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1 Introduzione
1.1 Origine e obiettivi della tesi
I mercati finanziari, ormai da molti anni, sono al centro dell’attenzione mediatica. Non passa
giorno che non vi siano aggiornamenti sulla situazione internazionale delle borse. Tutta questa
pubblicità, positiva (qualche anno fa) o negativa (durante gli ultimi anni), ha coinvolto sempre
più persone in questo settore. In questi giorni si parla di “rischio default” per la Grecia, con
possibili ripercussioni principalmente per l’Euro e l’Europa, senza però tralasciare il resto del
mondo, pochi anni fa, si faceva riferimento alla crisi dei subprime in America. Quello che
preoccupa maggiormente, è quanto i mercati azionari possano trasmettere eventuali
malumori derivanti dalla situazione internazionale, diffondendoli all’economia reale. I mercati
borsistici legano tra loro nazioni, che stanno a migliaia di chilometri di distanza. La maggior
parte delle istituzioni effettua investimenti su scala mondiale aumentando il rischio di un
effetto contagio; economie, che a livello reale hanno ben poco in comune, potrebbero essere
invece legate saldamente a livello finanziario.
Tantissimi piccoli risparmiatori in passato sono stati spinti a investire nei mercati azionari, in
virtù di facili guadagni promessi o potenziali che fossero. Guru della finanza, che garantivano
rendimenti migliori del mercato, di poter essere sempre un passo avanti della concorrenza.
Ora è risaputo, che non è proprio sempre cosi semplice ottenere rendimenti certi, e che il
pericolo di una crisi mondiale è sempre dietro l’angolo; ma su cosa si basavano per garantire
tali rendimenti?
Con l’innovazione finanziaria, si sono moltiplicati gli strumenti a disposizione degli investitori.
Ad esempio, negli anni Sessanta, non vi erano fondi indicizzati, ETF, fondi esenti da tasse, fondi
legati ai mercati emergenti, derivati sulla volatilità, il fenomeno della cartolarizzazione, con
tutte le sue conseguenze, Z-Coupon Bonds, futures e opzioni finanziarie, per menzionare solo
alcuni dei nuovi strumenti. Questi nuovi elementi hanno facilitato e reso più accessibile, il
mondo della finanza e dell’investimento a soggetti, che in realtà, non hanno particolare
esperienza dei mercati azionari. Semplificando e incentivando l’investimento, promettendo
protezione, più o meno efficace contro eventuali fasi di recessione, il mondo della finanza ha
spalancato le porte a una miriade di piccoli investitori, che durante l’ultima crisi mondiale,
molto probabilmente, sono stati quelli a essere colpiti più pesantemente.
Le folle, che hanno popolato i mercati finanziari, sono state spesso, anche la causa di alcune
crisi mondiali, una delle più famose e forse anche la prima è la bolla dei bulbi di tulipano,
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scoppiata in Olanda alla fine del 1500. Molte volte, si dice che un uomo è razionale, mentre le
masse non lo sono affatto. Proprio l’irrazionalità delle masse, numerose volte ha portato a
valutazioni esagerate ed estreme, dei valori di una qualsiasi attività quotata. Si passa dai
tulipani olandesi, arrivati a essere valutati e scambiati a parità di valore con degli immobili, alla
bolla della “Compagnia dei Mari del Sud”, una sorta di nuova Compagnia delle Indie, nata dal
nulla e che si occupava con scarso successo, di diverse attività di trasporto via mare, dall’Africa
all’America del Sud. L’unico punto di forza della compagnia era legato all’immagine stessa della
società. I manager, anche se poco o nulla sapevano di navigazione e commercio internazionale,
erano abilissimi nell’arte della persuasione e a convincere potenziali investitori, che la
compagnia fosse di successo, anche se in bilancio non figuravano ancora ricavi e di
conseguenza nessun utile. Le masse, ammaliate dall’entusiasmo trasmesso dai manager, e
talvolta dalle grandi agevolazioni, che lo stato concedeva per favorire la compagnia navale, si
sono precipitate a comprare azioni, a prezzi crescenti, di questa fantomatica società e una
volta rivelatasi un bluff, molti si sono ritrovati sul lastrico.
