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Introduzione
Wuthering Heights (1847) è unanimemente considerato uno dei testi fondamentali
della letteratura inglese. Il capolavoro di Emily Brontë ha una caratteristica
quantomeno insolita: è il suo unico romanzo.
Tale singolare circostanza ha immancabilmente suscitato perplessità da parte della
critica, e sebbene il romanzo sia stato analizzato in ogni sua componente e
tradotto nelle lingue più diverse, le sue origini sono state ignorate per lungo
tempo. La sua fama, ormai irrigidita nei propri schemi, ne ha ostacolato la
ricostruzione e la diffusione di una visione organica della genesi, sostenuta in ciò
dalla reputazione di genio naturale e privo di qualsiasi rifinitura che la sorella di
Emily, Charlotte, aveva contribuito a conferire all‟autrice.
L‟opera poetica di Emily non era del tutto sconosciuta ai suoi contemporanei - si
tenga presente che la prima pubblicazione della scrittrice, risalente al 1846, fu
proprio la raccolta dei Poems - ma è stata a lungo e quasi completamente
dimenticata, poiché considerata priva di valore letterario. A causa di ciò, tra il
celebrato romanzo e le oscure poesie si è venuta a creare una netta dicotomia.
Tale opposizione, sopraggiunta a posteriori, non trova fondamento nella realtà,
poiché la produzione poetica e il romanzo della Brontë non sono scollegati, ma
costituiscono due diverse espressioni del medesimo apprendistato letterario.
L‟autrice stessa non sconfessò mai nessuno stadio di tale peculiare processo, è
infatti nelle liriche che la Brontë scelse di esprimere se stessa, fissando le proprie
convinzioni più sentite e le emozioni più segrete, sperimentando nel contempo
soluzioni narrative anche complesse e inusuali, defluite in seguito e in larga parte
in Wuthering Heights. Risultato di anni di una preparazione scrittoria approfondita
e pressoché ininterrotta, il romanzo ha così potuto trovare completa realizzazione,
superando l‟immaturità dell‟opera prima.
Questa tesi si propone di esplorare e dimostrare il collegamento tra l‟opera poetica
e il romanzo Wuthering Heights.
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Nel primo capitolo, sostanzialmente biografico, si inquadrerà la scrittrice nel
contesto sociale e culturale in cui visse, con attenzione particolare ai rapporti
umani che la legarono alla sua straordinaria famiglia. Nel secondo capitolo ci si
propone di studiare l‟universo di Gondal, l‟immaginifica saga dai tratti spesso
inestricabili e contraddittori, le cui vicende costituiscono occasione e sfondo di
tante poesie e che per la Brontë significò ben più di un semplice svago. Gli ultimi
due capitoli saranno dedicati alle fondamentali tematiche brontiane: il terzo
esaminerà il profondo e compiuto vincolo che unì Emily alla Natura e alle sue
diverse manifestazioni, il quarto, infine, approfondirà il pensiero religioso,
palesemente fuori dall‟ortodossia cristiana. In maniera sicuramente inaspettata per
la figlia di un pastore evangelico, l‟autrice infatti sviluppò con coerenza le proprie
idee filosofiche e religiose, fino a organizzarle in un‟autentica fede, i cui
componenti principali sono il netto rifiuto del paradiso cristiano, del peccato
originale e della dannazione eterna.
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Capitolo I
Una vita tra le brughiere
Desidero essere come Dio mi ha creato.
Emily Brontë
***
Aveva lo sguardo di un essere fatto di fuoco e d‟aria.
Charlotte Brontë, Shirley
Emily Brontë.
Un nome immortale, legato indissolubilmente ad uno dei capolavori della
letteratura inglese, quel Wuthering Heights entrato di diritto nell‟immaginario
collettivo.
Un nome che evoca i paesaggi spogli d‟inverno e vivacemente tinti di violetto
d‟estate delle brughiere attorno ad Haworth, il paese nello Yorkshire dove Emily
si trasferì all‟età di due anni e dove visse, eccettuate alcune breve parentesi per lei
molto penose, tutta la vita, e dove soprattutto volle vivere.
