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Afganistan, marzo 1997: il giornalista pachistano Ahmed Rashid attende di essere ricevu-
to dal governatore di Kandahar, mullah Mohammed Hassan. Il mullah è occupato.
Al di fuori un paese perduto. È in balia dei signori della guerra dal 1992, quando il regime
comunista insediato dagli ex occupanti sovietici è finalmente caduto. L'economia è allo sfascio;
masse immiserite di popolazioni sono l'unica forza viva del territorio. Per il resto solo rovine,
macerie, strade polverose di terra battuta ornate ai lati dai relitti di decenni di guerre, carri arma-
ti distrutti e mine antiuomo. L'unica vera industria, quella sì fiorente, è la coltivazione dell'op-
pio, di cui l'Afganistan è il maggior produttore mondiale.
L'attesa finisce quando dalla stanza escono tre uomini impeccabilmente vestiti. Il giorna-
lista riconosce tra loro Carlos Bulgheroni, presidente della Bridas Corporation.
1
La Bridas è una
compagnia petrolifera argentina che ha avuto un'idea. Costruire un oleodotto che attraversi l'Af-
ganistan e il Pakistan, portando il petrolio dell'Asia centrale, l'unico non ancora in mano ai
grandi interessi petroliferi, fino all'Oceano indiano.
Per Carlos Bulgheroni e la sua Brida significherebbe l'ascesa fra i grandi del petrolio. Per
questo si trova quel giorno in una paese tanto pericoloso come l'Afghanistan a trattare con un
personaggio che rappresenta un movimento, quello talebano, che solo un anno prima aveva
conquistato Kabul e che sembrava avere la forza di unificare finalmente l'interno Paese, renden-
do così il suo territorio abbastanza sicuro per essere attraversato dall'oleodotto.
Non se ne fece nulla: i talebani non riuscirono a pacificare il paese e lo sguardo dei petro-
lieri si spostò all'Azerbaigian e alla Georgia, l'altra via per portare al mare il petrolio dell'Asia
centrale. Il macroscopico succedersi degli eventi, delle guerre, è noto a tutti, le cause profonde
lo sono invece molto meno.
Occuparsi di Enrico Mattei significa andare ad analizzare questi fenomeni, che da oscuri
sembrano dipanarsi man mano che se ne scoprono le correlazioni. Finanziamento dei partiti, di-
plomazia internazionale, quotidiani e televisioni, dinamiche economiche, supremi interessi delle
nazioni, intenti degli uomini politici, moralità pubblica: sono temi che mutano la loro forma di
apparire nel momento in cui li si osserva con la lente degli interessi energetici. Studiare la storia
dell'Agip e dell'Eni significa riscrivere la storia della politica interna ed esterna del nostro Paese
secondo una diversa prospettiva interpretativa, la quale assegna meriti e demeriti in base a prin-
1
AHMED RASHID, Talebani, Islam, petrolio e il grande scontro in Asia centrale, Feltrinelli, Milano, 2001,
pp. 23-23.
8
cipi differenti da quelli a cui si è abituati. Ma significa anche seguire una vicenda umana, quella
di Enrico Mattei, il grande corruttore secondo una visione, il grande patriota secondo un'altra. Il
mostro avvelenato di potere o l'eroe che ha coltivato per l'Italia un sogno troppo ambizioso.
Sono due visioni che si susseguiranno per tutta la tesi. Quanto a noi, abbiamo già scelto di
fidarci con certezza della seconda. Ma non è possibile asserire la validità dell'una anziché
dell'altra o viceversa, senza scontrarsi con questioni di filosofia politica. Questioni che costitui-
scono una antinomia irrisolta da secoli e rispetto alle quali non abbiamo la pretesa di fornire al-
cun contributo.
Scopo di questa tesi è solo mostrare i fatti, scendendo nei dettagli della vicenda Mattei
per indagare l'interezza delle forze che governano dalla profondità la superficie degli eventi,
quella superficie che si trova manifestata nei discorsi dei politici, nei titoli dei quotidiani, nei
servizi dei telegiornali, nell'opinione gridata dalla gente. Molto spesso, questa superficie, è co-
me la lava che sprizza dai camini dell'Etna eruttante: è solo il risultato, magnifico o tremendo, di
manifestazioni ben più gigantesche che rimangono nascoste nella profondità della Terra.
