Introduzione
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zio di Popper circa la falsificabilità della psicoa-
nalisi coinvolga elementi essenziali della sua teo-
ria. Tanto più in quanto Grünbaum non si limita
a tentare di smentire il giudizio formulato da
Popper, ma cerca di mostrare, a sua volta, come
l’induttivismo evidenzi importanti limiti della teo-
ria psicoanalitica, che sfuggono invece
all’indagine condotta dal falsificazionista. Dun-
que, una volta mostrato come la teoria freudiana,
sottoposta ad un esame più attento e meticoloso
di quello condotto da Popper, si riveli falsificabi-
le, Grünbaum passa a rovesciare, in modo per-
fettamente speculare, le argomentazioni da que-
sti addotte a sostegno della superiorità del falsi-
ficazionismo sull’induttivismo. Mentre la psicoa-
nalisi supera a pieni voti l’esame condotto in ba-
se al criterio di demarcazione proposto da Pop-
per, l’induttivismo fornisce gli strumenti neces-
sari a metterne in luce difetti e manchevolezze.
Popper non svolge in alcuno dei suoi scritti
le proprie critiche alla teoria psicoanalitica in
modo dettagliato e approfondito. E’ pur vero,
d’altro canto, che egli individua nel desiderio di
rendere ragione del senso di insoddisfazione in
lui suscitato da questa teoria uno degli elementi
essenziali da cui scaturirono le riflessioni che lo
portarono a formulare il criterio di demarcazione
fondato sulla falsificabilità. Popper, nel formulare
le sue critiche, si riferisce per lo più ad un mo-
mento molto preciso dell’evoluzione della teoria
di Freud e della storia del movimento psicoanali-
tico. A Vienna, negli anni immediatamente suc-
cessivi alla conclusione del primo conflitto mon-
diale, Popper ebbe modo di confrontarsi con nu-
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merosi sostenitori delle teorie di Freud, Marx e
Adler. A costoro egli rimprovera anzitutto
l’atteggiamento dogmatico, l’ostinato rifiuto di
ogni critica, il desiderio di sostenere la propria
teoria, anziché di controllarla. Strettamente con-
nesso a questa mancanza di spirito critico sa-
rebbe il metodo utilizzato dai seguaci di queste
teorie per fornire ad esse sostegno, ovvero il me-
todo fondato sulla ricerca di verifiche. La sovrab-
bondanza di eventi capaci di confermare la teoria
psicoanalitica viene interpretata da Popper quale
chiaro indizio della sua non adeguatezza agli
standard dell’atteggiamento critico, che è quello
da cui trae origine la scienza.
Grünbaum rimprovera a Popper di fornire, in
queste sue argomentazioni, una caricatura del
concetto di verifica proprio della tradizione indut-
tivistica. L’induttivista è disposto a considerare
verifica di una teoria un evento il cui verificarsi
può essere dedotto da essa. Ma tale deduzione,
se si tratta di una teoria coerente, equivale alla
proibizione di tutti gli eventi con esso incompati-
bili. Per l’induttivista, dunque, una teoria atten-
dibile non deve soltanto essere confermata
dall’osservazione, ma deve anche poter essere
negata da essa.
Grünbaum mostra dunque come, dal punto
di vista logico, richiedere che una teoria sia veri-
ficata equivalga a richiedere che essa sia falsifi-
cabile. Tuttavia è chiaro che il discorso di Popper
non si colloca esclusivamente sul piano logico.
Quando Popper critica quei suoi amici, ammira-
tori di Marx e Freud, che difendevano le proprie
idee in modo dogmatico, assumendo
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l’atteggiamento che egli definisce verificazionista,
non intende dire che essi facessero proprie le in-
dicazioni metodologiche dell’induttivismo. Ciò
che gli preme sottolineare è come costoro non si
servissero dell’osservazione quale strumento di
controllo delle proprie ipotesi, ma solo quale fon-
te di possibili verifiche. Se è vero che, dal punto
di vista logico, affermare che si verificherà un e-
vento equivale a negare la possibilità che se ne
verifichi un altro con esso incompatibile, è pur
vero che, di fatto, questa equivalenza logica può
non venire sviluppata, il che si verifica quando i
sostenitori di una teoria si mettono alla ricerca
dei casi coerenti con essa, ovvero aderenti alle
predizioni in essa implicite, e segnano un punto
a proprio favore ogni qual volta ne trovano uno,
mentre non si curano affatto dei casi contrari.
