del nazismo in Germania:notiziole di quattro righi sui pr imi tafferugli tra fazioni
rivali,nonché molti articoli attorno alle conversazioni internazionali sulle cosidette
"riparazioni" che la Germania doveva pagare ai paesi vincitori della prima guerra.
Quando mi fu fatto notare che molta parte del materiale fotocopiato non era attinente
all'argomento della tesi,mi dedicai alla ricerca mirata di elementi più specifici.In seguito
ad ulteriori ricerche nei cataloghi dell' Emeroteca,scoprii la raccolta del settimanale
<<La Patria>>, ovvero proprio l'organo di stampa del Fascio italiano in Venezuela.
Quella raccolta fu una vera "manna",perché mi permise di poter cominciare ad entrare
f is icamente nell' affasc inante s tor ia di quegli anni.Gli annunc i delle manifes tazioni,gli
invit i ai "c amerati", le loc andine che chiamavano alle proiezioni dei f ilms dell'I s t ituto
Luce,gli elenchi con i nominativi dei sostenitori,mi facevano compiere un balzo indietro
nel tempo.Mi sembrava di incontrare quegli emigranti italiani mentre scendevano
confusi e storditi dalle navi al porto di La Guaira dopo le lunghissime
traversate;Purtroppo la raccolta di questo giornale,così come quella dell'altro periodico
del Fascio <<El Eco de la Patria>>,si fermava,per motivi a me ignoti,al 1935 e non fu
possibile reperire in alcuna biblioteca le annate seguenti,sempre che siano state
pubblicate.
L'altro luogo caraqueño dove potei trovare materiale che mi apparve subito prezioso,fu
la Bibliotec a dell'Acc ademia.Qui fui par tic olarmente for tunato:nel catalogo per
soggetti,sotto la voce "fascismo" trovai l'<<Informe sobre actividades de la quinta
columna...>>.Un opuscolo del 1942 che mi fu di grandissima utilità in quanto s i trattava
di un documento ufficiale del Congresso venezuelano contenente la relazione di alcuni
deputati democratici,circa l'esistenza e l'attività dei gruppi nazi-fascisti in Venezuela.La
pubblicazione mi consentì di capire l'atmosfera che dovette circondare le istituzioni
fasciste in Venezuela quando nel paese fu instaurato un governo di tipo
parlamentare,dopo la fine del periodo gomecista,dal 1935 in poi.
Nella s tes sa bibliotec a reper ii, l' altro volume che risultò altrettanto illuminante per
l'analisi di quegli anni dal punto di vista dei movimenti di sinistra e
antifasc is ti:l'opuscolo <<Nuestro peor enemigo>> di Gustavo Machado.
La sorpresa maggiore però la ebbi nello scoprire un volumetto rilegato in finta
pelle,scritto in italiano,che era una specie di almanacco:si trattava de <<Gli italiani in
Venezuela>> scritto nel 1931 da Ermenegildo Aliprandi.Da questo volume ricavai
numerose notizie sulla consistenza e sulle attività dei nostri connazionali e sulla loro
par tec ipazione alle attività del Fasc io,poic hé il volumetto era in pratic a una sor ta di
relazione al Duc e del fasc ismo.
Ad un certo punto dell'analisi dei documenti,mi resi conto che proprio questa attività
non appariva più tanto fervida:ciò accadde a Roma quando seguendo il prezioso
cons iglio del profes sore Renzo De Felic e, il quale mi aveva previamente fornito di una
lettera di presentazione,cominciai a consultare le carte relative al Venezuela conservate
nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri.
Apparivano sempre meno citati i nomi dei Segretari dei Fasci italiani in Venezuela:in
prima persona agivano i Rappresentanti della Regia Legazione e spesso questi stessi si
soffermavano c rit ic amente a sottolineare l' incapac ità degli uomini del Fasc io nel
risolvere le questioni politiche o nel gestire i rapporti con il governo locale.
I rappresentanti diplomatici erano comunque uomini del partito,anzi espressione della
sua ideologia e per lo più certamente più attrezzati culturalmente per affrontare una
s ituazione che,con l' affermars i della dit tatura in I talia, c ominc iava a r ic hiedere maggiore
c ircospezione e abilità nei rappor ti con la stampa e le autor ità loc ali.
I Rappresentanti erano senza dubbio dei ferventi fascisti impregnati di italianità
eppure,esaminando le relazioni politiche che essi inviavano al Ministero degli Esteri,mi
colpì un aspetto che ritengo opportuno sottolineare:dal 1923 e fino al 1935,essi davano
un quadro terrificante e assai critico della dittatura gomecista.I dispacci non
nascondevano un disagio fortissimo nel descrivere la crudezza di quel tiranno;il c he fa
apparire abbastanza incongrua la tesi espressa dallo storico Alberto Filippi nel suo
saggio dal titolo <<Historia y Razones de la Italo-Venezolanidad>>,edito nel 1992 a
Caracas,in occasione del quinto centenario della scoperta dell'America.Secondo tale
saggista "le concomitanze ideologiche facevano riconoscere quello di Gomez come il più
vicino al regime italiano,tra tutti quelli presenti in sudamerica".
