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INTRODUZIONE
1. LE MICOTOSSINE
Le micotossine sono metaboliti secondari ad attività tossica, prodotti in opportune
condizioni microclimatiche da particolari funghi, meglio noti come “muffe”, che
appartengono ai generi Aspergillus, Penicillium e Fusarium.
Tali funghi sono parassiti che infestano piante e derrate alimentari e fino ad oggi sono state
individuate circa 300 tipi diversi di micotossine prodotte, ma fortunatamente solo alcune di
queste sono pericolose per la salute dell’uomo e degli animali[1].
I metaboliti più pericolosi e quindi anche più studiati sono le Aflatossine, le Ocratossine, i
Tricoteceni (tra i più importanti il Deossinivalenolo o vomitossina e la Tossina T-2), la
Fumonisina, la Patulina e lo Zearalenone.
La crescita fungina e conseguentemente la biosintesi delle micotossine si verifica in
condizioni ambientali opportune e può avvenire dalla fase di crescita della pianta alla fase
di immagazzinamento e conservazione del prodotto.
La proliferazione di queste muffe è favorita dalla siccità, dall’elevata umidità, dalla
temperatura, dall’attacco di insetti, da un substrato di crescita adeguato, da danni
meccanici alle cariossidi e dipende anche dal pH e dalla disponibilità di ossigeno.
Oltre a questi fattori, la contaminazione è correlata anche a forti escursioni termiche nel
periodo di maturazione delle piante e forti precipitazioni al momento del raccolto.
Le coltivazioni più colpite sono quelle cerealicole, mais e frumento in particolare, ma
anche segale, avena, riso, oltre alle arachidi, alle nocciole, alle noci, al caffè, al cotone, ai
fichi, alle spezie, e molti altri ancora in misura minore.
Le tossine sono molto resistenti al calore e non vengono completamente distrutte dalle
normali operazioni di cottura, né dai diversi trattamenti a cui sono normalmente sottoposte
le derrate durante i processi di preparazione degli alimenti. Quindi le stesse micotossine o
loro derivati ancora attivi, possono persistere per lungo tempo dopo la crescita vegetativa e
la morte e/o l’eliminazione del fungo, pertanto l’assenza di ceppi fungini negli alimenti
non indica necessariamente anche l’assenza di micotossine.
Le micotossine sono molto diverse tra loro dal punto di vista chimico, di conseguenza
interagiscono in modo differente nell’organismo dando origine ad effetti biologici anche
molto gravi. Tali tossine e/o i loro derivati possono interagire con proteine funzionali,
costituenti di membrana, cofattori enzimatici, DNA e RNA.
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A causa di questa ampia e differenziata azione biologica, le micotossine si possono
classificare in immunotossine, dermatossine, epatotossine, nefrotossine e neurotossine
oppure sulla base del loro effetto cronico in mutagene, cancerogene e teratogene.
L’impatto delle micotossine sulla salute dell’uomo, degli animali e sull’economia, ha
catturato l’attenzione degli Organismi Nazionali ed Internazionali che hanno definito delle
linee guida al fine di limitare la proliferazione di queste muffe, dei rischi e dei danni
economici che ne conseguono. Altrettanto significativi sono stati gli studi e le
pubblicazioni in questo campo, che sono incrementate esponenzialmente nel tempo, alla
ricerca di metodiche analitiche sensibili, rapide, ed il più possibile economiche, da adottare
non solo nella routine di un laboratorio, ma anche sul campo e nei paesi in via di sviluppo.
1.1 LE AFLATOSSINE
Le Aflatossine (AF) sono micotossine biosintetizzate principalmente da funghi della specie
Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus, comuni saprofiti che si sviluppano in
particolare nelle aree geografiche tropicali e subtropicali e che colpiscono un’ampia
gamma di derrate alimentari. In particolare l’A.flavus produce l’Aflatossina B1 (AFB1) e
l’Aflatossina B2 (AFB2), mentre l’A.parasiticus produce l’Aflatossina G1 (AFG1) e
l’Aflatossina G2 (AFG2). Il nome di questa classe di molecole deriva appunto dal nome
del fungo A.flavus, mentre le diciture B e G, derivano dalla proprietà intrinseca delle
molecole di emettere fluorescenza se eccitate con luce ultravioletta a 360nm (B=blue
fluorescence; G=green fluorescence).
