Cap.1 Introduzione 3
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Brown non fornì la spiegazione corretta sopra descritta infatti egli
credette di avere fornito la dimostrazione di esistenza di una forma
di vita elementare in tutta la materia organica e inorganica.
Ciononostante il fenomeno in questione prese il nome di Moto
Browniano ed ebbe ripercussioni notevoli in varie discipline
tecniche e scientifiche nel seguito.
Gouy nel 1888 ed Exner nel 1900 introdussero la natura cinetico-
molecolare del moto Browniano. La correttezza di questo punto di
vista fu confermata dalle stime teoriche di Einstein e Smoluchowski
e da quelle sperimentali di Perrin e Svedberg .
Ora è definitivamente stabilito che il moto delle particelle in
sospensione è il risultato degli urti casuali di queste con le molecole
del liquido. Quando la dimensione della particella cresce (diametro
maggiore di 5 Pm) la probabilità della compensazione degli urti
aumenta (è maggiore la superficie totale e quindi il numero di urti)
e l’inerzia diventa maggiore.
In tale caso il moto Browniano praticamente cessa passando da una
situazione mesoscopica ad una macroscopica.
Oltre al moto traslatorio, queste particelle, possiedono anche un
moto Browniano rotatorio infatti, considerate le dimensioni non
nulle, si osserva che ogni urto comporta una coppia casuale
applicata.
Una particella in sospensione cambia la sua posizione e la sua
velocità un grandissimo numero di volte per unità di tempo. Questo
è il risultato dell’enorme numero di urti con le molecole del mezzo.
Cap.1 Introduzione 4
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In un secondo possono avvenire 10 10
20 21
cambi di direzione.
Nel 1908 Paul Langevin (1872-1946) fornì il primo modello
matematico che descrive una situazione tipica di moto Browniano.
In questo senso Langevin può essere considerato il fondatore del
formalismo basato sulla teoria delle equazioni differenziali
stocastiche.
La legge del moto di Newton F=ma veniva usata considerando due
contributi particolari alla forza: una forza d’attrito viscoso,
dissipativa, che segue la legge di Stokes e una forza casuale o
fluttuante che rappresenta gli effetti delle collisioni con le molecole
del fluido.
Le equazioni differenziali del tipo dell’equazione di Langevin
connettono due mondi separati: il mondo macroscopico
rappresentato dalle forze di deriva ed il mondo microscopico
rappresentato dalla forza fluttuante.
Risolvere una equazione differenziale stocastica del tipo di quella di
Langevin non è come risolvere una equazione differenziale
ordinaria; infatti si mette in gioco una forza fluttuante che ha
proprietà definite solo statisticamente. Si assume comunemente che
tali forze siano dei processi gaussiani bianchi.
La soluzione non comporta risultati deterministici bensì
probabilistici (valori medi , varianze, momenti di ordine superiore o
nel caso migliore distribuzioni di probabilità).
A.D.Fokker nel 1913 e M.Planck nel 1917 introdussero una nuova
metodologia per affrontare lo studio delle equazioni stocastiche di
Cap.1 Introduzione 5
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Langevin. Anziché cercare di estrarre informazioni teoriche
direttamente dall’equazione differenziale del moto contenente forze
casuali, proposero una equazione che doveva regolare la dinamica
della densità di probabilità delle grandezze fisiche interessanti.
Sebbene più complicata, perché alle derivate parziali, tale
equazione risultava più agevole da trattare per l’assenza di funzioni
fluttuanti.
Quando le forze deterministiche comportano termini lineari
nell’equazione differenziale del moto è abbastanza facile
raggiungere risultati importanti a partire dalle equazioni di
Langevin; quando però sono presenti forze che rendono l’equazione
del moto non lineare, risulta assai difficile ricavare informazioni da
relazioni di questo tipo . E’ proprio in questi casi che l’equazione di
Fokker-Planck diventa indispensabile per analisi teoriche rigorose
ed approfondite.