C C A A P P I I T T O O L L O O P P R R I I M M O O
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A AC CQ QU UA AL LA AG GN NA A E E M MA AT TE EL LI IC CA A
Enrico Vittorio Umberto Mattei nasce ad Acqualagna, un paesello nelle montagne delle
Marche situato circa venti chilometri a Sud di Urbino, il 29 aprile 1906. Il padre, Antonio Mat-
tei, di origine abruzzese, è il comandante della locale caserma dei carabinieri col grado di briga-
diere;
2
la madre, Angela Galbani, è figlia di un costruttore edile del luogo e il suo ruolo sarà di
primaria importanza sia nella vita della famiglia che nella formazione del giovane Enrico. Altra
donna di rilievo della famiglia e di fondamentale importanza nell'educazione del bambino è
nonna Ester, maestra d'asilo che in quell'Italia ancora in gran parte analfabeta compiva il suo la-
voro di educatrice consapevole di portare avanti una missione importante; il Mattei ormai cre-
sciuto la rammentava a ripetergli: "Ricordati che sei nato nel tempo di Marconi!" o intenta a
leggere il libro Cuore di Edmondo De Amicis ai suoi scolari e a lui.
3
2
Tutte le biografie di Mattei - e noi non ci sentiamo di costituire la prima eccezione - si aprono con il
racconto della cattura del famoso brigante Musolino da parte del brigadiere Antonio Mattei. Giuseppe
Musolino era in quell'anno divenuto un caso nazionale: la sua latitanza aveva conquistato le prime pagine
dei giornali e la sua figura quella popolarità che spesso ornava il personaggio del brigante in quell'epoca.
Si era giunti al punto che Giolitti aveva ordinato al prefetto di Reggio Calabria di catturare Musolino su-
bito o di dimettersi per salvaguardare l'immagine dello Stato messo alla berlina. Così minacciato il prefet-
to aveva attuato un tale dispiegamento di forze che Musolino si era visto costretto a lasciare la Calabria,
sua terra natia. Aveva preso la strada del Nord e fu proprio mentre risaliva la penisola che attraversò Ac-
qualagna dove fu arrestato il 9 ottobre 1901. Mattei avrebbe in seguito raccontato orgogliosamente di co-
me suo padre "aveva tenacemente dato al caccia al brigante Musolino per settimane finché l'aveva cattu-
rato" e di come in base a quell'episodio gli avesse lasciato come norma di vita la regola che "bisogna ave-
re pazienza, molta pazienza, perché le cose riescano." In realtà le cose andarono un po’ diversamente e
l'aneddoto del tenace arresto del brigante Musolino è solo la prima esagerazione che il Mattei ormai fa-
moso amerà raccontare ai giornalisti sul periodo della sua prima giovinezza. L'arresto era in realtà stato
compiuto dai carabinieri Feliziani Domenico e La Serra Antonio i quali si erano imbattuti per puro caso
nel brigante Musolino che, al di fuori della sua terra si era disorientato e alla vista dei due militari aveva
perso la testa fuggendo come un pazzo attraverso un vigneto. Era però inciampato nel filo di ferro che le-
gava le viti e così era stato catturato. Arrestato fu portato in caserma e sottoposto ad interrogatorio dal
brigadiere Mattei. Ad insospettire il brigadiere era il fatto che l'uomo non avesse documenti e fosse tra-
sandato come chi "ha dormito diversi giorni all'aperto"; aveva con se una pistola, una figura della Madon-
na di Polsi in Aspromonte e una forte somma di denaro con cui tentò senza riuscirci di corrompere l'one-
sto brigadiere. Egli ne scrisse immediatamente al suo tenente che a sua volta fece rapporto alle autorità
calabresi, così dopo qualche giorni si comprese che il misterioso personaggio era il famosissimo brigante
Musolino. Quale diretto superiore dei due carabinieri che avevano effettuato l'arresto il brigadiere Mattei
fu elogiato dallo stesso Giolitti ed il suo nome comparse in tutte le prime pagine dei giornali. Si veda: I-
TALO PIETRA, Mattei la pecora nera, SugarCo., Milano, 1987, pp. 20-21.