Esempi più recenti e vicini ai tempi nostri, sono la “Grande Crisi” del ’29 in America e in seguito
la bolla di Internet (o Dot.com bubble). Molte bolle sono state spesso associate alla nascita di
nuove tecnologie, si sono viste compagnie, che volavano in borsa, per il semplice fatto di
contenere la parola “tronics” nel proprio nome, anche se non centrava nulla con l’attività
economica svolta, oppure a nuove opportunità di business. Shiller, nel suo libro Irrational
Exuberance, descrive le bolle in termini di “cicli di feedback positivi”, la bolla parte quanto un
gruppo di azioni inizia ad aumentare di valore, questo fenomeno incoraggia altri investitori a
comprare azioni, questo causa maggior attenzione mediatica al fatto, che accresce ancora di
più il numero di compratori e che infine accrescono il profitto per i primi che hanno investito. Il
meccanismo assomiglia a uno schema Ponzi
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, nel quale bisogna sempre trovare nuovi
“creduloni”, cui vendere le proprie quote in un crescendo d’irrazionalità e, a volte, di leggera
follia. Queste bolle finanziarie tanto sono veloci a gonfiarsi e ad attrarre nuovi investitori, tanto
sono veloci a esplodere evaporando con loro milioni di dollari, euro o sterline investite in esse.
Sono il paradiso per gli speculatori, che vanno alla continua caccia di situazioni del genere. In
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Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni
economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I
guadagni derivano, infatti, esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività
produttive o finanziarie. Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior
parte dei partecipanti, perché i soldi "investiti" non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo
semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le
promesse.
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realtà le bolle se sfruttate correttamente consentono allo speculatore di guadagnare grandi
quantità di denaro con il minimo sforzo. Il difficile è capire il momento giusto per uscire dal
gioco, quanto si può osare. Queste bolle diventano molto più pericolose se avvengono
contemporaneamente ad aumenti di concessioni creditizie e a un peggioramento del leverage
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sia che si tratti di soggetti privati o istituzioni.
Una domanda sorge dunque spontanea e cioè se i mercati, nonostante tutte queste vicende,
possano ancora considerarsi efficienti. Gli eventi degli anni passati intaccano fortemente la
Efficient Market Hypothesis, teoria accreditata per la maggiore a Eugene Fama e a Paul
Samuelson, che partendo da alcune loro ricerche, hanno estrapolato delle ipotesi, che
regolano i mercati finanziari cosiddetti efficienti.
Come si vedrà in seguito e partendo da alcune delle crisi appena descritte, ci si chiede se in
questo periodo questa teoria possa ancora considerarsi valida. Basti pensare, che una delle
ipotesi di partenza del modello della EMH, sia la razionalità degli investitori, cosa ben lontana
da quello che è successo in passato. Molti dibattiti si sono accesi a livello internazionale tra i
sostenitori dell’efficienza dei mercati e la fazione opposta, ovvero i sostenitori della finanza
comportamentale.
I primi sostengono, che i mercati possono commettere alcuni errori di valutazione nel breve
periodo, legati principalmente alla difficoltà di stima del rischio reale cui è soggetta un’azione e
di conseguenza al pricing della stessa, ma che nel lungo periodo, il mercato è in grado di
correggersi. Il mercato è in grado di sopperire all’irrazionalità generata dalla massa; alla fine il
mercato, è in grado di identificare il valore reale di un’azione o di qualsiasi altra attività e di
riporsi a quel livello. Secondo questo filone di pensiero, il mercato non sempre sarà corretto,
ma sicuramente nessun soggetto o istituzione ha costantemente più informazioni del mercato
ed è in grado di batterlo. In particolare, la teoria dei mercati efficienti, enuncia la regola
secondo la quale i prezzi seguono un Random Walk, ovvero sono imprevedibili e di
conseguenza non è possibile garantire extra rendimenti costanti nel tempo.
