Introduzione
Il presente lavoro ha l’intento di indagare e di analizzare in profondità un fenomeno
che, alla luce dei numerosi interventi giurisprudenziali e in virtù degli altrettanti accesi
dibattiti in dottrina e nella prassi, ha suscitato notevole interesse tra gli operatori,
soprattutto tra studenti di materie economico-giuridiche, professionisti e lavoratori nel
settore della contabilità e della fiscalità d’impresa.
Numerosi sono i soggetti che sono interessati dal fenomeno dell’elusione fiscale,
soggetti che prestano costantemente il loro lavoro e le loro competenze acquisite con lo
studio e l’esperienza al servizio della più corretta, equa e trasparente interpretazione di
quello che è il rapporto tra Fisco e Contribuente.
Rapporto non sempre idilliaco, anzi, spesso piuttosto difficile e delicato, dove
spesso non si distinguono bene i confini tra legittimo e abusivo risparmio di imposta, fine
ultimo dell’elusione fiscale.
Uso il termine abusivo perché si vuole fare riferimento a quel fenomeno parallelo
all’elusione fiscale che prende il nome di abuso di diritto, anch’esso oggetto della mia analisi.
Questo lavoro giunge alla fine di un percorso di studi universitari ed in
concomitanza con il tirocinio professionale volto all’esercizio della professione di dottore
commercialista.
Proprio per la imparzialità e neutralità che tipicamente caratterizzano il ruolo del
dottore commercialista, che sottolineo come centrale e fondamentale nei rapporti tra lo
Stato e il Contribuente, ho scelto questo argomento; l’ho scelto perché, oltre a toccare
argomenti oggetto di studio nel mio corso di laurea che rientrano nelle macro-aree del
diritto e della ragioneria, la disciplina dell’elusione fiscale legata alle operazioni di gestione
straordinaria rappresenta una delle maggiori fonti di studio e lavoro nella prassi delle
professioni contabili, dove le conoscenze e le competenze acquisite, unite all’esperienza
sul campo, conferiscono al professionista quel grado di affidabilità necessaria nell’esatta
definizione dei rapporti stato-contribuente.
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Il mio contributo, sia come studente che come potenziale futuro professionista,
vuole dare un’impronta soprattutto giuridica e fiscale all’argomento, posto che lo stesso
rientra in ambiti sia di ragioneria professionale sia di giurisprudenza tributaria.
Il lavoro è strutturato in due parti:
- La prima sull’elusione fiscale e abuso del diritto
- La seconda sull’elusione fiscale nelle operazioni straordinarie.
La prima parte analizza dapprima il concetto di elusione, con la inevitabile
contrapposizione al fenomeno dell’evasione fiscale e ad altri fenomeni giuridico - tributari.
Poi l’analisi si sposta sul concetto di abuso del diritto con la citazione di importanti
sentenze emesse dai più autorevoli organi di giurisprudenza tributaria.
A seguire, l’attenzione si sposta sugli strumenti giuridici come l’accertamento e
l’interpello anti-elusivo, nonché sui principali strumenti di tutela a favore del contribuente.
Si conclude la prima parte con un argomento di estremo interesse che è quello delle
società di comodo, partendo dalla disciplina normativa fino alla delicata e spinosa questione
dei beni aziendali in uso ai soci.
La seconda parte invece analizza l’elusione fiscale dal punto di vista delle operazioni
straordinarie; l’attenzione qui è posta sulle possibili implicazioni giuridiche e fiscali
nonché i relativi rischi di elusione nel compiere certe operazioni o concatenazione di
operazioni, considerando anche i delicati rapporti con la normativa anti-elusiva.
Tutto questo soltanto dopo aver richiamato brevemente i principali aspetti civilistici
e contabili per ogni operazione, che in questa sede ho ritenuto limitare alle fattispecie più
discusse in dottrina e più riscontrate nella prassi, cioè la cessione e il conferimento d’azienda, la
fusione e la scissione.
