5
La trattazione Ł strutturata nel seguente modo.
Nel primo capitolo si affrontano le differenze fra il modello ricardiano, quello
keynesiano e quello neoclassico. Si indaga, infatti, su quali siano gli effetti di un
deficit di bilancio, (causato dalla riduzione delle imposte e con spesa pubblica
inalterata) sulla produzione, sul consumo del settore privato, sul risparmio del settore
privato, sugli investimenti e sul tasso di interesse. Il tema viene affrontato anche con
una prospettiva storica, mostrando come la proposizione di neutralit venga
erroneamente attribuita a Ricardo.
Nel secondo capitolo si approfondisce dal punto di vista teorico la proposizione
ricardiana, descrivendo le ipotesi molto forti sulle quali essa si fonda: l orizzonte
temporale infinito degli individui, le imposte non distorsive, l assenza di imperfezioni
nel mercato del credito, la certezza del reddito futuro. Si analizzano anche gli
argomenti dell altruismo e dei lasciti intergenerazionali e si mostra in che misura i
risultati si discostino dall equivalenza ricardiana, quando ognuna di queste ipotesi
viene a cadere.
Nel terzo capitolo si passano in rassegna i numerosi contribuiti empirici che gli
economisti hanno proposto sul tema ricardiano, concentrando l attenzione sugli studi
basati sulle funzioni del consumo aggregato, che sono i piø frequenti in letteratura,
sugli studi basati sulle equazioni di Eulero e sugli studi basati sui tassi di interesse. Si
evidenziano, oltre ai risultati empirici raggiunti, anche i punti di forza e di debolezza di
ciascun metodo di verifica.
Nel quarto capitolo si analizza un articolo di Modigliani, Jappelli e Pagano
(1985) che effettua una verifica empirica sul tema ricardiano, riguardante l esperienza
italiana dal 1952 al 1982.
Nel quinto e conclusivo capitolo si applica il modello teorico sviluppato in
Modigliani, Jappelli e Pagano (1985) ad un campione di dati piø recente, dal 1975 al
2002. Questo campione Ł stato raccolto da me, attingendo principalmente dai Conti
Economici Nazionali (1970-2004) pubblicati dall ISTAT e dall Appendice Statistica
dell Assemblea Generale dei Partecipanti della Banca d Italia. Si Ł fatta particolare
6
attenzione nella scelta delle fonti per garantire l omogeneit e la comparabilit dei
dati.
La specificazione usata Ł una funzione del consumo aggregato che prevede
come variabili esplicative il reddito disponibile, la ricchezza delle famiglie, il deficit
pubblico, il debito pubblico e gli interessi sul debito. Si propone anche una
specificazione alternativa che introduce separatamente i componenti del deficit
pubblico, cioŁ la spesa del settore pubblico e le entrate fiscali, in modo da valutare se
alcuni vincoli posti implicitamente nella specificazione originaria siano confermati dai
dati. Si propone anche una verifica sull illusione monetaria, in particolare
sull illusione da inflazione, per indagare se gli individui basino le proprie decisioni di
consumo sugli interessi nominali percepiti, piuttosto che su quelli reali. Si
propongono, infine, anche alcune verifiche basate sull equazione di Eulero.
Le stime sono prima effettuate seguendo il metodo di stima dell articolo
originario, in modo da ottenere dei risultati, che pur riferendosi a periodi temporali
diversi, sono comparabili. Per tenere conto del miglioramento delle conoscenze
econometriche degli ultimi anni, si indaga poi sulla presenza di radici unitarie nelle
serie storiche e sulla presenza di cointegrazione, con i test ADF e EG. Si ripetono
quindi le stime, lavorando sulle differenze prime delle variabili invece che sui livelli.