Nel secondo capitolo della tesi si presenta la teoria relativa
all’equazione di Fokker-Planck in una forma matematica
indipendente dalle applicazione fisiche citate.
Nel terzo capitolo si risolve tale equazione relativamente al moto
unidimensionale di una particella sottoposta all’azione di svariate
tipologie di forze; viene studiato quindi il moto Browniano sotto
molte ipotesi differenti (particella libera, particella legata
elasticamente ecc.).
Dal punto di vista energetico bisogna fare alcune osservazioni: la
presenza della forza di rumore (chiaramente tempo variante) fa si
Cap.1 Introduzione 6
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che il sistema non sia più conservativo, infatti tale forza cede
energia alla particella in questione. Deve quindi esistere un altro
fenomeno, opposto al precedente, che descriva la cessione di
energia dalla particella al fluido: l’attrito.
Si dimostra che la presenza simultanea di attrito e rumore comporta
una soluzione stazionaria corrispondente alla ben nota distribuzione
di Boltzmann.
L’energia media di regime è maggiore o inferiore dell’energia
iniziale a seconda dei valori iniziali di posizione e velocità. Questo
è un risultato ragionevole anche perché compatibile con il secondo
principio della termodinamica; in tali ipotesi si definisce infatti una
temperatura legata alla costante di diffusione (che descrive il
rumore) ed al coefficiente d’attrito viscoso ( tramite la cosiddetta
relazione di Einstein).
Quando, nel terzo capitolo, si risolve l’equazione di Fokker-Planck
in relazione a casi in cui viene omessa la presenza di attrito, si vede
che l’energia cresce sempre al passare del tempo ed infatti non è
presente un meccanismo di restituzione dell’energia assorbita dalla
forza fluttuante. In altre parole si potrebbe dire che omettere l’attrito
corrisponde a ritenere infinita la temperatura del fluido .
Il problema della crescita indefinita dell’energia in assenza di forza
di attrito è cruciale quando si voglia studiare il moto Browniano
quantistico, infatti le ipotesi che stanno alla base della meccanica
quantistica eliminano ogni possibilità di presenza di forze
dissipative. Ma di questo parleremo più diffusamente in seguito.
Cap.1 Introduzione 7
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1.2.Moto Browniano quantistico
Verso la fine del XIX secolo non v’era dubbio che una corretta
descrizione dell’universo dovesse consistere in leggi fisiche,
matematicamente espresse, da cui ogni evento fosse, almeno in
linea di principio, deducibile con precisione limitata solo dalla
nostra abilità sperimentale. Si parlava di ipotesi atomica, ma molti
erano convinti che la materia fosse continua, e gli atomi solo un
conveniente artificio matematico. Il gigantesco lavoro sulle
concezioni atomiche di Boltzmann, l’insigne fondatore della teoria
cinetica della materia, fu trattato con indifferenza ed osteggiato, al
punto da spingere Boltzmann al suicidio.
La visione deterministica dell’universo e l’ipotesi della materia
continua vennero confutate con l’avvento della meccanica
quantistica e della teoria del moto Browniano classico.
La meccanica quantistica, essendo intrinsecamente probabilistica,
elimina la possibilità di prevedere con precisione illimitata il futuro
di un dato sistema a partire da condizioni iniziali note; il moto
Browniano classico può essere visto come un fenomeno che
‘amplifica la scala’ microscopica (le particelle mesoscopiche si
muovono per causa delle vibrazioni microscopiche) confermando le
teorie atomica e cinetica.
In entrambi i casi le nuove visioni comportano l’introduzione del
calcolo delle probabilità come fondamento matematico basilare:
Cap.1 Introduzione 8
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l’introduzione di una indeterminazione o casualità è stata occasione
per nuovi grandi balzi in avanti.
Tuttavia fattori molto diversi sono all’origine della visione
probabilistica nei due casi trattati: nella meccanica quantistica
l’indeterminazione ha origine da un limite intrinseco alla precisione
con cui è possibile misurare certe variabili; nel moto Browniano
classico la casualità deriva dagli innumerevoli e sconvolgenti effetti
che possono essere prodotti nel corso del tempo da piccole
fluttuazioni nelle variabili di equazioni meccaniche deterministiche.
