II
Introduzione
Il fenomeno delle “morti bianche”
Secondo Philippe Askénazy, economista francese del CNR “In tutta Europa, la
ricerca massimale dei profitti di produttività passa per uno sfruttamento totale dei
lavoratori senza che ci si preoccupi delle conseguenze di questa intensificazione
del lavoro(1)”
Oltre alla massimizzazione dei profitti a discapito degli investimenti in formazione
sulla sicurezza, potrebbe essere sollevata un’ulteriore critica indirizzata alla
mascherata disinformazione che enfatizza momentaneamente i dati che si
riferiscono a questa “guerra” e ne sottolinea la gravità, per poi dimenticarsi del
problema che continua a mietere vittime in tutta Italia e non solo.
La cronaca italiana ci informa quotidianamente dei casi di decesso sui luoghi di
lavoro: i fatti clamorosi del rogo della ThyssenKrupp, Masterplast e molte altre.
L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (OSHA), rende noti i dati
a livello europeo i quali mostrano che l’Italia non è un caso isolato.
Per quanto riguarda l’Unione Europea, ogni anno, si contano ancora 4 milioni
d’infortuni e oltre 4 mila morti per incidenti sul lavoro, un decesso ogni tre minuti e
mezzo per un totale di oltre 150 mila morti. Tali dati confermano la situazione di
emergenza in tutta Europa, nonostante alcuni progressi registrati negli ultimi anni.
Dai dati Eurostat, si scopre che nel 2005, l’Italia aveva una media di 2,6 lavoratori
uccisi ogni 100 mila occupati contro 2,3 nel resto del continente.
In calo del 50 per cento rispetto al 1994, il tasso si conferma superiore a paesi come
l’Austria (4,8) e la Spagna (3,5) e a pari merito con il Lussemburgo.
La conferma che le morti bianche rimangono un’emergenza sono i 1049 lavoratori
italiani deceduti sul posto di lavoro nel 2007.
(1) Da Panorama del 25 marzo 2008: “Morti bianche in Europa, una ogni tre minuti. Maglia nera
all’Italia.”
III
La Commissione Europea intende ridurre del 25 per cento gli incidenti sul lavoro
entro il 2012 attraverso un piano strategico che semplificherà l’applicazione della
legislazione europea e a una serie di campagne di sensibilizzazione rivolte alla
piccola e media impresa, dove si verifica il 90 per cento dei decessi, ai settori più
nevralgici (costruzione, agricoltura, trasporti e sanità) e alle categorie sociali meno
protette (anziani e giovani precari).
A tale proposito per il giorno 28 aprile è stata istituita la Giornata mondiale per la
sicurezza e la salute sul lavoro.
In Italia dopo i clamorosi avvenimenti di cronaca e le lacune legislative in materia
di sicurezza, è stato approvato il 3 aprile 2008 il nuovo Testo Unico, che abroga il
decreto legislativo 626/94.
Il provvedimento introduce strumenti più raffinati e inasprisce l’apparato
sanzionatorio, cercando di limitare il fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle
morti bianche.
Di conseguenza quali sono gli obblighi e le funzioni che un’azienda deve adottare
ai fini della sicurezza e della formazione sui rischi? Come si deve comportare per
prevenire infortuni?
Il lavoro di ricerca svolto cercherà le risposte a tali domande attraverso un’indagine
che attraverserà la sfera normativa fino ad arrivare a un case study.
In principio, sarà osservata e analizzata l’attività rivolta ai comportamenti
individuali, il Codice Etico e quale valore assume nella strategia aziendale.
Sarà approfondito il tema della CSR (Corporate Social Responsibility) e le pratiche
che si riferiscono all’area tematica Ambiente e Sicurezza.
Secondo il Libro verde 2001 della Commissione Europea la CSR è definibile quale
“l‟integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese
nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate
(stakeholders). Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare
pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo
„di più‟ nel capitale umano, nell‟ambiente e nei rapporti con le parti interessate”.
Saranno inoltre analizzati gli obblighi e i divieti presenti nella legislazione
nazionale riguardante la sicurezza sul lavoro, le novità introdotte dal Nuovo Testo
Unico e il nuovo ruolo dell’Inail.
IV
Nella seconda parte di questo elaborato sarà esaminato il caso di un’azienda da anni
orientata alla sicurezza: Enel S.p.A.
La rivista americana Fortune, ha pubblicato una classifica sulla responsabilità
sociale d’impresa, nota come “Global 50+”(2), la quale valuta il modo in cui le
maggiori aziende mondiali, per capitalizzazione, mettono in pratica i principi della
responsabilità sociale.
Da questa classifica Enel è risultata una delle aziende più responsabili del mondo,
al 6° posto nella classifica intersettoriale e al 3° nella classifica delle sole Utilities
mondiali, unica fra le società italiane.
Per la politica sostenibile di Enel, l’attenzione al capitale umano è considerata un
valore su cui investire, proprio per questo, uno degli obiettivi aziendali di maggior
rilevanza è quello denominato “zero infortuni”.
Quest’obiettivo e i principali strumenti adottati per raggiungerlo saranno
ampliamente esaminati. Ampio spazio sarà inoltre dedicato alle attività informative
e formative realizzate per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
A tale proposito, Enel sostiene numerose iniziative legate al tema della sicurezza
come valore aziendale.