Non voglio, con ciò, sostenere che le obiezio-
ni di Grünbaum non colpiscano il bersaglio.
Quanto Popper riferisce in merito alle origini del
proprio criterio di demarcazione costituisce la di-
stinzione, per così dire, intuitiva, che tale criterio
è chiamato a fondare in modo più sistematico e
rigoroso. Ciò che, a mio avviso, Grünbaum riesce
efficacemente a mostrare è proprio come il crite-
rio di demarcazione di Popper non consenta di
tracciare un confine là dove questi intendeva
tracciarlo, ovvero a collocare la psicoanalisi fra le
pseudoscienze. In questo senso, il suo bersaglio
è l’affermazione di Popper secondo la quale nes-
sun comportamento umano possibile è in con-
traddizione con la teoria di Freud, il che è ap-
punto ciò che è richiesto affinché questa teoria
possa dirsi infalsificabile. Popper illustra più vol-
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te tale tesi ricorrendo ad un esempio relativo ai
concetti di repressione e sublimazione. Un uomo
tenta di affogare un bambino spingendolo in ac-
qua, mentre un altro tenta di salvarlo, a costo
della propria vita. Freud, secondo Popper, avreb-
be agevolmente potuto interpretare il primo caso
come esempio di repressione, ed il secondo come
esempio di sublimazione, ed ascrivere sia l’uno
che l’altro a sostegno della propria teoria. Ciò che
invece Freud non avrebbe potuto fare è prevede-
re il verificarsi di uno di questi comportamenti,
esponendo la propria teoria al rischio di venire
smentita dai fatti. La teoria psicoanalitica, se-
condo Popper, non è infatti in grado di prevedere
se un uomo reprimerà o sublimerà, e dunque di
restringere l’ambito dei suoi comportamenti pos-
sibili. Lo psicoanalista non può fare altro che ad-
durre, a posteriori, un comportamento a soste-
gno della propria teoria, mostrando come esso
può essere sussunto a uno dei concetti da essa
formulati. L’esigenza che una teoria psicologica
tragga sostegno dalla previsione di comporta-
menti palesi è l’unica tesi che Popper afferma di
condividere con i sostenitori del comportamenti-
smo; l’esempio riportato è per lui emblematico
del fatto che gli psicoanalisti non fanno, invece,
che spiegare i vari comportamenti osservati in
basi a stati occulti di cui la repressione e la su-
blimazione non sono che degli esempi. A questa
argomentazione di Popper sono state mosse varie
obiezioni. L’esempio, in effetti, risulta capzioso.
Popper lo sceglie in quanto pare mostrare
l’incapacità della psicoanalisi di istituire proce-
dure di decisione relativamente a casi fra loro
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opposti, e ne conclude che l’indeterminazione
delle predizioni che essa consente di formulare è
assoluta. Edelson nota tuttavia, utilmente, che
gli esempi proposti da Popper, pur essendo rela-
tivi a casi assai differenti tra loro, non esaurisco-
no il campo delle possibili configurazioni assunte
dai comportamenti rilevanti in merito ai concetti
di repressione e sublimazione e che comporta-
menti aventi connotazioni affettive marcatamente
dissimili, ma di intensità paragonabile, sono
spesso ricondotti, nella teoria psicoanalitica, ad
un’unica matrice. Dunque l’esempio utilizzato da
Popper, anche se rispondente al vero, potrebbe
risultare suggestivo, ma non conclusivo, in meri-
to al problema relativo alla possibilità di formula-
re predizioni circa la configurazione assunta dal-
le spinte pulsionali. Anche Grünbaum nega vali-
dità all’esempio fornito da Popper. Egli rileva in-
fatti come Popper parta qui dal presupposto im-
plicito che allo psicoanalista sia data facoltà di
postulare a proprio piacimento qualsiasi condi-
zione iniziale potenzialmente esplicativa riguardo
alla motivazione o alle disposizioni di una deter-
minata persona in particolari circostanze ester-
ne. Peraltro, qualunque teoria a cui sia connatu-
rata una tale libertà illimitata nel postulare le
condizioni iniziali potrebbe, a ragione, essere ac-
cusata di non consentire di formulare previsioni.