Al contrario i sostenitori della finanza comportamentale parlano di un Non-Random Walk, della
possibilità di poter battere il mercato, introducendo alcuni fattori di psicologia
comportamentale nei modelli di mercato. Keynes è stato uno degli innovatori in questo senso,
la sua teoria si basava sull’anticipare il mercato, capire quello che la maggior parte degli
investitori avrebbe fatto e batterli sul tempo per aggiudicarsi il maggior guadagno. Ha
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In economia aziendale il leverage o rapporto d’indebitamento è un indice utilizzato in ambito
finanziario per misurare la proporzione fra il capitale proprio e quello di terzi del totale delle risorse
utilizzate per finanziare gli impieghi di un'impresa.
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introdotto il famoso concetto del “concorso di bellezza”, dove l’investitore accorto non deve
seguire le proprie idee, ma deve capire quelle degli altri. Strumenti di finanza
comportamentale saranno certamente necessari in futuro per sopperire a eventuali debolezze
della teoria dei mercati efficienti, tra l’altro alcune già verificate e arrivare alla creazione di
modelli, che riescano a considerare nel loro insieme, ogni aspetto che può influenzare i
mercati finanziari.
In particolare gli studiosi della finanza comportamentale si concentrano sulle idee che
scaturiscono dal gruppo (massa), piuttosto che dalle scelte razionali del singolo investitore.
Insiemi di persone fin troppo confidenti nelle loro capacità e nelle loro previsioni sono il
pericolo in cui incorrono i mercati finanziari moderni e sono i fenomeni da studiare più
approfonditamente. Gruppi di questo genere riescono a far cambiare facilmente idea anche
all’investitore più accorto, che nelle sue analisi magari era riuscito ad arrivare alle conclusioni
esatte. Un’altra caratteristica degli investitori evidenziata dalla finanza comportamentale, oltre
a non essere del tutto razionali, è la diversa avversione al rischio, che un soggetto prova in caso
di potenziale guadagno e probabile perdita. Gli investitori sono avversi al rischio per potenziali
guadagni e propensi al rischio, pur di cercare di ridurre le perdite.
Alcune debolezze, o presunte tali, sono generalmente chiamate anomalie di mercato. Ve ne
sono di vario tipo all’interno del panorama internazionale; nella mia tesi saranno trattate le più
importanti e rilevanti, ma oltre a queste, non vanno dimenticate le altre provate in diversi
anni, ma che non sono riuscite ad ottenere l’attenzione e il rispetto da parte degli investitori e
degli studiosi perché considerate fin troppo “assurde”; è il caso di alcuni indicatori come Super
Bowl Indicator
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e il The Hemline Indicator
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, questi esempi dimostrano semplicemente che due
eventi completamente non collegati, possano essere trasformati, o presentati, come correlati.
Altri esempi sono la teoria dei Dogs of the Dow e il January Effect che hanno già più rilevanza
statistica, ma che ancora presentano numerose contraddizioni. Tra gli indicatori più di
successo, si trovano infine, alcune teorie tra le quali Trend is your friend, conosciuto anche
come Momentum di breve periodo, l’osservazione del P/E, il Momentum di lungo periodo e
l’effetto dimensione. Le anomalie, se esistono, rappresentano una fonte di guadagno per molti
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La Cabala dice, infatti, che quando vince una squadra che milita nella National football conference, la
Borsa chiude l’anno con un bilancio positivo, al contrario chiude in rosso quando vince un team
dell’American football conference.
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L'andamento della Borsa sarebbe intimamente legato alla lunghezza della gonna, quindi borsa che sale;
gonna che si accorcia e borsa che crolla, gonna che si allunga, in un rapporto di diretta proporzionalità.
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speculatori. Ovviamente anche per i gestori di fondi, che potrebbero utilizzarle per garantire
un rendimento agli investitori.