Questi due effetti possono essere sovrapposti realizzando una teoria
di moto Browniano quantistico. Si tratta di studiare un sistema
quantistico nel quale intervengono forze fluttuanti. In meccanica
quantistica tale sistema è descritto mediante la sua Hamiltoniana,
perciò questa avrà una componente di tipo stocastico. Nasce subito
il problema di non potere includere l’attrito o altre forme di
dissipazione dell’energia.
L’interazione di un sistema quantistico con un bagno termico è stata
studiata a lungo : Zwanzig nel 1961, Abragam nel 1961, Lax nel
1963, Ford, Kac e Mazur nel 1965 e Haken nel 1970 hanno portato
i primi contributi. Fra i più antichi problemi studiati con tale teoria
ricordiamo il rilassamento termico di un sistema di spin sottoposto
ad un campo magnetico esterno fluttuante e l’oscillatore armonico
con rumore usato come modello del Laser.
Attualmente si presenta una rinascita dell’interesse al problema del
rilassamento termico di sistemi quantistici. Recenti applicazioni
Cap.1 Introduzione 9
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sono: analisi del rilassamento vibrazionale in molecole
poliatomiche (Lin, Eiring 1974) , studio del trasporto di eccitoni in
aggregati molecolari regolari (Lindenberg, West 1983-1985),
modellizzazione biofisica dell’interazione tra campi
elettromagnetici e sistemi biologici (Bianco, Chiabrera, Moggia
1992-1994).
Nel quarto capitolo della tesi si introduce una nuova metodologia di
analisi dei sistemi quantistici sottoposti a forze di rumore. Si
costruisce un sistema di equazioni stocastiche tipo quelle di
Langevin le cui incognite sono gli elementi della matrice densità e
dove il rumore compare in forma moltiplicativa.
Tale matrice, introdotta da Von Neumann e da Landau, riassume il
comportamento di un sistema nelle ipotesi standard in cui viene
formulata generalmente la meccanica quantistica.
Ciò che si ritiene essere uno degli elementi portanti e originali del
lavoro svolto è l’aver analizzato per mezzo delle equazioni di
Fokker-Planck il sistema di equazioni stocastiche quantistiche
introdotto.
Tale analisi porta a due risultati interessanti: si ottiene la
dimostrazione rigorosa dell’equazione nel valore medio della
matrice densità già presente nel lavoro di Abragam (1961) e si
osserva che una descrizione mediante stato puro non è compatibile
con la presenza di Hamiltoniane stocastiche.
Cap.1 Introduzione 10
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L’ipotesi di assenza di fenomeni di restituzione dal sistema al bagno
termico comporta la crescita indefinita dell’energia e ciò
corrisponde ad una temperatura infinita del bagno.
Una strategia, proposta da Abragam, per aggirare questo
inconveniente, consiste nel sostituire alla matrice densità il suo
scostamento dalla distribuzione di Boltzmann.
Nel quinto capitolo si presenta una applicazione numerica
all’oscillatore armonico sottoposto a rumore termico e si riportano
grafici relativi ai risultati ottenuti.
1.3.Applicazione al bioelettromagnetismo
Il bioelettromagnetismo è l’insieme di discipline che studiano gli
effetti di campi elettromagnetici esogeni sui sistemi biologici e i
campi elettrici e magnetici generati spontaneamente nelle cellule
animali e vegetali.
In questa sede ci riferiamo soltanto al primo settore di interesse:
effetti di campi esogeni.
Per esempio , è attualmente oggetto di ampia discussione l’utilizzo
dei telefoni cellulari, per i possibili effetti dovuti all’esposizione
elettromagnetica a radiofrequenza della testa dell’utente; altro
esempio è offerto dagli effetti di campi elettrici e magnetici, a
frequenza di rete, su soggetti che vivono in prossimità di
elettrodotti.