A Grünbaum pare che, nel caso della teoria psi-
coanalitica, le cose non stiano in questo modo.
Quelli che Popper definisce stati occulti sono
concetti che la teoria freudiana definisce in modo
da istituire correlazioni sufficientemente precise
fra varie categorie di eventi osservabili. Ciò che, a
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mio avviso, Popper non considera, e su cui
Grünbaum attira opportunamente l’attenzione, è
il fatto che Freud si cimenta con la costruzione di
un quadro coerente e completo della vita psichi-
ca e non si limita, invece, a fornire un elenco di
categorie astratte tra le quali scegliere quella in
cui sembra più appropriato far rientrare un de-
terminato comportamento. All’interno di tale
quadro è possibile rintracciare i vincoli e le rela-
zioni che esistono fra i concetti utilizzati dagli
psicoanalisti, che possono invece sembrare sem-
pre disponibili ad un uso privo di norma qualora
ci si limiti a considerare il modo in cui ricorrono
all’interno di interpretazioni isolate.
Con tutto ciò, è innegabile che il tipo di cor-
relazioni istituite dalla teoria freudiana non con-
sente di formulare predizioni univoche, almeno
relativamente al decorso della vita psichica indi-
viduale. Grünbaum sottolinea come uno dei
campi privilegiati per il controllo della teoria psi-
coanalitica sia costituito dalle ipotesi eziologiche
da essa formulate. E’ Freud stesso, peraltro, ad
evidenziare i limiti che gravano sulla controllabi-
lità di tali ipotesi. Egli spiega, infatti, come
l’impressione di una concatenazione necessaria
che deriva all’analista dalla ricostruzione, a ritro-
so, degli eventi rilevanti nella vita psichica di un
soggetto, viene completamente meno quando egli
parte dalle premesse così evidenziate per deter-
minarne i possibili esiti. In questo caso, secondo
Freud, l’analista si rende conto che un diverso
esito non solo sarebbe stato possibile, ma che e-
gli avrebbe potuto spiegarlo altrettanto bene, ov-
vero che tale esito alternativo sarebbe stato al-
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trettanto coerente con la teoria psicoanalitica. E’
certamente curioso rilevare come le idee di Freud
convergano in questo caso con le obiezioni mos-
segli da Popper. Conviene tuttavia evidenziare le
diverse motivazioni che i due autori individuano
all’origine di questa situazione. Per Popper - co-
me risulta evidente, in particolare, dalle obiezioni
che muove alla “Interpretazione dei sogni” - ciò
che mina alla radice la teoria psicoanalitica è il
fatto di essere stata sempre difesa in modo dog-
matico, di essere stata sottratta alla critica e per-
ciò a quella versione della legge di selezione na-
turale che vige nel mondo delle teorie. Per Freud
invece, il problema risiede nel fatto che la teoria
psicoanalitica non è in grado di fornire una rap-
presentazione quantitativa, ma solo qualitativa,
dei fattori nei quali individua il fondamento dei
processi psichici. Ciò rende impossibile determi-
nare a priori quali di tali fattori si riveleranno de-
terminanti e quali saranno invece repressi. E’ pe-
raltro noto che Freud cercò, senza successo, di
fornire una rappresentazione dei processi psichi-
ci come stati quantitativamente determinati nel
suo “Progetto di una psicologia”. Il fallimento del
tentativo di quantificare le spinte pulsionali non
doveva però indurlo ad abbandonare la ricerca di
elementi che consentissero di distinguere, nella
teoria psicoanalitica, il vero dal falso.
