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1) Introduzione
Ogni lingua possiede espressioni idiomatiche, esse fanno parte del lessico di ogni
parlante e possiamo trovarle tanto nel linguaggio informale, quanto in quello
formale. Sono indispensabili per esprimere quei significati che con altre parole
non riusciremmo a comunicare. La maggior parte delle volte le utilizziamo senza
rendercene conto, tanto sono profondamente radicate nella comunicazione di tutti
i giorni. Ciò che le rende interessanti, è il loro collegamento ad eventi storici o a
concetti culturali della rispettiva nazione; proprio questo aspetto le converte nello
specchio di una cultura, un legame potente e prezioso con le nostre origini.
Conoscere tali espressioni ci porta a capire la mentalità di una cultura e, proprio
per questo, esse hanno sempre attratto l’attenzione degli studiosi di linguistica. La
difficoltà principale nella traduzione di tali espressioni idiomatiche, una tra le
forme più comuni di linguaggio figurato, sta proprio nella natura linguistica degli
idiomi che sono, dunque, espressioni convenzionali, in cui il senso non può essere
dedotto in base alla conoscenza del significato delle singole parole che le
compongono. Un tipico esempio in spagnolo potrebbe essere estirar la pata,
equivalente all’italiano “tirare le cuoia”, in cui il significato globale non ha nulla a
che fare con la somma dei significati delle singole parole, quali “estirar”, cioè
“stendere” e “la pata” ovvero “la zampa”.
Ci focalizzeremo su due aspetti fondamentali delle stesse – il significato
composizionale e il significato convenzionale – e sulla motivazione metaforica. Il
lavoro culminerà nell’analisi di alcuni casi interessanti in spagnolo ed italiano,
con alcune considerazioni sulla traduzione accompagnate da esempi interessanti.
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2) Che cosa sono le Espressioni Idiomatiche?
2.1 Definizione
Se cerchiamo sull’enciclopedia Treccani la definizione di “Espressioni
Idiomatiche”(d’ora in poi espressioni idiomatiche) troviamo la seguente dicitura:
“Con modo di dire o, più tecnicamente, locuzione o espressione idiomatica si
indica generalmente un’espressione convenzionale, caratterizzata
dall’abbinamento di un significante fisso (poco o niente affatto modificabile) a un
significato non prevedibile a partire dai significati dei suoi componenti.
Espressioni come essere al verde, essere in gamba, prendere un abbaglio, tirare
le cuoia non possono essere prese in considerazione solo come somma dei
significati dei loro componenti; considerate in blocco, invece, rimandano a un
significato traslato (detto anche figurato), risultato di procedimenti metaforici
(come, ad es., quello di similitudine: vuotare il sacco → «rendere evidente ciò che
contiene» → «svelare»; Jezek 2005) e condiviso dall’intera comunità linguistica.
Come possiamo notare, la stessa Treccani si rifà alla definizione di Casadei
(1996) ma occorre arricchirla valutando le caratteristiche delle espressioni
idiomatiche che le rendono pietra portante di una lingua.
Vi è differenza con il termine “proverbio”, spesso confuso con le locuzioni
idiomatiche per la sua natura composita e il carattere quasi sempre metaforico.