In questa tesi dopo un’introduzione teorica sulle principali teorie alla base delle due scuole di
pensiero, mi sono proposto di analizzare il mercato azionario italiano, per verificare se il
mercato è efficiente o presenta alcune anomalie. In particolare mi soffermerò su alcune delle
anomalie di calendario più conosciute, l’effetto dimensione e l’effetto value.
Il periodo preso in analisi è l’ultimo quindicennio, da gennaio 1996 fino agli ultimi dati
disponibili; durante questi anni, com’è noto, il mondo finanziario è stato scosso più volte da
eventi estremi e il sistema è stato messo a dura prova. I risultati ottenuti dovranno tenere
conto del particolare periodo in oggetto e quando possibile, cercherò di scomporre i risultati in
diversi periodi temporali, in modo da verificare eventualmente la possibilità, che il recente
periodo di crisi, abbia influito sulla struttura e sull’efficienza del mercato italiano.
1.2 Struttura della tesi
La tesi è articolata in cinque capitoli. A parte questo capitolo introduttivo, il secondo capitolo
introduce le teorie accademiche per quanto riguarda l’efficienza dei mercati e riassume i
principali dibattiti su questo argomento. In particolare il primo paragrafo tratta della nascita
della definizione di efficienza e dei principali studiosi che con i loro studi hanno contribuito alla
formulazione della EMH (Efficient Markets Hypothesis). In seguito, nel secondo e nel terzo
paragrafo, sono presentate nel dettaglio le diverse tipologie di efficienza che possono
caratterizzare i mercati finanziari e in particolare quella di efficienza informativa.
Quest’ultima nello specifico è quella su cui E.Fama nel suo famoso articolo
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si è maggiormente
soffermato. Grazie a questa particolare tipologia di efficienza è possibile identificare tre livelli
di efficienza per il mercato: la forma debole, la forma semi-forte e la forma forte.
Questa diverse definizioni di efficienza sono importantissime, come vedremo, poiché in base al
livello di efficienza che il mercato raggiunge questo, può o no essere “battuto” utilizzando certi
particolari strumenti di analisi. Il quarto paragrafo introduce il concetto di Random Walk, uno
dei pilastri della teoria stessa, ovvero il modo in cui i prezzi variano durante un periodo di
tempo. Il Random Walk è una delle ipotesi più forti e restrittive che la EMH contiene nel suo
schema. Il quinto paragrafo introduce le metodologie più utilizzate per la verifica dell’efficienza
informativa sui mercati, tecniche che variano a seconda del livello di efficienza che si vuole
testare, mentre nel sesto paragrafo del capitolo si tratta dell’efficienza valutativa che con il
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(Fama E. , Efficient Capital Markets: a Review of Theory and Empirical Work, 1970)
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passare degli anni e soprattutto per alcune strategie di mercato, oltre che per individuare
alcune anomalie, sta acquisendo sempre più importanza. Infine nell’ultimo paragrafo del
secondo capitolo sono proposte le critiche che gli studiosi di finanza comportamentale hanno
mosso contro l’ipotesi di efficienza dei mercati e le possibili soluzioni per individuare un punto
d’incontro tra le due scuole di pensiero.
Nel terzo capitolo è definito cosa s’intende quando si parla di anomalie di mercato, quando
queste possono presentarsi agli investitori e in quale forma. Segue una presentazione delle
principali tipologie di anomalie descritte e verificate dalla letteratura accademica. Il quinto
paragrafo di questo capitolo tratta dei risultati di strategie e trading rules utilizzate dagli
investitori professionali per cercare di sfruttare queste particolarità di alcuni mercati. Come si
vedrà la difficoltà degli investitori a ottenere sistematici extra rendimenti potrebbe essere vista
come la prova che in realtà il mercato è efficiente e che la presenza di anomalie può essere
considerata un evento estemporaneo che è corretto dal mercato in tempi brevi.
Il quarto capitolo di questa tesi descrive l’analisi dei dati che ho portato a termine sul mercato
italiano. In primo luogo mi sono occupato dell’effetto Gennaio e della verifica di possibili altre
anomalie stagionali che avrebbero potuto riguardare il mercato azionario. Il secondo e il terzo
paragrafo invece trattano rispettivamente dell’effetto dimensione e dell’effetto value.