Freud è stato troppo spesso ritratto come un
cattivo epistemologo, pronto, per difendere la sua
teoria da obiezioni che erano il frutto dell’ottusità
di una società bigotta, a farsi paladino di stan-
dard metodologici inadeguati, che non potevano
che minare l’originalità e la forza innovativa della
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psicoanalisi. A Grünbaum va riconosciuto il me-
rito di aver svolto una ricostruzione attenta e
puntuale della struttura argomentativa creata da
Freud a sostegno della propria teoria e dei fon-
damenti metodologici sui quali la edificò. Grün-
baum si sforza di evidenziare il nesso probatorio
istituito da Freud fra il materiale clinico, base
osservativa privilegiata della psicoanalisi, e quel-
la parte della teoria psicoanalitica che doveva a
suo avviso essere considerata alla stregua di una
scienza naturale. In effetti, che parte della teoria
psicoanalitica, come sostiene Popper, avesse il
carattere di una mitologia, ovvero di una costru-
zione immaginifica destinata ad essere superata
non appena fosse stato possibile definire un mo-
dello più attendibile della struttura della vita psi-
chica, è un fatto che non sfuggiva neppure a
Freud. Questo elemento, di importanza essenzia-
le per evitare di usare il termine teoria psicoana-
litica in un senso eccessivamente indeterminato,
è stato sottolineato con estrema chiarezza anche
da Brian Farrel in “I fondamenti della psicoanali-
si”, uno dei testi più interessanti fra quelli dedi-
cati ad un esame epistemologico della teoria di
Freud.
Grünbaum chiama “tesi della concordanza
necessaria” l’argomento a cui Freud affida, a suo
avviso, la funzione di istituire un nesso fra la te-
oria psicoanalitica e la sua base osservativa, co-
stituita dal materiale clinico. In sostanza, secon-
do Grünbaum, questa tesi costituisce il tentativo
di dimostrare come il successo clinico costituisca
un evento che reca sostegno alla teoria su cui si
basa l’intervento terapeutico. Ciò che Grünbaum
Introduzione
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cerca, a sua volta, di dimostrare, è come la tesi
della concordanza necessaria non soddisfi i ca-
noni dell’induttivismo per eliminazione. Ogni ca-
so in cui la terapia psicoanalitica ha successo
reca sostegno non solo alle ipotesi che hanno
fondato il trattamento, ma a qualunque altra ipo-
tesi che sia in grado di spiegarne gli esiti. Ciò che
Freud, a suo avviso, non riesce a dimostrare è
proprio come sia possibile eliminare queste altre
ipotesi, ossia come fare sì che il materiale clinico
rechi un sostegno selettivo alla teoria psicoanali-
tica. L’ipotesi alternativa che Grünbaum ha prin-
cipalmente presente è quella secondo cui i suc-
cessi della psicoanalisi sono da ascriversi ad e-
lementi placebo. Per tentare di eliminare questa
ipotesi rivale, conformandosi ai criteri
dell’induzione per eliminazione, sarebbe stato
necessario istituire controlli extra clinici della te-
oria psicoanalitica, ovvero controllare le ipotesi
da essa formulate in merito al comportamento di
soggetti non sottoposti a terapia. Tali controlli
sarebbero possibili, e Grünbaum stesso ne pro-
pone alcuni, ma Freud li riteneva assolutamente
superflui, convinto com’era che il materiale clini-
co fosse pienamente sufficiente a costituire il ter-
reno di prova della teoria psicoanalitica.