I principali risultati raggiunti sono:
a) l evidenza empirica della verifica sulla funzione aggregata del consumo Ł
nel complesso favorevole all equivalenza ricardiana, a differenza
dell articolo originario, dove i risultati sono coerenti con la teoria del ciclo
vitale;
b) la questione dell illusione da inflazione non si pone, poichØ il consumo degli
individui non risente dell influenza degli interessi nominali e reali;
c) l evidenza empirica delle verifiche sull equazione di Eulero Ł favorevole
all equivalenza ricardiana, ma non in modo netto.
7
Capitolo 1
Teorie sul deficit ed equivalenza ricardiana
1.1 Introduzione
Negli anni recenti si Ł sviluppata una vivace discussione sul deficit di bilancio e sul
debito pubblico in Europa e negli U.S.A. In Italia, l interesse verso questo argomento Ł
cresciuto di pari passo con il preoccupante aumento del livello del nostro deficit.
Questo fenomeno ha avuto inizio negli anni Settanta e ha causato l esponenziale
crescita del debito pubblico, che anno dopo anno ha raggiunto vette sempre piø
elevate, fino a toccare il suo massimo nel 1994, quando il rapporto debito/PIL si Ł
attestato sul 124.8%.1 Negli anni successivi sono state messe in atto drastiche misure
che hanno ridotto l enorme stock di debito, il quale nel 2005 ha raggiunto la
ragguardevole misura del 106.4% del PIL.
A livello europeo c Ł stato un crescente interesse verso queste tematiche. Il
processo di integrazione, che ha avuto una vigorosa accelerazione con il trattato di
Maastricht, richiedeva necessariamente che le economie degli stati membri fossero in
buona salute. Il trattato prevedeva, infatti, dei criteri di convergenza, che gli Stati
membri dovevano soddisfare per poter essere ammessi all UME. Due di questi criteri
riguardavano proprio il deficit e il debito; in particolare il deficit pubblico doveva
essere mantenuto sotto la soglia del 3% del PIL e il debito pubblico si doveva attestare
sotto la soglia del 60% del PIL. Gli Stati membri dell UME sono chiamati tuttora a
rispettare questi criteri, o almeno dovrebbero rispettarli; in caso contrario scattano le
procedure di infrazione.2 Negli ultimi anni nei confronti di alcuni Stati membri sono
1
Fonte: ISTAT
2
Ci non sempre Ł avvenuto: il consiglio dei ministri delle finanze dell UE (ECOFIN) ha infatti sospeso, nel
novembre del 2003, la procedura per deficit eccessivo nei confronti delle Francia e della Germania, nonostante
questi due Paesi avessero superato per due anni consecutivi il limite del 3% del rapporto deficit/PIL
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state avviate le procedure di infrazione, come Ł avvenuto per il Portogallo, l Olanda e
la Grecia e nel 2005 anche per l Italia.
Negli Stati Uniti il dibattito sul deficit e sul debito Ł stato particolarmente vivo
negli anni Ottanta. Ora, pur non essendo al centro dell attenzione degli addetti ai
lavori, rimane un tema molto dibattuto, visto anche il notevole deficit pubblico che
caratterizza gli USA.
Anche in Europa si discute quasi quotidianamente sui mezzi di informazione di
massa dei livelli di deficit e debito toccati dai vari Paesi europei. Il dibattito su questi
concetti Ł, quindi, di straordinaria attualit . Il motivo di tanta attenzione, nasce dagli
effetti negativi che sono attribuiti ad alti deficit e debiti: l effetto di spiazzamento sulla
spesa privata, la riduzione dell accumulazione del capitale nel lungo periodo, il timore
che il finanziamento di un deficit persistente porti ad un incremento incontrollato del
debito e ad una spirale deficit-debito, la preoccupazione che alla fine lo Stato possa
ricorrere alla monetizzazione del debito, con conseguenti tensioni inflazionistiche, o il
rischio di una crisi finanziaria culminante nell insolvenza da parte dello Stato.
