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INTRODUZIONE
La comparsa di una patologia o l’esperienza di essa fa emergere, in tutte le persone,
sentimenti e pensieri non sempre consapevoli che modificano il rapporto individuale sia con il
mondo esterno che con se stessi. Ogni persona umana quando incontra un malessere fisico ha
delle ripercussioni, anche in campo affettivo, procurando qualunque modificazione del suo
stato fisiologico di base: la malattia colpisce sia suo piano fisico che su quello psicologico.
Talvolta l’uomo si ammala o aggrava il suo stato di benessere a causa di difficoltà psichiche
che incontrano nel corso della loro esistenza, quindi qualunque evento morboso, sia benigno
come una influenza o maligno come un cancro oppure qualsiasi altra patologia che colpisce la
persona, produce importanti reazioni emotive, psicologiche e sociali. La perdita o la
mancanza di una funzione generano nell’individuo una importante modificazione
dell’immagine di sé e dello schema corporeo, si crea una vera e propria ferita all’immagine di
sé e in genere provoca una sensazione di angoscia e dolore e, sul piano affettivo, equivale ad
una vera e propria esperienza di lutto: si prova una sensazione di disuguaglianza perché la
persona menomata nell’insieme non si sente uguale agli altri perché manca di qualcosa per
essere “al completo”. Il sentimento di lutto, analogamente a qualsiasi altro lutto, se non
elaborato e accettato può precipitare la persona in uno stato di dolore e di depressione, anche
di alta gravità.
Per quanto riguarda l’argomento trattato sull’emiplegia si tratta di un evento lesivo che
comporta una gravissima alterazione dell’equilibrio psicofisico della persona: viene
compromessa l’armonia relazionale che esiste tra i diversi sistemi funzionali dell’uomo con
conseguenti traumi non solo del sé corporeo, ma anche di quello psichico e sociale. Nel
linguaggio comune l’emiplegico è, genericamente, una persona che non è più in grado di
muovere gli arti e che ha più o meno gravi difficoltà di mobilità. Ma questo significa cogliere
solo la disabilità più visibile. In realtà ci sono altre disabilità ancora più gravi ed invalidanti e
tra esse, importantissima, la compromissione delle funzioni genito-sfinteriche e viscerali che
verranno approfondite in seguito. Prendendo in esame forme meno gravi osserviamo che per
questi soggetti muoversi autonomamente non significa solo incontrare numerose e spesso
invalicabili barriere architettoniche, avere difficoltà di inserimento nella vita lavorativa e
sociale, ma è soprattutto dover fare i conti con l’alterazione della propria identità ed unità
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psicofisica, con la compromissione dello schema e dell’immagine corporea, con l’angoscia
per la mancanza di parti di sé intesa come “senso di frammentazione”, e non ultimo bisogna
fare i conti con i rapporti affettivi. Quindi come abbiamo già detto lo schema corporeo è il
quadro mentale della nostra fisicità, vale a dire il modo in cui percepiamo di esistere come
corpo, ma il corpo è anche ciò che trasforma gli eventi nelle immagini della nostra vita, che
forma l’essenza del nostro vissuto: il significato delle mie mani non è solo nella loro struttura
muscolare e nervosa, ma negli oggetti che riesco ad afferrare e in quelli che mi sfuggono; così
anche per le gambe, il cui significato sta nelle cose che voglio raggiungere o fuggire.
E’ nella relazione col mondo che il corpo può esprimersi con un senso. E’ chiaro che un
corpo isolato dal mondo diventa oggetto, perché viene a mancare quel dialogo grazie al quale
le cose si caricano delle intenzioni del corpo. Inoltre, dal momento che gli atti quotidiani
richiedono molto più tempo e fatica e devono seguire un preciso rituale, non è infrequente
percepire come lunghissimo un istante ed attribuire ad una intera giornata la durata di sole due
o tre ore: basti pensare che il gesto della normale minzione può richiedere anche più di
mezz’ora per un cateterismo o un cambio di assorbente esterno o di raccoglitore, e non può
essere effettuato in un luogo qualsiasi. E alzarsi dal letto e passare in carrozzina può
richiedere parecchi minuti. E’ inevitabile un sentimento di mancanza, di impedimento e
d’inferiorità.