La complessità della teoria freudiana,
l’estensione dell’ambito di fenomeni dei quali è
chiamata a rendere conto, il fatto che sia struttu-
rata su vari livelli, peraltro non sempre facili da
distinguere, e la particolare natura dei concetti
da essa elaborati, ne fanno un campo di prova
assai complesso per un filosofo della scienza. Di
fronte alle sue indubbie peculiarità, è possibile
Introduzione
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assumere due atteggiamenti fondamentali. Il
primo consiste nell’affermare che esiste una alte-
rità radicale fra la teoria freudiana, e le altre teo-
rie psicoanalitiche, da un lato, e le teorie scienti-
fiche dall’altro. Da questo punto di vista, analisi
come quelle condotte da Popper e Grünbaum
semplicemente non colgono nel segno. Chiedersi
se la teoria di Freud sia falsificabile o se soddisfi
i canoni dell’induttivismo significa porsi un inter-
rogativo inutile e inappropriato, ovvero giudicarla
da un punto di vista dal quale è impossibile co-
glierne le peculiarità. La teoria psicoanalitica mi-
ra a fornire degli strumenti per dare un senso a
eventi che paiono non averne alcuno, tende a ri-
schiarare delle zone d’ombra tramite lo strumen-
to dell’interpretazione, e si colloca perciò in
un’area differente da quella occupata dalle teorie
scientifiche. Posizioni di questo tipo, di cui quella
che ho qui fornito è solo una rappresentazione
schematica e riduttiva, consentono certamente di
cogliere importanti aspetti della psicoanalisi che
sfuggono ad un’indagine mirante a valutarla se-
condo parametri utilizzabili anche per le altre
scienze. In particolare, viene evidenziato il fatto
che le interpretazioni psicoanalitiche non posso-
no essere trattate alla stregua di ipotesi scientifi-
che. L’aver trascurato questa essenziale distin-
zione costituisce uno dei punti deboli delle inda-
gini condotte sulla psicoanalisi da Popper e
Grünbaum.
D’altro canto, se mi sono impegnato nella ri-
costruzione del dibattito avviato da Popper sulla
falsificabilità della psicoanalisi, evidentemente ri-
tengo che sia possibile assumere un atteggia-
Introduzione
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mento differente e considero legittimo e interes-
sante il tentativo di fornire una valutazione della
psicoanalisi considerata come scienza naturale.
Questo tentativo ha solide basi, anzitutto nelle
idee dello stesso Freud, il quale non riteneva
fondata una discriminazione di principio fra la
psicoanalisi e le scienze della natura. E’ natu-
ralmente possibile valutare questa pretesa come
una sorta di elemento estraneo, introdotto da
Freud nella propria teoria nel tentativo di render-
la accettabile ad una società che mal sopportava
il ritratto da essa fornito della natura dell’uomo.
Ma la tesi secondo sui Freud non avrebbe avuto
il coraggio di sviluppare fino in fondo quella rivo-
luzionaria e radicale diversità che esisteva fra la
sua teoria e gli standard scientifici del suo tempo
non gli rende, a mio avviso, giustizia. Uno dei
grandi motivi di interesse della teoria freudiana
risiede proprio nel tentativo di inserirla nel solco
della tradizione scientifica, senza con ciò svilirne
le peculiarità. E’ chiaro che, con il passare del
tempo, gli standard metodologici che costituirono
il punto di riferimento di Freud appaiono vieppiù
superati. Eppure la struttura della sua teoria re-
sta sufficientemente solida da costituire un ban-
co di prova estremamente impegnativo per le teo-
rie dei filosofi della scienza. Trovo che Grünbaum
abbia perfettamente ragione nel ritenere che la
teoria di Freud si presti ad essere assunta quale
terreno di confronto fra teorie epistemologiche.
Ciò proprio in quanto si tratta di una teoria limi-
nare, ovvero di una teoria che, pur presentando
caratteristiche assolutamente peculiari, vuole in-
serirsi nel solco della tradizione scientifica orto-
Introduzione
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dossa e fonda questa sua pretesa in modo suffi-
cientemente solido da meritare perlomeno un at-
tento esame. D’altronde, in queste mie ricerche,
ho fondamentalmente seguito la strategia propo-
sta da Grünbaum: istituire un confronto fra in-
duttivismo e falsificazionismo sulla base delle ri-
spettive valutazioni della psicoanalisi.
