6
particolare interesse lo studio dei danni citogenetici che può apportare
a livello spermatico. E’ stata proposta un’ampia gamma di meccanismi
molecolari che riflette le differenti proprietà chimiche dei vari metalli,
tra cui la formazione, in vivo, di complessi che vanno incontro a
ossidoriduzioni producendo ROS e/o ioni metallici ad alta valenza con
proprietà ossidanti nei confronti degli acidi nucleici. Alcuni prodotti
del danno ossidativo al DNA, incluso la 8-idrossi-desossiguanosina (8-
OH-dG) e le rotture al DNA, inducono lesioni premutazionali che
possono portare a trasformazioni neoplastiche o a mutazioni stabili.
Ad oggi però poco si sa sul meccanismo di induzione di tali danni
ossidativi su spermatozoi umani.
Lo scopo di questa tesi è la messa a punto di un protocollo per il
trattamento in vitro di spermatozoi umani con metalli di interesse
ambientale, in particolare con due composti inorganici del Cd e
dell’As: cloruro di cadmio (CdCl
2
) e arsenito di sodio (NaAsO
2
), e la
successiva misurazione del danno genetico indotto al DNA, sia in
termini di danno primario, sia in termini di danno ossidativo. Per tali
esperimenti sono stati preliminarmente esaminati alcuni parametri
sperimentali quali le condizioni di coltura e il terreno di coltura da
utilizzare per gli spermatozoi.
Per ognuno dei cinque campioni spermatici sono stati effettuati
quindi trattamenti in vitro di 60 minuti con solo terreno di coltura e con
tre dosi di controllo positivo H
2
O
2
; inoltre per i primi tre sono stati
effettuati trattamenti con quattro dosi di NaAsO
2
, mentre gli altri due
campioni sono stati trattati con quattro dosi di CdCl
2
.
7
In seguito al trattamento è stata valutata la motilità spermatica
per ogni punto sperimentale di ogni donatore valutando la percentuale
di spermatozoi con motilità rettilinea lenta e veloce. Inoltre su ogni
campione, mediante l'applicazione del test della cometa (SCGE, single
cell gel electrophoresis) nella versione modificata, è stata valutata
l’induzione di danno primario e ossidativo al DNA spermatico dovuta
al trattamento.
Questo sistema sperimentale fa uso di enzimi in grado di
riconoscere e tagliare specifiche lesioni nel DNA (endonucleasi III e
formammidopirimidina glicosilasi) con attività glicosilasica e liasica,
che convertono le basi ossidate in rotture a singolo filamento,
permettendo quindi di evidenziare, oltre al danno primario indotto al
DNA dalle due sostanze, anche l’ossidazione di pirimidine e purine,
inclusa la formazione di 8-OH-dG, tipico marcatore di danno
ossidativo. Le analisi dei preparati sono state effettuate mediante un
sistema di acquisizione di immagini al microscopio a fluorescenza
(Komet 5.5).
Dai risultati ottenuti è emerso che il controllo positivo (H
2
O
2
)
induce una forte diminuzione della motilità, in particolar modo alla
dose 200 µM, in tutti i donatori e induce anche un significativo
aumento di danno primario, misurato con il test della cometa, valutato
tramite il test statistico non parametrico di Friedman.
Per quanto riguarda il trattamento con i metalli si sono trovati
incrementi di danno al DNA ed effetti sulla motilità che però non sono
risultati statisticamente significativi.
8
Tale risultato potrebbe derivare dal fatto di aver utilizzato un
protocollo per il test della cometa in spermatozoi (McKelvey-Martin et
al., 1997) probabilmente non sufficientemente sensibile da poter
rilevare livelli di danno al DNA non molto elevati, oppure i composti
metallici da noi utilizzati potrebbero esercitare un’azione genotossica
(ad esempio formazione di legami crociati) in parte non evidenziabile
tramite il test della cometa, che misura l’induzione di danno al DNA in
termini di rotture a singola e doppia elica.