Tra le più importanti possiamo citare: la partecipazione all’Expo Sicuramente 2008
e il progetto pilota ”Con la testa fra le nuvole”, ancora in fase sperimentale, che
unisce il teatro alle norme sulla sicurezza. L’idea è di portare la formazione a teatro
e mettere in scena problemi, modi di agire e di pensare con la partecipazione attiva
dei lavoratori.
Infine, al termine dell’elaborato sarà presentata una breve intervista rivolta al
responsabile Safety di Enel Corporate, Stefano Di Pietro, il quale spiega come
Enel, nel panorama nazionale e internazionale, risulti essere una società da tempo
orientata verso la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.
(2) La classifica Accountability Global 50+ ogni anno valuta quanto le maggiori aziende
mondiali per capitalizzazione, nei settori Computer e Telecomunicazioni, Automobili,
Energetico e Utilities, Raffinamento petrolifero e Finanza, abbiano messo in pratica i principi
di Responsabilità Sociale e quanto efficacemente abbiano quantificato le conseguenze delle
loro azioni sui propri stakeholders.
1
Parte prima
Premessa: Codice etico e CSR Corporate Social Responsibility
Codice etico: la “Carta Costituzionale” dell’impresa
Attualmente si può osservare come comportamenti conformi alla morale e all’etica
possano influenzare la struttura organizzativa e, in modo particolare, la reputazione
interna ed esterna all’azienda. I valori aziendali riguardanti l’etica e la
responsabilità sociale sono presentati in un documento denominato Codice etico.
Questo strumento dichiara le aspettative aziendali relative ai comportamenti dei
propri dipendenti. In particolare, negli USA la redazione dei codici etici ha avuto
una diffusione straordinaria, tanto che circa l’85% delle principali imprese del
Paese ha adottato tale strumento. In Italia, tali codici hanno ancora una diffusione
limitata, tuttavia vi sono segnali di rapido sviluppo.
Il codice risulta uno strumento utile principalmente agli stakeholders di un’impresa,
perché garantisce la gestione equa ed efficace delle transazioni e delle relazioni
umane, rinforza la reputazione dell’impresa, in modo da creare fiducia verso
l’esterno. Gli stakeholders sono quelle categorie d’individui, gruppi o istituzioni, il
cui apporto è richiesto per realizzare la missione dell’azienda o che hanno
comunque un interesse nel suo perseguimento. Sono coloro che compiono
investimenti connessi alle attività della società, in primo luogo gli azionisti, i
collaboratori, i clienti, i fornitori e i partner d'affari. In senso più ampio, sono
stakeholders tutti gli individui o gruppi, nonché le organizzazioni e istituzioni che li
rappresentano, i cui interessi sono influenzati dagli effetti diretti e indiretti delle
attività aziendali.
Come si realizza un codice etico e quali sono i suoi contenuti?
Non c’è una regola universale per stilare un codice etico, ma possiamo tracciare, in
modo generale, i principali passaggi che si devono eseguire per definire i valori che
l’azienda vuol far propri. In primo luogo si specifica la missione che l’azienda ha
nel mercato in cui opera.
Successivamente, si definiscono i principi etici generali da perseguire, le norme
etiche per gestire le relazioni dell’impresa con i vari stakeholders e gli standard
etici di comportamento.
2
Infine, si dovrà svolgere la fondamentale operazione di adeguamento
dell’organizzazione aziendale, delle procedure e delle politiche imprenditoriali ai
principi etici del codice. In particolare, riveste una notevole importanza, l’attività di
formazione etica, relativa ai contenuti del codice, diretta a tutti i soggetti
dell’impresa. Il dialogo e la partecipazione sono indispensabili per far condividere a
tutto il personale i valori presenti in questo importante documento.
Orientamento CSR: Corporate Social Responsibility
Un concetto in stretta relazione con il codice etico è quello della Corporate Social
Responsibility. L’importanza della CSR, intesa come un approccio innovativo alla
gestione aziendale e potenzialmente in grado di sviluppare il valore dell’azienda, si
sta rapidamente diffondendo anche in Italia. La CSR si colloca all'interno della
vasta problematica riguardante lo sviluppo sostenibile e dell'importanza
dell'opinione pubblica nell’ambiente competitivo attuale.
Numerose ricerche italiane ed europee mostrano, infatti, che i cittadini-consumatori
sono più sensibili e meglio predisposti verso le imprese socialmente responsabili.
Quali caratteristiche deve avere un’impresa per essere considerata socialmente
responsabile?
Di seguito saranno elencati alcuni elementi distintivi di un’impresa orientata verso
lo sviluppo sostenibile:
ξ non discriminare i dipendenti in base a sesso, razza, religione e appartenenza
politica;
ξ realizzare prodotti o servizi nel rispetto dell’ambiente;
ξ offrire prodotti o servizi di elevata qualità a un prezzo appropriato;
ξ rispettare i diritti umani nel mondo e il divario tra ricchi e poveri;
ξ svolgere attività finalizzate alla riduzione e risoluzione di problemi sociali.
Un approccio orientato verso la CSR, investe la pianificazione e la gestione
strategica di tutte le attività aziendali. È necessario specificare che, per raggiungere
obiettivi socialmente sostenibili, la CSR non deve essere considerata come una
semplice moda manageriale, ma come un approccio strategico che impone un
cambiamento profondo della cultura aziendale.