3
La formazione del giovane Mattei è tutta qui: il padre carabiniere lo educa al senso del dovere, all'one-
sta, al rispetto per il Re; la nonna Ester ad un patriottismo sincero, legato al senso morale. Nel 1960, visi-
tando un asilo infantile, Mattei chiederà alla maestra: "Non parla mai a suoi amici del Cuore di De Ami-
10
Enrico era il primogenito dei figli e godette per questo di una posizione in un certo senso
speciale poiché su di lui poggiavano le aspettative dei genitori, che progettavano di farlo studia-
re affinché diventasse, magari, ufficiale dei carabinieri. Gli altri componenti della famiglia era-
no nell'ordine le sorelle Maria e poi Ester e i fratellini Umberto e Italo, l'ultimo nato. Negli anni
avvenire, quando era diventato uno degli uomini più importanti d'Italia, Mattei avrebbe parlato
della sua infanzia come di un periodo di eccezionali ristrettezze, esaltando un po’ demagogica-
mente la sua incredibile vicenda umana; in realtà sebbene effettivamente le condizioni della fa-
miglia fossero modeste, il pane non mancò mai in casa Mattei e tutti i figli ebbero la possibilità
di studiare e di andare in chiesa la domenica con il "vestitino buono". Nelle condizioni di pover-
tà in cui versava l'Italia dell'infanzia di Mattei, lo stipendio fisso del padre brigadiere dei carabi-
nieri e la madre che arrotondava il bilancio famigliare con lavori di rammendo, erano sufficienti
ad assicurare una posizione piccolo borghese nel panorama, quello sì di povertà, delle campagne
marchigiane.
Se il giovane Mattei sperimentò sofferenza per le condizioni della famiglia, ciò avvenne
probabilmente in seguito al trasferimento a Matelica nel 1919, quando il padre venne congedato
maresciallo e pensionato per sopraggiunti limiti di età. Matelica, in provincia di Macerata, era in
confronto ad Acqualagna un grande centro, c'erano fabbriche e palazzi, una popolazione molto
maggiore. Nel paesello natale, piccolo borgo di pastori, a dispetto delle modeste entrate familia-
ri, il piccolo Enrico in quanto figlio del comandante della caserma dei carabinieri, era in fondo
un membro della locale cerchia dei notabili, che assieme al parroco, al farmacista e al sindaco,
rappresentavano nei piccoli paesini italiani il punto di riferimento della società contadina. A
Matelica, grande centro, tutto ciò non sussisteva più ed è facilmente possibile che l'ormai adole-
scente Mattei abbia vissuto questa regressione dello status familiare in maniera traumatica.
È in effetti proprio a Matelica che il giovane Mattei si trasformò in un ragazzo discolo e
scapestrato. Invano il padre a la madre lo iscrissero alle superiori presso un istituto tecnico: il
ragazzo marinava la scuola per dedicarsi a scorribande nelle campagne e nella piazza del paese,
quella che oggi porta il suo nome. È in quelle mattine rubate all'istruzione che apprese l'arte del-
la pesca alla trota, l'unica passione che manterrà vivissima per tutta la vita. Il primo anno e mez-
zo a Matelica scivolò via in questo modo; Enrico Mattei era semplicemente un ragazzaccio di-
sobbediente che faceva disperare i suoi poveri genitori.
L'apice fu raggiunto proprio nell'estate del 1920, quando assieme all'amico Gaetano Fa-
biani rubarono un po’ di soldi ai rispettivi genitori e senza dire una parola scapparono di casa
cis?" Rimarrà sempre legatissimo al ricordo della nonna, che morirà all'incirca quando lui avrà vent'anni.
Lo stesso nome, Enrico Vittorio Umberto, raccoglie in sé quest'educazione: Enrico come il protagonista
del libro Cuore, Umberto come il re assassinato e Vittorio come il re allora regnate. Si veda: BAZZOLI-
RENZI, Il miracolo Mattei, Rizzoli, Milano, 1984, pp. 10-11.
11
salendo su un treno diretto a Roma. L'obiettivo era raggiungere la favoleggiata capitale e lì fare
fortuna in qualche modo. Non avevano né piani né idee, si trattava di una vera e propria ragaz-
zata, anche se in molti hanno visto in essa l'embrione di importanti scelte future.