Dal punto di vista strutturale, infatti, il “proverbio” può essere delineato come una
frase breve di forma lapidaria o sentenziosa, codificata nella memoria collettiva o
tramandata in forma scritta, che enuncia una verità ricavata dall’esperienza e
presentata come conferma di un’argomentazione,consolidamento di una
previsione, ovvero come regola o ammonimento ricavabili da un fatto. Può essere
formulato in forma metrica o in prosa rimata. Ha di solito tradizione antica e una
certa diffusione. Così come è accaduto per il proverbio, altre tipologie di
espressioni sono state accorpate sotto la definizione di espressioni idiomatiche,
nonostante la loro eterogeneità; fra queste troviamo: stereotipi, cliché, luoghi
comuni, frasi fisse, espressioni binomiali e trinominali, collocazioni, etc… Questo
grande insieme nel quale troviamo le più disparate forme di espressione, fa sì che
si crei ulteriore confusione riguardo a cosa sono le espressioni idiomatiche ed in
più mette sullo stesso piano espressioni come:“vita, morte e miracoli”, “per
favore” e “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”. Come possiamo,
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dunque, distinguere le espressioni idiomatiche e definirle con precisione? Lo
stesso mondo della Linguistica, a lungo, si è trovato in contrasto riguardo alla loro
definizione e classificazione. Diversi sono stati gli approcci nella storia, ma per
fornire un quadro preciso su ciò che in inglese è definito “idiom” e in spagnolo
“modismo” o “refran”, occorre focalizzarsi sulle qualità che le
contraddistinguono.
2.2 Caratteristiche
Come già annunciato in precedenza, non esiste una definizione unica e precisa di
che cosa chiamiamo “locuzione idiomatica”. E’ ugualmente difficile descriverne
le caratteristiche, dato i profondi divari sorti all’interno della comunità linguistica
riguardo al tema, divari talmente marcati da far risultare estremamente complessa
la classificazione di tale fenomeno linguistico. Possiamo però tentare di dare una
definizione rifacendoci a Casadei (1996).
Per delineare accuratamente le espressioni idiomatiche, dunque, dobbiamo tenere
conto delle diverse dimensioni sule quali agiscono, in modo da fornire una visione
più completa.
Piano sintattico
Osservando la lingua come “sistema”, atteggiamento tipico della sintassi come
della grammatica, è evidente come la strutture delle espressioni idiomatiche sia
formata da due o più lessemi, rendendola complessa.
Proprio questa“polilessicalità” rende i proverbi facilmente confondibili con tali
espressioni, complicando ulteriormente il tentativo di scindere le due categorie.
Un’altra caratteristica delle espressioni idiomatiche riguardante il loro aspetto
formale è il “congelamento sintattico” o “fissità”. Esse sono, infatti,
composizioni fisse di parole, le quali non possono essere sostituite da altri
lessemi, anche se sinonimici. Si può dire, per esempio, che un vestito “costa un
occhio della testa”, ma non che “costa un bulbo oculare della testa”. Questo ci fa
dedurre che ogni elemento all’interno di essa è fondamentale e sostituirlo,
semplicemente ometterlo, farebbe perdere all’enunciato il suo significato
convenzionale, rendendolo incomprensibile. Proprio questa caratteristica è
essenziale per distinguere le espressioni idiomatiche da quelle che non lo sono;
dobbiamo però tenere conto anche della “flessibilità”che lo stesso grado di
congelamento pone in rilievo. Quest’ultimo aspetto è stato ignorato a lungo dalla
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comunità linguistica, che teneva in considerazione solo il significato generale
delle espressioni idiomatiche, sostenendo che il significato singolo delle parole
non fosse determinante. Solo in un secondo momento i riflettori sono stati puntati
su questa peculiarità, notando che la maggioranza delle locuzioni idiomatiche ha
una struttura fissa o semi-fissa che, se non rispettata, fa perdere forza e significato
all’espressione. Altri elementi però, all’interno della stessa espressioni
idiomatiche, possono essere modificati (quali tempo, luogo e soprattutto i verbi,
che sono molto flessibili). Si deduce dunque che le varie espressioni idiomatiche
hanno diversi livelli di flessibilità e focalizzandoci proprio sui verbi, osserviamo
che possiamo relativizzarli, dislocarli o passivizzarli senza che il significato
originale vada perso. Diciamo perciò che queste modifiche possono essere per lo
più lessicali o al massimo riguardare l’estensione dell’espressione. Casadei
propone una distinzione fra “fissità pragmatica”e “fissità mentale”. La prima
riguarda le formule utilizzate nella vita quotidiana come, ad esempio, “buona
sera” e la seconda, invece, i modi di dire utilizzati dai parlanti di una lingua come,
ad es. lo spagnolo Que te den morcilla il quale, tradotto in qualunque altra lingua,
non avrebbe alcun significato (sono perciò strettamente legati sia alla cultura ed
alle tradizioni di un popolo, sia alla lingua stessa).
