti visti, e purtroppo anche dalle famiglie, oltre che dai ragazzi
stessi, come un obbligo da assolvere quanto prima, ma è continuata nella fase adolescenziale e della
giovinezza, fino ad oggi in cui prendo ancora più coscienza dell’importanza di vivere la vita di una
comunità parrocchiale come coppia di giovani sposi che insieme al resto della comunità, pur nelle
sue luci ed ombre, si sforza di seguire Cristo sulla strada che porta alla comunione perfetta con Dio
Padre nella pienezza del Regno.
Sono allora convinto che questo corso di studi e questa tesi finale sono da ricondursi ad un
dono: innanzitutto da parte dei genitori che nell’educarmi non hanno fatto “morire” quel seme di
fede che Dio pone in ogni uomo al momento del battesimo; educazione fatta non tanto attraverso gli
insegnamenti verbali, quanto attraverso la stessa vita d’amore dei coniugi che consegna ai figli quel
patrimonio di attenzione, di tenerezza, di intelligente servizio reciproco che porta la pace con se
stessi e la responsabilità verso gli altri: “Solo l’educazione del cuore è il cuore di ogni
educazione”
1
. In un secondo momento poi, dono da parte della Chiesa stessa, che mi ha educato a
fare un’ esperienza viva di Cristo.
Precisiamo che il termine educazione è da intendersi come la capacità di “tirar fuori”
dall’educando ciò che in realtà già possiede al suo interno:
Educare, significa formare l’uomo completo, vuol dire sviluppare tutte le caratteristiche di una
personalità per inserirla in modo armonico ed equilibrato nella comunità; significa indirizzare l’uomo e farlo
progredire verso il bene
2
.
1
S. PALUMBIERI, Antropologia e sessualità. Presupposti per un’educazione permanente, SEI, Torino 1996, p. 370.
2
G. CIONCHI, Didattica della religione, LDC, Leumann (TO) 1995, p. 63.
Dopo aver trattato dunque per diversi anni delle tematiche relative alla coppia, mi sono
sentito quasi in dovere di approfondirle proprio in questo mio lavoro, a conclusione di un ciclo di
studi per me molto interessante e fortemente voluto.
Mi è sembrato opportuno e giusto, allora, partire proprio da questo senso del dono. La
relazione vera e santa fra una coppia di sposi vive proprio sotto le “leggi” del dono.
Ho cercato di approfondire, seppur brevemente, il significato di questo termine partendo dal
seguente interrogativo a livello antropologico:
Perché nella nostra società circolano tante cose sotto forma di dono? Perché sentiamo ancora il
bisogno di complicarci la vita con i regali, con i riti e le incertezze che accompagnano il dono, quando la
nostra società ha sviluppato dei meccanismi molto più semplici e molto più efficaci per permettere a beni e
servizi di circolare fra i suoi membri secondo i vari e diversi bisogni di ciascuno?
3
.
Si arriva alla conclusione che tutta la sfera delle reti sociali è proprio dominata dal principio
del dono, che porta a rendere unica ogni persona:
Il ‘vero’ dono è un gesto socialmente spontaneo (…) è lo stato di una persona che, resistendo
all’entropia (gr. en = dentro, e trope = rivolgimento), trascende l’esperienza meccanica determinista della
perdita allacciandosi all’esperienza della vita, all’apparizione, alla nascita, alla creazione
4
.
Il vero dono è un gesto socialmente spontaneo, potremmo definirlo un “obbligo” interiore,
immanente.
Il Godbout, nella sua riflessione, finisce per considerare il dono come “una sorta di
misticismo alla portata dei comuni mortali”
5
, proprio perché è un’uscita da se stessi, è un
abbandonare il proprio egoismo per aprirsi all’altro, alle sue necessità:
Il dono è l’esperienza della società che va al di là di se stessa e dell’individuo che si assume il rischio
della propria identità, e la mette in gioco. Il rischio del dono è il rischio dell’identità. E’ per questo che
spesso non si dona
6
.
3
J. T. GODBOUT, L’esperienza del dono. Nella famiglia e con gli estranei, Liguori, Napoli 1998, p. 2.
4
Ibidem, p. 122-123.
5
Ibidem, p. 124.
6
Ibidem, p. 143.
Con il dono si entra in relazione con gli altri, si rompe la solitudine e ci si inserisce nella
vita. E’ da qui che nasce quel sentimento di potenza, di trasformazione, di apertura nei donatori che
arrivano a dire di ricevere più di quanto hanno donato.
Come non si fa a vedere allora il rapporto di coppia proprio in quest’ottica di “perdere” se
stessi per ritrovarsi completamente nell’altro? E’ il dono stesso che invita a spendersi, impegnarsi,
consegnarsi e abbandonarsi all’altro. Due persone che si amano sanno dare e ricevere, sanno
spartire e partecipare:
E’ abbandonandosi all’esperienza del dono (…) [che] si vive qualcosa che non è del tutto estraneo
all’esperienza mistica, o alla ‘trance’
7
.
L’amore come dono totale di sé è allora èstasi che ci porta a scoprire la presenza di Dio in
noi. Questa esperienza è il segno del modo di vivere e di amare di Dio.
Partendo allora da questa esperienza del dono, cercherò di sviluppare il lavoro seguendo tre
prospettive che vado brevemente ad illustrare:
- coppia come dono “della” Chiesa – L’essere coppia cristiana è sacramento della Chiesa,
infatti essa si realizza proprio nel segno sacramentale che è dono di Dio attraverso Cristo che opera
nella Chiesa animata dallo Spirito Santo. Gli stessi sposi diventano la prima “Chiesa domestica”, il
primo fondamentale tassello che favorisce uno sviluppo santo della comunità e dell’intera società.
- Coppia come dono “nella” Chiesa – La coppia in questo cammino verso la santità non può
stare da sola, ma deve vivere, agire, crescere e salvarsi proprio all’interno della Chiesa, che in
questo modo diventa il sacramento della salvezza, il segno e lo strumento della comunione di Dio e
degli uomini
8
.
7
Ibidem, p. 125.
8
Cfr. LG, 1.
- Coppia come dono “per” la Chiesa – La coppia che opera nella comunità e nella società,
mettendosi alla sequela di Cristo, contribuisce alla realizzazione e all’edificazione di una Chiesa
sempre più santa e quindi del Regno di Dio.