La contaminazione da parte di queste micotossine ricade soprattutto su mais ed altri cereali
come frumento e riso, ma anche su noci, nocciole, arachidi, pistacchi e spezie[2].
Chimicamente le Aflatossine sono difuranocumarine, come si può notare dalle formule
riportate
Nome: Aflatossina B1
Formula: C
17
H
12
O
6
MW(g/mol): 312.3
7
A differenza delle quattro tossine sopracitate che si trovano in prodotti di origine vegetale,
l’Aflatossina M1 (AFM1) e l’Aflatossina M2 (AFM2) si trovano nella carne, nel latte e nei
suoi derivati; ciò spiega la sua dicitura (M=milk), perché appunto vengono escrete nel latte
dei mammiferi, oppure si ritrovano nelle carni di animali alimentati con mangimi
contaminati (contaminazione indiretta o carry over).
Sono riportate di seguito le formule delle Aflatossine M
Nome: Aflatossina B2
Formula: C
17
H
14
O
6
MW(g/mol): 314.3
Nome: Aflatossina G1
Formula: C
17
H
12
O
7
MW(g/mol): 328.3
Nome: Aflatossina G2
Formula: C
17
H
14
O
7
MW(g/mol): 330.3
Nome: Aflatossina M1
Formula: C
17
H
12
O
7
MW(g/mol): 328.3
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L’Aflatossina M1 è un sottoprodotto del metabolismo epatico di detossificazione
dell'Aflatossina Bl ottenuto mediante una reazione di idrossilazione che conduce ad una
molecola più polare, meno tossica, meglio trasportabile attraverso il circolo sanguigno e
più facilmente eliminabile attraverso le urine.
Il discorso é del tutto analogo per l’Aflatossina M2 che deriva dalla parziale
detossificazione della Aflatossina B2.
Il processo di detossificazione delle Aflatossine può altresì avvenire per coniugazione delle
stesse con acido o solfato glucuronico ed eliminazione attraverso le feci.
Durante la detossificazione, tuttavia, può avvenire la formazione di un prodotto secondario,
molto reattivo, derivante dall'epossidazione in posizione 8-9 delle molecole originarie e
mediata dall’azione del citocromo P450.
I metaboliti epossidati, elettrofili ed estremamente reattivi, sono in grado di legarsi
covalentemente, oltre che alle molecole di RNA e DNA (soprattutto all’N7 della guanina),
alle proteine cellulari, ciò conferisce alle Aflatossine proprietà mutageniche e cancerogene.
Nome: Aflatossina M2
Formula: C
17
H
14
O
7
MW(g/mol): 330.3
O
O O
O
CH
3
O O
O
O O O
CH
3
O O
OH
Aflatossina
Aflatossina
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1.2 AZIONE TOSSICA SUGLI ANIMALI E SULL’UOMO
La contaminazione da micotossine su alimenti e mangimi è diventata una seria
problematica a livello mondiale, infatti è stato stimato che circa il 25% delle derrate
alimentari di tutto il mondo sono contaminate in modo significativo[1].
Gli effetti provocati dalle micotossine sulla salute dell’uomo e degli animali sono noti da
tempo. Nel XIX secolo fu chiarita l’associazione tra ingestione di segale contaminata da
Claviceps purpurea e comparsa di ergotismo[3]. Successivamente fu descritta una
sintomatologia tossica dell’uomo dovuta all’ingestione di pane ottenuto con frumento
infestato da Fusarium graminearium[3]. Negli anni 1942-47, diversi villaggi rurali della
Russia furono colpiti dalla leucopenia tossica alimentare causata dal consumo di frumento
e di miglio contaminati da Fusarium sporotrichiodes e F. poae[3].
Il duplice aspetto del problema sanitario ed economico posto dalle micotossine fu
pienamente rilevato nella sua importanza solo a partire dal 1960, anno in cui in Inghilterra
si ebbe la comparsa della malattia X del tacchino (turkey X disease) causata da una partita
di farina di arachidi contaminata da una tossina prodotta da Aspergillus flavus,
l’Aflatossina, che provocò la morte di numerosi tacchini, ma anche di anatroccoli, suini e
bovini[3].