Nella città eterna i nostri resistettero una settimana, lavorando come sguatteri e camerieri
per racimolare di che vivere e dormendo all'aperto per risparmiare i pochi soldi rimasti. L'unico
momento di "gloria" avvenne quando furono casualmente ingaggiati come comparse in uno dei
tanti film che si giravano per le vie di Roma. Alla fine però dovettero dichiararsi sconfitti, i sol-
di erano completamente finiti. Ma pur di evitare l'umiliante rientro a casa saltarono alla dispera-
ta su un treno diretto a Milano; furono però subito scoperti dal frenatore e scortati alla prima ca-
serma dei carabinieri, affamati e sporchi. Qui attenettero l'inevitabile lavata di capo. Giunse a
prenderli il maresciallo Antonio, che appena furono usciti liberò sul mortificato Enrico due so-
nori ceffoni: "Mascalzone! Hai fatto piangere tua madre!" e con ciò si convinse nell'idea che
l'amato figliolo fosse ormai irrimediabilmente perduto. Ma si sbagliava.
Dopo l'avventura romana il giovane parve "rimettere la testa a posto". Trovò un lavoro
stabile in una fabbrichetta, poco più che una bottega artigiana che produceva mobili in ferro bat-
tuto e ottone, in particolare testate per quei primi letti in ferro che cominciavano allora ad entra-
re nelle case degli italiani. Mattei fu impiegato come verniciatore; un lavoro duro, 10 ore al
giorno, ma forse per non deludere di nuovo i genitori resistette quasi un anno. Poi un giorno non
sopportò più l'odore della vernice, vomitò anche l'anima nello squallido gabinetto della fabbrica
e decise che avrebbe lavorato per costruirsi un futuro migliore. È questa un'esperienza che è
messa in risalto da tutti i biografi di Mattei. Molti anni più tardi, passeggiando con un amico e
notando uno di quei letti alla vetrina di un negozio, avrebbe detto: "Questi letti di ferro che a-
desso sono di moda per le seconde case, io li ho visti nascere e li ho dipinti, da ragazzo. Evoca-
no le buone cose di una volta, il pane fatto in casa, il vino cotto, le mele cotogne al forno, ma
nella mia memoria hanno un odore che fa piangere, che prende alla gola, che fa vomitare, l'odo-
re della vernice."
4
A 16 anni lasciò la fabbrica di mobili e si fece assumere come fattorino in una conceria.
Qui il la lavoro era peggiore e la paga minore, però l'adolescente Mattei sentiva che valeva la
pena di fare un passo indietro per poter fare poi un bel salto aventi: la conceria Fiore era infatti
il vanto dell'industria di Matelica: con 150 operai e cinque tecnici non era un laboratorio arti-
giano ma un vero e proprio stabilimento proiettato verso la crescita. E in questa fabbrica Mattei
bruciò ogni tappa della carriera: appena un anno dopo era operaio, dopo alcuni mesi operaio
specializzato, a 18 anni fu promosso a tecnico, a 19 è vicedirettore, a 20 direttore!
4
Cit., PIETRA, Op. cit., pp. 24-25.
12
Su questo periodo straordinario della vita del Mattei giovane rimangono da chiarire so-
prattutto due domande, domande di natura politica. Mattei partecipò alla marcia su Roma? Mat-
tei fu fascista? Non vi sono risposte, anche se sembra almeno di poter escludere con sicurezza la
prima. Cercare negli archivi si è rivelato sostanzialmente impossibile. In un libro pubblicato a
cura della città di Matelica in onore di Enrico Mattei, Antonio Trecciona scrive che "nell'estate
del '43, raggiungendo i primi gruppi partigiani che operavano nelle montagne intorno alla citta-
dina" Mattei suscitò diffidenza "perché le sue idee giovanili non erano state dimenticate dai
nuovi compagni". La spiegazione forse migliore è che davvero per il giovane Mattei non vi fos-
se tempo per la politica. Quali che fossero state le sue convinzioni e orientamenti, la troppo ra-
pida carriera all'interno della conceria Fiore non poteva lasciargli alcun tempo libero.
