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INTRODUZIONE
La seguente trattazione riguarderà la questione della tolleranza religiosa,
seguendo la linea del pensiero politico che Locke maturò al riguardo.
Così come richiesto dalla disciplina nella quale questa tesi si inserisce, si
tratta di una disquisizione connessa con una realtà storica ben precisa,
nello specifico riguardante l’evoluzione della società inglese del Seicento
attraversata dalla riaffermazione dell’autorità monarchica dopo
l’esperienza di Cromwell. Come si evince dal titolo, inoltre, l’attenzione di
questa tesi si focalizza sulle implicazioni politiche che le riflessioni
lockiane sulla tolleranza religiosa avrebbero portato con sé. Quale
rilevanza sociale e politica è possibile attribuire al ruolo della religione?
In che modo la gestione di un pluralismo confessionale quale quello
presente nell’Inghilterra del XVII secolo può riguardare anche i
presupposti alla base dello Stato moderno?
A tale riguardo, lo specifico caso inglese ci mostra come, analizzando la
questione da un punto di vista politico, il dibattito sulla tolleranza prenda
la piega di una risposta contingente ad un pluralismo conflittuale e
civilmente destabilizzante. Ecco dunque che la tolleranza giuridica verso
confessioni differenti rispetto al culto ortodosso di stato imposto dalla
chiesa anglicana assume una valenza fortemente politica: permettere la
pratica di una propria fede non è solo una concessione che ammicca alla
realizzazione soggettiva del singolo individuo, ma acquisisce anche una
valenza pragmatica per il raggiungimento del massimo vantaggio
pubblico: la tolleranza è, in questo senso, uno strumento che permette
una migliore e più integrata gestione della res publica e, dunque, un
equilibrio politico pacifico e sicuro.
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"Tolleranza", voce a cura di Maria Laura Lanzillo in Enciclopedia del pensiero politico, a cura di Esposito e Galli,
Laterza, 2000-2005
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A ben vedere, proprio nella lingua inglese contemporanea è chiaramente
fissata una distinzione semanticamente rilevante: mentre con tolerance
si intende infatti un atteggiamento mentale e filosofico di apertura e
rispetto verso tutte le opinioni, con il vocabolo toleration si circoscrive un
atto pratico, concretamente inteso come indulgenza giuridica, di
accettazione, quasi “sopportazione”, di una difformità – religiosa e non -
rispetto all’ortodossia fissata per legge o consuetudine.
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In realtà, la
prospettiva moderna intreccia significativamente le due accezioni,
considerando la questione sotto tutt’altro punto di vista: non come
l’individuo si ponga rispetto ad una posizione differente, ma in che
misura tale posizione sia legittimata rispetto alla comunità, e quanto il
modello di tolleranza proposto sia sostenibile in termini politici, data cioè
la natura perlopiù divina del mandato dell’autorità politica.
In Locke l’accezione di tolleranza è difatti a cavallo fra le medievali
implicazioni fortemente religiose del termine ed il dibattito successivo,
spiccatamente illuminista, che si sposta verso un ambito più politico. Fra
le argomentazioni adottate dall’Autore emerge una luce prospettica di
carattere politico sul tema, proposto all’interno di una discussione
riguardo ai fini originari per i quali Stato e Chiesa vengono fondati. Locke
si interroga sulle radici strutturali ed eziologiche delle due istituzioni, ed
estrae così il dibattito da una focalizzazione partigiana sulla superiorità o
meno di una dottrina religiosa rispetto ad un’altra, approdando ad una
visione più prettamente politica della questione. L’originaria costituzione
dell’ordine sociale viene storicamente fissata in un “patto bilaterale”: da
un lato i singoli individui, che vengono inclusi fisicamente e
giuridicamente ed organizzano la loro convivenza cedendo o
rivendicando i propri diritti dinanzi ad un soggetto terzo; dall’altro lo
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J. Locke, Scritti sulla tolleranza, a cura di D. Marconi, Torino, UTET 2005, p. 9
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Stato, soggetto terzo in questione, del quale vengono definite le finalità
e gli scopi, che sono al tempo stesso poteri e limiti della sua azione.
Di qui, il nostro discorso sulla tolleranza si biforca in due prospettive
speculari: il punto di vista attivo, di chi cioè “tollera”, ed il punto di vista
passivo, di chi invece “è tollerato”.
Per quanto riguarda la prima prospettiva, il fine ultimo del governo viene
identificato con la sicurezza dei cittadini, intesa come tutela della
convivenza all’interno della comunità civile e dei diritti naturali del
singolo (riassunti nei tre fondamentali lockiani: vita, libertà, proprietà);
Locke affida ogni decisione politica ad un metro di giudizio impostato
sulla integrità al tempo stesso sociale ed individuale della cittadinanza;
tale metro si adatta poi alla realtà storica e contingente che la comunità
sta attraversando. La strada da percorrere più politicamente – e dunque
collettivamente - indicata è, come Locke sembra suggerirci, quella di
valutazioni storico-sociali affidate ai “magistrati”, entro un’analisi
contestualizzata del problema che non perde di vista lo scopo ultimo
dell’associazione cittadina, che è la sicurezza pubblica. La tolleranza
assume un’accezione pienamente politica, perché rappresenta in questo
senso un collante per la comunità e dunque una garanzia per una
pacifica convivenza.