9
INTRODUZIONE
Alcune evidenze sperimentali ed epidemiologiche sembrano indicare
che l’uomo e le altre specie animali hanno subito effetti negativi sulla
salute come conseguenza dell’esposizione a sostanze chimiche che
sono in grado di interferire con il normale funzionamento delle varie
componenti del sistema endocrino. Nel corso di un convegno
patrocinato dalla United States Environmental Protection Agency (US
EPA), queste sostanze, per le quali è stato coniato il termine di
"endocrine disruptors" (nel seguito, ED) o il termine "endocrine
disrupting chemicals", sono state definite come agenti esogeni che
interferiscono con la produzione, il rilascio, il trasporto, il
metabolismo, il legame, l’azione o l’eliminazione di ormoni che,
naturalmente presenti nell’organismo, sono responsabili del
mantenimento dell’omeostasi e della regolazione dei processi di
sviluppo. Anche la Commissione europea (DG XII) ha organizzato, in
collaborazione con la European Environmental Agency e lo European
Centre for Environment and Health della WHO, un Workshop
internazionale sull'impatto degli ED sulla salute umana e sull'ambiente
(Weybridge, UK, 24 dicembre 1996). Nel corso dei lavori di questo
Workshop, sono stati discussi i rischi potenziali dovuti agli ED. In tale
occasione sono state valutate le conoscenze attuali, identificati i
problemi epidemiologici emergenti, valutate le possibili relazioni con
l'esposizione a inquinanti ambientali e identificate le necessità future
sia per quanto riguarda le attività di monitoraggio che quelle di
ricerca. La conclusione del Workshop è stata che il problema degli ED
10
è fonte di preoccupazione e richiede l'adozione di misure di
regolamentazione, pur non suscitando al momento particolari allarmi.
Tra gli inquinanti ambientali a distribuzione ubiquitaria per i quali
sono stati riportati, soprattutto in specie animali selvatiche, effetti sul
sistema endocrino e sull’apparato riproduttivo vanno considerati
alcuni composti organoalogenati molto noti (dibenzodiossine e
dibenzofurani clorurati, esaclorobenzene, bifenili policlorurati, bifenili
polibromurati, pentaclorofenolo),un vasto elenco di pesticidi
(soprattutto organoclorurati tra cui diclorodifeniletani, ad esempio il
DDT, ciclodieni, esaclorocicloesani e i più recenti fungicidi triazolici,
inibitori della sintesi degli steroidi), gli alchilfenoli, il bisfenoloA, gli
ftalati, i dimeri e i trimeri dello stirene, il benzo(a)pirene, e alcuni
metalli pesanti (piombo, cadmio e mercurio). Anche per alcune
sostanze naturali (incluse alcune micotossine), potenzialmente presenti
in diverse componenti della dieta, sono stati dimostrati effetti
estrogenosimili sia in vivo che in vitro. Per quanto riguarda l’uomo
esistono alcune evidenze di effetti nocivi in individui che abbiano
subito esposizioni relativamente elevate sia a composti organici, ad
esempio l'estrogeno sintetico dietilstilbestrolo (DES), che inorganici (ad
esempio il piombo). Inoltre è stata postulata una eziologia ambientale
sia per le alterazioni dell’apparato riproduttivo (declino della qualità
del seme umano, decremento della quantità degli spermatozoi) sia per
l'aumento di anomalie congenite del tratto genitourinario (aumento
dell’incidenza di malformazioni quali criptorchidismo e ipospadia) che
per l’aumento di alcuni tumori quali quello del seno, della prostata e
del testicolo che possono avere alla loro base fattori endocrini.