Un altro aspetto attinente al primo,che mi sorprese,fu che all'epoca di Gomez,come
risulta dall'analisi della stampa governativa,che era la voce ossequiosa del dittatore
venezuelano,non vi fu nel paese sudamericano eccessiva simpatia verso il regime
fascista o verso il Duce italiano.In quel vasto arco di tempo che copre la dittatura
gomecista furono poche le relazioni diplomatiche,scarse le visite di cortesia;l'episodio
più notevole fu la concessione dell' ordine del Libertador a Benito Mussolini nel
1922,cosa che nel 1923 il governo italiano ricambiò intitolando a Bolivar una piazza a
Roma nel quartiere Montesacro;nel 1935 vi fu poi l'inaugurazione di un monumento in
Roma all'eroe sudamericano,ma il monumento fu fatto costruire a spese delle
repubblic he bolivar iane (Colombia,Bolivia,Venezuela) .
Queste cerimonie erano secondo Filippi, la manifes tazione di un progetto "panlatino"
caro al Duce,per il quale i paesi latini avrebbero dovuto costituire un blocco contro i
paesi anglosassoni.
Per il resto le relazioni tra i due governi furono improntate sempre al più freddo
formalismo,come ad esempio gli scambi di auguri in occasione degli anniversari
dell'indipendenza del Venezuela o del compleanno del re d'Italia.Nessuna cerimonia
celebra,da parte del governo venezuelano,gli anniversari della marcia su Roma o della
entrata dell'Italia nella guerra del 1915,che pure vennero commemorate con grande
risalto dalle organizzazioni fasciste locali.
Questo atteggiamento di freddezza si rifletteva nella stampa venezuelana,la quale non
mancava di sottolineare con sarcasmo ogni azione del governo italiano.
Sempre tra i documenti dell'Archivio Storico del Ministero Affari Esteri,scoprii il
perché della mancanza totale di carte provenienti direttamente dagli uffici del Fascio di
Carac as e delle altre sedi:tutto l' arc hivio di ques te Is tituzioni nel 1940 era stato
smobilitato e por tato nella sede del Consolato d' I talia di Carac as ,ove mi rec ai senza
alcun risultato.Tutto il materiale relativo al Fascio,era probabilmente stato distrutto o
andato smarrito nel corso dei molteplici cambiamenti di sede del Consolato
stesso.Ulteriori ricerche nella biblioteca dell'Ambasciata d'Italia in Caracas mi fornirono
un discreto numero di documenti,ma non si trattava mai di carte relative all'opera del
Fascio,bensì di documenti sui rapporti politici italo-venezuelani:il cos idetto <<Libro
Amarillo>>.Esso conteneva i trattati commerc iali,la legge sugli s tranier i del 1939, la
dichiarazione di neutralità del Venezuela,la storia delle navi italiane rifugiate nel porto
di Puerto Cabello,la rottura finale delle relazioni diplomatiche ecc.
Per quanto riguarda i capitoli relativi alla polit ica migrator ia pos tunitar ia e del
fascismo, molti testi sono stati reperiti nella Biblioteca del Ministero degli Esteri,mentre
per la politica immigratoria del Venezuela in epoca gomecista e dopo,i testi sono stati
consultati nella citata Biblioteca dell'Accademia di Caracas.
Per concludere,ringrazio i seguenti Enti ed Istituti presso i quali ho eseguito le mie
ricerche:
a Caracas:Emeroteca Nacional del Pantheon;Biblioteca de la Academia;Ambasciata
d' I talia;Consolato Generale d'I talia;
a Roma:Archivio Storico e Biblioteca del Ministero Affari Esteri;Archivio Centrale
dello Stato;Bibliotec a di Studi Storic i della Facoltà di Sc ienze Politic he dell' univers ità la
Sapienza di Roma.
Un ringraziamento speciale va al Professor Mons.Gianfausto Rosoli e alla
professoressa Marisa Vannini e al professor Renzo De Felice per le preziose indicazioni
fornitemi e senza i quali mai sarei r iusc ito in tale lavoro.
Roma lí 07/02/1996
Lorenzo D. Belardo
CAPITOLO I
LA POLITICA IMMIGRATORIA DEL VENEZUELA E LA
PRESENZA ITALIANA NEL PAESE
La presenza italiana in Venezuela alla f ine del XIX secolo e nei pr imi
decenni del XX,se paragonata a quella in altre nazioni,non era delle più
cospicue.Le statistiche riportano che all'inizio del '900 essa raggiungeva
appena le tremila persone,mentre il Brasile e l'Argentina già superavano
le trentamila presenze di italiani
(1)
.