Dalla mia indagine e ricerca è emerso notevole materiale proveniente dalla
giurisprudenza tributaria. Nello specifico si tratta di entenze emesse dalle Commissioni
Tributarie e di risoluzioni elaborate dall’Agenzia delle Entrate che ho ritenuto opportuno
riportare integralmente in Appendice, la quale conclude il lavoro.
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Parte Prima
ELUSIONE FISCALE E ABUSO DEL DIRITTO
CAPITOLO 1
Elusione Fiscale
1.1 Premessa
La ricerca del risparmio d’imposta è un comportamento legittimo dell’imprenditore.
Il contribuente, nella veste di imprenditore, nella scelta tra le diverse soluzioni
giuridiche che il Legislatore gli pone davanti, ha la facoltà e il diritto di scegliere quella che
lo assoggetti ad un minore carico fiscale. Questo è ciò che si chiama pianificazione fiscale.
Quello che il legislatore però vuole perseguire non è il risparmio d’imposta, in
quanto ognuno di noi, in virtù dell’art. 53 comma 1° della Costituzione, è tenuto a
concorrere alla spesa pubblica in ragione della propria capacità contributiva, e quindi il
contribuente ha il diritto di poter cercare la soluzione che più gli consenta un minor
aggravio fiscale; piuttosto è l’utilizzo distorto o il “raggiro” delle norme al fine di
pervenire ad un illegittimo risparmio d’imposta ciò che vuole perseguire il legislatore.
Allora, ecco che si entra nella sfera della elusione fiscale quando un soggetto, sia esso
persona fisica o persona giuridica, pone in essere comportamenti che di per sé sono
perfettamente leciti ma che vengono combinati tra loro in modo tale da pervenire ad un
risultato analogo all’evasione in termini di risparmio d’imposta illecito.
Quindi nell’elusione non vi è un occultamento di base imponibile, cosa che invece è
tipica dell’evasione, ma vi è un insieme di atti giuridici perfettamente validi e legittimi che
messi in relazione arrivano ad un risultato che ha il solo scopo di una minore tassazione,
realizzando di fatto un aggiramento delle norme tributarie. Una volta che
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l’Amministrazione Finanziaria accerti il vero intento di queste operazioni, essa è
legittimata in forza di legge ad applicare precisi provvedimenti e atti dispositivi, in virtù
del fatto che il soggetto passivo d’imposta, per raggiungere un certo risultato, avrebbe
dovuto seguire la strada esattamente descritta dalla legge per quel risultato e non invece la
strada fiscalmente meno onerosa, per quanto legittima.
In altre parole, l’aggiramento implica una comparazione tra l’onere tributario sorto
in ragione della condotta seguita e quello derivante dalla condotta assunta come modello
dal sistema normativo. Eludere una norma tributaria significa infatti aggirarla tramite la
scelta di operazioni contrattuali, il cui principale scopo è quello di ridurre l’onere fiscale;
“L’ elusione è quella “zona grigia” – non meglio definita – in cui l’Amministrazione
Finanziaria viene abilitata dall’ordinamento a difendersi non da un semplice
nascondimento del reddito (dall’evasione “tout court”), ma dall’uso improprio da parte dei
contribuenti delle norme che predeterminano la fattispecie impositiva a fini ingiustamente
vantaggiosi: a difendersi, cioè, da quelle operazioni che non dissimulano il reddito, anzi
rispettano anche formalmente i canoni della fattispecie legale e, pur tuttavia, attraverso
l’uso combinato degli elementi oggettivi della fattispecie legale, realizzano effetti
impositivi contrari alla “ratio legis” e dunque non in linea con la corretta attuazione del
principio di capacità contributiva; effetti impositivi che sono, in definitiva, discordanti con
le finalità del sistema o del sottosistema in cui si colloca l’istituto fiscale del quale il
contribuente invoca l’applicazione. Siamo in presenza, dunque, di quella linea di confine
che separa le regole scritte dai principi metagiuridici”
1
.