11
Sebbene una relazione di causaeffetto non sia stata provata è
comunque ben noto che le normali funzioni di tutti gli organi e i
sistemi sono regolate da fattori endocrini; quindi alterazioni endocrine,
specialmente in alcune fasi critiche, quali lo sviluppo embrionale e
fetale, la gravidanza e l’allattamento, possono portare a effetti profondi
e soprattutto permanenti. La valutazione dei rischi per la salute umana
e l’ambiente derivanti dall’esposizione a ED deve tenere conto di due
ordini di problemi. Il primo è la messa a punto di sistemi sperimentali
in vitro e in vivo atti sia ad identificare con sufficiente sensibilità sia a
caratterizzare con precisione gli effetti sull’equilibrio endocrino. Infatti
i metodi di studio attualmente utilizzati possono non essere adeguati a
valutare eventuali effetti sul sistema endocrino. Questo è
particolarmente vero per esposizioni che hanno luogo, risultando
particolarmente dannose, in periodi di maggiore suscettibilità, quali
particolari momenti dello sviluppo dell’organismo, allorché il sistema
endocrino ha un ruolo chiave nel regolare processi essenziali sia
fisiologici che morfologici. Il secondo problema è quello di stabilire se
nell’ambiente esistono livelli di ED tali da esercitare un'azione negativa
sulla salute della popolazione generale, considerando la presenza di
situazioni di maggiore suscettibilità (la gravidanza, lo sviluppo
intrauterino e peripostnatale) e di gruppi particolarmente esposti (ad
esempio per attività lavorative o abitudini alimentari). L’impatto
sanitario e ambientale può essere considerevole se si tiene conto da un
lato dei potenziali effetti sugli esseri viventi, osservati
sperimentalmente anche per dosi relativamente basse (almeno per
alcuni ED quali l’esaclorobenzene), e dall’altro dei molteplici usi
12
agricoli e industriali e/o della presenza ubiquitaria e persistente
nell’ambiente delle sostanze chimiche attualmente individuate come
ED, il cui numero del resto è probabilmente destinato ad aumentare.
La vastità del problema richiede la collaborazione tra esperti in varie
discipline quali la tossicologia clinica, la medicina di laboratorio, la
tossicologia sperimentale, l’ecotossicologia, la microanalisi chimica e
l'epidemiologia nelle sue varie branche clinica, ambientale e
molecolare. E’ necessaria inoltre una razionalizzazione degli sforzi al
fine di colmare quelle lacune nelle attuali conoscenze che hanno
un'importanza critica e di fornire un valido supporto scientifico per
l’emanazione di regolamenti sui livelli di esposizione alle sostanze
considerate, per la definizione delle priorità e per prendere decisioni
nel campo della salute pubblica e della qualità dell’ambiente. In
particolare, occorre acquisire solide conoscenze scientifiche riguardo:
a) i livelli di inquinamento ambientale (da valutare attraverso adeguati
programmi di monitoraggio);
b) l’entità dell’esposizione della popolazione generale e di gruppi a
rischio (ad esempio sul luogo di lavoro) attraverso un adeguato
programma di monitoraggio biologico;
c) la relazione tra la dose interna e la prevalenza o l’insorgenza di
condizioni patologiche attraverso l'effettuazione di adeguati studi
epidemiologici;
d) l’insorgenza di eventi/alterazioni patologiche in modelli
sperimentali animali e/o cellulari.
13
Data quindi la necessità di un approccio multidisciplinare e
considerata la limitata disponibilità di risorse finanziarie, appare
necessario un coordinamento degli sforzi sia a livello nazionale che
comunitario e internazionale.
Negli Stati Uniti il National Science and Technology Council ha
stabilito di sviluppare una strategia di ricerca su base nazionale per il
triennio 1995/1998 nel campo degli ED. Una simile strategia è stata
adottata anche dall’US EPA 4 . Anche la European Science Foundation
ha indicato la valutazione dei rischi sanitari e ambientali derivanti
dagli ED tra le priorità di ricerca per il triennio 1997/1999. Una
trattazione del problema degli ED in tutti i suoi aspetti richiederebbe
spazi molto ampi. Pertanto ci limiteremo in questa sede a fornire una
breve descrizione di una ipotesi scientifica che riguarda la correlazione
tra l’incremento delle alterazioni/nomalie dell’apparato genitale
maschile e l’aumento dei livelli di ED ad azione estrogenosimile
nell’ambiente.