In effetti il Venezuela era allora poco noto,oppure conosciuto come un
paese di continue rivoluzioni e di continui disordini,dove chi cercava la
tranquillità e il lavoro non si sarebbe mai sognato di andare.Come
racconta lo storico venezuelano Ramon Velasquez "il Venezuela del XIX
secolo fu sempre in presenza di sommosse politiche e di guerriglia.Mai vi
fu una vera tranquillità.Il nostro paese era caratterizzato da povertà e da
guerra civile.Cosa poteva attrarre la massa di immigrati in un paese nel
quale anche le più elementari comodità restavano ignorate e dove alla
povertà si univano le continue minacce di guerra ? Una guerra che
minacciava precisamente coloro che possedessero una bella casa,un'
attività prospera o una azienda agricola o un allevamento.C' é un detto
famoso del XIX secolo:<<Quello che non si prende la rivoluzione,se lo
prende il governo>>.
A quel tempo poteva arrivare in casa una pattuglia di rivoltosi e
prendersi tre o quattro ragazzi per ingrossare le proprie file.Poi se
rimaneva qualche giovane,arrivava il governo e lo reclutava,lo stesso
toccava al bestiame e al raccolto"
(2)
.
I governi del Venezuela,fin dai primi anni dell' indipendenza (luglio
1811) si erano resi conto della necessità di popolare il vasto territorio
mediante l'immigrazione europea;Suarez Santiago riporta che nel 1813
Simon Bolivar invitava "gli stranieri di qualunque nazionalità e
professione a stabilirsi in queste regioni"
(3)
,il governo avrebbe garantito
sicurezza personale e proprietà.
Nel 1830 il problema dell'immigrazione era presentato come questione
di vita o di morte per il paese,e nel 1831 Antonio Leocadio Guzman lesse
al congresso un rapporto nel quale affermava che agli occhi del governo
l'immigrazione era la "grande necessità del Venezuela"
(4)
.Sempre dal
Santiago veniamo a sapere che:"il territorio doveva essere popolato da
agricoltori,dalla prosperità dell'agricoltura,dalla tolleranza religiosa e
dalla stabilità delle istituzioni,sarebbe dipesa in seguito la desiderata
immigrazione di artigiani e di capitalisti"
(5)
.
Nel 1855 Cecilio Acos ta (altro intellettuale venezuelano) non cessa di
sottolineare la nec es s ità dell' immigrazione: "dalla fondazione della
repubblica non ci fu altro grande rimedio ai mali del paese se non l'
immigrazione che fu voluta e promossa con la legislazione"
(6)
.
L'idea base di tutta questa ampia legislazione,tra il 1823 e il 1936 fu
sempre,come sottolinea la saggista Marisa Vannini,"quella di stimolare
l'arrivo degli immigrati e di spronarli a far patria comune con i
venezuelani"
(7)
.
La prima di tali leggi risale al 13 giugno 1823 e offriva agli immigrati
titoli di proprietà su terre <<ociosas y sin cultivo>>,carta di
naturalizzazione ed esenzione dalle imposte per un periodo di dieci anni
(8)
. Quella prima legge fu seguita da cinque analoghi provvedimenti
nell' arc o di c ento anni:la legge Guzman e la Codazzi nel 1840,la legge
Acosta nel 1874,la legge Crespo nel 1893,e quella concepita da Adriani e
Pietri nel 1936.Ricorda lo storico venezuelano Rafael Pineda che, "in
origine il visto si concedeva agli originari delle Canarie e ai tedeschi,poi
si generalizzò per subire un arresto ai tempi della dittatura di Vicente
Gomez...Comunque il pensiero basilare che é sopravvissuto,a
prescindere dalle caratteristiche dell' epoca,é il concetto di invitare l'
emigrato a fare patria comune con il venezuelano"
(9)
.
Però,come segnala l'economista Maza Zavala,"ancora nel 1838 i
venezuelani morivano a causa di malattie tropicali generate da
arratratezza,dalla miseria e dall' ignoranza...la malaria, la febbre
gialla,il tifo,la dissenteria,la tubercolosi,la sifilide,la polmonite
falcidiavano la già esigua popolazione"
(10)
.Quindi il Venezuela non si
presentava come un paese ospitale e sicuro per gli emigrati,sia per le
condizioni ambientali,sia per le continue lotte tra fazioni e caudillos e per
l'alternarsi di epoche di crisi con altre di abbondanza che,rendevano
incerto l'avvenire per chi cercava una nuova terra dove stabilir s i
definitivamente.