5
Diventato direttore a 20 anni, senza più problemi di soldi, Mattei investì i primi risparmi
per ampliare l'attività che la madre da sempre svolgeva per arrotondare il bilancio famigliare,
principalmente lavori di cucito e rammendo, che ancora ad Acqualagna avevano costituito
un'importante entrata supplementare per la famiglia. Venne aperto un piccolo negozio di stoffe,
che sarà diretto dalla madre e dal padre ora pensionato. Lo status sociale della famiglia e la sua
posizione economica furono così iscritte in un nuovo registro.
6
Interruppe questo volo di Icaro verso l'alto la chiamata al servizio militare. Mattei sprov-
visto di titoli di studio fu arruolato come soldato semplice in un reggimento di granatieri. Si trat-
tava di un brusco scivolone in basso, sia rispetto alla posizione di responsabilità che esercitava
in fabbrica sia rispetto al grado di sottoufficiale del padre. Ma si trattò di un periodo breve per-
ché grazie all'interessamento del proprietario della conceria, il soldato Mattei ottenne dopo sei
mesi il congedo anticipato in quanto "principale sostegno della famiglia".
M MI IL LA AN NO O - - L L' 'I I M MP PR RE EN ND DI IT TO OR RE E
Il 1928 è un anno importante nella vita di Mattei, succedono infatti due cose, ma la prima
rivelerà i suoi effetti solo molti anni dopo. Accadeva infatti che in Scozia, presso il castello di
Achnacarry, i presidenti delle più grandi compagnie petrolifere mondiali, approvassero un do-
cumento in cui si afferma che le società petrolifere, operando isolate, ciascuna per proprio con-
to, avevano determinato una concorrenza distruttiva. Quindi il documento dichiarava l'intento di
promuovere da lì in avanti un'azione coordinata, allo scopo di far cessare l'autolesionismo, il di-
sordine e gli sprechi; in particolare ogni compagnia si impegnava a non operare autonomamente
o senza l'autorizzazione delle altre nell'area mediorientale. Era appunto l'inizio di quella dichia-
rata spartizione del mercato mondiale dell'energia contro la quale in seguito egli si sarebbe op-
5
Si vedano: PIETRA, Op. cit., p. 26. Et: BAZZOLI-RENZI, Op. cit., pp. 18-20.
6
Si vedano: Ibidem
13
posto rimettendoci la vita. Ma nel 1928 Enrico Mattei non sapeva ancora nulla di petrolio e
quell'anno fu speciale perché fu quello in cui decise di abbandonare l'invidiabile posizione rag-
giunta alla conceria Fiore (una posizione che per molti sarebbe stata considerata un punto d'arri-
vo), per ritentare tutto daccapo a Milano. Aveva meno di 23 anni, ossia la mia età ora.
Non poteva scegliere in momento peggiore. Il crollo della borsa di New York accadde
nell'ottobre del 1929, Mattei lasciò Matelica subito dopo il Natale 1928. L'Italia comunque, per
via delle sanzioni seguite alla guerra d'Etiopia, aveva incontrato difficoltà economiche già da
prima della Grande depressione. Il Mattei che arrivò alla stazione centrale di Milano si presen-
tava comunque molto diversamente dalle masse disoccupate che iniziavano ad invadere le città
di tutta Europa; grazie ai risparmi e alla liquidazione da direttore disponeva di un piccolo capita-
le e, nelle tasche del vestito su misura di buona foggia, c'erano tre lettere di presentazione scritte
dal proprietario della conceria. Trovò presto lavoro come venditore di vernici, smalti e solventi
per le concerie su incarico di una ditta specializzata nel settore, la tedesca Max Meyer. Anche
qui Mattei fece velocemente strada: presto lasciò la Max Meyer e divenne rappresentante per
l'Italia di un'altra ditta tedesca, la Lowenthal. Fu un bel salto di qualità, da piazzista a rappresen-
tante incaricato alle vendite in Italia. Lo stipendio di 1'500 lire era accompagnato da un esteso
rimborso spese, con i benefit dei viaggi in prima classe, dell'automobile personale e delle grati-
fiche annue sulle vendite.
In poco tempo Mattei si fece un nome nel settore e strinse relazioni, poi, improvvisamen-
te, il 14 luglio 1932, inviò alla Direzione una lettera in cui annunciava la necessità di dimettersi.