Entrambe queste due ultime analisi sono state condotte mediante l’uso di indici della Morgan
Stanley e oltre all’analisi empirica del mercato azionario italiano ho anche attuato un
confronto con alcuni dei principali mercati azionari internazionali.
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2 Mercati Efficienti
2.1 La teoria sull’efficienza dei mercati
La teoria sull’efficienza dei mercati è solitamente accreditata al lavoro di Eugene F. Fama e
Paul A. Samuelson. Il primo grazie al suo celebre articolo intitolato “Efficient Capital Markets: a
Review of Theory and Empirical Work” rilasciato nel 1970, il secondo per l’articolo “Proof that
Properly Anticipated Prices Fluctuate Randomly”.
Quest’ultimo fece notare, come in un mercato dotato di piena efficienza informativa, le
variazioni dei prezzi non dovrebbero essere prevedibili, se i prezzi incorporano tutte le
informazioni e le aspettative degli operatori presenti sul mercato. Dopo aver sviluppato
diverse soluzioni di programmazione lineare per modelli di pricing senza incertezza, Samuelson
si interessò anche ai modelli di pricing per le merci. Questa particolare categoria di beni è
caratterizzata dal fatto, che possono essere immagazzinate e inoltre sono soggette a degrado e
di conseguenza a un certo grado d’incertezza. L’interesse costante di Samuelson nella
meccanica e cinematica dei prezzi, con e senza incertezza, l’ha portato ad alcune fruttuose
ricerche, che vanno da soluzioni per l’asset-allocation dinamica, alla fallacia della time
diversification, dalle politiche d’investimento di lungo periodo ai modelli di pricing per warrant
e opzioni.
Fama, a differenza di Samuelson, incentrò le sue ricerche sulle proprietà statistiche dei prezzi e
sul dibattito tra analisi tecnica
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e analisi fondamentale
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. Fama è stato tra i primi a servirsi dei
moderni computer per condurre le sue ricerche in finanza, ed è stato il primo a utilizzare il
termine “mercati efficienti” (Fama, 1965). Ha poi sintetizzato la teoria dei mercati efficienti,
riassumendola nella frase “i prezzi riflettono pienamente ogni informazione disponibile”.
La passione per l’analisi empirica, ha portato Fama, su percorsi molto differenti da quelli
percorsi da Samuelson, concentrandosi principalmente su numerosi test econometrici, su
modelli lineari di pricing uni e multi fattoriali, oltre che allo studio di anomalie e regolarità che
caratterizzano il mercato azionario, obbligazionario, valutario e delle commodities.
Più il mercato è efficiente, più la sequenza delle variazioni dei prezzi sarà casuale; il mercato
più efficiente, sarà quello, dove le variazioni dei prezzi saranno completamenti casuali e non
prevedibili.
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L’analisi tecnica è lo studio dell’andamento dei prezzi dei mercati finanziari nel tempo, allo scopo di
prevederne l’andamento futuro mediante metodi grafici e statistici.
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L’analisi fondamentale cerca di trovare il “giusto prezzo” del titolo preso in considerazione sulla base
delle caratteristiche economico-finanziarie del soggetto, o più in generale, del settore o dell’area
geografica di riferimento.
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Questo processo risulta non dalla natura intrinseca del mercato, bensì dai tentativi di molti
operatori, che cercheranno di ottenere dei profitti attraverso le informazioni a loro
disposizione. Guidati dalla possibilità di guadagnare, moltissimi investitori sfruttano la minima
informazione a loro disposizione, e operando in questo modo essi incorporano l’informazione
nel prezzo di mercato, eliminando velocemente l’opportunità di profitto. Se questo processo
avviene istantaneamente, come dovrebbe essere in un mondo ideale senza alcun tipo di
frizione sul mercato e senza costi di transazione, i prezzi riflettono sempre tutte le informazioni
disponibili. Di conseguenza, non ci sarebbe più la possibilità di ottenere dei profitti, perché
sarebbero stati già tutti ottenuti da altri soggetti e, in termini matematici, i prezzi seguirebbero
delle martingale.