Mi pare si possa essere d’accordo con Grün-
baum sul fatto che Popper non riesce a raggiun-
gere il suo ambizioso obiettivo. Il criterio di de-
marcazione fondato sulla falsificabilità non con-
sente, cioè, di operare una netta distinzione fra
la psicoanalisi e le altre scienze. Ma vi è un ulte-
riore elemento che riveste un particolare interes-
se nell’analisi delle opinioni espresse da Popper
in merito alla psicoanalisi. Si tratta del fatto che
il criterio di demarcazione presenta due aspetti,
uno strettamente logico e l’altro metodologico, o
sociologico, e che questi due aspetti non vengono
distinti con sufficiente chiarezza. Popper è molto
determinato nell’affermare, in scritti recenti, che
la falsificabilità, nel senso del criterio di demar-
cazione, è un requisito di carattere logico. E’ per-
fettamente coerente con questa assunzione il fat-
to che egli ascriva l’infalsificabilità della teoria
psicoanalitica al fatto che essa non esclude al-
cun comportamento possibile. Si resta perciò
perplessi nel leggere le pagine che Popper dedica
alla “Interpretazione dei sogni”, nelle quali mette
in evidenza gli stratagemmi convenzionalistici
adottati da Freud per sottrarre la propria teoria
del sogno a evidenti falsificazioni. Affermare, co-
me fanno Notturno e McHugh, che i due aspetti
del criterio di demarcazione esprimono i due re-
Introduzione
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quisiti distinti, ma correlati, che una teoria deve
possedere per poter essere considerata scientifi-
ca, anzitutto non è coerente con le affermazioni
di Popper, inoltre, se salva la valutazione della
psicoanalisi quale pseudoscienza, rischia di e-
stromettere troppe discipline dall’Empireo delle
scienze. A mio avviso va tratta la conclusione che
una demarcazione netta fra la psicoanalisi e le
altre teorie scientifiche non è possibile, almeno
sulla base del criterio proposto da Popper.
Popper si mostra convinto che la validità del
suo criterio di demarcazione non possa conside-
rarsi subordinata ai risultati a cui si perviene
nella sua applicazione. Chi afferma che la psico-
analisi è falsificabile non necessariamente, in ef-
fetti, deve trarne la conclusione che il criterio di
demarcazione non funziona; si potrebbe sempli-
cemente affermare che si tratta di correggere un
errore di valutazione e di ammettere la teoria
freudiana fra le teorie scientifiche. Grünbaum si
impegna nel mostrare come questa via d’uscita
non sia praticabile, dato che Popper stesso ascri-
ve la valutazione della psicoanalisi quale pseu-
doscienza a sostegno della propria teoria. Risul-
tano interessanti, a questo proposito, anche le ri-
flessioni di Brown, il quale ritiene che una teoria
che miri a identificare gli attributi della scienza
non possa farlo che a partire da una decisione
preventiva circa le teorie che fanno parte della
scienza e quelle che esulano dal suo ambito. Il
compito dell’elaborazione filosofica è quello di
chiudere il cerchio sulla base di fondate ragioni,
ovvero di formulare i criteri in base ai quali si
giustifica l’assunzione compiuta a priori.
Introduzione
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Mi pare che le obiezioni mosse da Grünbaum
a Popper abbiano una funzione importante, ovve-
ro quella di sottoporre ad un attento vaglio criti-
co e di smentire delle affermazioni assai vicine a
diventare dei luoghi comuni. Dal canto suo,
Grünbaum rischia di restare vittima della pro-
pria stessa vis polemica, sacrificando al desiderio
di addurre elementi in favore delle proprie opi-
nioni la precisione nella ricostruzione delle teorie
altrui. Se è vero che la teoria di Freud non è ra-
dicalmente infalsificabile, è anche vero che molte
obiezioni di Popper, opportunamente sviluppate,
rivestono un notevole interesse. Freud stesso,
anche se ovviamente si serviva di una terminolo-
gia differente, lamentava il basso grado di falsifi-
cabilità della propria teoria. A differenza di Pop-
per, tuttavia, non ne identificava la radice
nell’assunzione di un atteggiamento dogmatico
anziché critico, bensì nelle caratteristiche dei
concetti utilizzati dalla teoria. Questo limite, an-
che se in termini differenti, è stato messo in luce
con estrema lucidità anche da Franco Fornari, il
quale ha mostrato le correlazioni esistenti fra la
concezione moralistica dell’inconscio e
l’infalsificabilità di alcune asserzioni della teoria
freudiana. Una volta ricondotto alle sue radici
strutturali, invece di essere semplicisticamente
attribuito ad una proterva volontà di autodifesa,
il problema dell’infalsificabilità della psicoanalisi
si rivela estremamente interessante.