A tal punto bisogna prefissare un obiettivo per valutare, programmare e verificare gli
interventi riabilitativi dell’infermiere e per affrontare la gestione dei pazienti emiplegici
diffondendo le corrette misure di assistenza e di migliorare il grado di recupero. È nostra
convinzione che l’assistenza, anche quando venga standardizzata, non possa non tenere conto
degli aspetti specifici di ogni singolo paziente. Quindi bisogna contemperare la necessità di un
rigoroso approccio, scientificamente fondato, con l’irrinunciabile esigenza di garantire a
ciascun individuo colpito dalla malattia il supporto necessario al soddisfacimento dei propri
bisogni fondamentali. È in quest’ultimo ambito che diviene sempre più importante il ruolo dei
professionisti non medici, portatori di un sapere complementare a quello medico.
Detto ciò, vorrei soffermarmi sull’ importanza della mia ricerca nata dalla curiosità delle
problematicità più diffuse tra i pazienti emiplegici. Durante la stesura della tesi, presa dalla
curiosità, ho utilizzato il social network più diffuso in questi anni (facebook) per effettuare
una ricerca basata sulle problematicità dell’ emiplegico direttamente dal punto di vista delle
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persone e dei familiari che hanno vissuto questa esperienza, volendo captare quali sono le
lagune create a causa delle poche informazioni ricevute dal sistema sanitario.
La verifica della qualità dei risultati ottenuti può dar vita in ciascuna unità di degenza ad una
spirale migliorativa che non può che ripercuotersi positivamente sullo stato del paziente
emiplegico. La prima parte di questo lavoro riassume gli aspetti salienti di questa importante
patologia e la determinazione dei problemi potenziali che possono insorgere nel decorso della
malattia e che vanno tenuti in considerazione al fine di attuare una corretta prevenzione e
degli obiettivi che il piano di assistenza si deve porre.
La seconda parte tratta l’assistenza al paziente emiplegico, l’infermiere visto come cerniera
del progetto riabilitativo individuale. Possiamo notare, nella seconda parte del lavoro
presentato, come l’infermiere in riabilitazione è capace di staccarsi dai panni del
professionista per saper meglio comunicare con i pazienti; deve ri-educarsi e ri-educare il
paziente cercando di rimanere attaccati al proprio compito educativo e riabilitativo per
raggiungere maggiori risultati a livello professionale.
Per i bisogni e i problemi si sono considerati come riferimento le A.D.L: indice delle attività
della vita quotidiana. Per ciascun bisogno sono stati identificati i problemi derivanti dalle
disfunzioni, gli interventi infermieristici destinati alla soluzione del problema e la spiegazione
dell’intervento. Sono state verificate se le prescrizioni infermieristiche e i consigli, da fornire
al paziente e ai suoi familiari al momento della dimissione, sono andati al buon fine. Sono
stati verificati i metodi e la correttezza dell’ assistenza riabilitativa dell’infermiere per le
attività della vita quotidiana durante la riabilitazione psico-fisica e sociale dell’emiplegico.
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Primo capitolo
Il paziente emiplegico
Nel seguente capitolo verranno analizzate le differenze abissali del paziente emiplegico destro
confronto al paziente emiplegico sinistro perché i movimenti del corpo sono difatti controllati
da molte e vaste regioni cerebrali: il movimento delle singole componenti è soggetto al
controllo corticale, mentre è l’area subcorticale quella che regola il movimento coordinato di
interi gruppi muscolari. Questa spiegazione rende più semplice capire che non è corretto che
l’infermiere assiste allo stesso modo un paziente emiplegico destro e ad un paziente
emiplegico sinistro perché la lesione riscontrata determina alterazioni dei processi cognitivi in
modo diverso. Nel paragrafo 1.1 viene descritta l’emiplegia nella sua totalità. Nel
sottoparagrafo 1.1.1 è presentata l’emiplegia destra e i sintomi e i segni del paziente
emiplegico destro, invece, nel sottoparagrafo 1.1.2 presentiamo l’emiplegia sinistra, in ugual
modo all’emiplegia destra anche i segni e i sintomi dell’emiplegico sinistro. Nel paragrafo 1.2
viene introdotta valutazione infermieristica nelle varie fasi che percorre il paziente
emiplegico. Vengono poi descritti nel paragrafo 1.3 i vari trattamenti infermieristici in fase
acuta. Benché gli infermieri desiderano migliorare la salute ed il funzionamento, nel paragrafo
1.4 vengono introdotti i principi fondamentali della qualità dell’assistenza sanitaria. Infine
nell’ultimo paragrafo 1.5 viene descritto un modello teorico di riferimento che riprende i punti
delle attività quotidiane fondamentali per la riabilitazione dell’emiplegico.