Un nome che Emily condivide con le sue due sorelle, Charlotte ed Anne, anche
loro autrici, molto diverse da lei e tra loro per sensibilità e temperamento
caratteriale e scrittorio, e che tutte loro agli inizi della carriera vollero occultare,
celando la loro identità femminile dietro un comune pseudonimo androgino, quel
Bell che rievocava le iniziali dei loro nomi (Charlotte diventò Currer Bell, Anne
Acton Bell ed Emily Ellis Bell), in un gioco di rimandi tra realtà fattuale ed
ambigua proiezione del sé.
Strano il destino di Emily Brontë.
Non sentì mai il bisogno di allontanarsi dalle sue brughiere - quelle rare volte che
lo fece fu sempre dietro un‟imposizione, da parte degli altri ma anche di se stessa
- ma nella sua mente esplorò per anni, con una costanza a tratti incomprensibile, a
tratti commovente, Gondal e Gaaldine, due isole del suo vividissimo immaginario.
Bastò sempre a se stessa - a quanto si sa, non cercò mai rapporti umani che non
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risiedessero già all‟interno della sua famiglia - e fu sempre noncurante del
giudizio altrui, tuttavia mai indifferente alle sofferenze delle creature più deboli.
Scrisse per tutta la vita, ma rifiutò tenacemente la celebrità, ed altrettanto
tenacemente l‟universo letterario parve opporsi al suo romanzo, e a lei, rivolgendo
aspre accuse d‟immoralità e volgarità a Wuthering Heights e al suo autore, accuse
che parvero cristallizzarsi per circa centocinquant‟anni, durante i quali il nome dei
Bell rimase legato essenzialmente ai lavori di Currer - Charlotte, l‟unica delle
sorelle che veramente conobbe la celebrità, e vide riconosciuto il suo talento
ancora in vita.
La visione di Emily era troppo affilata, troppo potente, troppo realistica, per poter
essere compresa dai suoi contemporanei, che infatti riconobbero il talento di
Charlotte, anch‟esso notevole ed energico, ma meno complesso ed inquietante,
forse più convenzionale, sicuramente più adatto alla rigorosa epoca vittoriana.
Nemmeno Charlotte riconobbe il genio di Emily nella sua pienezza, se nella
Biographical Notice della nuova edizione del 1850 di Wuthering Heights e Agnes
Grey poté scrivere:
Se solo fosse vissuta, la sua mente sarebbe cresciuta come un albero forte,
più elevato, più dritto, più ampio (…) su quella mente solo il tempo e
l‟esperienza potevano lavorare; lei non era soggetta all‟influenza di altri
intelletti.
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Dopo la morte prematura della sorella, avvenuta il 19 dicembre 1848 a soli
trent‟anni, Charlotte si frappose tra lei e il mondo, come se fosse stata convinta
che la genialità di Emily non potesse essere lasciata libera di esprimersi nuda nella
sua selvaggia purezza, e che necessitasse dei filtri che solo il labor limae di
un‟affezionata sorella poteva garantirle. Fatto alquanto curioso, se si tiene
presente che fu proprio Charlotte, scoprendo per caso le poesie di Emily, ad
insistere affinché si procedesse alla loro pubblicazione, circostanza che costituì la
genesi dei Poems by Acton, Currer ed Ellis Bell, la raccolta poetica dove
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Paola Tonussi, La voce della brughiera, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1998, 674.
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trovarono collocazione i componimenti di tutte e tre le sorelle, e che fruttò loro la
vendita di due copie e la scelta dei rispettivi pseudonimi.