Riguardo invece la fissità della sintassi, sempre Casadei ne distingue vari tipi in
base all’ordine degli elementi, categorie grammaticali ed impossibilità di
omissione di certi componenti.
Piano semantico
Come delineiamo semanticamente un idioma? La“non-composizionalità” ci viene
in aiuto per determinarlo. Legata indissolubilmente al binomio opacità-
trasparenza semantica, essa determina il fatto che, più la decomponibilità di un
idioma è alta (ovvero le sue parti apportano significato al complesso) maggiore
sarà la sua flessibilità. Di conseguenza, più una locuzione è penetrabile e più è
facile scomporla e riformularla; questo sempre che il suo significato sia
composizionale. Ecco perché la non-composizionalità è indispensabile per
definire una certa espressione “idiomatica”, proprio perché trascende dal
significato dei suoi costituenti. Vi sarà in espressioni come “avere un pelo sullo
stomaco” e in altre no, come per es. “restare di sasso”; per dissipare ogni dubbio
occorre definire i concetti di “opacità” e “trasparenza”. La prima si manifesta
quando una certa espressione idiomatica non ha nessun riscontro con una
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situazione reale, un’immagine che ne evochi il significato figurato e quindi la
difficoltà di comprensione è alta. Se invece un’espressione ha come base una
metafora che ne facilita la comprensione collegandola alla realtà, è definita
“trasparente” o “semi-trasparente”. In entrambe si riscontra un connotato storico-
culturale, ma nel primo caso, probabilmente, è sconosciuta ai parlanti, come ad es.
hacerse un polvo (espressione piuttosto colorita del parlato spagnolo, utilizzata
soprattutto nella comunità dei giovani, i quali non ne conoscono la derivazione).
Da queste considerazioni possiamo concludere che, certamente, nella
comprensione delle espressioni idiomatiche, un ruolo fondamentale è giocato da
fattori non linguistici.
L’idiomaticità rappresenta, appunto, la distanza fra significato letterale e figurato
di una stessa espressione, implicando spesso metafore, metonimie, iperboli e
molte altre figure che costituiscono la sua essenza vera e propria, anche se spesso
le menzioniamo senza essere consapevoli delle loro origini, es: “piantare in asso”.
Da tutte queste considerazioni possiamo dedurre, in breve, l’esistenza di un
doppio significato delle espressioni idiomatiche, non presente in tutte, in quanto
alcune non sono legate alla realtà.
Possiamo dunque parlare di “significato composizionale” e di “significato
convenzionale”. Il primo riguarda il fatto che le espressioni idiomatiche hanno
una struttura libera, solitamente formata da due o più elementi lessicali. Per
esempio l’espressione “sputare il rospo” è composta da due elementi: “sputare” e
“rospo”, che viene utilizzato, non a caso, con l’articolo determinativo “il”. A
questo punto può risultare difficile la distinzione fra tali espressioni ed i proverbi,
ma teniamo presente che quest’ultimi sono intere frasi autonome e quindi non
includibili in questa categoria.
Il secondo, al contrario del primo, è costituito da una struttura fissa e riguarda la
flessibilità dei singoli elementi lessicali di un’espressione e il loro comportamento
dal punto di vista grammaticale. E’ proprio questo connotato a farci distinguere
fra espressioni idiomatiche e non idiomatiche; quando questo significato è
attivato, l’espressione tende ad irrigidirsi e parliamo di “congelamento”.
2.3 Saturazione dei concetti
Già Aristotele aveva posto la sua attenzione sullo studio della metafora ed in
particolare sulla struttura soggetto-predicato. Frege (1891), al suo posto, introduce