Nondimeno, la novità del modello lockiano di tolleranza è contenuta
anche nella prospettiva passiva, di chi cioè la tolleranza la subisce. Ai
cittadini viene difatti affidata rilevanza in quanto individui dotati di una
coscienza autonoma. Se la tutela di tale integrità individuale spetta allo
Stato, i singoli individui abbandonano la loro caratterizzazione gerarchica
e meramente comunitaria, verso un sistema in cui l’autonomia
individuale viene anzi difesa in nome di una coesistenza facilitata e non
soffocante della persona. In tal modo, la tolleranza si afferma sia come
condotta personale che come principio pubblico e dovere giuridico che lo
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Stato stesso deve far rispettare.
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Attraverso di essa l’egida statale
garantisce una comunanza politica e sociale che permette la convivenza
delle differenze religiose e culturali di base.
Allo stesso modo, è possibile analizzare attraverso la prospettiva politica
lockiana anche l’altro risvolto della medaglia, quello dell’intolleranza.
Quando ad una linea di pensiero intollerante fa seguito un’imposizione
coercitiva delle proprie posizioni si rende necessaria una soluzione
politica del problema, non più meramente filosofico o religioso; a
risentirne sarebbero difatti l’integrità e la sicurezza pubbliche ed il
progetto di neutrale accentramento del potere coercitivo, tutti elementi
fondanti delle comunità politiche. Spesso è tuttavia la comunità stessa a
fornire un presupposto giuridico e politico all’intolleranza: essa può
altresì divenire un vero e proprio strumento dello Stato a difesa
dell’integrità pubblica e dell’ordine sociale, ove l’omologazione ad un
culto comune – religioso o politico che sia – rappresenti un collante
razionale e necessario. Un atteggiamento eccessivamente tollerante
comporta infatti un costo troppo alto nel momento in cui implica il rischio
di dover dipendere dalla tolleranza altrui senza che la nostra sia da essi
richiesta (ci si espone cioè al cosiddetto “rischio della minoranza”
analizzato da Walzer)
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. Fattori come ideologie, nazionalismi, fanatismi e
squilibri sociali di potenza (economica, demografica, territoriale…)
minano la coesistenza di gruppi distinti in un assetto tollerante, e
richiedono perciò pratiche restrittive in nome di una missione tutelare nei
confronti della comunità “ordinata”; coercitive repressioni delle coscienze
individuali si intrecciano così in una spirale di violenza, la cui valenza
etica e morale non è sempre agilmente discernibile. Esistono infatti
criteri universali di discernimento riguardo ciò che, all’interno della
società, va tollerato in quanto innocuo e ciò che va invece respinto
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"Tolleranza", in Enciclopedia del pensiero politico, cit.
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Cfr. M. Walzer, Sulla tolleranza, Roma-Bari, Laterza 2003
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perché dannoso? O fra ciò che meriterebbe sostegno ed integrazione in
quanto novità modernizzatrice e ciò che andrebbe addirittura combattuto
perché pericoloso veicolo di instabilità? Il confine fra le due sfere di
azione antitetiche è quanto mai labile ed incerto, soggetto a pericolose
strumentalizzazioni e ciniche bramosie di potere.
In questi termini, bisogna dunque guardarsi dal fraintendere la reale
accezione storica con la quale la tolleranza è stata in passato evocata,
secondo una facile e superficiale associazione di tale principio ad un
magnanimo e rassegnato atto di concessione a chi occupa una posizione
socialmente più sfortunata.
Come sarà qui descritto, il pensiero di Locke riguardante la tolleranza
cambia e si evolve in base alle esigenze politiche che egli riscontra nella
sua realtà storica, ed è allo stesso tempo arricchito da argomentazioni di
carattere giuridico, politico, filosofico e persino religioso. Ripercorrendo
tale evoluzione del pensiero lockiano, questa trattazione cerca di
dimostrare come il diritto alla tolleranza che si viene a teorizzare con
l’Epistola costituisca un vero e proprio strumento politico che,
giustamente calibrato, può integrare i principi e i valori alla base della
comunità civile.
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I CAPITOLO
LOCKE: INTOLLERANZA E COERENZA
La conflittualità del pluralismo che affligge come un morbo la società
inglese post-riforma stimola negli intellettuali del tempo una riflessione
sul ripensamento del rapporto Stato/Chiesa. Fra i maggiori contributi al
tema, un posto primario spetta senza dubbio a Locke, che, mosso da un
accorto e razionalistico sguardo empirico, costruisce un’impostazione
schiettamente politica del tema religioso, senza per questo prescindere
da argomentazioni teoretiche, giuridiche o perfino economiche.
Nello specifico, le opere lockiane dedicate al tema della tolleranza
religiosa sono:
- Domanda: se il magistrato civile possa legittimamente imporre e
determinare l’uso di cose indifferenti in relazione al culto religioso
(1660)
- Può il magistrato arrogarsi le cose indifferenti nei riti del culto ed
imporle al popolo? (1662)
- Saggio sulla tolleranza (1667)
- Epistola sulla tolleranza (1689)
- Ragionevolezza del Cristianesimo (1695)
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Si riporta qui l’elencazione comunemente adottata dalla critica per riferirsi alle opere di Locke connesse al tema della
tolleranza; tuttavia in questa trattazione ho ritenuto, per mantenere una coerenza tematica circoscritta alla rilevanza
politica della tolleranza, di non approfondire lo studio della Ragionevolezza del Cristianesimo. Quest’opera raccoglie le
riflessioni dell’autore in merito ai dogmi e alle prescrizioni etiche del Cristianesimo secondo un’impostazione
latitudinarista (cfr. infra, III capitolo) e razionale. Prestandosi solo parzialmente a collegamenti e contestualizzazioni di
carattere politico, in questa sede l’opera non avrebbe potuto essere oggetto di studio senza esporsi a travisamenti ed
errate interpretazioni.