Cap.1 Introduzione 11
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Dal punto di vista della modellistica biofisica dei meccanismi di
interazione tra campi elettromagnetici e sistemi biologici, la linea di
ricerca esistente sfrutta un modello classico ed un modello
quantomeccanico. Le idee di base che hanno portato alla
costruzione dei modelli accennati sono le seguenti: l’ipotesi
generalmente accettata è che la membrana cellulare sia la sede più
probabile per il verificarsi di bioeffetti. La membrana plasmatica è
costituita da un doppio strato lipidico (fosfolipidi, colesterolo,
glicolipidi) che incorpora varie proteine che rispondono della
maggior parte delle funzioni della membrana stessa: recettori,
enzimi, proteine di trasporto, e così via. Quando una molecola
proteinica si lega con un’altra molecola, quest’ultima si dice
comunemente ligando. La regione della proteina che si associa con
il ligando è nota come sito legante. Un caso importante di ligando
sono gli ioni messaggeri fondamentali per svariate funzioni della
cellula. Uno ione ligando agisce, nei confronti del sito, come una
chiave regolando così la conformazione della proteina. La presenza
di un campo elettromagnetico esogeno può modificare lo stato di
legame tra sito e ione alterando le attività chimiche cellulari. I
modelli esistenti si riferiscono alla schematizzazione fisico-
matematica di siti macromolecolari di membrana interagenti con
popolazioni ioniche.
Dal punto di vista classico lo ione è una particella con carica e
massa note, sottoposta a svariate forze: la forza endogena applicata
Cap.1 Introduzione 12
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dal sito proteico, la forza di rumore termico, la forza di attrito
viscoso e le forze esogene elettrica e magnetica di Lorentz .
Si ottiene così la cosiddetta equazione di Langevin-Lorentz che è
stata oggetto di studi in questo ultimo decennio. In pratica si studia
il moto Browniano di uno ione perturbato da un campo esogeno per
capire quali possano essere gli effetti sullo stato di legame con il
sito polipeptidico.
La forza endogena è spesso considerata analoga a quella di un
oscillatore lineare: è tuttavia critica l’individuazione della frequenza
caratteristica ottimale ed inoltre l’approssimazione resta valida in
uno stretto intorno spaziale centrato nel sito.
L’analisi classica del microsistema biologico in esame dovrebbe
essere ritenuta valida solo se potesse essere considerata una buona
approssimazione dell’interpretazione quantistica.
Il modello quantistico è descritto dall’equazione di evoluzione del
valore medio della matrice densità del sistema ione-proteina.
La parte deterministica dell’Hamiltoniana tiene conto di forze
endogene e forze esogene; compaiono inoltre operatori di rumore
che sono il risultato di una operazione di media d’insieme.
L’introduzione di una forma di attrito si limita all’uso già descritto
dell’artificio di Abragam. Generalmente con l’approccio quantistico
si adotta una forza endogena di tipo Coulombiano; tale scelta risulta
particolarmente valida per distanze non troppo piccole dal sito.
Un recente elemento introdotto nella modellistica
bioelettromagnetica è rappresentato dai processi metabolici basali
Cap.1 Introduzione 13
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che coinvolgono la cellula. Il metabolismo basale alimenta i
processi biochimici fondamentali, comportandosi come una
sorgente di energia, e si identifica per esempio con le pompe di
corrente ionica attraverso la membrana cellulare. Tali flussi ionici si
annullano all’equilibrio termodinamico che rappresenta
biologicamente lo stato di morte della cellula. In termini matematici
si considera il contributo di un campo elettrico spazialmente
uniforme e tempo invariante i cui effetti possono essere introdotti
sia nel modello classico che in quello quantistico.
Riportiamo una panoramica degli interessi applicativi connessi al
bioelettromagnetismo.
Stimolazione elettromagnetica dell’osteogenesi in vivo:
l’osso è costituito da cellule immerse in una matrice solida .