1.2 Elusione ed Evasione
Eludere è cosa ben diversa da evadere; innanzitutto, eludere una norma non
significa violarla, ma significa aggirarla o sfruttarla per un uso diverso da quello per il
quale la norma è sorta, o per meglio dire, aggirarla per ottenere un vantaggio che
altrimenti non si otterrebbe seguendola. Non vi è nessuna violazione, il soggetto che elude
segue perfettamente le disposizioni delineate dal legislatore per una certa operazione, ma
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I. Vacca, “ Elusione Tributaria: l’abuso del diritto tra norma comunitaria e norma interna”
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lo fa seguendo strade diverse, per arrivare allo stesso risultato previsto ma con un minore
carico fiscale.
Evadere invece non è un aggiramento delle norme, ma è una vera e propria
violazione , che avviene attraverso l’occultamento di base imponibile. E’ quindi una
fattispecie più semplice da concepire, in quanto il contribuente non si preoccupa di pagare
meno imposte, attraverso un raggiro strategico della legge, come nell’ elusione, ma
piuttosto di non pagarle affatto. Ossia dichiara di avere meno base imponibile rispetto a
quella che effettivamente ha realizzato o che si presume abbia realizzato.
L’A.F. inoltre, ha a disposizione numerosi strumenti presuntivi di reddito, per cui
partendo dall’osservazione di consumi, spese e possedimenti di varia natura, è possibile
risalire a quanto effettivamente sia la discrepanza tra quanto si possiede e quanto si è
dichiarato al Fisco, per determinare conseguentemente la pretesa tributaria rimanente.
In altri termini, lo schema evasivo è sempre illegittimo, i cui strumenti tipici sono:
- l’impiego di irregolarità e artifici contabili
- l’omissione o l’infedeltà delle dichiarazioni fiscali obbligatorie ai fini delle imposte
dirette e indirette.
Invece lo schema elusivo si caratterizza per i seguenti elementi:
- intenzionalità delle operazioni poste in essere (atti, fatti,contratti, negozi)
- anormalità/artificiosità del comportamento
- risparmio d’imposta non previsto o non consentito dal Legislatore
La linea che separa l’elusione dall’evasione può sembrare netta ma in verità spesso si può
ritenere una fattispecie evasiva quando in realtà è elusiva, o viceversa; piu precisamente, il
risparmio d’imposta che si associa all’elusione dovrebbe essere solo non previsto dal
legislatore, e quindi ottenibile mediante l’utilizzo di lacune normative e/o interpretative.
Il risparmio d’imposta indebito e non consentito dal legislatore, incontrando norme di diritto
positivo che lo ostacolano (che sono quindi effettivamente in vigore), dovrebbe essere
riconducibile alla fattispecie dell’evasione.
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1.3 Elusione e Pianificazione Fiscale
Ai fini della scelta del più adatto strumento giuridico, strumentale al raggiungimento
dell’obiettivo economico a cui si vuole pervenire, il soggetto che è chiamato a valutare
l’operazione, dovrà orientarsi in base ad alcune domande le cui risposte determineranno
se tale operazione si tratta di legittimo risparmio d’imposta e quindi pianificazione fiscale,
oppure di patologico risparmio d’imposta e quindi elusione fiscale.
Lo strumento giuridico adottato :
I) E’ approvato dal sistema?
II) E’ posto su un pari grado di dignità
giuridica rispetto ad altri istituti?
I) E’ disapprovato dal sistema?
II)E’ posto su un grado inferiore di
dignità giuridica rispetto ad altri istituti?
III) Costituisce un istituto giuridico
avente pieno diritto di essere
scientemente volto alla mitigazione del
III) Costituisce una scappatoia, uno
stratagemma, un pertugio, una
smagliatura del sistema?
carico impositivo?
IV) E’ rispettoso tanto delle singole
regole quanto dei principi generali
dell’ordinamento tributario?
V) E’ semplicemente scelto tra le
alternative previste dall’ordinamento?
IV) E’ rispettoso delle singole
disposizioni legislative ma tradisce i
principi generali dell’ordinamento
creando fenomeni degenerativi?