Vale la pena di riportarne qui il testo:
"Sono veramente dolente per il trattamento di favore e le infinite cortesie ri-
cevute ma oggi la mia opera non è più necessaria nella Vostra ditta perché la Vo-
stra Rappresentante principale Schill e Selacher è stata molto bene introdotta e si è
fatta conoscere nella conceria; tanto che si può dire senza ombra di pretesa che og-
gi sul mercato italiano è al primo posto nei confronti delle altre case concorrenti. E
qui finisce la mia opera come avevo preveduto due anni fa e cioè, come ebbi allora
a dire, il giorno che la casa sarebbe stata bene introdotta io me ne sarei andato. Og-
gi questo lavoro può essere seguitato bene anche da personale non specializzato,
perché le difficoltà dell'inizio sono state sorpassate e i prodotti sono ormai cono-
sciuti da tutte le industrie conciarie. Oggi con il lavoro normale io non trovo più al-
cuna soddisfazione morale, perché a differenza di tutti gli altri io sento il bisogno
dell'ostacolo e di far vedere in un certo qual modo la mia opera, perché altrimenti
finisco con l'ammalarmi, come già lo sono fisicamente e anche moralmente e in
modo più accentuato in questi ultimi giorni. Credetemi, nelle mie condizioni attuali
di salute, io non potrei esservi che di peso, perché non ho più la volontà che avevo
nei tempi trascorsi. E siccome da voi signori sono sempre stato trattato troppo be-
ne, io non posso permettere questo e preferisco andarmene."
7
7
Cit., PIETRA, pp. 34-35.
14
In realtà l'improvvisa decisione non fu intrapresa senza ponderazione: già l'anno prima
Mattei aveva preso in affitto un capannone nella periferia milanese; poi aveva comprato una
caldaia usata e le apparecchiature per produrre solforicinati, solfonati e vernici. Ad inaugurare la
fabbrica erano stati solo in tre: Mattei stesso e i due operai che vi avrebbero lavorato. Oltre
all'imprenditore, Mattei continuò anche a fare il commesso viaggiatore: era rappresentante gene-
rale in Europa e Medio Oriente della Società Anonima per l'Industria chimica Italiana (Sapici).
Aveva anche l'esclusiva per la vendita in Italia della Chemac, una società produttrice di lacche
cellulosiche, smalti e prodotti affini. Infine si occupava pure del collocamento di macchine per
concerie e aveva un bel giro di clientela come consulente tecnico del settore.
Gli affari andavano a gonfie vele. Mattei era specializzato nel settore e la sua competenza
gli veniva restituita in fiducia sotto forma di ordinativi, acquisti e richieste di consulenza. Non
tardò a capire che il settore aveva enormi potenzialità di crescita e che il mercato delle materie
prime era soddisfatto solo dalle industrie straniere. Ne trasse le conclusioni e investì senza cau-
tele tutti i suoi risparmi e quanto a raccolto da parenti e amici in nuove attrezzature. Fondò pra-
ticamente una nuova azienda, specializzata nella produzione di oli, grassi, saponi speciali per
industrie conciarie, tessili, metalmeccaniche e saccarifere. Questi prodotti avevano la caratteri-
stica di richiedere poche lavorazioni, tali da potersi compiere in appena tre giorni; ciò consentì
di sviluppare un lavoro rapido senza eccessivo immobilizzo di capitali. Stabilimento ed uffici si
trasferiscono in via Giuseppe Tarantino a Milano; il fatturato salì dalle 296'000 lire del 1934 al
1'368'000 lire del 1938.
Mattei era diventato ricco. I genitori poterono tranquillamente chiudere il negozietto di
tessuti a Matelica mentre le sorelle e i fratelli si trasferirono a Milano. Mattei fra l'altro prese
anche il diploma di ragioneria e tentò di imparare il francese. Nel 1936 compì anche un altro
grande passo, si sposò. La moglie si chiamava Greta Paulas; Mattei l'aveva conosciuta a Milano
al Teatro Cavallino Bianco, dove lei si esibiva al seguito della Compagnia Schwarz. Greta era
viennese e a Vienna vennero celebrate le nozze. Ne seguirà però un evento triste, la morte del
loro primogenito, nato prematuro di cinque mesi, con la conseguenza che Greta non potrà più
avere figli.