Da un punto di vista teorico ci sono almeno tre scuole di pensiero che danno
interpretazioni differenti degli effetti che il deficit e il debito hanno su altre variabili
macroeconomiche. La visione dominante Ł quella cosiddetta neoclassica, ma ad essa si
affiancano la visione keynesiana e quella ricardiana, che pur nella loro autorevolezza,
sono considerate minoritarie. Queste teorie, fornendo diagnosi diverse, propongono
naturalmente cure che sono diverse. Diventa dunqu e di fondamentale importanza
valutare quale di questi modelli teorici Ł in grado di spiegare meglio la realt
osservata, con la speranza che una migliore comprensione dei meccanismi che
regolano l economia porti i policy-maker ad adottare delle misure che permettono di
guarire il malato o almeno di non stroncarlo. Tut tavia una valutazione non
superficiale delle tre teorie, da un punto di vista teorico ed empirico, rappresenta un
lavoro di immane portata e dunque nel corso di questa tesi si Ł deciso di focalizzare
l attenzione sull approccio ricardiano. Nel corso d ella trattazione si far un rapido
cenno al modello neoclassico e keynesiano, per poi trattare in modo piø approfondito il
modello ricardiano.
9
1.2 Visione neoclassica
Per analizzare la risposta dell economia all introd uzione di una riduzione delle
imposte e di un contemporaneo aumento del deficit possiamo utilizzare un modello a
generazioni sovrapposte. Questo modello, che rappresenta un importante contributo
alla teoria economica, Ł stato proposto originariamente da Allais (1947) e modificato
successivamente da Samuelson (1958) e da Diamond (1965).
Si suppone che ogni individuo viva per due periodi. Nel primo periodo Ł giovane,
nel secondo Ł anziano. In ogni periodo nasce una nuova generazione, che a sua volta
vive per due periodi. In questo modo, in ogni periodo si sovrappongono due
generazioni: la generazione vecchia, nata nel periodo precedente e la generazione
giovane, nata nel periodo corrente. Ogni generazione ha una vita finita e quindi un
orizzonte temporale finito, mentre l economia si estende all infinito.
Gli individui lavorano solo da giovani, offrendo inelasticamente un unit di
lavoro e guadagnano un salario reale pari a
t
w . Essi ripartiscono il loro reddito fra
consumo corrente e risparmio, che finanzier il lor o consumo da anziani. Essi non
ricevono lasciti dai propri genitori e nemmeno si curano di eventuali eredi. La
Generazione 1
Generazione 2
Generazione 3
Tempo t-1 t t+1 t+2
G V
G V
G V
10
popolazione cresce ad un tasso pari a n , quindi se nel periodo t abbiamo
t
N persone,
esse diventeranno 1 (1 )t tN N n+ = + nel periodo successivo.
L individuo rappresentativo massimizza la funzione di utilit :
t 1
1
( ) (c )
1
y o
t
u c u
ρ +
+
+
(1.1)
sotto i vincoli:
y
t t t
c s w+ = (1.2)
o
t 1 1c t ts r+ += (1.3)
dove (.)u Ł una funzione crescente e concava, ρ Ł il tasso di preferenza temporale
con 0ρ > , y
t
c Ł il consumo da giovane, o
t 1c + Ł il consumo da anziano, ts Ł il
risparmio, 1tr + Ł il tasso di interesse. Sostituendo la (1.2) nella (1.3), possiamo
esprimere i vincoli di bilancio dei due periodi in un solo vincolo intertemporale:
o
t 1
1
cy
t t
t
c w
r
+
+
+ = (1.4)
Eguagliando il saggio marginale di sostituzione al rapporto fra i prezzi del consumo
corrente e futuro si ottiene l equazione di Eulero:
1
o
t 1
’( )
’(c ) 1
y
t t
u c r
u ρ
+
+
=
+
(1.5)
11
che insieme alle (1.2) e (1.3) permette di determinare il consumo ottimo presente e
futuro e in via residuale anche il risparmio ottimo. In particolare esso risulta essere
funzione di
t
w e 1tr + :
1( , )t t ts s w r +=
In questa economia operano imprese concorrenziali, che combinano capitale e lavoro
per ottenere l unico prodotto, il quale viene venduto agli individui. La funzione
aggregata di produzione, ( , )F K L , Ł omogenea di grado 1. Dividendo per L ,
otteniamo la stessa funzione espressa in termini di unit di lavoro:
( , )
( ,1) ( )t t
t t
t
F K L
F k f k
L
= = (1.6)
L impresa massimizza il profitto e quindi utilizza i fattori fino a quando, al margine, il
loro rendimento in termini di prodotto eguaglia il loro costo: il capitale sar utilizzato
fino al punto in cui il prodotto marginale del capitale eguaglia il tasso di interesse e il
lavoro fino al punto in cui il prodotto marginale del lavoro eguaglia il salario reale.