Aumento delle anomalie dell’apparato riproduttivo maschile:gli ED
ad azione estrogenosimile come possibile causa
Negli ultimi decenni si è assistito, in alcuni paesi, ad un aumento
dell’incidenza di tumori testicolari (tumori delle cellule germinali,
seminomi) e ad un probabile aumento dell’incidenza di alcune
anomalie del tratto genitale maschile, quali il criptorchidismo e
l’ipospadia. Parallelamente, secondo alcuni autori, si sarebbe verificato
un declino nella qualità dello sperma e un decremento nel numero
14
medio degli spermatozoi per eiaculato. I motivi alla base dell’aumento
dell’incidenza di queste anomalie sono al momento sconosciuti. E’
stata avanzata l’ipotesi che questi cambiamenti possano essere stati
causati da un aumento del livello di ED ad azione estrogenosimile
nell’ambiente. Il seminoma si sviluppa a partire da uno stadio non
invasivo di carcinoma in situ, le cui cellule hanno le caratteristiche di
gonociti primordiali, con caratteristiche di malignità. In Danimarca,
un’area ad elevato rischio per i tumori testicolari, vi è stato, dal 1940 al
1980, un aumento di quattro volte nell’incidenza del cancro del
testicolo. Aumenti paragonabili sono stati osservati in altri paesi, come
gli Stati Uniti e la Scozia. Anche in zone storicamente a bassa
incidenza, quali la Finlandia, vi è stato un aumento nelle ultime
decadi. Il criptorchidismo e l’ipospadia sono anomalie del tratto
genitourinario che si determinano durante lo sviluppo fetale. Un
raddoppio dell’incidenza di criptorchidismo si è manifestato in
Inghilterra e Scozia nel periodo dal 1950 al 1970. Simili aumenti sono
stati documentati in altri studi. Anche per l'ipospadia è stato riportato
un incremento da parte di un gruppo di studio internazionale.
Riguardo la qualità dello sperma umano, una revisione sistematica
della letteratura sull’argomento, relativa a 61 pubblicazioni con un
numero totale di soggetti osservati pari a 14.947 unità, ha messo in
evidenza una caduta altamente significativa degli spermatozoi
nell'eiaculato da una media di 113 milioni/ml nel 1940 a 66 milioni/ml
nel 1990. Inoltre, il numero di soggetti con oligozoospermia
(concentrazione di spermatozoi < 20 milioni/ml) o con concentrazione
di spermatozoi nella parte bassa dell’intervallo di normalità (20/40
15
milioni/ml) è aumentato, mentre è diminuita la percentuale di soggetti
con un elevato numero di spermatozoi per millilitro (> 100
milioni/ml). Tuttavia queste modificazioni non sono state messe in
evidenza od osservate in alcune delle meta analisi e degli studi più
recenti; inoltre, sembrano esservi variazioni notevoli fra le varie aree
geografiche, di cui si deve tener conto quando si procede alle
effettuazioni di metaanalisi. L’esperienza clinica dimostra che può
esservi un'eziologia comune alla base di tutte le anomalie osservate. Il
seminoma e il criptorchidismo, così come l’ipospadia, sono spesso
associate con un quadro istologico di alterazioni della spermatogenesi.
Inoltre è noto che il cancro testicolare insorge più frequentemente su
testicoli ritenuti. Le basi biologiche per la suscettibilità del testicolo agli
effetti negativi dovuti ad un incremento degli estrogeni risiedono negli
effetti di questi ormoni sullo sviluppo e la funzione delle cellule del
Sertoli nel testicolo fetale. La proliferazione e la funzione delle cellule
del Sertoli sono entrambi fenomeni controllati dall’ormone FSH i cui
livelli sono, a loro volta, regolati per mezzo di una retroazione
negativa dal livello di estrogeni. L’FSH stimola la moltiplicazione delle
cellule del Sertoli e probabilmente regola anche la secrezione
dell’ormone antimulleriano, responsabile della regressione dei dotti
mulleriani (primordio embrionale dell’apparato genitale femminile).