Dopo i primi articoli di Samuelson e Fama, negli anni seguenti, molti altri hanno sviluppato e
ampliato l’argomento integrando altri aspetti. Le caratteristiche principali di tutti questi filoni,
sono sempre le stesse, in altre parole che gli investitori sono razionali, il mercato aggrega le
informazioni efficientemente e che i prezzi incorporano tutte le informazioni disponibili
istantaneamente.
2.2 Le definizioni di efficienza
È opportuno, visto le diverse tipologie di efficienza, fare una prima classificazione delle quattro
grandi categorie. In un mercato efficiente si parla di:
1. Efficienza allocativa;
2. Efficienza valutativa;
3. Efficienza tecnico-operativa;
4. Efficienza informativa.
L’efficienza allocativa è considerata in relazione al trasferimento di risorse tra le unità in
avanzo a quelle in disavanzo, che sta alla base del sistema finanziario. Un mercato è efficiente
in questo senso, quando è in grado di trasferire le risorse messe a disposizione dalle unità in
surplus, a quelle in deficit, che garantiscono il miglior rendimento. Questo livello di efficienza,
si può raggiungere solo se tutti gli operatori agiscono razionalmente sul mercato, cercando le
migliori opportunità di finanziamento o investimento, che massimizzano la loro utilità attesa.
Per efficienza valutativa, s’intende quando le informazioni sono correttamente impiegate dagli
operatori per determinare il valore d’impresa sulla base dei cosiddetti fondamentali
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.
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Sono i dati fondamentali delle aziende, ossia gli utili e l’efficace utilizzo delle risorse. Se i fondamentali
di un’impresa si rafforzano, spingono il prezzo del titolo verso l’altro, al contrario se s’indeboliscono
spingono il prezzo verso il basso.
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L’efficienza tecnico-operativa fa riferimento all’operatività del mercato, il quale deve svolgere
le proprie funzioni a costi minimi. L’ultima tipologia di efficienza è quella informativa, questa
implica che i prezzi dei titoli, riflettano in ogni istante tutte le informazioni disponibili.
In principio i maggiori studi sono stati condotti esclusivamente sull’efficienza informativa e
valutativa. Solo recentemente, si stanno sviluppando discussioni anche sulle altre tipologie di
efficienza, in particolare in tempi recenti molti, si stanno concentrando su quella tecnico-
operativa per una questione di regolamentazione dei mercati e di futura evoluzione degli
stessi.
I primi studi negli anni Trenta, si sono incentrati sull’analisi dell’efficienza valutativa, mentre le
principali ricerche empiriche riguardavano l’andamento dei prezzi nel tempo, sfruttando il
modello del Random Walk
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, che è stato poi alla base delle ricerche, per quanto riguarda il
campo dell’efficienza informativa. Quest’ultimo concetto è iniziato a essere chiaro solamente
durante gli anni Sessanta e Settanta, tempi nei quali, sono state anche condotte le prime
verifiche empiriche sull’argomento.
Tale area d’interesse è stata un campo fruttuoso per la ricerca economica, poiché una grande
massa di dati poteva essere confrontata con un’ipotesi sostanzialmente semplice e verificabile,
derivante dal paradigma economico della concorrenza. L’efficienza informativa è molto
importante, poiché la sua verifica implica automaticamente l’inutilità dell’analisi tecnica per
cercare di battere il mercato.
Solamente negli anni Settanta è stata poi ripresa l’analisi dell’efficienza valutativa,
principalmente per cercare di specificare maggiormente il valore dell’analisi fondamentale.
L’inefficienza valutativa rappresenterebbe, infatti, l’inutilità di ogni previsione basata
sull’analisi fondamentale, rivalutando cosi l’utilizzo dell’analisi tecnica.
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Verrà analizzato maggiormente nei capitoli seguenti.