Ciò che Emily non le permise mai di fare in vita, di eleggersi a mediatrice tra
l‟universo immaginifico e scrittorio della sorella e il mondo sensibile estraneo alla
protettiva culla di Haworth, Charlotte ritenne suo dovere compiere dopo la sua
morte, contribuendo al consolidamento dell‟immagine di Emily come “dio
bambino”, una magnifica promessa stroncata all‟alba di una rigogliosa messe. Agì
in perfetta buonafede, pensando di tutelarne la memoria, unica superstite qual‟era
della famiglia Brontë; o forse anche di promulgarne il tal modo l‟eredità letteraria,
rendendola più accettabile agli occhi contemporanei, in cerca di quel
riconoscimento che Emily non vide mai. Tuttavia non conseguì risultati
apprezzabili.
Il riconoscimento della straordinaria potenza evocativa della scrittura di Emily
dovette aspettare il XX secolo per uscire dal ruolo secondario di “pasticcio
letterario” in cui era stato relegato, e fu solo nel 1926 che Charles Percy Sanger,
nel suo saggio The Structure of Wuthering Heights, trovò la chiave di volta del
romanzo e della sua autrice, mettendo in luce le sottigliezze di un intreccio
complesso e perfettamente coerente, fino ad allora quasi universalmente frainteso.
Per la prima volta Wuthering Heights sopravanzò Jane Eyre, e Charlotte cedette il
titolo di genio di quella famiglia straordinaria ad Emily, che da allora lo ha
sempre mantenuto. Fu una sorpresa non da poco scoprire tale potenzialità in una
anonima fanciulla di campagna, non bella, colta non nel senso classicista del
termine, che aveva trascorso tutta la sua vita, ad eccezione di rare e brevi
interruzioni, nell‟anonimato di un piccolissimo villaggio dello Yorkshire, sebbene
la sua vita avesse già in precedenza destato curiosità, se nel 1912 Jean Webster,
nel suo Daddy-Long-Legs aveva potuto osservare, per bocca della sua
protagonista Judy Abbott:
Emily Brontë era abbastanza giovane quando ha scritto il suo romanzo, e
non era mai andata oltre il sagrato della sua parrocchia. Non aveva mai
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conosciuto uomini nella sua vita; come ha potuto immaginare un uomo come
il signor Heathcliff?
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Ora a stupire (ed incantare) è l‟altezza vertiginosa in cui si libra il suo talento,
giunto già a piena maturazione nell‟esperienza del suo primo, e purtroppo
solitario, romanzo, quella stessa opera prima di cui Charlotte aveva deplorato
l‟immaturità.
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Il secolo XX è quello della consacrazione di Emily come pilastro
della letteratura romantica inglese, quello della nascita della sua leggenda, e in
parallelo delle numerose congetture che avvolsero la sua persona, la sua vita, e la
sua famiglia tutta. Di queste alcune sono perlomeno singolari, come quella che
vuole il fratello Branwell autore dei primi diciassette capitoli di Wuthering
Heights (ipotesi facilmente confutabile, dato che il romanzo è un unico blocco
monolitico, al quale niente può essere aggiunto o levato senza che l‟intera
costruzione imploda miseramente, e che ancor meno può reggere la co-presenza di
due autori dalle sensibilità così distanti). La scarsità delle notizie che riguardano
Emily in prima persona,
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però, se da un lato restituisce una figura dai contorni
sfumati, indistinti, e non sempre verificati e verificabili, dall‟altro la protegge da
quel riflusso di illazioni anche morbose che con imbarazzante regolarità tendono
ad affacciarsi per l‟opera e per la vita di Charlotte.
Parlano per lei le sue opere, e questo forse è il miglior termine di presentazione
per una persona che come lei fece del riserbo un proprio vessillo e della solitudine
una compagna devota, secondo l‟accorto ritratto immortalato da Elisabeth Gaskell
nelle pagine della sua Vita di Charlotte Brontë:
Insisto sul termine riservatezza distinguendolo dalla timidezza perché
immagino che mentre alla timidezza piacerebbe attrarre ma non sa come
2
Jean Webster, Papà Gambalunga, Novara, De Agostini, 1993, 37.