La popolazione del Venezuela era scarsa in rapporto alla estensione del
territorio e la sua crescita era definita lenta,moderata,inferiore a quella dei
paes i amer ic ani e anche di quelli europei. Intorno al 1825 essa era scesa
ad un livello minimo,con appena 659.633 abitanti.Diminuiva la natalità e
cresceva la mortalità;infatti,come afferma Suarez Santiago, "le
modalità,le sfumature e in generale i sistemi introdotti con le numerose
leggi e decreti per l'immigrazione [tra il '21 e il '36 ve ne furono ben
ventitré] non raggiungono il fine perseguito...tutte le società cui si affida
il compito di accrescere l'immigrazione falliscono nell'intento...le
migliori volontà si piegano contro l'incuria del governo e le debolezze
delle finanze pubbliche.Si fondano colonie che declinano rapidamente
nell'abbandono per i cattivi raccolti o per le malattie"
(11)
.
Trascurabili nuc lei di italiani giunsero in Venezuela s timolati dalle
chiamate fra parenti;la provenienza era da determinate regioni
italiane,soprattutto dalla Liguria e dall' isola D'Elba,da cui già da tempo
esisteva un traffico commerciale marittimo con i paesi d'oltre oceano.Tra
il 1840 e il 1870 le colonie italiane,pur ancora poco numerose,
raggiunsero uno sviluppo economico notevole,tanto che gli italiani
assunsero il monopolio del commercio nelle zone di stanziamento,che
all'epoca erano prevalentemente quelle andine.La corrente migratoria
cessò in seguito alla guerra c ivile in Venezuela e gli emigrati r ipresero la
via dell' Argentina e del Brasile
(12)
.
Con il Decreto 14 gennaio 1874 il governo di Guzman Blanco
promosse l'immigrazione offrendo vantaggiose condizioni e allettanti
promesse ai lavoratori stranieri.Il governo venezuelano si impegnava a
pagare il viaggio e a dare sussidi durante i primi tempi di
permanenza;garantiva inoltre libertà religiosa e di insegnamento e sconti
sulle imposte.Il governo assicurava pure un'adeguata occupazione agli
immigrati;a tal scopo era stato creata una apposita Dirección General de
Immigración
(13)
.
Il ritmo dell'immigrazione si intensifica nel triennio 1874-77 tanto che
in quest'ultimo anno gli italiani presenti in Venezuela ammontano a
2.764,le rilevazioni successive valutano 3.237 e 3.030 unità
rispettivamente per gli anni 1881 e 1891
(14)
.
Ma nonostante il lieve aumento gli italiani erano rimasti in numero
assai ridotto in Venezuela,rispetto agli altri grandi paesi del Sudamerica
(15)
.
Abbiamo visto come in Argentina e Brasile le quote di immigrati
fossero state sempre maggiori.Indubbiamente il minor flusso
immigratorio di italiani verso il Venezuela era determinato dalla scarsa
informazione che gli organi preposti,sia in Italia che da parte del
Venezuela, fornivano intorno alle ampie poss ibilità d'ac coglienza del
paese.
Nel suo lavoro <<Storia dell'immigrazione in Venezuela>>, Nicolas
Perrazzo ci informa sulla carenza di informazione che si aveva nel
vecchio continente circa il Venezuela,egli riproduce una lettera che il
tenente colonnello Ruperto Hand,eroe dell'indipendenza,inviò al
Presidente venezuelano Jose T.Monagas il 1 settembre 1847.In questa
missiva da Londra,l'ufficiale affermava:"in questo paese -la Gran
Bretagna- dove trovano spazio quantità enormi di popolazione che
muoiono di fame,il Venezuela e le sue fertili campagne son quasi
sconosciute e se si parla con qualche persona più informata si trova che
ci si conosce solo per le rivoluzioni e per le sommosse continue e dove
nessuno che desideri tranquillità oserebbe andare
(16)
.
Nel 1892 il Capo dello Stato Andres Palacios,nel messaggio al
Congresso venezuelano,doveva ancora una volta riconoscere che "le leggi
promulgate dal governo non sono state in grado di garantire una nuova
patria a chi abbandonava la propria. Fino a questo momento
l'immigrazione é soltanto servita a far arricchire gli speculatori con i
loro ignobili traffici"
(17)
.
Una maggiore presenza italiana viene registrata tra l' inizio del XX
secolo e la prima guerra mondiale.Nel 1915 la presenza italiana in
Venezuela raggiunge infatti le 9.426 unità
(18)
.
In quegli anni l'esodo dall'Italia si era trasformato quasi in una fuga di
massa ed il fenomeno aveva finito quindi con l' interessare anche il
Venezuela.
Nel primo dopoguerra continua,dopo la stasi del periodo bellic o, la
crescita del flusso migratorio verso le mete
tradizionali:USA,Bras ile,Argentina.Per il Venezuela l' inc remento res ta
comunque minimo:i primi tre paesi assorbono tra il 1874 ed il 1930 l'80
% della emigrazione italiana verso paesi extraeuropei,mentre il
Venezuela ne assorbe solo l'8 %
(19)
. Con le restrizioni imposte
all'emigrazione dagli Stati Uniti con il Liberacy Act del 1921 e con la
saturazione degli altr i due sboc chi (Bras ile e Argentina) , s i iniziò in I talia
una qualche campagna per orientare il flusso dell' emigrazione
transoceanica verso il Venezuela .