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1.1 L’emiplegia
L’emiplegia è un termine che deriva dal greco “emi”: mezzo e “plegia”: colpo, percossa e può
interessare una o più parti del corpo contemporaneamente: può coinvolgere un braccio,
una gamba e talvolta il volto, ma sempre da un solo lato. In alcune forme colpisce tutta una
metà del corpo.
Un’emiplegia può essere dovuta a una lesione della via piramidale, fascio di fibre nervose che
dalla corteccia cerebrale raggiungono vari livelli del midollo spinale e sono preposte
alla contrazione dei muscoli. La lesione ha sede nel lato opposto rispetto agli arti colpiti:
un’emiplegia sinistra corrisponde a una lesione cerebrale destra e viceversa (vedi figura n.1).
Questa lesione a sua volta è la conseguenza di un ictus, un’ischemia (rallentamento
o arresto della circolazione), un’ emoraggia cerebrale, un tumore, un trauma o un’ infezione
del sistema nervoso (ascesso cerebrale).
Le emiplegie connesse a un ictus insorgono all’improvviso e regrediscono più o meno
completamente; quelle che corrispondono a un tumore si manifestano a poco a poco per poi
estendersi e aggravarsi sempre più
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Il cervello è formato da due emisferi, ognuno dei quali “gestisce” in gran parte la metà del
corpo opposta, detta la parte contro laterale (vedi figura n.1) , per questo motivo una lesione
dell’emisfero cerebrale destro, comporterà disturbi della metà del corpo sinistra (emiplegia
sinistra) e viceversa una lesione dell’emisfero sinistro determinerà alterazioni a carico
dell’emilato destro (emiplegia destra). Durante la lettura di questo capitolo emergerà
come l’emisfero destro e sinistro abbiano diverse caratteristiche e come ci siano grandi
differenze anche tra emiplegia destra e sinistra. Va precisato che nessun paziente emiplegico è
uguale ad un altro e questo presupposto deve riflettersi anche nella riabilitazione del paziente
emiplegico, che deve necessariamente essere individuale e personalizzata a seconda dei
disturbi specifici causati dalla zona cerebrale colpita.
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Cf. L’enciclopedia medica, medicina Salute, sito internet www.medicinasalute.com.
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Figura 1 : Rappresentazione sintetica delle abilità degli emisferi.
Viene colpito il cervello e nel cervello si esprimono le nostre capacità cognitive e mentali, le
stesse che ci permettono il movimento, pertanto i disturbi specifici di ogni paziente
emiplegico vanno ricercati nella alterazione dei processi cognitivi, che sarà diversa da
emiplegico a emiplegico. Viene colpito il cervello e nel cervello si esprimono le nostre
capacità cognitive e mentali, le stesse che ci permettono il movimento, pertanto i disturbi
specifici di ogni paziente emiplegico vanno ricercati nella alterazione dei processi cognitivi,
che sarà diversa da emiplegico a emiplegico.
Anche se i disturbi più evidenti dell’emiplegia, sembrerebbero fisici e tangibili come il deficit
muscolare e la spasticità, in realtà queste sono solo le conseguenze di un problema che si
trova a monte e che va individuato nell’alterazione dei processi cognitivi come: l’attenzione,
la memoria, la percezione, la pianificazione del movimento, etc.
Per questo per un corretto recupero dell’emiplegia, la riabilitazione deve coinvolgere con
delle strategie anche i processi cognitivi danneggiati dall’ictus e non ridursi solo alla
mobilizzazione del paziente emiplegico, perché in grado di considerare oltre agli aspetti fisici
come debolezza muscolare e spasticità, anche quelli più nascosti come i deficit cognitivi e
permettere un recupero basato sulla qualità del movimento.