V) E’ costruito “ad hoc” tra le maglie del
sistema?
LEGITTIMO RISPARMIO
D’IMPOSTA
O
PIANIFICAZIONE FISCALE
PATOLOGICO RISPARMIO
D’IMPOSTA
O
ELUSIONE FISCALE
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Costituiscono pianificazione tributaria o atti di Politica Fiscale la scelta:
• Della forma giuridica della società in funzione del parametro di tassazione;
• Sulla modalità di acquisizione di un bene strumentale;
• Sulla valutazione del magazzino, sulla misura degli ammortamenti o degli
accantonamenti;
• Tra cedere un'azienda o l'intero pacchetto partecipativo;
• Se apportare capitale di rischio o di prestito per finanziare l'azienda;
• Se acquisire partecipazioni quale persona fisica o all'interno di un gruppo
societario;
• Se collocare una holding in Italia o all'estero;
• Se incassare dividendi o cedere le partecipazioni;
• Nell'ambito di un gruppo la ottimizzazione della collocazione delle società al fine
di compensare, in via indiretta attraverso la distribuzione dei dividendi, le perdite
con gli utili;
• Ricorrendone i presupposti, di optare per la tassazione per trasparenza o attraverso
il consolidato nazionale o mondiale
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1.4 Elusione e Riqualificazione Contrattuale
Di fronte alla scelta operata dal contribuente, l’Amministrazione Finanziaria interpreta i
contratti posti in essere, riqualificandoli in uno schema che verosimilmente ritiene più
adeguato rispetto a quello formalmente indicato dalle parti contrattuali.
Vige quindi, un rispetto da parte dell’ A.F. della prevalenza della sostanza economica
rispetto alla forma giuridica, con il fondamentale scopo di individuare la reale e comune
intenzione delle parti.
In altri termini, siamo di fronte ad una chiara applicazione della disciplina privatistica in
merito all’interpretazione del contratto ( Libro V – Capo IV del Codice Civile); difatti
2
P. Sorignani, “La politica fiscale nelle imprese di grandi dimensioni e nei gruppi d’imprese”
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l’art.1362, rubricato “Intenzione dei contraenti” dispone che : “ Nell’interpretare il
contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al
senso letterale delle parole. Per determinare la comune intenzione delle parti si deve
valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del
contratto”
“La riqualificazione riguarda quindi quei soggetti che hanno giuridicamente classificato in
modo inesatto il comportamento effettivamente posto in essere, allo scopo di fruire di un
regime fiscale più vantaggioso. Tale definizione, rende particolarmente evidente quanto
stretto sia il confine che divide la fattispecie della riqualificazione contrattuale dal
fenomeno dell’elusione. Notoriamente, è lecito parlare di condotta elusiva allorquando il
contribuente aggiri una norma impositiva, dando luogo ad uno o più atti o negozi
civilisticamente validi ed efficaci, seppure in funzione atipica, in modo da ottenere un
risultato economico sostanzialmente equivalente a quello del diverso atto o negozio
assunto dalla norma a presupposto di imposizione, evitando così di integrarne gli estremi
da un punto di vista giuridico formale; ecco perché si parla di scappatoia o di stratagemma
giuridico”
3
.
Affinché l’Erario possa recuperare a tassazione l’imposta ritraibile dal “sostanziale”
negozio giuridico eluso, esso dovrà trascendere dal mero dato oggettivo e addentrarsi nei
risvolti soggettivi delle pattuizioni prese dalle parti, offrendo delle argomentazioni
probatorie tali da dimostrare con certezza che gli accordi presi dalle parti erano, si
formalmente voluti, ma sostanzialmente miravano alla figura negoziale fiscalmente meno
onerosa, stante l’assenza di valide ragioni economiche.
Fondamentalmente, quindi, ciò che differenzia la riqualificazione dall’elusione è l’aspetto
probatorio.
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F.Dominici, “L’elusione, la riqualificazione degli atti e l’abuso del diritto”