Tuttavia è soggetto a rimodellamento continuo per l’azione
congiunta degli osteoclasti, (discendenti dalle cellule emopoietiche
del midollo osseo) che scavano cavità nella sostanza compatta atte
ad accogliere capillari sanguigni, e degli osteoblasti, che secernono
la matrice solida. Gli osteoblasti portano a termine la funzione di
produttori di collageno quando restano intrappolati nella matrice.
Così si differenziano in una nuova linea cellulare: gli osteociti.
Nel caso di frattura ossea alcune cellule quiescenti o indifferenziate
si trasformano in cellule della linea osteoblastica dando luogo alla
formazione di un callo interno.
Cap.1 Introduzione 14
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La possibilità di stimolare l’osteogenesi mediante l’esposizione
della frattura ad un campo elettromagnetico era stata intuita fin
dagli inizi degli anni sessanta. Tale intuizione si basava sull’attività
piezoelettrica delle ossa: una deformazione meccanica può indurre
nell’osso differenze di potenziale e viceversa. Oggi è noto che
l’effetto piezoelettrico è quasi trascurabile rispetto agli effetti
bioelettrochimici. Impiegando forme d’onda specifiche si riesce a
indurre l’osteogenesi nei casi di pseudoartrosi e di ritardi di
consolidazione.
I dispositivi di stimolazione elettrica sono di vari tipi: elettrodi
impiantabili nella zona di frattura (tecnica semiinvasiva), impiantati
con intervento chirurgico (tecnica invasiva), sistemi di bobine o
altri erogatori (tecnica non invasiva).
Terapia del cancro tramite ipertermia:
per ipertermia si intende, in ambito bioelettromagnetico, la tecnica
con la quale i tumori cancerosi sono riscaldati fino a una
temperatura di circa 42°C, in concomitanza con l’effettuazione di
chemioterapia e terapia ionizzante.
Il calore prodotto va strettamente controllato e localizzato solo sulla
parte tumorale, essendo estremamente dannoso sui tessuti sani.
Questo implica la presenza di strumenti irradianti molto sofisticati:
si sfruttano ultrasuoni microonde e radiofrequenze.
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Risonanza Magnetica Nucleare (NMR):
l’NMR è un sistema diagnostico basato sull’interazione tra un
campo elettromagnetico e lo spin di un nucleo atomico. Applicando
al corpo umano (o ad una sua parte) un opportuno campo magnetico
tutti gli spin protonici entrano in precessione. Quando il campo
cessa gli spin tornano allo stato caotico iniziale secondo un
processo di rilassamento durante il quale si rilascia l’energia
accumulata sotto forma di campo elettromagnetico. Questa debole
onda può essere misurata ed analizzata al fine di ottenere
informazioni utili alla diagnostica.
Magnetoencefalografia (MEG):
è una di quelle tecniche basate sull’emissione naturale di radiazione
elettromagnetica da parte del corpo umano; si sfrutta il campo
magnetico indotto dall’attività elettrica del cervello (correnti
ioniche). La distribuzione del campo magnetico nel tessuto
celebrale viene valutata per mezzo di un rivelatore quantistico
superconduttivo (SQUID). Un punto critico di questa tecnica è la
valutazione del rumore esistente.
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Elettrofusione ed elettroporazione:
il primo termine indica la tecnica per cui si applicano degli elettrodi
in un mezzo contenente delle cellule, le quali, esposte a campi di
bassa intensità, prima si dispongono in modo da formare una
‘collana di perle’ e poi si ‘fondono’ durante l’applicazione
successiva di una differenza di potenziale costante ma elevata, per
un periodo di circa un millisecondo.
Il secondo termine, invece, indica che le membrane cellulari, sotto
l’esposizione di un campo elettrico di tipo onda quadra, vengono
costellate di pori artificiali, che permangono un periodo
sufficientemente lungo, tale cioè da permettere l’ingresso di
molecole estranee.
L’elettrofusione e l’elettroporazione hanno varie applicazioni in
campo medico, per esempio vengono utilizzate per l’introduzione di
geni clonati o frammenti di gene all’interno di cellule che, di
conseguenza, possiedono un nuovo genotipo nel loro corredo
genetico.