Gli affari intanto andavano di bene in meglio. Il mercato era in espansione e anche l'au-
tarchia aiutava. Con due soci, Alfieri e Noli, Mattei acquistò anche una piccola riserva di caccia
nell'Oltrepò pavese. Ma la sua vera passione rimase la pesca. A Matelica invece Mattei investi-
va i proventi della sua industria. Comprò poderi, case e palazzi, fino a raggiungere un patrimo-
nio di circa 300 ettari sul finire degli anni '30. Ma non si trattava di meri investimenti: i poderi
rustici vennero rinnovati, ammodernati, riorganizzati; i notabili e i vecchi proprietari di Matelica
storcevano il naso alle innovazione di quel giovane venuto dal basso che portava così tante cose
15
nuove nella loro realtà consolidata. L'apice venne raggiunto quando i genitori si trasferirono a
palazzo Grossetti, sfarzosa villa ottocentesca fra le più belle della cittadina, che Mattei aveva
fatto restaurare completamente. Lo stesso del resto accade nella sua casa milanese, dove allo
sfarzo si aggiunsero camerieri in giacca bianca e l'autista in divisa e gambali. Mattei nei suoi di-
scorsi successivi amerà esaltare la povertà originaria della sua famiglia almeno quanto esaltò di
sfarzo questo periodo rampante della sua vita a Milano.
L LA A G GU UE ER RR RA A - - I IL L C CO OM MA AN ND DA AN NT TE E P PA AR RT TI IG GI IA AN NO O
Le vicende della storia di Mattei durante gli anni della guerra fino alla primavera del 1943
sono povere di eventi e notizie; non è chiamato alle armi e la sua azienda o i suoi immobili non
sono danneggiati dai bombardamenti; gli affari continuano ad andare bene.
La svolta avvenne appunto nel '43, quando Mattei cominciò a capire (come un po’ tutti)
che la guerra era ormai irrimediabilmente perduta per le potenze dell'Asse. Nacque in questo pe-
riodo la sua amicizia con Marcello Boldrini, uno stimato professore di statistica all'Università
Cattolica, che introdusse Mattei agli ambienti politici legati al mondo cattolico. Fu proprio con
una lettera di presentazione scritta da Boldrini che Mattei, nella primavera del '43, incontrò a
Roma Giuseppe Spataro, che era stato esponente del Partito popolare nel dopoguerra e in quegli
anni era in prima fila nell'organizzare clandestinamente le fondamenta della Dc.
Evidentemente Mattei capì che è tempo di svolta e che una nuova era si stava aprendo,
carica (forse) di possibilità per chi si fosse mosso nella giusta direzione sin dal principio. E in
effetti la tempistica del suo antifascismo è perfetta, tanto da far sorgere dubbi ai maliziosi. Inve-
ro Mattei face ciò che fece per amor di patria, consapevole che se la guerra era perduta, all'Italia
non rimaneva che concludere quella pagina della sua storia il più in fretta possibile e il più auto-
nomamente possibile. Doveva ad ogni modo essere questo un pensiero che di lì a poco sarebbe
divenuto proprio della stragrande maggioranza degli italiani, divenuti antifascisti con la stessa
velocità con la quale alcuni anni prima erano diventati fascisti.
Comunque, nell'agosto 1943 Mattei si trovava a Matelica in compagnia di Boldrini ed i-
staurava i primi contatti con le scarse formazioni partigiane sparpagliate nelle montagne cittadi-
ne: un trentina fra slavi ed inglesi fuggiti dai campi di concentramento ed una quindicina di ita-
liani. L'arruolamento di Mattei fra di essi venne accettato con diffidenza: Mattei non aveva né
un passato antifascista né un'esperienza militare. Egli comunque non si scompose e seppe con-
quistarsi (o meglio comprarsi) la fiducia dei suoi compagni di lotta facendo giungere sulle colli-
ne di Matelica armi e munizioni, e medicinali, scarpe, farina, salumi, carte topografiche, binoco-
li e tabacco. In poco tempo diventò l'organizzatore di tutta l'attività di resistenza dell'area, stabi-
lendo contatti con i parroci dei paesini, fungendo da collegamento fra le varie bande sparpaglia-