L'incaricato d'Affari Italiani Ubaldo Chiara,nel rapporto datato 25
maggio 1921
(20)
,indirizzato al ministro degli esteri Sforza,sottolineava
che:"nei riguardi della nostra emigrazione S.E. Itriago Chacin
(21)
,mi
dichiarò che il suo governo avrebbe appoggiato le correnti migratorie
italiane che si fossero orientate verso il Venezuela dove,troppi sono i
terreni incolti e disabitati.Affermò che il paese ha bisogno di molti
lavoratori stranieri e che fra tutti l'esperienza consigliava di preferire gli
italiani".
Il Rapporto
(22)
ci fa intendere anche il motivo per cui l' emigrazione
italiana di quel periodo,si orientò verso stanziamenti posti negli Stati
Merida,Trujillo e S. Cr is tobal, tutt i ai c onf ini c on la Colombia, es so infatt i
così proseguiva:"é degna di nota l'insistenza del Sig. Chacin nell'
indicare gli Stati Merida,Trujillo e S. Cristobal come i più adatti per
clima e per ricchezza a ricevere correnti migratorie italiane...il che
coincide col pensiero di altri esponenti del governo.Merida,Trujillo e S.
Cristobal,sulle Ande,verso il confine con la Colombia,ospitano già
piccoli nuclei di lavoratori italiani che vi hanno trovato effettivamente
buone condizioni di vita.Il governo segue con l'attenzione più interessata
quanto avviene in quegli Stati,per la loro ricchezza agricola e perché
paesi d' origine della famiglia di Gomez...Inoltre tutti i tentativi
rivoluzionari contro il potere del Generale,partendo dal territorio
colombiano hanno fatto centro,della loro azione in Venezuela,questi
Stati,ove devastarano le proprietà private del Presidente e del suo
sostituto provvisorio Marquez Bustilles .
Per di più il governo del Venezuela,quando pensa all' eventualità di
guerra,non ne prende in considerazione che una,quella con la
Colombia,per questo non potrebbe vedere che con piacere la bandiera di
una grande potenza su alcune concessioni in prossimità del confine...
Tra le grandi potenze si cerca di escludere gli Stati Uniti che già hanno
troppe concessioni nel Venezuela e specie nello Stato Zulia
(23)
...La
Francia ha nel paese molti capitali,ma colonie di scarso interesse,l'Italia
sola potrebbe quindi,secondo il pensiero del governo,mettere in maggior
valore le concessioni in quegli Stati,stabilendo allo stesso tempo un
grande fattore di garanzia per la sicurezza dell' intero paese".Bisogna
qui dire che il problema della scarsità di popolazione,ancora negli anni
venti,era considerevole in Venezuela .
Leggiamo a tal proposito l'intervista del 1923 di Emilio Curatolo del
<<Giornale>> di Roma,ad Antonio J.Tagliaferro
(24)
.
L'intervista,publicata in Venezuela, viene riproposta anche sul quotidiano
romano nel quadro di quella politica di informazione che si cercava di
portare avanti nel tentativo di aprire nuovi sbocchi alla nostra
emigrazione.Afferma Tagliaferro:"il Venezuela rappresenta per clima e
per posizione geografica la meta più opportuna per gli emigrati italiani.
Le sue enormi risorse agricole e minerarie,la grande disponibilità di
terre,ne fanno il luogo ideale per impiantare nuove attività e per
prosperare".
L' intervis tato c os í c ontinua:"oggi esistono in Venezuela 5.000 italiani -
secondo il censimento 1923-,tutti godono di un ottimo tenore di vita e
moltissimi si sono arricchiti durante la guerra.Con la Legge de
Inmigración del 1921 il Venezuela ha propiziato gli arrivi,concede grosse
estensioni di terra col solo obbligo dell'impegno a coltivarle,inoltre il
governo offre crediti per l'acquisto di concimi e sementi"
(25)
.
Tagliaferro continua citando l'esempio di grande civiltà offerto dal
paese sudamericano nel quale gli immigrati trovano,al loro arrivo al porto
de La Guaira,delle strutture di accoglienza che,potevano ospitarli dal
momento del loro sbarco,fino alla partenza verso le altre destinazioni all'
interno del paese.Quello che appariva necessario (secondo Tagliaferro)
era che anche il governo italiano si assumesse una parte delle spese
finanziando almeno i viaggi degli emigrati.
Tagliafer ro prospettava anche la poss ibilità "di una emigrazione
capitalistica e di società finanziarie che aprissero sportelli bancari e che
occupassero uno spazio nel campo dell'estrazione petrolifera accanto
alle compagnie straniere che già operavano nella zona di Maracaibo"
(26)
.