Le micotossine più pericolose sono le Aflatossine; tra queste, la più tossica in assoluto è
l’Aflatossina B1 che è anche quella che si trova in maggior quantità rispetto alle altre
Aflatossine. Infatti, generalmente il rapporto tra l’AFB1 e la somma delle altre
AF(AFB2+AFG1+AFG2) è circa 1:0.8, mentre il rapporto tra l’AFB1 e l’AFB2 è stato
definito a 4:1[1].
La tossicità dell’AFB1 è 10 volte superiore a quella del cianuro di potassio, 68 volte a
quella dell’arsenico e 416 volte a quella della melammina. Inoltre la sua cancerogenicità è
70 volte superiore alla dimetilnitrosammina e 10000 volte rispetto al benzene
esacloruro[4]. Per questi motivi la IARC (International Agency for Research on Cancer)
classificò nel 1987 l’AFB1 come cancerogeno appartenente al gruppo 1 (cancerogeno per
l’uomo) e la micotossina venne definita come il più potente epatocancerogeno naturale che
si conosca.
Il principale organo bersaglio dell’azione tossica dell’Aflatossina B1 è appunto il fegato,
infatti in alcune aree geografiche del Sud Africa e del Sud-Est asiatico, l'elevato livello di
contaminazione degli alimenti da AFB1 è stato correlato all’elevata incidenza
epidemiologica di epatocarcinomi e di cirrosi epatiche[5].
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Inoltre, come detto in precedenza, i metaboliti epossidati presentano un’elevata tossicità
grazie alla funzione epossidica che conferisce loro attività cancerogena, mutagena e
teratogena, in grado di superare la barriera placentare ed indurre malformazioni fetali.
Le Aflatossine oltre ad essere oncogene, sono anche immuno-soppressive, poiché riducono
sensibilmente le difese immunitarie dell’organismo, alterando il metabolismo degli
interferoni coinvolti nelle risposte immunitarie e nelle reazioni antiinfiammatorie.
Inoltre, a seguito di appositi studi di farmacocinetica concernenti l’assunzione di
micotossine in organismi con o senza danni epatici, è stato stabilito che la AFB1 gioca un
ruolo sinergico con il virus dell’epatite B nell’insorgenza del carcinoma al fegato,
aumentandone la probabilità addirittura di 60 volte[6].
In ambito zootecnico, in relazione alla concentrazione delle micotossine presenti negli
alimenti e mangimi, si possono manifestare:
1. micotossicosi cliniche: piuttosto rare e relativamente facili da diagnosticare perché
caratterizzate da sintomi riferibili alla compromissione di apparati e/o organi bersaglio
delle specifiche micotossine.
2. micotossicosi subcliniche: relativamente frequenti e difficili da diagnosticare perché
caratterizzate soltanto da un calo qualitativo e quantitativo delle produzioni ed
eventualmente da patologie secondarie favorite dagli effetti immunodepressivi di alcune di
esse.
Naturalmente se i dosaggi assunti sono sufficientemente alti, qualsiasi specie animale può
subire gli effetti negativi dovuti all’assunzione delle micotossine, è importante altresì
considerare che i bassi livelli di contaminazione possono essere decisamente dannosi per
determinate specie ed esserlo poco o niente per altre. Ciò dipende sia dalla loro
alimentazione che dal loro metabolismo: infatti gli animali con rumine attivo risultano
meno sensibili per il ruolo protettivo che i microrganismi esplicano, tramite le loro attività
metaboliche, nei confronti delle micotossine[6].
Le specie più sensibili alla AFB1 sono: tra i volatili l’anatroccolo (DL50 di 0.35 mg/kg di
peso corporeo), il tacchino (0.4 mg/kg) ed il pulcino (1 mg/kg); tra i mammiferi il cane
(0.5 mg/kg), il gatto (0.55 mg/kg), il coniglio (0.3 mg/kg) ed il suino giovane (0.62 mg/kg),
mentre in generale gli ovini ed i caprini sono meno sensibili.
Per l’uomo invece la DL50 della AFB1 oscilla tra 0.6 e 10 mg/kg[6].