Pertanto, una diminuzione nella secrezione di FSH causata da un
aumento degli estrogeni nel circolo maternofetale può avere un effetto
negativo sulla proliferazione delle cellule del Sertoli e sulla secrezione
dell’ormone antimulleriano. E’ stato suggerito che una alterata
secrezione di tale ormone può portare sia a differenti tipi di condizioni
16
intersessuali sia al criptorchidismo, dato il suo ruolo nella fase
addominale della discesa testicolare. Inoltre vi sono alcune evidenze
che indicano che l’ormone antimulleriano controlla la divisione delle
cellule germinali primordiali: una insufficiente produzione di tale
ormone può causare una abnorme proliferazione di cellule germinali e
quindi potrebbe avere un ruolo nello sviluppo di carcinomi in situ,
quegli stessi carcinomi in situ che nella vita adulta darebbero luogo al
seminoma. La moltiplicazione delle cellule del Sertoli è ristretta, in
gran parte, alla vita fetale e alle prime fasi della vita neonatale ed è
controllata dalla secrezione di FSH. Ogni cellula del Sertoli può nutrire
un numero limitato di cellule germinali regolandone lo sviluppo verso
spermatozoi maturi. Un numero ridotto di cellule del Sertoli è noto
essere un fattore limitante per la spermatogenesi. Inoltre un anomalo
funzionamento delle cellule del Sertoli può avere un impatto negativo
sulle cellule del Leydig e di conseguenza sulla produzione di
androgeni e il normale processo di sviluppo del fenotipo maschile del
feto. Le basi biologiche e fisiologiche per un possibile ruolo degli
estrogeni nelle disfunzioni del tratto genitale maschile sembrano
quindi esistere. Le argomentazioni proposte non sono in contrasto con
il dato, ben noto, del significativo fisiologico aumento dei livelli di
estrogeni materni durante la gravidanza. Infatti gli eventi critici nello
sviluppo testicolare hanno luogo in un periodo molto precoce dello
sviluppo fetale, quando l’incremento nei livelli di estrogeni circolanti
nel sangue materno non ha ancora avuto luogo. Un aumento nei livelli
basali di estrogeni in questo precoce periodo dello sviluppo può avere
un effetto deleterio sullo sviluppo degli organi riproduttivi. Inoltre gli
17
estrogeni endogeni sono legati, per mezzo di un legame ad alta
affinità, alla SHBG (Sex Hormon Binding Globulin) mentre gli
estrogeni sintetici non lo sono. Quindi gli estrogeni sintetici potrebbero
produrre effetti biologici rilevanti anche se presenti a basse
concentrazioni. L’esperienza acquisita con l’estrogeno sintetico DES
indica un ruolo degli xenoestrogeni nelle alterazioni dell’apparato
riproduttivo. Tra il 1950 e il 1970 alcuni milioni di donne in gravidanza
sono state trattate con DES al fine di prevenire l’aborto. Nella prole di
sesso femminile delle donne trattate con DES si è avuto un
significativo aumento dell’incidenza di un raro tumore della vagina e
della cervice uterina, l’adenocarcinoma a cellule chiare. Questi dati
indicano che l’esposizione durante la gravidanza ad un estrogeno
sintetico può causare neoplasie nella prole con un periodo di latenza
notevolmente lungo. In gruppi di soggetti di sesso maschile, figli delle
donne trattate con DES, sono stati osservati pseudoermafroditismo,
malformazioni del tratto urogenitale, quali criptorchidismo e
ipospadia, ed una diminuzione del numero di spermatozoi. Tuttavia
studi prospettici non hanno messo in evidenza né un deterioramento
della fertilità né un incremento del rischio di neoplasie testicolari. Le
evidenze di un progressivo aumento dei livelli di estrogeni ambientali
durante l’ultimo mezzo secolo, conseguenti alla loro aumentata
utilizzazione ed emissione nell’ambiente, derivano da varie fonti. Tra
le diverse modalità di esposizione, quella collegata alle abitudini
alimentari ha, con molta probabilità, una notevole rilevanza. Il
consumo di grassi procapite è stato trovato essere correlato in modo
significativo al tasso di mortalità per il cancro della mammella ed è
18
anche stata avanzata l’ipotesi che la dieta dei paesi industrializzati,
quando paragonata a diete vegetariane o semivegetariane, sia alla base
di una maggiore incidenza di altri tumori, oltre quello della
mammella, cosiddetti ormonodipendenti. In effetti, molti contaminanti
ambientali, identificati come potenziali ED, si accumulano nei tessuti e
quindi negli alimenti di origine animale. Per completezza va ricordato
come, secondo alcuni autori, l’effetto protettivo della dieta vegetariana
sia proprio dovuto alla presenza di elevate quantità di fitoestrogeni,
soprattutto isoflavonoidi e lignani.