La visione ottimistica di Tagliaferro non ebbe grandi riscontri nella
realtà.In effetti con la scoperta di nuovi giacimenti di petrolio nel
Distretto Bolivar,portati alla luce il 14 dicembre 1926,il Venezuela
"cessava di essere una nazione agro-pecuaria e quindi cessava l'interesse
ad incrementare l'immigrazione di persone addette all' agricoltura "
(27)
.
Contemporaneamente,come ci fa notare lo storico venezuelano Siso
Martin,veniva ad interrompersi l'azione dello Stato in favore del flusso
migratorio:"il tempo dell'iniziativa statale in appoggio dell'affluenza di
emigrati era entrato in una fase di attesa"
(28)
.
Un altro storico venezuelano Cipriano Rodriguez (citato in Gustavo
D'Ascoli in <<Inmigracion en Venezuela>> del 1968),conferma questa
tendenza:"il movimento migratorio verso il Venezuela nelle prime decadi
del XX secolo non ricevette la stessa attenzione di cui era stato oggetto
negli anni precedenti.Il settore governativo sia pure senza paralizzarlo lo
lasciò alla crescita spontanea .
Non lo si ostacolava,ma neppure lo si agevolava". Continua Cipriano
Rodriguez:"Vi erano indubbiamente condizioni, ma anche motivi interni
strettamente connessi alla conflittualità politica che si viveva in quegli
anni"
(29)
.
Sempre in <<Inmigracion en Venezuela>> D'Ascoli espone il parere
della saggista Marisa Vannini,secondo la quale "le prime decadi del XX
secolo non mostrano significativi movimenti di migrazione italiana verso
il Venezuela.C'é una fase di rallentamento dovuto in Italia all'incertezza
che precede e segue la prima guerra e in Venezuela,al lungo ristagno
della non politica gomecista,durante la cui presidenza,non ci fu interesse
a utilizzare la manodopera straniera per lo sviluppo del paese"
(30)
.
In tal senso é ancora una volta chiarificatore il rapporto datato maggio
1923
(31)
,dell' inc ar ic ato d'Affar i italiano Ubaldo Chiara:"per
l'immigrazione e la colonizzazione il Presidente Gomez si é espresso in
modo da confermare quanto mi ha sempre detto,o che mi ha fatto
intendere,e da smentire tutte le interviste di Tagliaferro e le pubblicazioni
simili fatte da irresponsabili in cerca di speculazioni...Il presidente,nei
confronti di quello che é il principale problema storico ed economico
della Repubblica,continua ad applicare la tattica dilatoria.Si dichiara
convinto sostenitore dell'immigrazione e dice di dare ordini perché venga
risolto al più presto e intanto non fa applicare neppure le leggi vigenti in
materia.Ora questo per chi conosce il temperamento di Gomez,vuol dire
che egli non ha intenzione di risolvere il problema e ciò é spiegabile
perché negli stranieri egli vede una limitazione ai suoi poteri insofferenti
di leggi e di critiche;a ciò deve aggiungersi che egli non é in grado di
valutare la portata storica del grave problema dello
spopolamento...Ufficialmente non promette che appoggi molto vaghi a
coloro che,diplomatici o no,gli propongono affari di emigrazione.Cosa
diversa,é nei colloqui informali,in cui si é dimostrato disposto a
concedermi in materia,purche` le mie proposte siano tali da garantire la
Repubblica dall'invasione di elementi non desiderabili, qualche
appoggio...Per questo proposi di affidare l' immigrazione alle trattative
fra società commerciali garantite e controllate dai rispettivi governi,i
quali dovrebbero concedere alle società tutte le facilitazioni che il caso
comporta.
Con questo sistema sarebbe garantita una specie di scelta,operata
dalla società interessata,e placata la prevenzione del Presidente
che,anche recentemente,ha appunto riaffermato di aver disposto un piano
che possa garantire la nazione da elementi non graditi".
L'effetto della posizione ambigua del Presidente Gomez fu che
l'immigrazione italiana non ebbe apprezzabili variazioni di
afflusso,mentre la principale quota di stranieri era rappresentata dal
personale delle compagnie americane e inglesi,cioé maestranze inviate
da quei paes i c on compiti spec if ic i e temporanei
(32)
.
I motivi dell'atteggiamento del dittatore Gomez, secondo lo storico
Gustavo D'Ascoli,vanno ricercati in alcuni fatti di grande portata sociale e
politica che avevano molto turbato l' opinione pubblica
mondiale.Riportando i fatti narrati dal cronista Cesar Pillon,D'Ascoli
scrive:"intorno al caso di Sacco e Vanzetti,
(33)
si produsse un'agitazione
delle masse,la più grande che si ricordi,il proletario alzò più che mai il
suo grido di protesta contro la condanna ingiusta...le manifestazioni a
favore dei condannati adunavano decine di migliaia di persone in ogni
parte del mondo...Tutto il continente americano ribolliva,le
manifestazioni e i cortei tennero per anni viva l'attenzione sul caso"
(34)
.