3
Beatrice Solinas Donghi, Al di qua della leggenda, Pasian di Prato, Campanotto Editore, 2001,
108.
4
Di suo pugno quasi niente è rimasto: ad eccezione del romanzo e delle centoottantotto poesie,
solamente due diary papers, stralci di diario, stilati ogni quattro anni in contemporanea alla sorella
Anne in occasione del suo compleanno, il 30 luglio, ed alcune lettere indirizzate alla signorina
Ellen Nussey, amica carissima di Charlotte, e da lei conservati insieme alle lettere di quest‟ultima.
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farlo, il riserbo è indifferenza di piacere o no agli altri. Anne era come la
sorella maggiore, timida; Emily riservata.
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Emily riservata lo era veramente, a tratti anche ostinata e intransigente, tesa
com‟era a proteggere l‟universo sfaccettato della sua intimità. Alcuni episodi dei
pochi che sono stati strappati all‟oblio che avrebbe dovuto circondare la sua
figura, in parte per decisione sua propria, in parte per incuria e imposizione altrui,
lo dimostrano con una forza sconcertante, come quando Charlotte, nell‟autunno
del 1845, scoprendo per caso alcuni quaderni che Emily aveva dimenticato di
riporre, si arrischiò prima a sfogliarli e poi a leggerli, scoprendo le poesie che la
sorella stilava di notte, e che rappresentavano la parte più intima e preziosa del
suo ricchissimo mondo interiore.
Charlotte venne immediatamente scossa dalla potenza evocativa che trapelava dai
versi della sorella minore, e fu con raro acume che vi riconobbe l‟impronta di un
autentico e travolgente talento poetico. Con coerenza commovente rimase
convinta di ciò per tutta la vita, nonostante il nome di Emily Brontë venisse
illuminato stentatamente dalla luce sfavillante riflessa da quello di Charlotte
Brontë, se prima poté scrivere privatamente, in una lettera al suo editore, William
Smith Williams:
Non conosco altra donna che abbia mai scritto poesia come quella - energia
concentrata, chiarezza, rifinitura - uno strano pathos forte sono le loro
caratteristiche - completamente diversa dalla prolissità debole - la verbosità
cesellata ma flebilissima che stemperano gli scritti di poetesse anche molto
famose.
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E successivamente sostenere pubblicamente, nella Biographical Notice della
nuova edizione del 1850 di Wuthering Heights e Agnes Grey:
Meritano di essere conosciute solo le poesie di Ellis Bell. La ferma
convinzione che avevo, e che tuttora ho, del valore di quelle poesie non è
5
Elizabeth Gaskell, La vita di Charlotte Brontë, trad. di S. Buffa di Castelferro, Milano, La
Tartaruga edizioni, 2006, 118-119.
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Paola Tonussi, La voce della brughiera…, 588-589.
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stata per la verità confermata da molte critiche favorevoli; ma malgrado tutto
sono costretta a conservarla.
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Ma tutto questo era ancora avvolto dalle nebbie dei giorni a venire, in quella fatale
giornata d‟autunno, in cui la reazione di Emily alla mancanza di discrezione della
sorella, fu, com‟era prevedibile, veemente e imperiosa; l‟inevitabile replica ad un
vero e proprio oltraggio della sua persona, quale considerava l‟atto di Charlotte, e
alla quale Charlotte stessa non era consapevole di andare incontro. Tuttavia
affrontò l‟ira di Emily e pazientemente riuscì a persuaderla ad attuare il progetto
che l‟aveva incalzata dal primo momento dell‟inattesa scoperta: la pubblicazione
delle stesse. Furono le poesie di Emily lo stimolo primo della grande avventura
che le sorelle si decisero a tentare, e che liberò l‟ambizione scrittoria di tutte e tre,
fino a quel momento tenuta accuratamente nascosta: avventura che diede origine
come primo atto alla scelta di poesie Poems by Currer, Ellis and Acton Bell, che
vedeva raccolti ventuno componimenti di Emily ed Anne e diciannove di
Charlotte, disposti in modo da alternare, a rotazione, le tre autrici. I Poems,
pubblicati a spese delle autrici nel 1846, devono la loro notorietà al fatto curioso
di aver venduto, in totale, solamente due copie.