In quest'ottica, l'Unione Europea, e l'Organizzazione mondiale della
Sanità hanno patrocinato con programmi specifici ricerche di
approfondimento dell'argomento. Con il termine di "endocrine
disruptors" (ED), sono definiti quegli agenti esogeni che interferiscono
con la produzione, il rilascio, il trasporto, il metabolismo, il legame,
l'azione o l'eliminazione degli ormoni fisiologicamente presenti
nell'organismo. Gli inquinanti ambientali e le noxae professionali
rientrano tra quei fattori che includono anche farmaci, infezioni,
traumi, stati di stress fisici e/o psichici che possono influire
sull'equilibrio del sistema endocrino attraverso molteplici meccanismi
fisiopatologici.
Gli ormoni sono molecole liberate da organi endocrini nella
circolazione sanguigna; da qui raggiungono uno o più tessuti
bersaglio, dove svolgono la loro azione. Cellule secernenti ormoni si
trovano anche in organi, la cui funzione principale non è quella
19
endocrina, quali cuore, tubo gastrointestinale e reni. chimicamente gli
ormoni possono essere proteine, per esempio l'ormone della crescita
(GH), aminoacidi quali triiodotironina (T3) e tetraiodotironina (T4) o
steroidi quali il cortisolo ed il testosterone. Le modificazioni del
sistema endocrino possono essere valutate misurando la
concentrazione sierica di singoli ormoni, in condizioni sia basali sia
dinamiche (cioè a seguito di stimolazioni o inibizioni specifiche) .
Metalli, idrocarburi e agenti fisici possono indurre modificazioni
dell'equilibrio ipotalamoipofisario. In particolare in studi condotti in
vitro e in vivo, è stato evidenziato che elevate concentrazioni di zinco
(Zn) e Manganese (Mn), diminuiscono la secrezione basale, ma non
quella TRHstimolata, di tireotropina (TSH). L'esposizione prolungata a
basse dosi di Mn determina l'incremento della secrezione di Prolattina.
Il Piombo (Pb) compromette la secrezione dell'ormone della crescita
(GH) e delle gonadotropine (LH, FSH). Secondo alcuni studi,
l'esposizione a Pb determina anche iperprolattinemia. Il Cadmio (Cd)
agisce specificatamente sull'asse ipotalamoipofisario nella regolazione
della prolattina, ACTH, GH. Anche il mercurio (Hg) ed il Bromo (Br)
possono alterare la funzione del TSH: il primo riducendolo, il secondo
determinando incostantemente un aumento. I solventi modificano la
funzione ipotalamoipofisaria come ampiamente dimostrato da studi
effettuati su stirene, benzene, toluene, percloroetilene.
In soggetti occupazionalmente esposti a stirene è stato osservato un
incremento dei livelli sierici di prolattina e GH, con FSH ed LH
invariati.