’( )
t t
r f k= (1.7)
( ) ’( )
t t t
w f k kf k= − (1.8)
Il mercato dei lavoro Ł in equilibrio quando la domanda di lavoro eguaglia l offerta:
t t
N L= (1.9)
Il mercato dei beni per essere in equilibrio richiede che la domanda dei beni eguagli
l offerta o, in altre parole, che il risparmio sia uguale all investimento:
12
1t t t t tK K N s K+ − = −
Il primo membro Ł l investimento netto, il secondo Ł il risparmio netto, pari alla
differenza fra il risparmio aggregato dei giovani e il risparmio negativo degli anziani.
Eliminando
t
K ed esprimendo in termini di unit di lavoro otteni amo:
1 1(1 ) ( , )t t t tn k s w r+ ++ = (1.10)
Grazie alle equazioni (1.1), (1.4), (1.5), (1.8), (1.9), (1.10), possiamo determinare
l equilibrio generale e studiare la relazione fra lo stock di capitale corrente e futuro:
1
1
( , )
(1 )
t t t
t
s w r
k
n
+
+ = +
(1.11)
Dalla (1.7) e (1.8) sappiamo che
t
w e 1tr + sono a loro volta funzioni di tk e di
conseguenza possiamo ricavare una relazione diretta fra 1tk + e tk .
Senza specificare la funzione di produzione aggregata e la funzione di utilit non Ł
possibile conoscere la forma funzionale della relazione fra 1tk + e tk . In linea generale
si possono avere molte casi; nella figura seguente ne sono rappresentati tre:
t
k
1tk +
13
I punti di intersezione con la bisettrice rappresentano gli stati stazionari, cioŁ, quei
valori dello stock di capitale in cui tutte le grandezze macroeconomiche crescono allo
stesso tasso e a cui l economia tende a convergere, sotto appropriate condizioni. Essi
possono essere uno, piø di uno o addirittura nessuno. A volte sono instabili, nel senso
che l economia potrebbe non raggiungerli mai.
A questo punto ipotizziamo che la funzione di utilit sia ( ) ln( )u c c= e la funzione di
produzione sia 1( , )F K L AK Lα α−= con 0 1α< < .
In termini di unit di capitale quest ultima pu es sere scritta come:
( )
t t
f k Akα= (1.12)
L equazione di Eulero diventa:
o
t 1 1c
1
t
y
t
r
c ρ
+ +=
+
tenendo conto del vincolo di bilancio intertemporale si ricava:
1
2
t t
s w
ρ
=
+
1
2
y
t t t t
c w s wρ
ρ
+
= − =
+
o
t 1 1 1
1
c
2
t t t t
s r w r
ρ+ + +
= =
+
Dalle condizioni di massimizzazione del profitto delle imprese (1.7) e (1.8) sappiamo
che:
( ) ’( ) (1 )
t t t t
w f k kf k Ak αα= − = − (1.13)