Secondo D'Ascoli il processo agli anarchici italiani scuote il sistema
politico americano,lo corrode.Aggiunge l'autore: "anche in Venezuela
nonostante la censura e il regime dittatoriale,arrivano le notizie sul
caso,sia sui giornali governativi a tendenza gomecista come <<El Nuevo
Diario>>,come in quelli alquanto ribelli (sic) come <<El Heraldo>>.
Tutti questi avvenimenti ebbero ripercussione nella vita politica del
paese e condizionarono molte decisioni"
(35)
.
Dello stesso parere sono altri studiosi venezuelani citati dal
D'Ascoli,Michel Pic ouet e Chi Yi Chen,per i quali:"i motivi dell'avversità
del governo gomecista per la massiccia immigrazione,furono alcuni
episodi che suscitarono il timore per l'influenza che avrebbero potuto
esercitare alcune dottrine politiche;i più importanti episodi sono forse la
rivoluzione russa e il processo che si tenne agli anarchici italiani Sacco e
Vanzetti che si concluse con l'esecuzione... La rivoluzione russa aveva
determinato il trionfo del Marxismo,si trattò di un avvenimento che
sconvolse il mondo intero.
Il processo a Sacco e Vanzetti ebbe ripercussioni in tutto il globo"
(36)
.
L'autore conclude pertanto che esisteva la paura verso tutti quei
fenomeni che avrebbero potuto prodursi a causa della presenza di
elementi indes iderabili.Egli trova che tale timore era del res to naturale se
si voleva salvaguardare l' ordine sociale nel paese.
Di differente parere,quanto alle motivazioni per impedire il flusso
costante degli immigrati in Venezuela,é lo storico Ramon J.
Velasquez:"Gomez era solo un campagnolo che temeva la presenza dello
straniero,chiunque fosse.Visse in regioni molto isolate dove lo straniero
era motivo di inquietudine.Fino ai quaranta anni...visse solo con parenti
e amici dei villaggi vicini.Inoltre in quell'epoca si guardava con sospetto
chiunque non parlasse castillano o non professasse la religione cattolica"
(37)
.
Velasquez non crede che il timore delle dottrine esotiche o la
rivoluzione russa abbiano avuto peso nelle decisioni di politica migratoria
durante l'epoca gomecista.D'Ascoli al contrario é convinto che i timori
per tali dottrine non solo influenzarono la politica di Gomez in campo
migratorio,ma che dopo la sua scomparsa ebbero effetti anche nell'
atteggiamento del suo successore Contreras che "nella Legge del
1936,all'art. n° 5,poneva limiti all'ingresso delle persone che propaghino
idee contrarie al nostro ordinamento giuridico e sociale,secondo il
giudizio dei funzionari e delle autorità venezuelane preposte"
(38)
.
Del res to tutt i i paes i americ ani, c ompres i gli USA, in quegli anni
s tabilivano quote e limiti vari all' immigrazione;secondo
D'Ascoli,addirittura in Contreras era ancora vivo il ricordo dei disordini
causati nel 1918 da alcuni stranieri,tra cui un italiano,in occasione dello
sc iopero della <<Bolivar Railw ay Company>>:"insieme a militanti
venezuelani appare un italiano,Vincenzo Cusati, anarchico,che organizza
forse per la prima volta in Venezuela un gruppo d'opposizione
operaia..."
(39)
.
Come si é visto,motivazioni psicologiche e politiche, impedirono un
afflusso considerevole di manodopera italiana;quanto al suggerimento di
Tagliaferro riportato nell' intervista,che per altro non era risultata gradita
nei nostri ambienti diplomatici,l'Italia non fu capace di inserirsi nel
campo delle concessioni petrolifere,il cui sfruttamento fu lasciato al
monopolio delle grandi compagnie nordamericane.
Per quanto riguarda la situazione degli immigrati italiani,non tutti erano
stati tanto fortunati come poteva apparire dalla descrizione di
Tagliaferro.Molti di loro,dopo un periodo in Venezuela,partivano per
altre destinazioni, scoraggiati dalle difficoltà ambientali,dalle
malattie,dalle condizioni di vita che,nelle campagne,si presentavano di
livello quasi inumano,infatti "il suolo venezuelano era soggetto ad
intense siccità e a tremende inondazioni a seconda dell' epoca
dell'anno"
(40)
.Insomma,per il D'Ascoli,il Venezuala non era certo il
paradiso decantato da Tagliaferro e pertanto ancora nel 1926,secondo il
nuovo censimento,gli italiani erano calati a 3.009 persone
(41)
.