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Ma la loro nodale rilevanza, nonostante siano passati quasi completamente sotto
silenzio, trova consistenza nel fatto di aver costituito l‟apripista alla pubblicazione
dei romanzi fondamentali delle sorelle Brontë, Jane Eyre per Charlotte, Agnes
Grey per Anne e Wuthering Heights per Emily.
Fu con i Poems che le tre sorelle si decisero ad imboccare la via della
pubblicazione, non quella della scrittura, dacché scrivevano da tutta la vita, e a
lasciare sciolte le briglie dell‟ambizione, che fino a quel momento era rimasta
costretta dietro i pannelli perbenisti della società vittoriana, che voleva la donna
regina delle arti domestiche, prettamente femminili, ed estranea a qualunque
scintilla di pensiero altro. A tal proposito è preziosa testimonianza, nonché
7
Ivi, 588.
8
Le generalità di uno dei due compratori rimasero celate, mentre il secondo, Frederick Enoch di
Warwick, dopo aver letto ed apprezzato i Poems, scrisse alla casa editrice per richiedere gli
autografi degli autori. Fu accontentato: ricevette da Londra, per evitare ogni possibile indizio
sull‟identità dei Bell, un unico foglio di carta, che conteneva le tre preziose firme.
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esempio di cecità letteraria, la lettera che Robert Southey scrisse nel 1837 a una
giovane Charlotte in cerca di consigli sulle sue velleità letterarie:
Signora, la letteratura non può essere l‟occupazione della vita di una donna e
non dovrebbe esserlo.
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È in questo contesto che si colloca la scelta degli pseudonimi, fortemente voluta
da Emily, che la frappose come condizione essenziale alla pubblicazione, ma
condivisa anche da Charlotte ed Anne: proteggendo il loro anonimato e la naturale
riservatezza, le schermava inoltre dai pregiudizi e dai facili moralismi che il
vedere stampato un nome femminile sullo spazio autoriale della copertina di un
libro poteva innescare.
Decisero di mantenere le proprie iniziali e un cognome comune; la scelta del
quale cadde su Bell, che fu loro ispirato forse dal nuovo ed allora oscuro curato
del padre, Arthur Bell Nicholls, o forse dalle nuove campane della chiesa di
Haworth. Inoltre non optarono per un nome che richiamasse un‟origine maschile,
ma preferirono attribuire un alone androgino alle loro persone pubbliche. Fu così
che Charlotte divenne Currer, Anne Acton, ed Emily Ellis Bell. Lo pseudonimo di
Emily forse doveva qualcosa alle origini irlandesi della sua famiglia, e in special
modo alla nonna paterna Aylis (Alice); inoltre il romanziere e poeta Walter Scott,
amatissimo in casa Brontë, aveva dedicato il quinto canto di Marmion al poeta
George Ellis. Probabilmente questo nome aveva avuto modo di risuonare più volte
nelle stanze della piccola canonica di Haworth.
Il passo successivo fu quello di trovare un editore di comprovata serietà, e la
scelta cadde per i tipi della Aylott & Jones, specializzati nella pubblicazione di
poesia, che accettarono di pubblicare i Poems a spese dell‟autore, e infine lo
snello volumetto di centosessantacinque pagine vide la luce nel maggio 1846. Le
prime recensioni apparvero due mesi dopo, e il loro tenore fu tale da confermare
l‟opinione di Charlotte sulla grandezza di Emily come poeta. Sydney Dobell, nella
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Charlotte, Emily, Anne Brontë, Un così forte desiderio di ali: lettere 1829-1855, a cura di F.
Gollini, Ferrara, Luciana Tufani Editrice, 1997, 62.