Nel 1931 Adriano Fiorentino scriveva:"in Venezuela l' immigrazione
sarà sempre ostacolata da due fattori;il primo é la insalubrità del clima
che risulta micidiale per la razza bianca,il secondo é la grande
maggioranza che le razze di colore hanno fra gli abitanti.Nel Venezuela
il 97 % della popolazione é di razza negra o di sangue misto...Non vi
sono che due milioni e mezzo di abitanti ed é il solo paese verso cui gli
europeri si siano diretti in questi ultimi anni,vi risiede una discreta
colonia germanica,gli italiani ammontano a sei-settemila"
(42)
.
Con il governo parlamentare di Lopez Contreras,si promulga la già
citata nuova «Legge di immigrazione» del 1936, concepita nel quadro di
una politica di progresso per il paese.In pratica adesso,viene di nuovo
attuata "una politica di sostegno all'emigrazione"
(43)
.
In realtà la presidenza Contreras e anche quella del suo successore
Medina,continuano a manifestare in certa misura,le stesse perplessità nei
confronti dell'immigrazione di massa
(44)
:"il terrore venezuelano di una
immigrazione che non sia rigorosamente selezionata,é una caratteristica
della mentalità del debole,che vede in ogni estraneo un pericolo o un
alfiere dell'imperialismo...e cosi avviene che si rinvia nel paese,la sola
soluzione che offrirebbe una via di salvezza:la politica della porta
aperta".
Sia pure limitata dai timori di infiltrazioni di persone e di dottrine
destabilizzanti,la politica migratoria di Contreras si distingue per il valore
positivo con cui si guarda all'emigrato europeo;come già avevano intuito i
primi governanti,a cominciare da Bolivar,l'immigrato non solo
rappresenta un contributo enorme alla soluzione dell'antico problema
della carenza di popolazione,ma a lui viene riconosciuto nuovo valore
come fonte di insegnamento;l' immigrato può contribuire alla formazione
e alla qualificazione della manodopera venezuelana,può costituire la
spinta e l'impulso alla modernizzazione del paese.Contreras aveva
compreso insomma il ruolo dell'immigrazione come fonte di trasmissione
di esperienza:lo scambio di idee e costumi avrebbe contribuito a
migliorare e sviluppare la qualità di vita dei venezuelani.Per questo la
Legge del 1936 rappresenta,sia pure con le limitazioni accennate,una
svolta nella politica d'immigrazione
(45)
:"il governo dell'attuale
Presidente vuole dimostrare il proprio carattere democratico applicando
una certa maggiore libertà per l'ingresso e permanenza degli stranieri
nella Repubblica...É stata creata una Dirección Nacional de Seguridad y
Extranjeros e la cauzione per l'ingresso é stata ridotta a 500 Bolivares".
Nonostante la nuova Legge,la consistenza numerica degli italiani non
ebbe incremento,anzi nel 1936 essi erano calati a 2.504 persone
(46)
,però
la loro attività ebbe grandissima influenza in ogni campo della vita
venezuelana,infatti come scrivono Santander e Lanza:"gli italiani hanno
insegnato come si costruisce una patria e come si deve lavorare .
Essi insegnano dal come pulire le scarpe a come tagliare le carni,i
barbieri italiani sono stati i nostri maestri in questo
mestiere...L'agricoltore italiano applica nei terreni delle regioni orientali
o preandine gli stessi metodi appresi nelle regioni italiane di provenienza
in secoli di esperienza,appaiono i primi limoni,i primi vigneti,i campi di
caffé,abbandonati dai coloni spagnoli,tornano a nuova vita e il grano
comincia ad essere addirittura esportato..."
(47)
.
Questo nuovo ruolo degli emigrati italiani,che comincia a delinearsi nel
periodo fascista e che ora viene riconosciuto da politici e intellettuali
venezuelani,era determinato da un fattore che non é certo da
sottovalutare,e che Lido Caiani mise in risalto in un articolo nel giornale
<<La Patria>>,ossia l'organo dei Fasci in Venezuela:"gli italiani che
emigrano negli anni Trenta,rappresentano una parte qualificata della
popolazione,perché il fascismo tende a controllare la preparazione
dell'emigrante per non inviare all'estero una massa bruta che serve e si
piega per la necessità del bisogno,alle esigenze dell'imprenditore
straniero"
(48)
.
Durante gli anni del secondo conflitto a causa degli eventi bellic i, per la
pericolosità dei viaggi sull'oceano,per la scarsezza di mezzi di
trasporto,l'emigrazione restò praticamente paralizzata.
Molti governi,sia pure favorevoli in linea di principio
all'emigrazione,limitarono gli ingressi di persone i cui paesi erano
coinvolti nel conflitto
(49)
.
Nel 1941 il Venezuela conta una popolazione straniera di 49.928
individui di cui 3.034 italiani,che per la maggior parte (1.968 persone) si
s tabilis cono nel Districto Federal, cioé Caracas e dintorni.
Alcuni continuano le attività e i mestieri che avevano esercitato in
Italia,altri alternano il lavoro nei campi con l'allevamento di
bestiame,giungendo a diventare proprietari di prospere aziende
(50)
.